Corte di Cassazione, civile, Ordinanza|9 gennaio 2024| n. 786.
L’interventore adesivo non ha un’autonoma legittimazione a impugnare
L’interventore adesivo non ha un’autonoma legittimazione a impugnare laddove la parte adiuvata non abbia esercitato il proprio diritto di proporre impugnazione ovvero abbia fatto acquiescenza alla decisione a essa sfavorevole, salvo che l’impugnazione sia limitata alle questioni relative alla qualificazione dell’intervento (fattispecie relativa alla proroga delle concessioni balneari e ai diritti delle associazioni di categoria intervenute).
Ordinanza|9 gennaio 2024| n. 786. L’interventore adesivo non ha un’autonoma legittimazione a impugnare
Data udienza 24 ottobre 2023
Integrale
Tag/parola chiave: Impugnazioni – Legittimazione – Interventore adesivo – Associazioni di categoria – Parte adiuvata acquiescente alla decisione ad essa sfavorevole – Mancato esercizio del diritto di impugnazione – Questioni relative alla qualificazione dell’intervento – Ammissibile
REPUBBLICA ITALIANA
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONI UNITE CIVILI
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati
Dott. D’ASCOLA Pasquale Primo Presidente Aggiunto
Dott. CIRILLO Ettore Presidente di Sezione
Dott. PATTI Adriano Piergiovanni Consigliere
Dott. Margherita Maria Consigliere
Dott. GIUSTI Alberto Consigliere
Dott. CIRILLO Francesco Maria Consigliere.
Dott. LAMORGESE Antonio Pietro Consigliere Rel.
Dott. CRUCITTI Roberta Consigliere
Dott. MAROTTA Caterina Consigliere
ORDINANZA
sul ricorso 795/2023 proposto da:
(…), Confindustria Nautica, in persona dei rispettivi legali rappresentanti pro tempore, elettivamente domiciliate in Roma, Via (…), presso lo studio dell’avvocato Ma.Ma. che le rappresenta e difende;
– ricorrenti –
contro
Comune di Lecce, in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati As.La. e La.Si.;
– controricorrente –
(…) S.n.c. di Gi.Sa.., (…) S.r.l., (…) S.r.l., (…), (…) S.r.l.s., (…) Sas (…) S.n.c., (…) (altri, Omisiss)
– intimati –
avverso la sentenza n. 4072/2022 del CONSIGLIO DI STATO, depositata il 23/05/2022.
Udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 24/10/2023 dal consigliere LAMORGESE ANTONIO PIETRO; lette le conclusioni scritte del Sostituto Procuratore Generale CARDINO ALBERTO, il quale conclude per l’accoglimento del primo motivo del ricorso.
FATTI DI CAUSA
1.- Il signor (Omissis)è titolare di una concessione demaniale marittima e gestisce uno stabilimento balneare in Lecce, località Spiaggiabella.
In vista della scadenza del titolo concessorio alla data del 31 dicembre 2020, egli aveva proposto istanza al fine di conseguire la proroga della concessione fino al 31 dicembre 2033, ex articolo 1, co. 682, legge n. 145/2018, ma il Comune di Lecce aveva deliberato di respingerla e di rivolgergli formale interpello al fine di conoscere se egli intendesse avvalersi della facoltà di prosecuzione dell’attività, ex articolo 182 del D.L. n. 34/2020, convertito con legge n. 77/2020, con contestuale pagamento del canone per l’anno 2021 o, in via alternativa, non avvalersi di tale facoltà e accettare una proroga tecnica della concessione per la durata di tre anni.
2.- Il suo ricorso avverso il diniego di proroga della concessione è stato accolto dal Tribunale amministrativo regionale per la Puglia, sezione distaccata di Lecce, con sentenza n. 71 del 2021.
3.- A seguito dell’impugnazione della sentenza poc’anzi citata da parte del Comune di Lecce, il Presidente del Consiglio di Stato, con decreto n. 160 del 2021, ha deferito all’Adunanza Plenaria (d’ora in avanti, A.P.), ai sensi dell’articolo 99, comma 2, cod. proc. amm., la soluzione di tre complesse questioni di diritto rilevanti per la decisione.
4.- Nella fase del giudizio dinanzi all’A.P. sono intervenuti, anche a sostegno delle ragioni dell’originario ricorrente ((…), appellato costituito), alcune associazioni di categoria, tra le quali l’Associazione Nazionale Approdi e Porti Turistici-(…) (d’ora in avanti, (…)), alcuni enti territoriali e numerosi soggetti privati titolari di concessione demaniale marittima.
