Nell’intervento autonomo il terzo fa valere un diritto proprio relativo all’oggetto sostanziale dell’originaria controversia

Corte di Cassazione, civile, Ordinanza|16 febbraio 2023| n. 4912

Nell’intervento autonomo il terzo fa valere un diritto proprio relativo all’oggetto sostanziale dell’originaria controversia

Nell’intervento autonomo ex art. 105 c.p.c., il terzo fa valere un diritto proprio relativo all’oggetto sostanziale dell’originaria controversia, da individuare con riferimento al “petitum” ed alla “causa petendi”, ovvero dipendente dal titolo dedotto nel processo medesimo a fondamento della domanda giudiziale originaria, senza che sia necessaria l’identità o la comunanza di “causa petendi” con l’azione originariamente proposta dall’attore, sicché la diversità dei rapporti dedotti in giudizio non costituisce elemento decisivo al fine di escludere l’ammissibilità dell’intervento. (Nella specie, la S.C. ha confermato la pronuncia di merito che aveva dichiarato l’ammissibilità dell’intervento spiegato da un fornitore di merci nel giudizio intercorrente tra l’appaltatore e il committente per il pagamento del prezzo dell’appalto, comprensivo del costo della fornitura, in quanto volto a rivendicare la titolarità di parte del credito azionato dall’originario attore).

Ordinanza|16 febbraio 2023| n. 4912. Nell’intervento autonomo il terzo fa valere un diritto proprio relativo all’oggetto sostanziale dell’originaria controversia

Data udienza 24 novembre 2022

Integrale

Tag/parola chiave: Appalto – Assegni protestati – Intervento ex art. 105 c.p.c.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SCARANO Luigi Alessandro – Presidente

Dott. GRAZIOSI Chiara – Consigliere

Dott. CONDELLO Pasqualina A. P. – rel. Consigliere

Dott. ROSSI Raffaele – Consigliere

Dott. GORGONI Marilena – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 2344/2019 R.G. proposto da:
(OMISSIS), rappresentato e difeso, giusta procura in calce al ricorso, dagli avv.ti Marco Angelo Ciliberti, e Fulvio Pedone, elettivamente domiciliato presso lo studio dell’avv. Gigliola Mazza Ricci, in (OMISSIS);
– ricorrente –
contro
(OMISSIS) S.R.L., in persona del legale rappresentante, rappresentata e difesa, in virtu’ di procura in calce al controricorso, dall’avv. Franca Collura, e dall’avv. Paolo Riccardo Rocca, domiciliata per legge in Roma, piazza Cavour, presso la cancelleria della Corte di Cassazione;
– controricorrente –
avverso la sentenza della Corte d’Appello di Bari n. 2094/2017, pubblicata in data 7 dicembre 2017;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 24 novembre 2022 dal Consigliere Dott.ssa Pasqualina A. P. Condello.

Nell’intervento autonomo il terzo fa valere un diritto proprio relativo all’oggetto sostanziale dell’originaria controversia

FATTI DI CAUSA

1. (OMISSIS), quale titolare della impresa individuale (OMISSIS), convenne in giudizio (OMISSIS) chiedendone la condanna al pagamento della somma di Euro 131.000,00 a titolo di corrispettivo del contratto di appalto del (OMISSIS), avente ad oggetto lavori di copertura di un capannone, deducendo che il convenuto aveva rilasciato assegni che erano stati protestati.
Si costitui’ in giudizio (OMISSIS), il quale, disconoscendo le sottoscrizioni in calce al contratto del (OMISSIS) e quelle risultanti sugli assegni prodotti dalla parte attrice, replico’ di non avere concluso un contratto di appalto con l’attore, il quale aveva in realta’ eseguito i lavori in subappalto per conto della ditta (OMISSIS) s.r.l., che era gia’ stata pagata per il lavoro svolto.
Intervenne in giudizio anche la (OMISSIS) s.r.l., che evidenzio’ che aveva fornito il materiale installato dalla ditta (OMISSIS) presso il capannone di proprieta’ del convenuto, che le trattative intercorse tra l’attore ed il convenuto erano state svolte da un suo agente, che la fornitura del materiale era stata fatturata alla ditta (OMISSIS) su richiesta del (OMISSIS), ma che aveva preteso la firma sugli assegni, rimasti insoluti e protestati, emessi dal traente (OMISSIS) in favore del (OMISSIS) e da questi poi ad essa girati; chiese, pertanto, in via principale, la condanna del (OMISSIS) a pagare, in suo favore, la somma di Euro 81.398,92 a titolo di corrispettivo della fornitura, o, in subordine, in forza della garanzia dallo stesso prestata o ancora a titolo di indebito arricchimento ex articolo 2041 c.c.; in via subordinata, dichiararsi che il (OMISSIS) fosse tenuto a pagare in suo favore la predetta somma, ai sensi dell’articolo 2041 c.c.
Il Tribunale di Foggia rigetto’ le domande proposte dal (OMISSIS) nei confronti del (OMISSIS) e, accogliendo la domanda subordinata proposta da (OMISSIS) s.r.l. nei confronti del (OMISSIS), condanno’ quest’ultimo al pagamento della somma richiesta.
2. Interposto appello dal (OMISSIS), con atto notificato alla sola (OMISSIS) s.r.l., la Corte d’Appello di Bari ha rigettato l’impugnazione.

