Intimazione di pagamento del prelievo supplementare

Consiglio di Stato, Sezione terza, Sentenza 19 dicembre 2019, n. 8603

La massima estrapolata:

Poiché l’intimazione di pagamento del prelievo supplementare è contenuta in un atto autoritativo, tutti i vizi idonei alla sua declaratoria di illegittimità devono essere proposti mediante l’azione di annullamento, nel termine decadenziale di sessanta giorni dalla notificazione o piena conoscenza dell’atto, ai sensi degli artt. 29, 40 e 41 c.p.a.: l’eventuale prescrizione costituisce motivo di illegittimità dell’atto e, come tale, deve essere dedotta ritualmente in giudizio nel rispetto del termine decadenziale.

Sentenza 19 dicembre 2019, n. 8603

Data udienza 21 novembre 2019

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale
Sezione Terza
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 1600 del 2019, proposto da
Az. Ag. Ri. di Ri. Ez. e Gi. S.S., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall’avvocato Ca. Sa., con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio An. La. in Roma, via (…);
contro
Agea – Agenzia per le Erogazioni in Agricoltura, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, domiciliataria ex lege in Roma, via (…);
per la riforma
della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per il Friuli Venezia Giulia Sezione Prima n. 00242/2018, resa tra le parti, concernente Annullamento della comunicazione di AGEA n. 2016.0002320 del 21.01.16, avente ad oggetto “Regime quote latte – versamento del prelievo esigibile”;
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio di Agea – Agenzia per le Erogazioni in Agricoltura;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 21 novembre 2019 il Cons. Stefania Santoleri e uditi per le parti gli l’Avvocato Cr. Co. su delega di Ca. Sa. e l’Avvocato dello Stato St. Vi.;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO e DIRITTO