5.- L’A.P., con sentenza n. 18 del 2021, ha dichiarato inammissibili tutti gli interventi e ha estromesso le relative parti dal giudizio; ha risposto ai quesiti posti nei seguenti termini e ha rimesso gli atti alla sezione ordinaria per il prosieguo.
“1. Le norme legislative nazionali che hanno disposto (e che in futuro dovessero ancora disporre) la proroga automatica delle concessioni demaniali marittime per finalità turistico-ricreative compresa la moratoria introdotta in correlazione con l’emergenza epidemiologica da Covid-19 dall’art. 182, comma 2, D.L. n. 34/2020, convertito in legge n. 77/2020 sono in contrasto con il diritto Eurounitario, segnatamente con l’art. 49 TFUE e con l’art. 12 della direttiva 2006/123/CE (cd. Bolkestein). Tali norme, pertanto, non devono essere applicate né dai giudici né dalla pubblica amministrazione.
2. Ancorché siano intervenuti atti di proroga rilasciati dalla P.A. (e anche nei casi in cui tali atti siano stati rilasciati in seguito a un giudicato favorevole o abbiamo comunque formato oggetto di un giudicato favorevole) deve escludersi la sussistenza di un diritto alla prosecuzione del rapporto in capo agli attuali concessionari. Non vengono al riguardo in rilievo i poteri di autotutela decisoria della P.A. in quanto l’effetto di cui si discute è direttamente disposto dalla legge, che ha nella sostanza legificato i provvedimenti di concessione prorogandone i termini di durata. La non applicazione della legge implica, quindi, che gli effetti da essa prodotti sulle concessioni già rilasciate debbano parimenti ritenersi tamquam non esset, senza che rilevi la presenza o meno di un atto dichiarativo dell’effetto legale di proroga adottato dalla P.A. o l’esistenza di un giudicato. Venendo in rilievo un rapporto di durata, infatti, anche il giudicato è comunque esposto all’incidenza delle sopravvenienze e non attribuisce un diritto alla continuazione del rapporto.
3. Al fine di evitare il significativo impatto socio-economico che deriverebbe da una decadenza immediata e generalizzata di tutte le concessioni in essere, di tener conto dei tempi tecnici perché le amministrazioni predispongano le procedura di gara richieste e, altresì, nell’auspicio che il legislatore intervenga a riordinare la materia in conformità ai principi di derivazione europea, le concessioni demaniali per finalità turistico-ricreative già in essere continuano ad essere efficaci sino al 31 dicembre 2023, fermo restando che, oltre tale data, anche in assenza di una disciplina legislativa, esse cesseranno di produrre effetti, nonostante qualsiasi eventuale ulteriore proroga legislativa che dovesse nel frattempo intervenire, la quale andrebbe considerata senza effetto perché in contrasto con le norme dell’ordinamento dell’U.E”.
6.- Nella successiva fase il Consiglio di Stato, sez. V, con sentenza n. 4072/2022, preliminarmente, ha dichiarato inammissibili gli interventi successivi alla sentenza dell’A.P., tra i quali quello della Confindustria Nautica, associazione di categoria nel settore balneare, e ha confermato l’inammissibilità degli interventi delle altre associazioni di categoria già estromesse dall’A.P., tra le quali (…); nel merito ha fatto applicazione dei principi enunciati dall’A.P. e, di conseguenza, ha accolto l’appello del Comune di Lecce e respinto l’originario ricorso di (…).
7.- Avverso questa sentenza Confindustria Nautica e (…) hanno proposto ricorso, ex articolo 111, comma 8, Cost. Il Comune di Lecce con controricorso ha difeso l’impianto motivazionale della sentenza impugnata. Le altre parti del giudizio d’appello, tra le quali (…), sono rimaste intimate. Il Procuratore Generale e le parti hanno depositato memorie.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1.- Confindustria Nautica e (…), interventori volontari (la prima) nella fase dinanzi alla sezione ordinaria e (la seconda) anche nella fase dinanzi all’A.P. del giudizio introdotto in primo grado dal sig. (…), hanno proposto ricorso per cassazione.