Nell’intervento autonomo il terzo fa valere un diritto proprio relativo all’oggetto sostanziale dell’originaria controversia

Per quanto ancora di interesse in questa sede, la Corte territoriale ha dichiarato ammissibile e tempestivo l’intervento in giudizio ex articolo 105 c.p.c. di (OMISSIS) e “di scarso spessore” le critiche rivolte dall’appellante alla sentenza impugnata in ordine alla valutazione della prova testimoniale raccolta. Con riguardo, poi, al quantum della pretesa, ha ritenuto, alla stregua delle prove acquisite, che la consegna del materiale fosse stata effettuata presso il capannone di proprieta’ del (OMISSIS), e non presso altri cantieri come sostenuto dall’appellante, sottolineando altresi’ che quest’ultimo non aveva mai formalmente e tempestivamente disconosciuto i documenti prodotti dall’appellata, che supportavano quanto dichiarato dai testi; ha, quindi, concluso che le consegne del materiale erano state effettuate al (OMISSIS), il quale, peraltro, non aveva mai giustificato a che titolo avesse rilasciato o girato gli assegni che recavano la sua firma.
3. Avverso la decisione d’appello ricorre per cassazione (OMISSIS), sulla base di tre motivi, ulteriormente illustrati con memoria ex articolo 380-bis.1. c.p.c.
(OMISSIS) s.r.l. resiste con controricorso.
4. La trattazione e’ stata fissata in camera di consiglio ai sensi dell’articolo 380-bis.1. c.p.c..
Non sono state depositate conclusioni dal Pubblico Ministero.

