In caso di investimento del pedone

Corte di Cassazione, sezione quarta penale, Sentenza 5 giugno 2019, n. 24927.

La massima estrapolata:

Il conducente del veicolo può andare esente da responsabilità, in caso di investimento del pedone occorre che la condotta del pedone configuri, per i suoi caratteri, una vera e propria causa eccezionale, atipica, non prevista né prevedibile, che sia stata da sola sufficiente a produrre l’evento (cfr. articolo 41 c.p., comma 2). Ciò può ritenersi solo quando il conducente del veicolo investitore – nella cui condotta non sia ravvisabile alcun profilo di colpa, né generica né specifica – si sia trovato, per motivi estranei a ogni suo obbligo di diligenza, nella oggettiva impossibilità di avvistare il pedone e di osservarne, comunque, tempestivamente i movimenti, attuati in modo rapido, inatteso, imprevedibile. Solo in tal caso, infatti, l’incidente può ricondursi eziologicamente esclusivamente alla condotta del pedone, avulsa totalmente dalla condotta del conducente e operante in assoluta autonomia rispetto a quest’ultima

Sentenza 5 giugno 2019, n. 24927

Data udienza 9 aprile 2019

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE QUARTA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DOVERE Salvatore – Presidente

Dott. FERRANTI Donatella – rel. Consigliere

Dott. MONTAGNI Andrea – Consigliere

Dott. NARDIN Maura – Consigliere

Dott. CENCI Daniele – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
(OMISSIS), nato a (OMISSIS);
avverso la sentenza del 23/03/2018 della CORTE APPELLO di ROMA;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere Dott.ssa FERRANTI DONATELLA;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Dott.ssa MARINELLI FELICETTA, che ha concluso chiedendo il rigetto del ricorso.
Per le parti civili (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS) e’ presente l’avv. (OMISSIS) del foro di Roma che deposita conclusioni nota spese e chiede l’inammissibilita’ in subordine rigetto del ricorso.
Per (OMISSIS) e’ presente l’avv. (OMISSIS) del foro di Roma che si riporta ai motivi e ne chiede l’accoglimento.
Per il Responsabile civile e’ presente l’avv. (OMISSIS) del foro di Roma che si riporta.
Per la pratica Forense sono presenti il Dott. (OMISSIS) e la Dott.ssa (OMISSIS).