1.1.- I ricorrenti denunciano con il primo motivo, in relazione agli articoli 360, comma 1, n. 1, c.p.c. e 111, comma 8°, Costituzione: a) diniego della giurisdizione per avere il C.d.S. ritenuto inammissibili, in via generale e a priori, i loro interventi (al pari di tutti gli interventi proposti dagli altri enti e associazioni di categoria), senza alcuna valutazione in concreto dei relativi statuti, dai quali risultava evidente la loro funzione primaria di rappresentanza e difesa, in ambito nazionale, delle istanze e degli interessi collettivi delle società e degli imprenditori nautici nel settore turistico-balneare, irragionevolmente rinnegando la costante giurisprudenza amministrativa in tema di ammissibilità degli interventi volontari degli enti esponenziali di interessi collettivi e, aprioristicamente e indiscriminatamente, ogni forma di tutela giurisdizionale dell’interesse superindividuale; b) inoltre, osservano che il potere attribuito al Presidente del Consiglio di Stato, ai sensi dell’articolo 99, 2° comma, c.p.a., di deferire ex officio all’A.P. “qualunque ricorso”, potrebbe essere esercitato, in concreto, in violazione dei principi di uguaglianza e terzietà del giudice, per l’effetto di selezionare gli interlocutori di un determinato processo e di tradursi in un fattore di denegata giustizia per talune associazioni di categoria rispetto ad altre; da qui la questione di legittimità costituzionale della disposizione suindicata, per contrasto con gli articoli 3, 24 e 111, commi 1 e 2, Costituzione.
1.2.- Il secondo complesso motivo, riguardante il merito delle questioni controverse, denuncia l’eccesso di potere giurisdizionale riferibile alla sentenza qui impugnata e a quella dell’A.P. (n. 18 del 2021), per avere travalicato i limiti esterni della giurisdizione amministrativa e invaso la sfera sia del potere legislativo che di quello amministrativo. In particolare, entrambe le pronunce si sarebbero spinte oltre la propria attività nomofilattica ed esegetica, avendo usurpato le attribuzioni dei poteri legislativo ed esecutivo nella valutazione della “scarsità delle risorse” in materia e creato un novum jus, introducendo una norma “di diritto transitorio” con la previsione di un dies ad quem, diverso da quello previsto dalla normativa nazionale, per l’efficacia di tutte le concessioni in corso (ossia il 31 dicembre 2023), nonché di un termine per l’indizione delle gare, formulando anche i principi ad esse applicabili. Inoltre, la valutazione secondo cui la normativa nazionale in tema di proroga delle concessioni marittime sarebbe tamquam non esset darebbe luogo a ulteriori criticità, in ordine all’ambito applicativo della decisione con riferimento alle strutture portuali.
2.- Il Procuratore Generale ha chiesto l’accoglimento del primo motivo del ricorso, assorbite le altre censure.
3.- Preliminarmente si deve valutare se alle parti (quali sono Confindustria Nautica e (…)) intervenienti adesivi nella fase del giudizio di appello dinanzi al Consiglio di Stato sia consentito impugnare autonomamente per cassazione la sentenza sfavorevole alla parte adiuvata (sig. (…)), alla luce della giurisprudenza di legittimità che lo esclude quando il ricorso per cassazione sia proposto da chi abbia spiegato in appello intervento adesivo dipendente.
Al quesito deve rispondersi affermativamente.
3.1.- In primo luogo, nella giurisprudenza consolidata di questa Corte è acquisito il principio secondo cui l’interventore adesivo non ha un’autonoma legittimazione ad impugnare laddove la parte adiuvata non abbia esercitato il proprio diritto di proporre impugnazione ovvero abbia fatto acquiescenza alla decisione ad essa sfavorevole, “salvo che l’impugnazione sia limitata alle questioni specificamente attinenti la qualificazione dell’intervento (…)” (ex plurimis, Cass. n. 2818/2018, n. 27528/2016, n. 16930/2013, SU n. 5992/2012). La predetta deroga al principio (“salvo che…”) è stata applicata con riferimento a sentenze del Consiglio di Stato impugnate ex articolo 111, comma 8, Costituzione e condivisibilmente giustificata dalle Sezioni Unite (cfr. n. 31266/2019) in senso collimante con “la costante giurisprudenza del giudice amministrativo”, secondo la quale il soggetto interveniente ad adiuvandum non è legittimato a proporre appello in via principale e autonoma “salvo che non abbia un proprio interesse direttamente riferibile alla sua posizione, come nel caso in cui sia stata negata la legittimazione all’intervento o sia stata emessa nei suoi confronti la condanna alle spese giudiziali (v. Cons. Stato n. 3409/2018; id. 22 febbraio 2016, n. 724; id. 13 febbraio 2017 n. 614; 6 agosto 2013 n. 4121)” (SU n. 31266/2019 cit.). È allora evidente la legittimazione di Confindustria Nautica e di (…) a impugnare la sentenza n. 4072/2022 del C.d.S., censurata con il primo motivo per averli estromessi dal giudizio di appello, negando la loro legittimazione a parteciparvi e, in tal modo, radicalmente conculcando (in tesi) il loro diritto di azione, oltre che di difesa e al contraddittorio. In secondo luogo, a confermare ulteriormente la loro legittimazione a proporre ricorso per cassazione avverso la sentenza sfavorevole alla parte adiuvata (sig. (…)), sebbene non impugnata da quest’ultima, è la constatazione che, dal punto di vista processual-civilistico (che è quello appropriato per la valutazione in esame), entrambi sono intervenuti nel giudizio di appello nella qualità di enti esponenziali di interessi collettivi differenziati e qualificati, senza ampliare il thema decidendum della causa, a tutela anche di diritti propri e autonomi, direttamente azionabili, connessi per l’oggetto e il titolo e finalisticamente convergenti con il diritto individuale della parte adiuvata.