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RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo di ricorso, deducendo la “Violazione e falsa applicazione dell’articolo 105 c.p.c., in relazione all’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3”, il ricorrente censura la sentenza gravata nella parte in cui ha respinto l’eccezione d’inammissibilita’ dell’intervento di (OMISSIS) s.r.l. e delle domande dalla stessa spiegate. Segnatamente, sostiene che tale intervento non e’ riconducibile ad alcuna delle ipotesi contemplate dal citato articolo 105 c.p.c., stante l’assenza di incompatibilita’, giuridica e logica, tra il diritto sotteso alla domanda della originaria attrice e quello dal quale traeva origine la pretesa spiegata con l’atto di intervento, che aveva trovato accoglimento in relazione alla presunta obbligazione di garanzia prestata dal (OMISSIS) in favore della (OMISSIS) s.r.l. per il pagamento dei materiali utilizzati dalla ditta (OMISSIS) per la realizzazione della copertura. Soggiunge che difetta pure un collegamento logico ed una connessione tra le domande inizialmente proposte dalla originaria parte attrice e le domande avanzate dalla parte intervenuta, cosicche’ neppure trova giustificazione il simultaneo processo.
1.1. Il motivo deve essere rigettato.
1.2. In linea generale, occorre rammentare che con l’intervento volontario, disciplinato dall’articolo 105 c.p.c., il terzo fa valere il proprio diritto in un processo pendente tra altre parti – in conflitto con entrambe (ipotesi nella quale si configura il cd. Intervento principale) o solo con alcune di esse (cd. intervento litisconsortile o adesivo autonomo) – e non quindi una posizione giuridica soggettiva di mero fatto o legata ad un’aspettativa meramente ipotetica (Cass., sez. U, 05/02/2013, n. 2593; Cass., sez. 1, 07/04/1983, n. 2453).
Il diritto che il terzo puo’ far valere deve essere relativo all’oggetto sostanziale dell’originaria controversia, da individuarsi con riferimento al petitum ed alla causa petendi, ovvero dipendente dal titolo dedotto nel processo medesimo a fondamento della domanda giudiziale originaria (Cass., sez. U, 05/05/2009, n. 10274). Tuttavia, ai fini dell’intervento autonomo non e’ necessaria l’identita’ o la comunanza di causa petendi tra l’azione esercitata dall’interveniente e quella originariamente proposta dall’attore, sicche’ la diversita’ dei rapporti dedotti in giudizio non costituisce elemento decisivo al fine di escludere l’ammissibilita’ dell’intervento, come e’ stato chiarito da Cass. n. 14844 del 27 giugno 2007, secondo cui la diversa natura delle azioni esercitate, rispettivamente, dall’attore in via principale e dal convenuto in via riconvenzionale rispetto a quella esercitata dall’interveniente, o la diversita’ dei rapporti giuridici con le une e con l’altra dedotti in giudizio non costituiscono elementi decisivi per escludere l’ammissibilita’ dell’intervento, essendo sufficiente a farlo ritenere ammissibile la circostanza che la domanda dell’interveniente presenti una connessione o un collegamento con quella di altre parti relative allo stesso oggetto sostanziale della originaria controversia, tali da giustificare un simultaneo processo (Cass., sez. 3, 10/06/2020, n. 11085).
La diversita’ dei rapporti dedotti in giudizio, dunque, non esclude in se’ l’ammissibilita’ dell’intervento del terzo, il quale diviene parte nella causa tra altre persone, pur non essendo necessariamente parte nel rapporto cui quella causa si riferisce; da cio’ consegue che il terzo puo’ intervenire nel processo non necessariamente nei casi in cui egli stesso potrebbe anche essere citato nello stesso processo, ma purche’ abbia un diritto autonomo che potrebbe essere pregiudicato dalla decisione e che il terzo potrebbe comunque far valere in un altro procedimento.
1.3. Tanto premesso, nella vicenda in esame, l’intervento spiegato da (OMISSIS) s.r.l., da qualificarsi quale intervento autonomo, e’ ammissibile.
Il (OMISSIS) ha agito in giudizio per chiedere al (OMISSIS) il pagamento del prezzo dell’appalto, comprensivo anche del costo dei pannelli forniti da (OMISSIS) s.r.l., la quale e’ intervenuta proprio al fine di chiedere, in via autonoma e direttamente, al (OMISSIS), che aveva prestato garanzia, il pagamento della fornitura, essendo rimasti insoluti gli assegni dallo stesso rilasciati. Considerato che (OMISSIS) s.r.l., intervenendo nella controversia promossa dal (OMISSIS), ha rivendicato la titolarita’ di parte del credito azionato dall’originario attore e comunque ha dedotto la spettanza in suo favore della somma, e’ evidente che essa ha fatto valere un diritto relativo all’oggetto della causa e che sussista connessione oggettiva tra le domande introdotte dall’interveniente e quelle proposte dalla parte originaria.