1. – Con ricorso di primo grado, proposto dinanzi al TAR Friuli Venezia Giulia, l’Azienda Agricola Ri. ha impugnato la comunicazione AGEA n. 2016.0002320 del 21 gennaio 2016 avente ad oggetto “Regime quote latte – versamento del prelievo esigibile”, con la quale è stato comunicato alla ricorrente il prelievo supplementare ex art. 8-quinquies, comma, 1, della L. n. 33/2009 relativo alla campagna lattiera 2002/2003 e ne è stato intimato il versamento unitamente agli interessi maturati, per complessivi Euro 141.525,83.
Con tale ricorso sono stati proposti sei motivi di doglianza; la domanda cautelare è stata respinta.
2. – Dopo il mutamento del difensore intervenuto in corso di causa, è stata depositata dalla ricorrente una memoria ex art. 73 c.p.a., corredata da ulteriore documentazione, con la quale la parte ha rappresentato che il Tribunale di Crema, con sentenza n. 456/2005 passata in giudicato, aveva annullato alcune comunicazioni AGEA e le relative intimazioni di pagamento, notificate con raccomandate del 4 agosto 2003 e del 6 agosto 2003, aventi ad oggetto i risultati della compensazione nazionale per l’annata 2002/2003, tra cui, per quanto di interesse in relazione alla specifica controversia, quella inviata al primo acquirente “Associazione Cospalat Friuli Venezia Giulia”, soggetto al quale l’Azienda ricorrente aveva conferito il latte.
Con tale memoria ha anche rappresentato che, a seguito di tale sentenza, i tutti i produttori conferenti che avevano contestato il prelievo in sede giurisdizionale, ottenendone ragione, avevano ottenuto la cancellazione dal SIAN il prelievo supplementare per l’annata 2002/2003, e che nessuna intimazione successiva era stata inviata per tale annata agli acquirenti e ai produttori sino a quando, in data 26 gennaio 2010, dopo oltre 10 anni dalla prima ed unica intimazione di pagamento ed oltre 10 anni dalla citata sentenza del Tribunale di Crema, era pervenuta a tutte le ditte produttrici, tra cui la ricorrente, conferenti alle acquirenti parti del suddetto giudizio, l’intimazione di pagamento in questione.
Con tale memoria, quindi, l’Azienda agricola ricorrente ha sostenuto la portata dirimente da attribuirsi alla sentenza del Tribunale di Crema alla fine della decisione del ricorso sotto il profilo della violazione ed elusione del giudicato, evidenziando in ogni caso l’intervenuta prescrizione della pretesa impositiva di AGEA.
3. – Il TAR nel corso dell’udienza ha evidenziato, ai sensi dell’art. 73, comma 3, c.p.a., i possibili profili di tardiva ed irrituale introduzione di nuove censure con la memoria conclusionale.
3.1 – La parte ha replicato che la produzione documentale era preordinata ad offrire al Collegio elementi conoscitivi al fine di rilevare d’ufficio la nullità dell’intimazione impugnata per nullità per violazione/elusione del giudicato; ha inoltre rilevato che la prescrizione poteva essere eccepita fino all’udienza di discussione del ricorso.
La difesa erariale si è invece rimessa alle valutazioni del Collegio non accettando il contraddittorio sulla ritenuta prescrizione.
4. – Con la sentenza n. 242/2018 il ricorso è stato in parte dichiarato inammissibile ed in parte è stato respinto.
5. – Avverso tale decisione la ricorrente ha proposto appello, proponendo un unico motivo di impugnazione che verrà in seguito esaminato.
5.1 – L’AGEA si è costituita in giudizio chiedendo la declaratoria di inammissibilità dell’appello ed il suo rigetto per infondatezza.
6. – All’udienza pubblica del 21 novembre 2019 l’appello è stato trattenuto in decisione.
7. – L’appello è infondato e va, dunque, respinto.
7.1 – Va innanzitutto respinta l’eccezione di inammissibilità dell’appello sollevata dall’Amministrazione: l’erronea indicazione del numero della sentenza (247 del 2017, anziché 242 del 2017) costituisce un refuso, come può agevolmente evincersi dal contenuto dell’appello che richiama le statuizioni contenute nella sentenza n. 242/2017 anche in modo testuale.
Sussiste quindi la legittimazione e l’interesse dell’Azienda Agricola Ri. all’impugnazione della decisione di primo grado nella quale è rimasta soccombente.
8. – Con l’unico motivo di appello l’appellante ha censurato il capo di sentenza (paragrafo 5.2), secondo cui “quanto alla prescrizione, ritiene, invece, il Collegio che la giurisprudenza invocata da parte ricorrente non s’attagli al caso di specie, ove la eccezione di intervenuta prescrizione avrebbe dovuto essere introdotta attraverso la formulazione di specifico motivo di ricorso, entro il termine decadenziale stabilito per la notifica dell’azione ordinaria di annullamento di fatto prescelta”.
L’appellante ha quindi rappresentato che il credito di AGEA si sarebbe prescritto fin dal 2013, anno in cui AGEA ha provveduto a cancellare dal SIAN il prelievo); ha poi aggiunto che dal 24/11/2005, data di deposito della sentenza del Tribunale di Crema, non sarebbe giunta alcuna ulteriore comunicazione o richiesta di pagamento da parte di AGEA né ai produttori, né agli acquirenti sino al 26/1/2016, data in cui è giunta l’intimazione di pagamento ai soli produttori, con la conseguenza che sarebbe ormai maturata la prescrizione decennale di cui all’art. 2946 c.c.
Ha quindi aggiunto che l’AGEA non avrebbe avuto alcun diritto a richiedere tale pagamento, come peraltro ritenuto dallo stesso TAR in una precedente occasione (sent. n. 560/16).
8.1 – Dopo aver ricostruito la questione controversa, ha dedotto che la statuizione del TAR, secondo cui l’eccezione di prescrizione avrebbe dovuto essere sollevata come autonomo motivo di ricorso nel termine decadenziale stabilito per l’azione ordinaria di annullamento, di fatto prescelta dall’azienda agricola, contrasterebbe dalla costante giurisprudenza di questo Consiglio di Stato e dei tribunali di merito secondo cui:
– l’eccezione di prescrizione può essere sollevata nel processo amministrativo anche con la memoria conclusiva del giudizio e perfino all’udienza di discussione (cfr. Cons. Stato, Sez. IV, 8/2/2016, n. 488; TAR Calabria, Sez. staccata Reggio Calabria, 10/4/2015 n. 356; TAR Sicilia, sez. staccata Catania, Sez. II, 27/3/2013 n. 898);
