Intestazione di un atto giudiziario e procura alle liti

Corte di Cassazione, civile, Ordinanza|19 aprile 2022| n. 12445.

Intestazione di un atto giudiziario e procura alle liti.

Nel caso in cui nell’intestazione di un atto giudiziario sia indicata una determinata persona quale rappresentante legale della società cui l’atto è riferibile e la procura alle liti rilasciata a margine o in calce all’atto stesso risulti invece sottoscritta da un soggetto diverso, la discordanza configura un mero errore materiale che non incide sulla validità dell’atto, qualora si accerti che la procura è stata rilasciata da colui che riveste la qualità di legale rappresentante della società.

Ordinanza|19 aprile 2022| n. 12445. Intestazione di un atto giudiziario e procura alle liti

Data udienza 25 gennaio 2022

Integrale

Tag/parola chiave: IMPUGNAZIONI CIVILI – RICORSO PER CASSAZIONE

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONI UNITE CIVILI

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. D’ASCOLA Pasquale – Primo Presidente f.f.

Dott. TRAVAGLINO Giacomo – Presidente di Sez.

Dott. GIUSTI Alberto – Consigliere

Dott. SCRIMA Antonietta – Consigliere

Dott. TERRUSI Francesco – Consigliere

Dott. CRUCITTI Roberta – rel. Consigliere

Dott. MAROTTA Caterina – Consigliere

Dott. NAZZICONE Loredana – Consigliere

Dott. CONTI Roberto Giovanni – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA
sul ricorso 13368/2021 proposto da:
(OMISSIS) S.R.L., in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, presso la CANCELLERIA DELLA CORTE DI CASSAZIONE, rappresentata e difesa dagli avvocati (OMISSIS), (OMISSIS), e (OMISSIS);
– ricorrente –
contro
COMUNE DI (OMISSIS), in persona del Sindaco pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, presso la CANCELLERIA DELLA CORTE DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso dagli avvocati (OMISSIS), e (OMISSIS);
REGIONE BASILICATA, in persona del Presidente della Giunta Regionale pro tempore, elettivamente domiciliata in (OMISSIS), presso l’Ufficio di Rappresentanza dell’Ente, rappresentata e difesa dall’avvocato (OMISSIS);
– controricorrenti –
avverso la sentenza n. 1704/2021 del CONSIGLIO DI STATO, depositata il 01/03/2021.
Udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del 25/01/2022 dal Consigliere Dott. ROBERTA CRUCITTI;
lette le conclusioni scritte dell’Avvocato Generale Dott. FRANCESCO SALZANO, il quale chiede che le Sezioni Unite della Corte di cassazione vogliano dichiarare inammissibile il ricorso.