4.- Venendo a esaminare il primo motivo del ricorso, la doglianza rivolta alla sentenza impugnata è di avere dichiarato inammissibili – incorrendo in diniego o rifiuto della giurisdizione spettante all’organo giurisdizionale adito – gli interventi (qualificati in sentenza, pag. 2, ad opponendum) tempestivamente proposti da (…) (già nella fase dinanzi all’A.P., in vista della enunciazione di principi vincolanti sulle questioni di massima di particolare importanza formulate dal Presidente del Consiglio di Stato) e da Confindustria Nautica nella fase successiva dinanzi alla sezione ordinaria che quei principi ha applicato con effetti incidenti direttamente sugli interessi collettivi e istituzionali delle predette associazioni, aprioristicamente estromesse dal giudizio.
5.- Per rispondere al motivo in esame è necessario considerare le posizioni delle due associazioni ricorrenti: come si è detto, quella di (…), intervenuta anche nella fase dinanzi all’A.P. conclusasi con la sentenza n. 18 del 2021, e quella di Confindustria Nautica, intervenuta nella fase del giudizio successiva all’A.P. dinanzi alla sezione ordinaria del Consiglio di Stato. Rispetto ad (…) si è pronunciata l’A.P. con la sentenza n. 18 del 2021, la quale ha dichiarato inammissibile il suo intervento, estromettendola dalla fase del giudizio di appello dinanzi a sé. La menzionata sentenza dell’A.P. la cui motivazione è stata richiamata e integralmente recepita nella qui impugnata sentenza n. 4072/2022 senza ulteriori valutazioni specifiche è stata però cassata dalle Sezioni Unite con sentenza n. 32559/2023 (deliberata nella stessa camera di consiglio del ricorso in esame) sulla base di argomentazioni idonee a giustificare la cassazione anche della sentenza qui impugnata n. 4072/2022, per ragioni di diniego o arretramento della giurisdizione che devono essere qui ribadite. Ad analoga conclusione deve pervenirsi rispetto a Confindustria Nautica, la cui posizione non è stata vagliata dall’A.P. nella sentenza n. 18 del 2021 e, quindi, neppure dalle Sezioni Unite, ma il cui intervento in causa è stato giudicato inammissibile nella sentenza qui impugnata (con conseguente estromissione di Confindustria Nautica dalla fase dinanzi alla sezione ordinaria del Consiglio di Stato) sulla base di considerazioni sovrapponibili a quelle espresse dall’A.P. e già ritenute dalle Sezioni Unite sintomatiche di eccesso di potere giurisdizionale sotto il profilo del diniego o arretramento della giurisdizione.
