Corte di Cassazione, sezione terza penale, Sentenza 22 marzo 2019, n. 12718.
La massima estrapolata:
Qualsiasi intervento effettuato su una costruzione realizzata abusivamente, ancorché l’abuso non sia stato represso, costituisce ripresa dell’attività criminosa originaria, integrante un nuovo reato edilizio; ne consegue che, allorché l’opera abusiva perisca in tutto o in parte, o necessiti di attività manutentive, o, come nel caso in esame, di completamento o trasformazione, il proprietario non acquista il diritto di ricostruirla, completarla, trasformarla, ristrutturarla, mantenerla, senza titolo abilitativo, giacché anche gli interventi di trasformazione o manutenzione ordinaria presuppongono che l’edificio sul quale si interviene sia stato costruito legittimamente, in quanti gli interventi ulteriori su immobili abusivi ripetono le caratteristiche di illegittimità dall’opera principale, alla quale ineriscono strutturalmente
Sentenza 22 marzo 2019, n. 12718
Data udienza 10 ottobre 2018
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA PENALE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. LAPALORCIA Grazia – Presidente
Dott. DI NICOLA Vito – Consigliere
Dott. LIBERATI Giovanni – rel. Consigliere
Dott. GAI Emanuela – Consigliere
Dott. MACRI’ Ubalda – Consigliere
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
(OMISSIS), nato a (OMISSIS);
avverso la sentenza del 2/10/2017 della Corte d’appello di Napoli;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere Dott. Giovanni Liberati;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale Dott. CUOMO Luigi, che ha concluso chiedendo di dichiarare inammissibile il ricorso;
udito per il ricorrente l’avv. (OMISSIS), che ha concluso chiedendo l’accoglimento del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
1. Con sentenza del 2 ottobre 2017 la Corte d’appello di Napoli ha rigettato l’impugnazione proposta dall’imputato nei confronti della sentenza del 30 ottobre 2015 del Tribunale di Torre Annunziata, con cui (OMISSIS) era stato dichiarato responsabile dei reati cui al Decreto del Presidente della Repubblica n. 380 del 2001, articolo 44, lettera c), (ascrittogli per avere proseguito, in area vincolata e in mancanza del permesso di costruire, le opere di trasformazione di un seminterrato abusivo, della superficie di 93 metri quadrati e del volume di 228 metri cubi, mediante la tramezzatura di parte di tale seminterrato, con la realizzazione nello stesso di due camere della superficie di 19 metri quadrati ciascuna, di cui una ultimata con finiture e impianti e l’altra ancora mancante di infissi e pavimenti; accertato fino al (OMISSIS)), nonche’ 83 et 95 Decreto del Presidente della Repubblica n. 380 del 2001 (per avere iniziato e proseguito i lavori suddetti in zona sismica, omettendo il deposito degli atti di progetto presso l’Ufficio del Genio Civile competente); con la medesima sentenza l’imputato era anche stato condannato al risarcimento dei danni in favore del Comune di Massa Lubrense ed era stata disposta la demolizione delle opere abusive.
1.1. La Corte territoriale, nel disattendere l’impugnazione dell’imputato, ha sottolineato l’originaria abusivita’ della trasformazione del seminterrato oggetto degli interventi di trasformazione realizzati dall’imputato, di cui era stata mutata la destinazione (da vano tecnico a deposito) in assenza di permesso di costruire, cosicche’ gli ultimi interventi di ulteriore trasformazione erano da considerare prosecuzione dell’iniziale illecito urbanistico, escludendone la prescrizione, in considerazione del fatto che solo una delle due camere di nuova realizzazione era stata completata, mentre l’altra era priva di infissi e pavimenti e il garage e il ripostiglio retrostanti erano ancora al rustico.
2. Avverso tale sentenza l’imputato ha proposto ricorso per cassazione, affidato a tre motivi.
2.1. Con il primo motivo ha lamentato la violazione e l’errata applicazione del Decreto del Presidente della Repubblica n. 380 del 2001, articolo 44, art .157 c.p. e articolo 167 c.p., comma 2, e l’errata valutazione delle prove, ai sensi dell’articolo 606 c.p.p., comma 1, lettera b), c) et e), con riferimento alla qualificazione delle opere interne da ultimo realizzate e oggetto della contestazione come prosecuzione della trasformazione dell’originario seminterrato abusivo, trattandosi di opere che non avevano determinato aumento di volumi, ne’ modifica di destinazione d’uso, in quanto la destinazione del seminterrato era rimasta la medesima, cioe’ di deposito, con la conseguenza che erroneamente era stata rilevata la prosecuzione della originaria trasformazione abusiva, di cui avrebbe dovuto essere rilevata l’estinzione per prescrizione.
2.2. Con il secondo motivo ha lamentato ulteriore violazione dell’articolo 157 c.p. e articolo 167 c.p., comma 2, con riferimento all’epoca di realizzazione delle opere interne oggetto della contestazione, in quanto anche queste ultime erano risalenti nel tempo, come riferito anche dai testimoni indicati dal pubblico ministero, e, comunque, assai anteriori all’accertamento, avvenuto il (OMISSIS), giacche’ le finiture al rustico di garage e deposito erano definitive e non richiedevano altri interventi, in considerazione della destinazione e della funzione di tali locali.
2.3. Con il terzo motivo ha lamentato la mancanza assoluta di motivazione, con riferimento alla propria doglianza relativa alla genericita’ dell’ordine di demolizione.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso non e’ fondato.
2. Il primo motivo, mediante il quale e’ stata eccepita l’erroneita’ della considerazione delle opere interne di tramezzatura come prosecuzione della, risalente, attivita’ illecita di trasformazione del seminterrato (in quanto destinato a vano tecnico e trasformato in deposito, in assenza del permesso di costruire), nel quale tali ultime opere sono state realizzate, non e’ fondato.