Intestazione di un atto giudiziario e procura alle liti

FATTI DI CAUSA

La Societa’ (OMISSIS) s.r.l. era stata autorizzata, con Delib. Giunta regionale della Basilicata del giorno 1 luglio 2008, all’esercizio di una cava di sedimenti carbonatici, di proprieta’ del Comune di (OMISSIS), per la durata di dieci anni, decorrenti dalla data di inizio dell’attivita’ (23.09.2009).
Con istanza, datata 11.04.2019, la Societa’ – nelle more di altra istanza, gia’ avanzata, di proroga dell’attivita’ estrattiva – richiese di essere autorizzata al prelievo e alla successiva lavorazione del materiale gia’ depositato nella zona di stoccaggio dell’area di cava.
Con nota, del giorno 11 aprile 2019, del dirigente dell’Ufficio geologico del Comune, l’Ente precisava che le attivita’ di coltivazione mineraria dovevano cessare alla data del 23 aprile 2019.
La Societa’ impugno’ tale provvedimento, innanzi al Tribunale Amministrativo Regionale per la Basilicata, chiedendone l’annullamento per violazione della L. n. 241 del 1990, articolo 7, per omessa comunicazione dell’avvio del procedimento e per omessa motivazione e per violazione della normativa regionale in materia.
Con altro ricorso, la Societa’ chiedeva al T.A.R. l’annullamento della Delib. Comunale di Giunta municipale n. 149 del 2018, che non aveva autorizzato il richiesto ampliamento della coltivazione mineraria e dei servizi connessi.
Il T.A.R., con sentenza n. 614 del 2019, previa riunione dei ricorsi, li rigettava rilevando che il contratto di affitto intercorrente tra la ricorrente e il Comune si era risolto e che, in ogni caso, nelle more, era intervenuta la scadenza del contratto di concessione e di autorizzazione dell’attivita’ di coltivazione.
Tale decisione, appellata dalla Societa’, veniva confermata, con rigetto dell’appello, dal Consiglio di Stato, Sezione quinta, con sentenza in data 1.3.2021 n. 1704.
In particolare, il Consiglio di Stato (d’ora in poi C.d.S.) riteneva che:
– il Dirigente dell’Ufficio regionale geologico fosse competente all’adozione dell’atto impugnato, in quanto a questo spettavano i compiti di vigilanza in virtu’ di espressa delega;
– la nota di tale dirigente era sufficientemente motivata in quanto, appurato che l’autorizzazione regionale aveva ad oggetto l’attivita’ estrattiva finalizzata alla commercializzazione del prodotto di cava, era sufficiente, ai fini motivazionali, fare riferimento alla scadenza dell’autorizzazione stessa, al verificarsi della quale tutte le attivita’ (comprese quelle attinenti alla lavorazione e alla vendita del materiale gia’ lavorato e stoccato) non potevano piu’ essere esercitate;
– quanto alla questione della risoluzione del contratto di affitto stipulato con il Comune, lo stesso T.A.R. della Basilicata, con sentenza passata in giudicato, aveva dichiarato risolto il contratto, dichiarando la nullita’ delle clausole contrattuali che prevedevano il rinnovo tacito dello stesso sino alla scadenza dell’autorizzazione regionale, a semplice richiesta;
– correttamente il primo giudice aveva ritenuto infondata la censura relativa alla violazione della Legge Regionale n. 12 del 1979, articolo 1 bis, comma 4, secondo periodo, dato che la norma invocata, legittimante la prosecuzione di attivita’ pur dopo la scadenza dell’attivita’ di cava, non poteva essere oggetto di immediata applicazione, in mancanza dell’istituzione del registro delle cave abbandonate o dismesse e della pubblicazione dei bandi per le azioni di recupero ambientale;
erano insussistenti le dedotte violazioni degli obblighi partecipativi, posto che la comunicazione dell’avvio del procedimento della revoca della Delib. n. 34 del 2017, non avrebbe potuto condurre ad esiti differenti e cioe’ all’adozione di un provvedimento di diverso contenuto.
Avverso la sentenza la societa’ (OMISSIS) s.r.l. propone ricorso, affidato a unico motivo inerente al difetto di giurisdizione.
Il Comune di (OMISSIS) e la Regione Basilicata resistono con autonomi controricorsi.
Il ricorso e’ stato avviato alla trattazione, ai sensi dell’articolo 380-bis.1 c.p.c., in Camera di consiglio, in prossimita’ della quale il P.M., nella persona dell’Avvocato Generale, Dott. Francesco Salzano, ha chiesto dichiararsi il ricorso inammissibile.
La (OMISSIS) s.r.l. ha depositato memoria.

 