6.- Il Collegio ritiene utile ribadire le argomentazioni espresse dalle Sezioni Unite (n. 32559/2023) che possono riferirsi anche alla sentenza qui impugnata. Di questa è opportuno riportare i principali passi relativi alla estromissione dal giudizio di Confindustria Nautica e (…): “Tanto gli interventi successivi alla sentenza dell’Adunanza plenaria (n. 18 del 2021) quanto quello su cui quest’ultima non si è pronunciata sono stati quindi proposti da associazioni di categoria o da operatori del settore economico delle imprese balneari, titolari di concessioni demaniali per finalità turistico-ricreative. Per entrambi non sono pertanto ravvisabili ragioni per discostarsi dalla dichiarazione di inammissibilità che in sede nomofilattica è stata resa con riguardo agli altri interventi nel presente giudizio (…) Con riguardo alle associazioni di categoria (…) la loro legittimazione ad intervenire nel giudizio amministrativo richiede che in esso siano impugnati provvedimenti lesivi degli “interessi istituzionalmente perseguiti dall’associazione”, e non anche “di singoli iscritti”, posta l’ontologica irriducibilità dell’interesse collettivo perseguito dall’ente collettivo con “la mera sommatoria degli interessi imputabili ai singoli associati””. Nella medesima direzione la sentenza qui impugnata ha richiamato un precedente giurisprudenziale (A.P. n. 6/2020) secondo cui “l’interesse collettivo facente capo all’ente esponenziale è quello che “eccede la sfera dei singoli per assumere una connotazione condivisa e non esclusiva, quale interesse di ‘tutti’ in relazione ad un bene dal cui godimento individuale nessuno può essere escluso, ed il cui godimento non esclude quello di tutti gli altri”, poiché esso si trova allo stato diffuso “nella comunità o nella categoria”, per poi individualizzarsi nel “soggetto collettivo, strutturato e rappresentativo” che ne assume istituzionalmente la tutela (…) Tanto premesso così prosegue la sentenza impugnata come già statuito dall’Adunanza plenaria nella
sentenza 9 novembre 2021, n. 18, nel caso di specie i provvedimenti impugnati, ed in particolare il diniego di proroga della concessione demaniale opposto dal Comune di Lecce al ricorrente, lede in via esclusiva l’interesse individuale di quest’ultimo “senza impingere in via immediata sulla finalità istituzionale delle associazioni”. In ragione di ciò anche gli interventi successivi alla pronuncia in sede nomofilattica vanno quindi dichiarati inammissibili”.
7.- Si deve valutare preliminarmente se la doglianza di Confindustria Nautica (ma analoghi rilievi valgono anche per (…)) dissimuli una censura di errori in procedendo, in quanto tale estranea al sindacato delle Sezioni Unite o, al contrario, colga effettivamente una questione di giurisdizione deducibile in questa sede, ai sensi dell’articolo 111, comma 8, Costituzione.
8.- Ad avviso del Procuratore Generale, si tratta di questione inerente alla giurisdizione. Richiamati i principi risultanti dalla giurisprudenza dello stesso Consiglio di Stato – secondo i quali “nel processo amministrativo la legittimazione attiva di associazioni rappresentative di interessi collettivi presuppone che la questione dibattuta “attenga in via immediata al perimetro delle finalità statutarie dell’associazione e, cioè, che la produzione degli effetti del provvedimento controverso si risolva in una lesione diretta del suo scopo istituzionale””, che “l’interesse tutelato con l’intervento sia comune a tutti gli associati (…) e che non siano, in definitiva, configurabili conflitti interni all’associazione” il Procuratore Generale ha osservato che “la loro applicazione presuppone necessariamente una attenta valutazione, da condursi caso per caso, al fine di individuare la sussistenza di un interesse collettivo, definito dalle norme statutarie dell’ente, che si identifichi con l’interesse di tutti gli appartenenti alla categoria unitariamente considerata”. Ed ha concluso osservando che “siffatta valutazione non è stata, in radice, svolta”, essendosi la sentenza impugnata limitata ad affermare “in modo pressoché apodittico che “nel caso di specie, (i provvedimenti impugnati) ed in particolare il diniego di proroga della concessione demaniale opposto dal Comune di Lecce al ricorrente, lede in via esclusiva l’interesse individuale di quest’ultimo “senza impingere in via immediata sulla finalità istituzionale delle associazioni” (e) senza alcuna considerazione analitica rivolta all’esame dei loro statuti. La necessità di un loro concreto e distinto esame era invece necessaria (…) per accertare caso per caso la loro legittimazione (…)”. Non vi sarebbe stata, quindi, una “negazione in concreto di tutela alla situazione soggettiva azionata, determinata dall’erronea interpretazione delle norme sostanziali nazionali o dei principi del diritto europeo da parte del giudice amministrativo”, ma una “negazione in astratto della situazione giuridica tutelata” propria degli enti intervenienti, con conseguente “arretramento rispetto ad una materia che può formare oggetto di cognizione giurisdizionale”.
9.- Il Collegio, condividendo le argomentazioni del Procuratore Generale, ritiene che non sia configurabile un mero ed incensurabile errore in procedendo, ma un diniego o rifiuto di giurisdizione per avere la sentenza impugnata negato alle associazioni ricorrenti la legittimazione ad intervenire nel giudizio, sulla base non di specifici e concreti impedimenti processuali (ad esempio, per ragioni relative alla fase processuale in cui gli interventi sono stati proposti, al grado di rappresentatività dei soggetti intervenuti rispetto agli interessi fatti valere, all’esistenza di conflitti interni alle associazioni, ecc.) ma di valutazioni che, in definitiva, negano in astratto la titolarità in capo alle stesse associazioni di posizioni soggettive differenziate, qualificabili come interessi legittimi.