RITENUTO IN FATTO

1. La Corte di Appello di Roma, con la sentenza indicata in epigrafe, in parziale riforma della sentenza di condanna resa dal Tribunale di Roma in data 10.03.2016, nei confronti di (OMISSIS), in ordine al delitto di omicidio colposo aggravato dalla violazione delle norme sulla disciplina della circolazione stradale, rideterminava la pena originariamente inflitta in anni due di reclusione e lo condannava in solido con in responsabili civili al risarcimento dei danni in favore delle parti civili, liquidati dal Tribunale in Euro 517.304,00, rimettendo le parti dinanzi al Giudice civile per la liquidazione di quanto ulteriormente dovuto, rispetto alla somma gia’ versata dalle (OMISSIS) s.p.a., pari ad Euro 480.000,00.
2. La Corte territoriale rilevava che doveva essere confermata l’affermazione di responsabilita’ del prevenuto, rispetto al sinistro per cui si procede, atteso che risultava accertato che (OMISSIS), il (OMISSIS), alle ore 11,00, mentre era alla guida dell’autovettura Twuingo tg. (OMISSIS), priva di assicurazione, provenendo da Via (OMISSIS), svoltava a destra per immettersi in Via (OMISSIS) e investiva (OMISSIS) di (OMISSIS) anni che stava attraversando da sinistra verso destra, rispetto alla sua direzione di marcia ed era giunto ormai alla meta’ della carreggiata. Segnatamente, il Collegio evidenziava che il pedone stava attraversando fuori delle strisce pedonali ma a breve distanza dalle stesse e che, secondo la ricostruzione della dinamica dell’incidente, il pedone e l’imputato si erano avvistati reciprocamente ma poi il (OMISSIS) aveva proseguito la marcia e aveva investito il pedone che veniva colpito sulla parte destra del corpo e cadeva a terra, riportando lesioni gravi a causa delle quali decedeva il (OMISSIS).
2.1 La Corte distrettuale considerava causa dell’incidente l’imprudente comportamento dell’imputato che, in prossimita’ di attraversamenti pedonali, e, comunque, avendo avvistato il pedone che aveva gia’ impegnato la carreggiata ed era in fase di attraversamento, non ha tenuto una guida attenta e prudente e adeguata alla situazione concreta.
3. Avverso la richiamata sentenza ha proposto ricorso per cassazione (OMISSIS), a mezzo del difensore.
1) Con il primo motivo l’esponente denuncia manifesta illogicita’ della motivazione e travisamento dei fatti.
Rileva che la Corte di Appello ha basato la propria decisione sull’erroneo presupposto che ci fosse stato un contatto tra l’autovettura e il pedone; nel caso di specie la persona offesa ha perso l’equilibrio in maniera del tutto autonoma e, contestualmente alla ripartenza dell’autovettura guidata dall’imputato al quale avrebbe fatto cenno di ripartire, e’ caduto al suolo, forse senza nemmeno sfiorare l’autovettura medesima.
2) Con il secondo motivo deduce il vizio motivazionale, atteso che la Corte di merito non ha inteso rinnovare l’istruttoria dibattimentale mediante una perizia cinematica che avrebbe almeno potuto accertare la concorrente colpa del pedone.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso e’ inammissibile.
1.2 Il primo motivo invoca una alternativa riconsiderazione del compendio probatorio, ad opera della Corte regolatrice, secondo la prospettiva tesa ad ottenere un diverso apprezzamento del compendio di prova, rispetto alla ricostruzione della dinamica del sinistro.
Occorre considerare che la Corte di Appello, cosi’ come il primo Giudice, nell’effettuare la ricostruzione della dinamica del sinistro, ha tenuto conto delle dichiarazioni rese dal teste oculare, (OMISSIS) che, essendo dall’altra parte della carreggiata, aveva visto il pedone in fase di attraversamento incrociare l’autovettura dell’imputato che si era dapprima fermata (fol 6 sentenza primo grado e fol 3 sentenza impugnata); dei rilievi degli operanti che avevano individuato il punto di urto, sulla base della macchia di sangue lasciata dalla vittima davanti all’autovettura e nella corsia di pertinenza della stessa (fol 4), situato a m. 6,40 dalle strisce pedonali; delle stesse dichiarazioni dell’imputato che ha ammesso di aver avvistato il pedone, ritenendo pero’ che gli avesse fatto segno di passare; della tipologia e gravita’ delle lesioni riportate (fol 5) dalla persona offesa, con frattura cervicale e distacco dei legamenti, trauma facciale oltre a contusione toracica e addominale e del bacino. Al riguardo, il Collegio ha evidenziato che non vi era motivo per dubitare della condotta colposa dell’imputato che, avendo avvistato il pedone che stava attraversando la strada, non gli aveva dato la precedenza e aveva proseguito la sua marcia.
