Reato di falso ideologico

Corte di Cassazione, sezione quinta penale, Sentenza 11 giugno 2020, n. 17929.

Massima estrapolata:

Integra il reato di falso ideologico in atto pubblico la condotta del pubblico ufficiale che in una relazione di servizio fornisca una parziale rappresentazione dei fatti caduti sotto la sua diretta percezione, in quanto tale relazione costituisce atto pubblico e, ai fini dell’elemento soggettivo, è sufficiente il dolo generico, consistente nella rappresentazione e nella volontà dell'”immutatio veri”, mentre non è richiesto l'”animus nocendi” né l'”animus decipiendi”, con la conseguenza che il delitto sussiste sia quando la falsità sia compiuta senza l’intenzione di nuocere, sia quando la sua commissione sia accompagnata dalla convinzione di non produrre alcun danno. (Nella specie la Corte ha ritenuto configurabile, sussistendo i medesimi connotati, il concorso nel reato di falso ideologico dell'”extraneus” che, in accordo con i militari della guardia di finanza procedenti, dopo aver dismesso la carica di rappresentante legale della società oggetto di verifica, sottoscriveva i verbali di constatazione e di operazioni compiute nei quali le dichiarazioni dallo stesso rese venivano imputate al fratello, nominato nuovo amministratore, di cui si attestava la partecipazione e la sottoscrizione).

Sentenza 11 giugno 2020, n. 17929

Data udienza 20 gennaio 2020

Tag – parola chiave: Falso ideologico in atto pubblico – Pubblico ufficiale – Verbale – Circostanze riportate non corrispondenti al vero – Condanna – Trattamento sanzionatorio

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE QUINTA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MORELLI Francesca – Presidente

Dott. SESSA Renata – rel. Consigliere

Dott. TUDINO Alessandra – Consigliere

Dott. MOROSINI Elisabetta M. – Consigliere

Dott. BRANCACCIO Matilde – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
(OMISSIS), nato a (OMISSIS);
avverso la sentenza del 11/12/2018 della CORTE APPELLO di BRESCIA;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere Dott. RENATA SESSA;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Dott. BIRRITIERI LUIGI, che ha concluso per il rigetto del ricorso;
Udito il difensore:
l’avvocato (OMISSIS) che ha chiesto che venga annullata la sentenza impugnata e ha insistito per l’accoglimento del ricorso.