10.- Le Sezioni Unite hanno preso atto del diretto collegamento della legittimazione ad agire con la situazione giuridica sostanziale fatta valere dal ricorrente (o interveniente), giungendo ad affermare che il rapporto tra processo amministrativo e posizione sostanziale fatta valere (interesse legittimo) è di autonomia solo relativa, poiché “la sede processuale assume una posizione complementare rispetto a quella sostanziale, svolgendo una funzione di autentica individuazione degli interessi sostanziali meritevoli di tutela”. “Tale operazione, che tende a identificare nella titolarità di un interesse legittimo la sussistenza della legittimazione ad agire, è il risultato di una lunga operazione giurisprudenziale” che consente di affermare che “la legittimazione ad agire, invero, è da intendere (non come mera predicazione) ma piuttosto come effettiva titolarità della posizione azionata” (v. SU n. 20820/2019). Analogamente, nella giurisprudenza amministrativa, la legittimazione ad agire coincide con la titolarità di una posizione qualificabile come interesse legittimo (ex plurimis, Cons. di Stato, sez. V, n. 3923/2018; sez. VI n. 658/2005), anche quando si tratti di interessi (legittimi) collettivi di determinate collettività e categorie, soggettivizzate in enti associativi esponenziali, legittimati ad agire e intervenire in giudizio (ex plurimis, Cons. di Stato, A.P., n. 6/2020; A.P. n. 9/2015; sez. IV n. 2236/2020; sez. III n. 1467/2020; sez. IV n. 36/2014; sez. IV n. 1478/2012).
11.- La questione concernente la configurabilità o meno di un interesse (legittimo) suscettibile di tutela giurisdizionale dinanzi al giudice amministrativo integra un problema di giurisdizione, in quanto attiene ai limiti esterni delle attribuzioni di detto giudice e, pertanto, è deducibile con ricorso alle Sezioni Unite, a norma dell’articolo 362 cod. proc. civ. (Cass. SU n. 2207/1978, in un caso speculare a quello ora in esame, cassò per difetto assoluto di giurisdizione la sentenza del Consiglio di Stato che aveva annullato l’impugnato provvedimento della giunta provinciale di Trento, in materia di approvazione di un progetto di opera stradale, qualificando in termini di interesse legittimo – anziché di interesse di fatto – la pretesa azionata dall’associazione Italia Nostra nell’esercizio dei propri compiti statutari di tutela del patrimonio storico, artistico e naturale; cfr. anche SU n. 3626/1972).
Nella stessa direzione si collocano i più recenti arresti che ribadiscono che inerisce al giudizio sulla giurisdizione, spettante alle Sezioni Unite, stabilire se la pretesa sostanziale azionata assurga al rango di interesse giuridicamente rilevante (legittimo) o consista in un interesse di mero fatto non differenziato e non giustiziabile (cfr. implicitamente, SU n. 15601/2023, p. 9; n. 27177/2023, p. 11). Nel primo caso è configurabile la giurisdizione amministrativa se la posizione sostanziale dedotta sia effettivamente considerata dall’ordinamento come interesse legittimo; nell’altro caso si ha difetto assoluto di giurisdizione, mancando in astratto la giustiziabilità della posizione fatta valere. È una logica conseguenza della natura sostanziale dell’interesse legittimo (l'”interesse d’individui o di enti morali giuridici” già nell’articolo 26 T.U. n. 1054/1924 sul Consiglio di Stato e “di persone fisiche o giuridiche” nell’articolo 4, legge n. 1034/1971), che nella dialettica contrapposizione ai diritti soggettivi (articoli 24, 103 e 113 Costituzione) fonda il riparto delle competenze giurisdizionali tra giudice ordinario e giudice amministrativo, da tenere nettamente distinto dall’interesse (processuale) a ricorrere che integra una condizione dell’azione (cui si riferiscono altri precedenti delle Sezioni Unite: cfr. n. 475/2015, n. 7025/2006).
Ed allora, se la posizione soggettiva fatta valere ha consistenza di interesse legittimo, il giudice amministrativo, essendo fornito della giurisdizione, è tenuto ad esercitarla, incorrendo altrimenti in diniego o rifiuto della giurisdizione, vizi censurabili dalle Sezioni Unite, ai sensi dell’articolo 111, comma 8, Cost. (cfr., in tema di rifiuto o diniego della giurisdizione, Cass. SU n. 31226/2017, n. 2242/2015, n. 21581/2011, n. 25395/2010, n. 30254/2008, n. 13659/2006).