Come si vede, la valutazione espressa dalla Corte di Appello, in riferimento alla dinamica del sinistro, diversamente da quanto affermato dal ricorrente che ha proposto una tesi alternativa ipotetica e generica, priva di agganci oggettivi, risulta immune da aporie di ordine logico e appare saldamente ancorata all’acquisito compendio probatorio. Si tratta di valutazione che risulta del tutto coerente con l’insegnamento ripetutamente espresso al riguardo alla giurisprudenza di legittimita’. Si e’ infatti chiarito che il conducente del veicolo puo’ andare esente da responsabilita’, in caso di investimento del pedone, non per il solo fatto che risulti accertato un comportamento colposo (imprudente o in violazione di una specifica regola comportamentale) del pedone (una tale condotta risulta, invero, concausa dell’evento lesivo, inidonea ad escludere la responsabilita’ del conducente, ai sensi dell’articolo 41 c.p., comma 1), ma che occorre che la condotta del pedone configuri, per i suoi caratteri, una vera e propria causa eccezionale, atipica, non prevista ne’ prevedibile, che sia stata da sola sufficiente a produrre l’evento (cfr. articolo 41 c.p., comma 2). Cio’ che puo’ ritenersi solo allorquando il conducente del veicolo investitore – nella cui condotta non sia ravvisabile alcun profilo di colpa, ne’ generica ne’ specifica – si sia trovato, per motivi estranei ad ogni suo obbligo di diligenza, nella oggettiva impossibilita’ di avvistare il pedone e di osservarne, comunque, tempestivamente i movimenti, attuati in modo rapido, inatteso, imprevedibile. Solo in tal caso, infatti, l’incidente puo’ ricondursi eziologicamente esclusivamente alla condotta del pedone, avulsa totalmente dalla condotta del conducente ed operante in assoluta autonomia rispetto a quest’ultima (Sez. 4, Sentenza n. 33207 del 02/07/2013, dep. 31/07/2013, Rv. 255995).
Giova considerare che, secondo il consolidato orientamento della Suprema Corte, il vizio logico della motivazione deducibile in sede di legittimita’ deve risultare dal testo della decisione impugnata e deve essere riscontrato tra le varie proposizioni inserite nella motivazione, senza alcuna possibilita’ di ricorrere al controllo delle risultanze processuali; con la conseguenza che il sindacato di legittimita’ “deve essere limitato soltanto a riscontrare l’esistenza di un logico apparato argomentativo, senza spingersi a verificare l’adeguatezza delle argomentazioni, utilizzate dal giudice del merito per sostanziare il suo convincimento, o la loro rispondenza alle acquisizioni processuali” (in tal senso, “ex plurimis”, Sez. 4 n. 5693 del 31.03.1999 rv 213798-01; Sez. 1 n. 10528 del 12.07.2000, rv 217052-01).
Tale principio, piu’ volte ribadito dalle varie sezioni di questa Corte, e’ stato altresi’ avallato dalle stesse Sezioni Unite le quali hanno precisato che esula dai poteri della Corte di Cassazione quello di una “rilettura” degli elementi di fatto, posti a sostegno della decisione, il cui apprezzamento e’ riservato in via esclusiva al giudice di merito, senza che possa integrare il vizio di legittimita’ la mera prospettazione di una diversa, e per i ricorrenti piu’ adeguata, valutazione delle risultanze processuali (Sez. U, Sentenza n. 6402 del 30/04/1997, dep. 02/07/1997, Rv. 207945). E la Corte regolatrice ha rilevato che anche dopo la modifica dell’articolo 606 c.p.p., lettera e), per effetto della L. 20 febbraio 2006, n. 46, resta immutata la natura del sindacato che la Corte di Cassazione puo’ esercitare sui vizi della motivazione, essendo rimasto preclusa, per il giudice di legittimita’, la pura e semplice rilettura degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione o l’autonoma adozione di nuovi e diversi parametri di ricostruzione o valutazione dei fatti (Sez. 5, Sentenza n, 17905 del 23.03.2006, dep. 23.05.2006, Rv. 234109). Pertanto, in sede di legittimita’, non sono consentite le censure che si risolvono nella prospettazione di una diversa valutazione delle circostanze esaminate dal giudice di merito (ex multis Sez. 1, Sentenza n. 1769 del 23/03/1995, dep. 28/04/1995, Rv. 201177; Sez. 6, Sentenza n. 22445 in data 8.05.2009, dep. 28.05.2009, Rv. 244181).