Intestazione di un atto giudiziario e procura alle liti

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Preliminarmente va esaminata l’eccezione di inammissibilita’ del ricorso, sollevata dal Comune di (OMISSIS), per essere la procura speciale, rilasciata da parte di un soggetto diverso dal legale rappresentante della (OMISSIS) s.r.l., inesistente o nulla. Si rappresenta, infatti, che la procura speciale, apposta in calce al ricorso, e’ sottoscritta da (OMISSIS) mentre, nell’intestazione del ricorso, il legale rappresentante della Societa’ era individuato nella persona di (OMISSIS).
1.1. La societa’ ricorrente ha, nella memoria depositata, contestato l’eccezione, allegando visura camerale (dalla quale si evince che, alla data del rilascio della procura speciale, il legale rappresentante della Societa’ era (OMISSIS)), ed esposto che, per mero refuso di dattilografia, nel ricorso si era indicato, quale legale rappresentante, il nome di (OMISSIS).
1.2. L’eccezione, con la quale non si contesta specificamente la mancanza di potere rappresentativo in capo al soggetto che ha conferito la procura ma ci si limita a rilevare la incongruenza tra i due nominativi, e’ infondata alla luce del principio gia’ affermato da questa Corte e che il Collegio condivide secondo cui ” nel caso in cui nell’intestazione di un atto giudiziario…sia indicata una determinata persona quale rappresentante legale della societa’ cui l’atto e’ riferibile e la procura alle liti rilasciata a margine o in calce allo stesso risulta invece sottoscritta da un soggetto diverso, la discordanza configura un mero errore materiale che non incide sulla validita’ dell’atto, qualora si accerti che la procura e’ stata rilasciata da colui che riveste la qualita’ di legale rappresentante della societa’” (v. Cass. 16.07.2003 n. 11144). Inoltre, e in termini, si e’, di recente, (v. Cass. Sez. un. 31963 del 5.11.2021) condivisibilmente, statuito che per la rappresentanza processuale della persona giuridica e’ sufficiente l’indicazione della funzione e del potere del soggetto che ha rilasciato la procura, senza che, in assenza di una puntuale e tempestiva contestazione relativa all’effettiva esistenza del potere esercitato, si configuri l’onere di dimostrare il proprio potere rappresentativo.
2.Con l’unico motivo -rubricato: error in iudicando-violazione di legge (L.R.B. n. 12 del 1979 – L. n. 241 del 1990, articoli 3 e segg. – articolo 97 Cost.) – eccesso di potere (difetto assoluto del presupposto – di istruttoria – erroneita’ manifesta – la ricorrente deduce l’erroneita’ della sentenza impugnata laddove aveva ritenuto risolto il contratto intercorso con il Comune di (OMISSIS), sulla base della statuizione sul punto del TAR Basilicata n. 618/2014, costituente giudicato.
In particolare, secondo la prospettazione difensiva, la decisione del Consiglio di Stato, nella parte in cui aveva ritenuto tali considerazioni vincolanti, preclusive ed oggetto di giudicato, determinerebbe un evidente eccesso di potere giurisdizionale, con uno sconfinamento delle relative prerogative giurisdizionali e lo stravolgimento delle regole di diritto processuali. E cio’, anche con riferimento all’assunto con cui il Consiglio di Stato aveva affermato che tali considerazioni sarebbero giustificate dall’intento conformativo, ovvero di indirizzo della successiva attivita’ dell’Amministrazione in caso di nuova indizione della gara, essendo pacifico che qualsivoglia statuizione sull’attivita’ amministrativa, non ancora esercitata, e’ tassativamente vietata ai sensi del Decreto Legislativo n. 104 del 2010, articolo 34, comma 2. Inoltre, secondo la ricorrente, contrariamente a quanto ritenuto dal T.A.R. per la Basilicata, non sussisterebbe, in relazione al contratto di fitto, neanche la giurisdizione del Giudice amministrativo, essendo pacifico trattarsi di un atto privatistico, appartenente al patrimonio disponibile del Comune di (OMISSIS).
3. Il Comune di (OMISSIS) e la Regione Basilicata hanno eccepito l’inammissibilita’ del ricorso, laddove ripropone una questione di giurisdizione, per intervenuta formazione del giudicato interno.

 