E’ opportuno precisare, al riguardo, che l’ipotesi del rifiuto o diniego della giurisdizione si verifica ogniqualvolta le Sezioni Unite accertino, all’esito di un controllo contenutistico, che la sentenza impugnata disconosca, effettivamente, la tutelabilità in astratto delle posizioni soggettive azionate (aventi natura di interessi legittimi o, nell’ambito della giurisdizione esclusiva, di diritti soggettivi), senza che occorra una formale declaratoria in tal senso da parte del giudice amministrativo di ultimo grado. In altri termini, ai fini del rilievo del vizio denunciato, non si richiede che il Consiglio di Stato giustifichi espressamente la decisione per la ritenuta estraneità della domanda alle sue (o altrui) attribuzioni giurisdizionali o dichiari formalmente che la situazione soggettiva fatta valere in giudizio sia priva di tutela in astratto, essendo compito delle Sezioni Unite verificare, all’esito di un controllo di tipo sostanziale, se la sentenza abbia prodotto oggettivamente questi effetti.
Attiene, per contro, al merito della controversia devoluta al giudice amministrativo, cioè alla fondatezza della domanda (in tal senso dovendosi intendere alcuni precedenti di questa Corte, cfr. SU n. 11588/2019, n. 2050/2016), ogni questione concernente l’idoneità di una norma di diritto – per come applicata in concreto – a tutelare l’interesse dedotto dalla parte in giudizio (cfr. Cass. SU n. 15601/2023, p. 4, anche per i precedenti ivi richiamati).
12.- La giurisprudenza amministrativa ha da tempo delineato le coordinate della tutela giurisdizionale degli interessi legittimi collettivi di determinate comunità di persone e categorie (anche professionali) affidata agli enti associativi esponenziali, iscritti in elenchi speciali previsti dalla legge o in possesso dei requisiti a tal fine individuati dalla giurisprudenza. E’ costante l’orientamento che ammette la loro legittimazione attiva a intervenire nel processo amministrativo (anche in appello) alle condizioni che: a) la questione dibattuta attenga in via immediata al perimetro delle finalità statutarie dell’associazione e, cioè, che la produzione degli effetti del provvedimento controverso si risolva in una lesione diretta del suo scopo istituzionale e non della mera sommatoria degli interessi imputabili ai singoli associati; b) l’interesse tutelato con l’intervento sia comune a tutti gli associati, che non vengano tutelate le posizioni soggettive solo di una parte degli stessi e che non siano, in definitiva, configurabili conflitti interni all’associazione, che implicherebbero automaticamente il difetto del carattere generale e rappresentativo della posizione azionata in giudizio; restando preclusa ogni iniziativa giurisdizionale sorretta dal solo interesse astratto al corretto esercizio dei poteri amministrativi o per mere finalità di giustizia (Cons. di Stato, A.P., n. 9/2015; cfr., ex plurimis, A.P. n. 6/2020; sez. V n. 6037/2020, sez. IV n. 2236/2020, sez. IV n. 5229/2019, sez. III n. 5605/2019, sez. V n. 288/2019, sez. V n. 4957/2016, sez. V n. 4628/2016).
13.- Alla luce di queste coordinate può comprendersi come le (sopra riferite) argomentazioni contenute nella sentenza impugnata per estromettere dal giudizio l’associazione Confindustria Nautica e (…) rivelino non un mero e incensurabile errore in procedendo ma, al contrario, un diniego in astratto della tutela giurisdizionale connessa al rango dell’interesse sostanziale (legittimo) fatto valere dagli enti ricorrenti, con l’effetto di degradarlo a interesse di mero fatto non giustiziabile.