Correttamente, pertanto, la Corte territoriale ha dichiarato l’ammissibilita’ dell’intervento, a fronte della quale il ricorrente muove censure altresi’ in violazione del principio dell’autosufficienza.
Infatti, il ricorrente non si e’ conformato al suddetto principio perche’ nella parte del ricorso per cassazione destinata al “fatto” si limita a richiamare in modo estremamente sintetico le conclusioni rassegnate in primo grado dall’originario attore e da (OMISSIS) s.r.l. e, nell’illustrare il mezzo in esame, pur incentrando la censura sul difetto dei presupposti perche’ la domanda avanzata dalla intervenuta potesse essere trattata congiuntamente a quella proposta dal (OMISSIS), in un unico ambito processuale, tralascia di indicare in modo puntuale il contenuto delle domande, in tal modo impedendo a questa Corte di valutare la censura rivolta alla sentenza impugnata (Cass., sez. L, 28/12/2017, n. 31082, Cass., sez. L, 22/06/2020, n. 12191; Cass., sez. 5, 28/05/2020, n. 10143).
2. Con il secondo motivo si deduce la “violazione e falsa applicazione degli articoli 1938 e 1421 c.c., in combinato disposto, in relazione all’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3”.
Il ricorrente, partendo dal rilievo che l’articolo 1938 c.c. prevede espressamente la necessita’ di indicare l’importo massimo garantito nel caso in cui il fideiussore garantisca l’adempimento di obbligazioni future, sostiene che il giudice di primo grado, attribuendo rilievo alle dichiarazioni dei testimoni, in parte contrastanti con quelle rese dai medesimi soggetti nell’ambito della fase cautelare di sequestro preventivo, ha ritenuto provata la prestazione di garanzia personale per il pagamento del prezzo di acquisto del materiale commissionato dal (OMISSIS) alla (OMISSIS) s.r.l. e poi impiegato nella realizzazione del capannone di sua proprieta’, ma ha omesso di rilevare d’ufficio, ai sensi dell’articolo 1421 c.c., la mancata previsione dell’importo massimo garantito e, di conseguenza, la nullita’ della fideiussione medesima.
2.1. Il motivo e’ infondato.
2.2. L’articolo 1938 c.c., come modificato dalla L. n. 154 del 1992, articolo 10 come si evince dal chiaro riferimento letterale contenuto nella disposizione, prevede la necessita’ di indicazione dell’importo massimo garantito solo per il caso che il fideiussore garantisca l’adempimento di obbligazioni future.
Al riguardo, questa Corte ha avuto modo di precisare (in tal senso, Cass., sez. 1, 31/01/2017, n. 2492) che: “Non pare consentire altra interpretazione il testo della norma stessa, che, affermata la possibilita’ di garantire con la fideiussione anche obbligazioni condizionali o “future”, fa seguire la precisazione (aggiunta con la novella sopra richiamata) “con la previsione, in questo ultimo caso, dell’importo massimo garantito”: ove “quest’ultimo caso” non puo’ che corrispondere alla seconda delle due ipotesi considerate, quella per l’appunto di garanzia per obbligazioni future. Cio’, del resto, trova apprezzabile spiegazione considerando la genesi del citato L. n. 154 del 1992, articolo 10 che scaturisce dal dibattito dottrinale e giurisprudenziale in ordine alla legittimita’, o non, della fideiussione c.d. omnibus, cioe’ estesa a tutte le obbligazioni del debitore garantito derivanti da future operazioni bancarie (cfr. ad es. Cass., sez. 3, n. 1101/95), della cui legittimita’ si dubitava con riguardo alla indeterminatezza ed indeterminabilita’ dell’oggetto della garanzia fideiussoria. Indeterminatezza alla quale con la norma stessa si e’ inteso porre un contemperamento con l’obbligo, a pena di nullita’ della fideiussione, della precisazione dell’importo massimo garantito”.
Ebbene, risulta ormai accertato, in fatto, con statuizione non censurata, che il materiale fornito dalla (OMISSIS) s.r.l., ordinato dal (OMISSIS), e’ stato venduto e fatturato alla (OMISSIS) e che la societa’ fornitrice ha preteso che il pagamento provenisse direttamente dal (OMISSIS), che aveva prestato garanzia rilasciando assegni firmati in favore di (OMISSIS) e poi da questa girati alla (OMISSIS) s.r.l.
La ricostruzione della vicenda fattuale operata dal giudice di primo grado e avallata dalla Corte territoriale pone chiaramente in evidenza che la garanzia di pagamento assunta dal (OMISSIS) si riferiva ad una fornitura gia’ pattuita e, quindi, ad una obbligazione gia’ sorta e di importo ben determinato, cosicche’ l’obbligazione relativa al pagamento del prezzo della fornitura di materiale non poteva considerarsi, al momento in cui e’ stata prestata la fideiussione, obbligazione futura, considerando il senso da attribuirsi a tale nozione ai fini della necessita’ della indicazione imposta dall’articolo 1938 c.c., che, come si e’ detto, trova la sua ratio nella esigenza di porre rimedio alla indeterminatezza della garanzia che il fideiussore va ad assumere a suo carico in caso di fideiussione c.d. omnibus. Nel diverso caso in esame, la garanzia fideiussoria – come puntualmente evidenziato nella sentenza in esame – non faceva riferimento ad alcuna operazione futura, bensi’ ad una obbligazione ben determinata, e gia’ pattuita dal creditore con il (OMISSIS), che aveva rilasciato assegni il cui importo complessivo corrispondeva a quello concordato a titolo di prezzo di acquisto dei pannelli oggetto di fornitura.