RITENUTO IN FATTO

1. Con la sentenza impugnata la Corte di Appello di Brescia ha confermato la pronuncia emessa dal Tribunale di Mantova nei confronti di (OMISSIS), che lo aveva dichiarato colpevole di concorso in falso ideologico in atti pubblici e, uniti i reati sotto il vincolo della continuazione, condannato alla pena di anni tre e mesi uno di reclusione, oltre alla pena accessoria dell’interdizione dai pubblici uffici per la durata di anni cinque.
Il (OMISSIS), in particolare, era imputato del reato di cui all’articolo 81 c.p., comma 2, articolo 110 c.p. e articolo 476 c.p., commi 1 e 2 (poi riqualificato ai sensi dell’articolo 479 c.p.), perche’ con piu’ azioni esecutive del medesimo disegno criminoso, in concorso con (OMISSIS) e (OMISSIS) (in qualita’ di militari della Guardia di Finanza), in occasione del controllo relativo alla vendita di un’imbarcazione dalla (OMISSIS) S.r.l. alla (OMISSIS) S.r.l., formavano un verbale di constatazione e un verbale di operazioni compiute nei quali attestavano che (OMISSIS) aveva dichiarato quanto riportato nei verbali e aveva sottoscritto le dichiarazioni in presenza dei militari verbalizzanti, circostanze non corrispondenti al vero in quanto le dichiarazioni e le relative sottoscrizioni erano opera di (OMISSIS) (fratello del primo).
2. Con atto a firma degli Avv. (OMISSIS) e (OMISSIS), nell’interesse del (OMISSIS), e’ proposto ricorso per Cassazione, articolato in cinque motivi.
2.1 Con il primo motivo si deduce mancanza di motivazione in ordine all’elemento psicologico del reato.
Gia’ nell’atto di appello, la difesa aveva argomentato circa l’insussistenza del dolo di concorso in capo all’imputato che, ad avviso del primo giudice, doveva ritenersi provato dalla consapevolezza e volonta’ dell’imputato di partecipare con i pubblici ufficiali alla realizzazione del falso documentale.
Tuttavia, il mero concorso ex articolo 110 c.p. non puo’ implicare anche un “travaso” del dolo dal pubblico ufficiale all’extraneus, il quale a livello soggettivo deve trovare autonomo e svincolato giudizio.
Si rappresentava, pertanto, alla Corte di appello la mancata considerazione della prospettazione difensiva avente ad oggetto il foro interiore dell’imputato, gia’ nominato amministratore della societa’ e legittimamente convinto di dar luogo, mediante la sottoscrizione dei verbali, ad una mera irregolarita’ insuscettibile di assurgere a falso.
Nel caso di specie, la Corte, in piena aderenza al giudice di primo grado, senza prendere in alcuna considerazione le doglianze articolate nei motivi, si e’ limitata a prendere atto della consapevolezza in capo al (OMISSIS), della c.d. immutatio veri, omettendo cosi’ di esaminare il reale foro interiore dell’imputato al momento del fatto. Secondo la Corte, la deduzione che si basa sulla convinzione del (OMISSIS) che la indicazione del fratello fosse una mera irregolarita’ destinata ad essere sanata dal (OMISSIS), sarebbe una interpretazione difensiva del tutto slegata dal contesto, dal momento che le intercettazioni fornirebbero pieno riscontro ai fatti.
Pur a fronte di dettagliate e puntuali deduzioni difensive, la Corte di merito ha omesso di prendere in considerazione numerose ed univoche circostanze del tutto indicatrici dell’assenza di una condizione dolosa in capo all’imputato (e consistenti nella previa trasmissione alla guardia di finanza tramite pec di tutta la documentazione richiesta, sottoscrivendo personalmente la relativa comunicazione quale amministratore della societa’).
L’iter argomentativo sviluppato dalla Corte appare carente, illogico ed incoerente, appiattito sul supporto motivazionale del Tribunale senza indulgere ad un attento vaglio critico dei dati fattuali e di diritto sottoposti alla sua attenzione dai motivi di gravame.
2.2 Con il secondo motivo si eccepisce manifesta illogicita’ della motivazione in punto di elemento psicologico del reato e mancanza di apprezzabile interesse dell’imputato alla predisposizione di un falso documentale.
Nell’atto di appello si era dedotto che l’imputato non avesse alcuna necessita’ di dar luogo ad un falso, avendo gia’ adempiuto a quanto richiesto dalla Guardia di Finanza, di talche’ appariva piu’ che doveroso indagare approfonditamente sull’elemento soggettivo superficialmente individuato.
La Corte di merito ha errato, in primo luogo, nel sostenere che il verbale dovesse essere sottoscritto da (OMISSIS), poi nel considerare che, senza la presenza del fratello dell’imputato, non sarebbe stata praticabile la sottoscrizione del verbale e, poi, che l’omessa trasmissione del verbale avrebbe comportato l’irrogazione di sanzioni.
Simili affermazioni sono del tutto carenti in logicita’ e coerenza, tanto da apparire delle mere affermazioni di principio svincolate da ogni elemento obiettivo suscettibile di riscontro.