Qualsiasi intervento effettuato su una costruzione realizzata abusivamente, ancorche’ l’abuso non sia stato represso, costituisce ripresa dell’attivita’ criminosa originaria, integrante un nuovo reato edilizio; ne consegue che, allorche’ l’opera abusiva perisca in tutto o in parte, o necessiti di attivita’ manutentive, o, come nel caso in esame, di completamento o trasformazione, il proprietario non acquista il diritto di ricostruirla, completarla, trasformarla, ristrutturarla, mantenerla, senza titolo abilitativo, giacche’ anche gli interventi di trasformazione o manutenzione ordinaria presuppongono che l’edificio sul quale si interviene sia stato costruito legittimamente, in quanti gli interventi ulteriori su immobili abusivi ripetono le caratteristiche di illegittimita’ dall’opera principale, alla quale ineriscono strutturalmente (cfr., ex plurimis, da ultimo, Sez. 3, n. 30168 del 24/05/2017, Pepe, Rv. 270252 – 01; nonche’ Sez. 3, Sentenza n. 38495 del 19/05/2016, Waly, Rv. 267582 – 01; conf. Sez. 3, n. 40843 del 11/10/2005, Daniele, Rv. 232364 – 01).
Ne consegue la piena correttezza del rilievo della illiceita’ delle opere oggetto della contestazione, costituenti prosecuzione delle opere di illecita trasformazione del seminterrato, che in origine aveva destinazione e funzione di vano tecnico non abitabile, prima trasformato illecitamente in deposito e, successivamente, con la realizzazione delle ultime opere ancora in corso alla data del sopralluogo eseguito il (OMISSIS), in locale composto da due vani con finestre e serramenti, garage e ripostiglio, opere che, dunque, hanno costituito prosecuzione e completamento della originaria attivita’ illecita, ripetendone e mutuandone il carattere di illiceita’, che quindi e’ stato correttamente rilevato dalla Corte d’appello.
3. Il secondo motivo, mediante il quale e’ stato lamentato il mancato rilievo della estinzione per prescrizione dei reati addebitati all’imputato, che sarebbero stati consumati anteriormente al momento del loro accertamento, e’ anch’esso infondato.
Costituisce, infatti, principio non controverso nella giurisprudenza di legittimita’ quello secondo cui il reato urbanistico ha natura di reato permanente, la cui consumazione ha inizio con l’avvio dei lavori di costruzione e perdura fino alla cessazione dell’attivita’ edificatoria abusiva (Sez. U, n. 17178 del 27/02/2002, Cavallaro, Rv. 221399). La cessazione dell’attivita’ si ha con l’ultimazione dei lavori per completamento dell’opera, con la sospensione dei lavori volontaria o imposta, con la sentenza di primo grado, se i lavori continuano dopo l’accertamento del reato e sino alla data del giudizio (Sez. 3, n. 38136, 24/10/2001; Sez. 3, n. 29974 del 06/05/2014, Sullo, Rv. 260498; Sez. 3, n. 49990 del 04/11/2015, Quartieri, Rv. 265626; Sez. 3, n. 14501 del 07/12/2016, dep. 24/03/2017, Rocchio, Rv. 269325). L’ultimazione dei lavori coincide con la conclusione dei lavori di rifinitura interni ed esterni, quali gli intonaci e gli infissi (Sez. 3, n. 5480 del 12/12/2013, Manzo, Rv. 258930; Sez. 3, n. 11646 del 16/10/2014, Barbuzzi, Rv. 262977).
Nel caso in esame la Corte d’appello ha evidenziato che una delle due camere realizzate nel seminterrato non era ancora stata completata, essendo priva di infissi e pavimenti, e che nell’area vi era materiale edile, traendone, in modo pienamente logico, la conclusione della non avvenuta ultimazione dei lavori e, quindi, del perdurare della permanenza, cessata solo con l’accertamento dei reati, avvenuto il (OMISSIS), con la conseguente corretta esclusione della estinzione dei reati per prescrizione.
4. Il terzo motivo, relativo alla mancanza di motivazione in ordine alla censura in ordine alla indeterminatezza dell’ordine di demolizione, e’ inammissibile, a causa della sua genericita’, e anche manifestamente infondato.
Dalla non contestata narrativa della sentenza di appello, non risulta che alla Corte territoriale fosse stata sottoposta detta censura.
Essa e’, comunque, manifestamente infondata, posto che il contenuto dell’ordine di demolizione si specifica, necessariamente, attraverso il contenuto della contestazione, che nel caso in esame e’ sufficientemente analitica, e delle opere in relazione alle quali e’ stata affermata la responsabilita’, nel caso in esame corrispondenti a tutte quelle oggetto della contestazione, cosicche’ non possono esservi dubbi di sorta sull’oggetto dell’ordine di demolizione, con la conseguente manifesta infondatezza della doglianza del ricorrente circa la sua insufficiente specificita’.
5. Il ricorso deve, dunque, essere rigettato, stante l’infondatezza dei primi due motivi e l’inammissibilita’ del terzo.
Al rigetto del ricorso consegue l’onere delle spese del procedimento.
In applicazione del decreto del Primo Presidente di questa Corte n. 84 del 2016 la motivazione e’ redatta in forma semplificata, in quanto il ricorso non richiede, ad avviso del Collegio, l’esercizio della funzione di nomofilachia e solleva questioni giuridiche la cui soluzione comporta l’applicazione di principi di diritto gia’ affermati e che il Collegio condivide.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Motivazione semplificata.
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