Intestazione di un atto giudiziario e procura alle liti

4. Eguale conclusione ha formulato il P.M. nella sua requisitoria scritta.
5. Il T.A.R. Basilicata, infatti, nella sentenza n. 618/2014 – le cui statuizioni, in punto di risoluzione del contratto di affitto, richiamate dal Consiglio di Stato nella sentenza oggi impugnata, vengono rimesse in discussione dalla (OMISSIS) s.r.l. con il ricorso, pur dichiarando il ricorso improcedibile per sopravvenuta carenza di interesse, aveva, comunque, affermato espressamente la propria giurisdizione, rilevando preliminarmente che ai sensi dell’articolo 133, lettera b) c.p.a., il giudice amministrativo esercita la giurisdizione esclusiva per i rapporti di concessione di beni pubblici e che, nella fattispecie, la controversia verteva sulla risoluzione per inadempimento del contratto di affitto del 9.3.2009 e sulla conseguente indizione del procedimento ad evidenza pubblica, finalizzato alla selezione del nuovo concessionario della cava di proprieta’ comunale di cui e’ causa. Aveva, inoltre, nel merito dichiarato l’avvenuta risoluzione del contratto in questione.
Tale sentenza, per come e’ pacifico, e’ passata in cosa giudicata per mancata impugnazione.
6. Cio’ posto, il ricorso e’ inammissibile laddove, al paragrafo 1.7.6. (pag. 21) prospetta la questione di giurisdizione in relazione al contratto di fitto rispetto al quale, trattandosi di atto privatistico, sussisterebbe la giurisdizione del giudice ordinario.
6.1. Sul punto, come evidenziato sopra, e’ intervenuto il giudicato, costitituito dalla sentenza n. 618 del 2014 con cui il T.A.R. per la Basilicata ha espressamente affermato la sua giurisdizione e ha, pur dichiarando l’improcedibilita’ del ricorso per sopravvenuto difetto di interesse (essendo la gara, impugnata, andata deserta), statuito nel merito.
6.2. Il ricorso e’, parimenti, inammissibile nella parte in cui configura un eccesso di potere giurisdizionale, laddove il Consiglio di Stato aveva ritenuto vincolanti, siccome assistiti dal giudicato, l’accertamento in ordine all’intervenuta risoluzione del contratto di affitto in essere con il Comune e la declaratoria di nullita’ di alcune clausole di quel contratto, come statuiti dalla citata sentenza n. 618/2014 del TAR Basilicata. Secondo la prospettazione difensiva era evidente l’errore in iudicando e la violazione di legge in cui era incorsa la sentenza impugnata, nel ritenere tali argomentazioni aventi la forza del giudicato laddove, avendo quel Giudice dichiarato il ricorso improcedibile per sopravvenuto difetto di interesse, le stesse dovevano considerarsi meri obiter irrilevanti.
6.3. Appare utile premettere che queste Sezioni Unite (Cass. Sez. Un., 30.11.2021 n. 37552; Cass., Sez. Un., 13 maggio 2020, n. 8848; Cass., Sez. Un., 19 aprile 2021, n. 10245; Cass., Sez. Un., 26 ottobre 2021, n. 30112), hanno gia’ avuto modo di affermare e di ribadire che l’eccesso di potere denunciabile con ricorso per cassazione, per motivi attinenti alla giurisdizione, va riferito alle sole ipotesi di difetto assoluto di giurisdizione (che si verifica quando un giudice speciale affermi la propria giurisdizione nella sfera riservata al legislatore o alla discrezionalita’ amministrativa, ovvero, al contrario, la neghi sull’erroneo presupposto che la materia non possa formare oggetto in assoluto di cognizione giurisdizionale) o di difetto relativo di giurisdizione (riscontrabile quando detto giudice abbia violato i limiti esterni della propria giurisdizione, pronunciandosi su materia attribuita alla giurisdizione ordinaria o ad altra giurisdizione speciale, ovvero negandola sull’erroneo presupposto che appartenga ad altri giudici); e poiche’ la nozione di eccesso di potere giurisdizionale non ammette letture estensive, neanche limitatamente ai casi di sentenze abnormi, anomale ovvero caratterizzate da uno stravolgimento radicale delle norme di riferimento, il relativo vizio non e’ configurabile in relazione a denunciate violazioni di legge sostanziale o processuale riguardanti il modo di esercizio della giurisdizione speciale (Cass., Sez. Un., 4 febbraio 2021, n. 2605).