Rettamente, dunque, la Corte di merito ha, implicitamente, escluso la applicabilita’ nella specie della disposizione inderogabile dell’articolo 1938 c.c.
3. Con il terzo motivo, rubricato: “In subordine, violazione e falsa applicazione degli articolo 2697 c.c. e articolo 116 c.p.c., in combinato disposto, in relazione all’articolo 360 c.p.c., nn. 3 e 5”, il ricorrente, dolendosi della quantificazione del credito di cui la (OMISSIS) s.r.l. e’ stata riconosciuta titolare, sostiene che dalla stessa documentazione prodotta dalla controparte si evinceva che il materiale al quale si riferiva la pretesa di (OMISSIS) s.r.l. era stato destinato ad altri cantieri del (OMISSIS).
Ribadisce, in particolare, che alcuni documenti di trasporto recavano come luogo di destinazione della merce un diverso cantiere e che altri riportavano diversi indirizzi e citta’, come evidenziato dallo stesso capitolo 8) della memoria depositata da (OMISSIS) s.r.l. in data 5/8 settembre 2006, nel quale veniva fatta menzione di un cantiere riferibile alla societa’ (OMISSIS) s.p.a. Lamenta, pertanto, che il giudice d’appello avrebbe recepito le difese della societa’ appellata, senza considerare che la stessa (OMISSIS) s.r.l. aveva fornito la prova del fatto che parte del materiale fatturato al (OMISSIS) fosse destinato a cantieri diversi da quello dello stesso ricorrente. Aggiunge che non possono considerarsi elementi idonei a fondare un contrario convincimento ne’ la lettera raccomandata del 12 settembre 2003, proveniente da (OMISSIS) s.r.l., contestata con missiva del 21 settembre 2003, ne’ l’esistenza o meno di un valido disconoscimento della documentazione prodotta da (OMISSIS) s.r.l., ne’ ancora la prova testimoniale espletata.
3.1. La censura e’ inammissibile.
3.2. Invero, laddove si evocano circostanze fattuali, facendo espresso riferimento ai documenti di trasporto nn. 31461/03, 31462/03, 31463/03, 653/03 e 654/03, alla lettera raccomandata del 12 settembre 2003 ed alla successiva missiva del 21 settembre 2003, nonche’ ai capitoli di prova formulati con la memoria istruttoria depositata dalla intervenuta ed adducendo che il materiale fatturato dalla odierna controricorrente non sarebbe stato consegnato presso il cantiere dell’odierno ricorrente, ma sarebbe stato destinato presso altri cantieri, con conseguente infondatezza della pretesa economica fatta valere in giudizio dalla (OMISSIS) s.r.l., la censura non risulta rispettosa del principio di cui all’articolo 366 c.p.c., comma 1, n. 6, poiche’ il ricorrente omette di trascrivere, quanto meno nelle parti rilevanti, il contenuto dei documenti richiamati o, comunque, di specificare in quale fase del giudizio essi sono stati prodotti al fine di consentire alla Corte di valutare la doglianza in base al solo ricorso e senza accedere ad atti ad esso esterni.
Cio’ in continuita’ del principio secondo cui, in tema di ricorso per cassazione, il principio di autosufficienza, che impone l’indicazione espressa degli atti processuali o dei documenti sui quali il ricorso si fonda, va inteso nel senso che occorre specificare anche in quale sede processuale il documento risulta prodotto, poiche’ indicare un documento significa necessariamente, oltre che specificare gli elementi che valgono ad individuarlo, riportandone il contenuto, dire dove nel processo esso e’ rintracciabile, sicche’ la mancata “localizzazione” del documento basta per la dichiarazione di inammissibilita’ del ricorso, senza necessita’ di soffermarsi sull’osservanza del principio di autosufficienza dal versante “contenutistico” (Cass., sez. 1, 10/12/2020, n. 28184; Cass., sez. 1, 07/03/2018, n. 5478).
3.3. Peraltro, il mezzo in esame, per come complessivamente illustrato, sotto le apparenti spoglie di una presunta violazione o falsa applicazione di legge (ossia degli articolo 2697 c.c. e articolo 116 c.p.c.), e’, in realta’, finalizzato a sollecitare una valutazione di fatto ed a richiedere un riesame delle risultanze istruttorie in merito alla quantificazione del credito vantato da (OMISSIS) s.r.l., gia’ vagliate dal Tribunale e dalla Corte d’appello con accertamento di fatto, non scrutinabile in questa sede, neppure sotto il profilo motivazionale.