14.- Nella sentenza impugnata è stata omessa qualsiasi valutazione degli statuti delle associazioni ricorrenti, i cui interventi sono stati globalmente dichiarati inammissibili, con conseguente loro estromissione dal giudizio, non già all’esito di una verifica negativa in concreto delle condizioni (indicate dalla giurisprudenza amministrativa, sub 12) di ammissibilità dei loro interventi, ma come effetto di un aprioristico diniego di giustiziabilità dell’interesse collettivo proprio delle stesse associazioni ed enti. La sentenza ha, in sostanza, precluso l’accesso alla giurisdizione delle associazioni ricorrenti che avevano fatto valere, in quanto tali, un interesse (anche) proprio e diverso da (nonché convergente e quindi adesivo a) quello individuale del destinatario del provvedimento negativo (vittoriosamente impugnato dinanzi al TAR di Lecce), con il quale le associazioni condividevano l’interesse coltivato nel giudizio di appello introdotto dal Comune di Lecce alla conferma della sentenza di primo grado; da qui l’evidente collegamento della loro posizione giuridica con quella fatta valere dal concessionario impugnante il provvedimento amministrativo di diniego della proroga. Neppure si potrebbe condizionare l’ammissibilità dell’intervento delle associazioni esponenziali di interessi collettivi alla verifica di un loro interesse specifico identico a quello fatto valere dal titolare della concessione marittima (ad ottenere una singola proroga). Le associazioni predette agiscono, infatti, a tutela di interessi collettivi collegati e convergenti ma non confondibili con l’interesse specifico individuale fatto valere da chi (il titolare di una concessione) è parte principale nel processo. Ad affermarlo implicitamente (e contraddittoriamente) è la stessa sentenza impugnata, laddove ha correttamente osservato che “la loro legittimazione ad intervenire nel giudizio amministrativo richiede che in esso siano impugnati provvedimenti lesivi degli “interessi istituzionalmente perseguiti dall’associazione”” e che “l’interesse collettivo facente capo all’ente esponenziale è quello che “eccede la sfera dei singoli per assumere una connotazione condivisa e non esclusiva”, poiché esso si trova allo stato diffuso “nella comunità o nella categoria” per poi individualizzarsi nel “soggetto collettivo, strutturato e rappresentativo” che ne assume istituzionalmente la tutela”. Il collegamento (anche indiretto e mediato) è necessario per giustificare l’intervento delle predette associazioni in una determinata causa (o tipologia di cause) e non in altre, ma l’interesse (legittimo) azionato è quello collettivo, attinente in via immediata al perimetro delle finalità statutarie delle associazioni, queste ultime direttamente lese dalla produzione degli effetti del provvedimento controverso. E’ significativo che la giurisprudenza amministrativa ammetta la proposizione dell’intervento adesivo nel giudizio d’appello alle condizioni che vi sia alterità dell’interesse vantato rispetto a quello che legittimerebbe la proposizione del ricorso in via principale e che l’interveniente possa subire, anche in via indiretta e mediata, un pregiudizio dalla decisione d’appello o possa tutelare una situazione di vantaggio attraverso la definizione della controversia (cfr. Cons. di Stato, sez. II, n. 10142/2022; Cons. di Stato, A.P., n. 13/2018 e, sull’orientamento che ammette l’intervento ad adiuvandum e ad opponendum del soggetto titolare di una posizione giuridica collegata o dipendente da quella del ricorrente principale, sez. IV n. 7539/2023).
15.- Si è trattato di un diniego o rifiuto della tutela giurisdizionale sulla base di valutazioni che, negando in astratto la legittimazione delle associazioni ricorrenti a intervenire nel processo, senza esaminare i loro statuti o la presenza di eventuali controindicazioni specifiche, conducono a negare anche la giustiziabilità degli interessi collettivi (legittimi) da essi rappresentati, relegandoli in sostanza al rango di interessi di fatto. A dimostrarlo è la constatazione che le argomentazioni espresse nella sentenza impugnata potrebbero essere utilizzate per escludere l’ammissibilità dell’intervento delle associazioni ricorrenti in qualsiasi altro processo amministrativo introdotto da soggetti singoli, sebbene vertente su questioni inerenti al perimetro delle finalità statutarie delle associazioni stesse. La sentenza impugnata, di conseguenza, è affetta dal vizio di eccesso di potere denunciato sotto il profilo dell’arretramento della giurisdizione rispetto ad una materia devoluta alla cognizione giurisdizionale del giudice amministrativo.
16.- In conclusione, il primo motivo di ricorso è accolto nei predetti termini, restando assorbito il profilo riguardante la questione di legittimità costituzionale dell’articolo 99, comma 2, cod. proc. amm. (sub 1.1.-b) e assorbite anche tutte le altre censure proposte; di conseguenza, la sentenza impugnata è cassata con rinvio al Consiglio di Stato.
17. Sussistono giusti motivi per compensare integralmente le spese del giudizio di cassazione, in considerazione della novità, complessità ed eccezionale rilevanza delle questioni trattate.
P.Q.M.
La Corte, in accoglimento del primo motivo del ricorso di Confindustria Nautica e (…), assorbiti gli altri motivi, cassa la sentenza impugnata e rinvia al Consiglio di Stato; compensa le spese del giudizio di cassazione.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 24 ottobre 2023.
Depositato in cancelleria il 9 gennaio 2024.
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