E’ naturale che qualsiasi erronea interpretazione o applicazione di norme in cui il giudice possa incorrere nell’esercizio della funzione giurisdizionale, ove incida sull’esito della decisione, puo’ essere letta in chiave di lesione della pienezza della tutela giurisdizionale cui ciascuna parte legittimamente aspira, perche’ la tutela si realizza compiutamente se il giudice interpreta ed applica in modo corretto le norme destinate a regolare il caso sottoposto al suo esame. Non per questo, pero’, ogni errore di giudizio o di attivita’ processuale imputabile al giudice e’ qualificabile come eccesso di potere giurisdizionale assoggettabile al sindacato della Corte di cassazione, quale risulta delineato dall’articolo 111 Cost., comma 8, e dall’articolo 362 c.p.c.. Ne risulterebbe altrimenti del tutto obliterata la distinzione tra limiti interni ed esterni della giurisdizione e il sindacato di questa Corte sulle sentenze del giudice speciale verrebbe di fatto ad avere una latitudine non dissimile da quella che ha sui provvedimenti del giudice ordinario: cio’ che la norma costituzionale e le disposizioni processuali dianzi richiamate non sembrano invece consentire (Cass., Sez. Un., 14 settembre 2020, n. 19085).
Si e’, quindi, ribadito (Cass., Sez. Un., 19 dicembre 2018, n. 32773; Cass., Sez. Un., 9 aprile 2020, n. 7762) che la negazione in concreto di tutela alla situazione soggettiva azionata, determinata dall’erronea interpretazione delle norme sostanziali o processuali, non concreta eccesso di potere giurisdizionale per omissione o rifiuto di giurisdizione cosi’ da giustificare il ricorso previsto dall’articolo 111 Cost., comma 8, atteso che l’interpretazione delle norme di diritto costituisce il proprium della funzione giurisdizionale e non puo’ integrare di per se’ sola la violazione dei limiti esterni della giurisdizione, che invece si verifica nella diversa ipotesi di affermazione, da parte del giudice speciale, che quella situazione soggettiva e’, in astratto, priva di tutela per difetto assoluto o relativo di giurisdizione. Nella misura in cui riconduce ipotesi di errores in iudicando o in procedendo ai motivi inerenti alla giurisdizione, la tesi del concetto di giurisdizione inteso in senso dinamico – ha sottolineato la Corte costituzionale nella sentenza n. 6 del 2018 – comporta una piu’ o meno completa assimilazione dei due tipi di ricorso, ai sensi dell’articolo 111 Cost., commi 7 e 8, e si pone in contrasto con tale disposizione costituzionale e con l’assetto pluralistico delle giurisdizioni stabilito dalla Carta fondamentale che, appunto per questo, ha sottratto le sentenze del Consiglio di Stato della Corte al controllo nomofilattico della Corte di cassazione, stabilendo una riserva di nomofilachia in favore dei rispettivi organi di vertice delle due giurisdizioni speciali.
6.4 Tanto premesso, queste Sezioni Unite escludono che, nella specie, sia configurabile il dedotto eccesso di potere giurisdizionale laddove, dalla stessa prospettazione difensiva, vengono mosse alla sentenza impugnata censure identificantesi, come sopra esposto, in violazione di legge o error in iudicando, interne alla stessa funzione giurisdizionale espletata.
7. Le spese seguono la soccombenza e vanno liquidate, come in dispositivo, in favore della Regione della Basilicata e del Comune di (OMISSIS).
8. Poiche’ il ricorso e’ stato proposto successivamente al 30 gennaio 2013 ed e’ dichiarato inammissibile, ricorrono i presupposti processuali per dare atto – ai sensi della L. n. 228 del 2012, articolo 1, comma 17, che ha aggiunto del Testo Unico di cui al Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1-quater – della sussistenza dell’obbligo di versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per la stessa impugnazione, se dovuto.

P.Q.M.

dichiara il ricorso inammissibile.
Condanna la ricorrente alla refusione in favore delle controricorrenti delle spese processuali liquidate, per ciascuna, in complessivi Euro 5.000,00 (cinquemila) oltre Euro 200,00 per esborsi, rimborso forfetario nella misura del 15% e accessori di legge.
Ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1 quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, articolo 1, comma 17, dichiara la sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso articolo 13, comma 1-bis, se dovuto.

 

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