Invero, sul punto, i giudici di appello, con motivazione puntuale ed esaustiva e scevra da vizi logici, hanno analizzato non solo la documentazione prodotta dalle parti, ma anche le testimonianze raccolte, escludendo la denunciata inattendibilita’ delle stesse e la sussistenza di eventuali profili di contrasto tra le dichiarazioni rese nella fase cautelare e quelle rese nella successiva fase di merito del giudizio, ed hanno ritenuto raggiunta la prova che le consegne del materiale fornito da (OMISSIS) s.r.l. fossero avvenute presso il cantiere dell’odierno ricorrente, il quale si era personalmente obbligato al pagamento dei pannelli per la copertura del capannone, sebbene le fatture fossero intestate alla impresa di cui era titolare il (OMISSIS), mediante il rilascio di assegni a sua firma, intestati al (OMISSIS) e da questi girati a (OMISSIS) s.r.l., materialmente consegnati dallo stesso (OMISSIS) alla societa’ fornitrice.
A fronte dell’apprezzamento del materiale probatorio acquisito, osserva il Collegio come le censure illustrate dal ricorrente non contengano alcuna adeguata denuncia del paradigma dell’articolo 2697 c.c. e di quello dell’articolo 116 c.p.c., essendosi il (OMISSIS), anche in questa sede, limitato a denunciare unicamente una pretesa erronea valutazione di risultanze probatorie.
Al riguardo, varra’ rimarcare il principio fatto proprio dalle Sezioni Unite di questa Corte di legittimita’, secondo il quale la violazione dell’articolo 2697 c.c. e’ configurabile se il giudice di merito applica la regola di giudizio fondata sull’onere della prova in modo erroneo, cioe’ attribuendo l’onus probandi a una parte diversa da quella che ne era onerata secondo le regole di scomposizione della fattispecie basate sulla differenza fra fatti costituivi ed eccezioni (Cass., sez. U, 05/08/2016, n. 16598, in motivazione), mentre per dedurre la violazione del paradigma dell’articolo 116 c.p.c. non e’ sufficiente denunciare che il giudice abbia valutato le prove proposte dalle parti attribuendo maggior forza di convincimento ad alcune piuttosto che ad altre, essendo tale attivita’ consentita dalla disposizione richiamata, che non a caso e’ rubricato alla “valutazione delle prove” (Cass., sez. 3, 10/06/2016, n. 11892; Cass., sez. 3, 12/10/2017, n. 23940; Cass., sez. U, 30/09/2020, n. 20867).
Il ricorrente, lungi dal dedurre vizi di violazione di legge nei termini indicati, ha ridotto le censure proposte a una mera rilettura nel merito dell’intero compendio probatorio complessivamente acquisito, come tale non legittimamente prospettabile in sede di legittimita’, neanche attraverso il paradigma del vizio motivazionale, considerato che la nuova formulazione dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 5, introdotta dal Decreto Legge 22 giugno 2012, n. 83, articolo 54, comma 1, lettera b), convertito, con modificazioni, nella L. 7 agosto 2012, n. 134, ha limitato l’impugnazione alla sola ipotesi di “omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che e’ stato oggetto di discussione tra le parti”, con la conseguenza che, al di fuori di tale omissione, il controllo del vizio di legittimita’ rimane circoscritto alla sola verifica della esistenza del requisito motivazionale nel suo contenuto “minimo costituzionale” richiesto dall’articolo 111 Cost., comma 6.
La’ dove, come nel caso in esame, non si contesti la inesistenza del requisito motivazionale del provvedimento giurisdizionale, il vizio ex articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 5, puo’ essere dedotto soltanto in caso di omesso esame di un “fatto storico” controverso, che sia stato oggetto di discussione ed appaia “decisivo” ai fini di una diversa decisione, non essendo piu’ consentito criticare la sufficienza delle argomentazioni giustificative della decisione adottata sulla base di elementi fattuali ritenuti dal giudice di merito determinanti ovvero scartati perche’ non pertinenti o recessivi (Cass., sez. U, 07/04/2014, n. 8053; Cass., sez. U, 22/09/2014, n. 19881).
Il ricorrente non ha indicato il fatto storico trascurato dalla Corte d’appello e idoneo a condurre ad un diverso convincimento e, pertanto, anche sotto tale profilo, la doglianza non si sottrae alla declaratoria d’inammissibilita’.
4. In conclusione, il ricorso va rigettato.
Le spese del giudizio di legittimita’ seguono la soccombenza e sono liquidate come in dispositivo.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso.
Condanna il ricorrente al pagamento, in favore della controricorrente, delle spese del giudizio di legittimita’ che liquida in Euro 6.800,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi, liquidati in Euro 200,00, ed agli accessori di legge.
Ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1 quater, inserito dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, articolo 1, comma 17, da’ atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso articolo 13, comma 1 bis se dovuto.

 

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