Cosi’ delineato l’orizzonte dello scrutinio di legittimita’, osserva in particolare il Collegio che la Corte regolatrice ha da tempo chiarito che non e’ consentito alle parti dedurre censure che riguardano la selezione delle prove effettuata da parte del giudice di merito. A tale approdo, si perviene considerando che, nel momento del controllo di legittimita’, la Corte di cassazione non deve stabilire se la decisione di merito proponga effettivamente la migliore possibile ricostruzione dei fatti, ne’ deve condividerne la giustificazione, dovendo limitarsi a verificare se questa giustificazione sia compatibile con il senso comune e con “i limiti di una plausibile opinabilita’ di apprezzamento”, secondo una formula giurisprudenziale ricorrente (Sez. 5, Sentenza n. 1004 del 30/11/1999, dep. 31/01/2000, Rv. 215745; Sez. 2, Sentenza n. 2436 del 21/12/1993, dep. 25/02/1994, Rv. 196955). Come gia’ sopra si e’ considerato, secondo la comune interpretazione giurisprudenziale, l’articolo 606 c.p.p. non consente alla Corte di Cassazione una diversa “lettura” dei dati processuali o una diversa interpretazione delle prove, perche’ e’ estraneo al giudizio di legittimita’ il controllo sulla correttezza della motivazione in rapporto ai dati processuali. E questa interpretazione non risulta superata in ragione delle modifiche apportate all’articolo 606 c.p.p., comma 1, lettera e) ad opera della L. n. 46 del 2006; cio’ in quanto la selezione delle prove resta attribuita in via esclusiva al giudice del merito e permane il divieto di accesso agli atti istruttori, quale conseguenza dei limiti posti all’ambito di cognizione della Corte di Cassazione.
Ebbene, si deve in questa sede ribadire l’insegnamento espresso dalla giurisprudenza di legittimita’, per condivise ragioni, in base al quale si e’ rilevato che nessuna prova, in realta’, ha un significato isolato, slegato dal contesto in cui e’ inserita; che occorre necessariamente procedere ad una valutazione complessiva di tutto il materiale probatorio disponibile; che il significato delle prove lo deve stabilire il giudice del merito e che il giudice di legittimita’ non puo’ ad esso sostituirsi sulla base della lettura necessariamente parziale suggeritagli dal ricorso per cassazione (Sez. 5, Sentenza n. 16959 del 12/04/2006, dep. 17/05/2006, Rv. 233464).
1.3 Quanto al secondo motivo, esso e’ manifestamente infondato e percio’ inammissibile.
Sul punto della mancata rinnovazione istruttoria mediante l’espletamento di una perizia cinematica volta a escludere, secondo la ipotetica prospettazione difensiva, “quantomeno la responsabilita’ esclusiva dell’imputato”, si richiama la giurisprudenza univoca di questa Corte secondo cui nel giudizio di appello, la presunzione di tendenziale completezza del materiale probatorio, gia’ raccolto nel contraddittorio di primo grado, rende inammissibile (sicche’ non sussiste alcun obbligo di risposta da parte del giudice del gravame) la richiesta di rinnovazione dell’istruzione dibattimentale che si risolva in una attivita’ “esplorativa” di indagine, finalizzata alla ricerca di prove anche solo eventualmente favorevoli al ricorrente (Sez. 3, n. 23058 del 26/04/2013 Ud. (dep. 29/05/2013) Rv. 256173 – 01).
Tanto piu’ che la perizia in appello puo’ essere disposta solo laddove il Giudice ritenga di non essere in grado di decidere allo stato degli atti (Sez. 3 n. 7259 del 30.11.2017 rv 273653-01).
2. In conclusione il ricorso va dichiarato inammissibile e il ricorrente condannato al pagamento delle spese processuali e della somma di duemila Euro in favore della Cassa delle Ammende oltre alla rifusione, in solido con i responsabili civili, delle spese di giudizio alle parti civili, liquidate come in dispositivo.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro duemila in favore della Cassa delle Ammende. Condanna altresi’ in solido il ricorrente e i responsabili civili (OMISSIS) e (OMISSIS) s.p.a. alla rifusione delle spese di questo giudizio alle parti civili (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS), liquidate in Euro tremilacinquecento,00 oltre accessori come per legge.

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