– il processo amministrativo non contempla, infatti, le preclusioni processuali di cui all’art. 167 c.p.c. e, quindi, può essere proposta anche dopo la scadenza del termine di costituzione in giudizio delle amministrazioni intimate in primo grado (cfr. Cons. Stato, Sez. IV, 28/6/2018, n. 3977).
9. – La tesi dell’appellante non può essere condivisa.
E’ opportuno innanzitutto precisare che la giurisprudenza invocata dall’appellante non è pertinente al caso di specie, come ha correttamente ritenuto il TAR, non trattandosi di una controversia nella quale la parte attrice agisce in giudizio per ottenere il pagamento di una determinata somma di denaro a vario titolo da parte della P.A. (ad esempio, il risarcimento del danno, come nel caso della sentenza della Sez. IV n. 3977/18; la condanna al pagamento della revisione prezzi, come nel caso della sentenza della Sez. IV n. 488/2016; e così via) e l’Amministrazione intimata – nel difendersi contro la pretesa attorea – eccepisce l’intervenuta prescrizione del diritto di credito, essendo decorso il termine statuito dalla legge per poter conseguire la prestazione economica rivendicata.
Nel caso di specie, infatti, la prescrizione del diritto non assume la connotazione di un’eccezione in senso proprio (con la quale la parte evocata in giudizio intende paralizzare la pretesa attorea) per la quale, secondo la giurisprudenza richiamata dall’appellante non sussistono decadenze, ma al contrario, integra un possibile motivo di illegittimità del provvedimento amministrativo oggetto di impugnazione.
L’atto con il quale viene stabilito il prelievo supplementare e viene intimato al produttore il relativo pagamento entro un determinato termine ha, infatti, natura autoritativa, e come tale deve essere impugnato in sede di legittimità con l’azione di annullamento ex art. 29 c.p.a., nel termine decadenziale ivi previsto, da parte del destinatario del provvedimento.
La natura di tale atto è stata indagata dalla giurisprudenza ai fini del riparto di giurisdizione, prima dell’introduzione della giurisdizione esclusiva in materia di quote latte.
Le controversie in materia di quote latte sono, infatti, devolute alla giurisdizione del giudice amministrativo ai sensi dell’art. 133, comma 1, lett. t) c.p.a.; già in precedenza con l’entrata in vigore del D.L. 26 aprile 2005, n. 63, convertito con modificazioni nella L. 25 giugno 2005, n. 109, era stata introdotta la giurisdizione esclusiva per porre rimedio alle problematiche connesse all’intreccio esistente tra le posizioni di interesse legittimo e di diritto soggettivo che potevano rinvenirsi nella specifica materia.
La Corte di Cassazione, quindi, si era occupata dell’individuazione dei criteri di riparto tra le giurisdizioni ed aveva affermato il principio secondo cui i provvedimenti che impongono agli agricoltori il pagamento dei prelievi supplementari, individuano le quote di produzione e determinano l’ammontare del dovuto a tale titolo o il soggetto tenuto al pagamento, appartengono al procedimento della P.A. che porta alla liquidazione, a carico del produttore o acquirente di latte e derivati, del prelievo supplementare per tale titolo, con conseguente giurisdizione del giudice amministrativo (S.U. 22 marzo 2007 n. 6889, 18 novembre 2005 n. 23335 e 5 maggio 2005 n. 9291, 7 aprile 2005 n. 7145; 1 dicembre 2009, n. 25261). Tali principi sono stati affermati anche successivamente dalla Corte di Cassazione (Sezioni Unite, 05/12/2018, n. 31370) secondo cui sussiste la giurisdizione del giudice amministrativo laddove viene in contestazione l’esercizio di poteri amministrativi involgenti la determinazione del quantum debeatur, la cui verificazione di legittimo esercizio attiene a posizione di interesse legittimo.
Poiché l’intimazione di pagamento è contenuta in un atto autoritativo, tutti i vizi idonei alla sua declaratoria di illegittimità devono essere proposti mediante l’azione di annullamento, nel termine decadenziale di sessanta giorni dalla notificazione o piena conoscenza dell’atto, ai sensi degli artt. 29, 40 e 41 c.p.a.: l’eventuale prescrizione costituisce motivo di illegittimità dell’atto e, come tale, deve essere dedotta ritualmente in giudizio nel rispetto del termine decadenziale.
In ogni caso, non può essere dedotta con semplice memoria difensiva, in quanto ampliando il thema decidendum, deve essere oggetto di formale notifica alla controparte per consentirle l’esercizio del diritto di difesa.
Nel caso di specie, la problematica relativa alla prescrizione del diritto ad esigere il prelievo supplementare è stata introdotta nel giudizio di primo grado con semplice memoria ex art. 73 c.p.a., ben oltre il termine decadenziale e senza la previa notifica.
La statuizione recata dal TAR, secondo cui tale prospettazione doveva ritenersi inammissibile, è quindi, immune da vizi.
10. – L’appello va, pertanto, respinto e, per l’effetto, va confermata la sentenza di primo grado che ha dichiarato in parte inammissibile ed in parte ha respinto il ricorso di primo grado.
11. – Le spese del grado di appello possono compensarsi tra le parti, come già statuito in primo grado, in considerazione sia della particolarità della fattispecie, sia della scarna difesa dell’Amministrazione, che non ha affrontato l’unico punto controverso dedotto in giudizio.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale
Sezione Terza, definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo respinge e, per l’effetto, conferma la sentenza di primo grado che ha dichiarato in parte inammissibile ed in parte ha respinto il ricorso di primo grado.
Spese del grado di appello compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 21 novembre 2019 con l’intervento dei magistrati:
Marco Lipari – Presidente
Giulio Veltri – Consigliere
Massimiliano Noccelli – Consigliere
Stefania Santoleri – Consigliere, Estensore
Ezio Fedullo – Consigliere

 

 

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