I passaggi motivazionali, inerenti la valutazione dell’elemento soggettivo in capo al (OMISSIS) e la valutazione della carenza di interesse dell’imputato rispetto alla condotta tenuta dal (OMISSIS), risultano pertanto fondati su presupposti erronei o inesistenti e frutto di una valutazione sommaria ed eccessivamente semplicistica della censura sollevata.
In particolare, la Corte ha ritenuto di poter liquidare la censura difensiva ravvisando un interesse del (OMISSIS) alla celere definizione della vicenda nella possibilita’ (invero inesistente) di irrogazione di sanzioni in danno della societa’, e enfatizzando la presunta necessita’ di iscrivere la delibera di nomina dell’imputato presso la competente camera di commercio, laddove invece e’ onere del nuovo amministratore, pur in assenza di iscrizione, dover provvedere alla sottoscrizione dei verbali.
Per di piu’, la Corte mostra di invertire in via del tutto illegittima ed arbitraria l’onere probatorio in tema di elemento soggettivo, ponendo in capo al (OMISSIS) la mancata dimostrazione dello stesso.
In cio’ si condensano le principali criticita’ della decisione impugnata, la quale assumendo per veri dei dati di fatto insussistenti e omettendo al contempo di esaminare elementi di piena significativita’, vanifica di fatto la doverosa analisi giuridica e fattuale che dovrebbe presiedere all’accertamento dell’elemento soggettivo in capo all’imputato.
2.3 Con il terzo motivo si censura mancanza e/o manifesta illogicita’ della motivazione in punto di sussistenza del c.d. “falso innocuo”.
Sempre nell’atto di appello si osservava che il (OMISSIS) avesse sottoscritto con propria firma delle dichiarazioni rese, gia’ in precedenza, proprio alla guardia di finanza e pacificamente rivenienti dalla documentazione da egli stesso trasmessa in qualita’ di legale rappresentante della societa’.
Nel medesimo gravame si faceva notare come la valutazione di offensivita’ compiuta dal Tribunale di Mantova fosse in definitiva formata su di una considerazione prettamente formale ed assolutamente svincolata dal fatto storico, difettando nella decisione di primo grado ogni elemento utile a comprendere quale fosse la tangibile lesione del bene giuridico compiuta dall’imputato. La corte, nel replicare a tali censure, ribadisce quanto gia’ affermato dal tribunale di prima istanza, limitandosi ad una apodittica affermazione di principio, del tutto svincolata dal motivo di gravame ad essa sottoposto, omettendo in tal modo di pronunciarsi.
Gli elementi addotti dall’appellante a supporto della propria tesi difensiva non sono stati presi nella minima considerazione, ne’ sono stati confutati gli argomenti portarti a supporto dell’impugnazione: da qui discende il vizio di mancanza di motivazione.
2.4 Con il quarto motivo si lamenta erronea applicazione della legge penale con riferimento all’articolo 479 c.p. quanto alla sussistenza di un “atto pubblico”.
La legge penale appare manifestamente violata dal collegio giudicante laddove ha ritenuto sussistere la figura dell’atto pubblico nel documento 6 (processo verbale di operazioni compiute). In questo contesto, giova rilevare che il verbale in questione non risulta compilato per intero; e’ privo dell’indicazione del numero di pagine complessive e della descrizione degli allegati. era infatti agevole riscontrare che il documento n. 6 prodotto dal PM non poteva coincidere con il verbale trasmesso alla Guardia di finanza di Milazzo: quest’ultimo, mai esibito dalla procura e mai introdotto nel procedimento, recava infatti indicazione degli allegati e delle pagine. nel caso di specie le decisioni di merito hanno erroneamente applicato la legge penale riconoscendo natura di atto pubblico ad un documento rimasto nella sola disponibilita’ del (OMISSIS), mai venuto alla luce e quindi non meritevole della tutela di cui all’articolo 479 c.p..
Non sussistendo agli atti alcun verbale di operazioni compiute, dotato di fede privilegiata, appare impossibile ravvisare l’elemento materiale del delitto in contestazione, del tutto illegittimamente individuato dai giudici del merito.
2.5 Con il quinto motivo ci si duole della mancanza di motivazione o comunque della sua manifesta illogicita’, in ordine alla valutazione del trattamento sanzionatorio. Nell’atto di appello la difesa aveva gia’ contestato la mancata concessione delle circostanze attenuanti generiche ex articolo 62 bis c.p., sottolineando l’eccessivo ed immotivato rigore sanzionatorio della sentenza del tribunale di Mantova, soprattutto in considerazione del ruolo ricoperto dall’imputato, dalla altrui paternita’ dell’iniziativa e dalla obiettiva scarsa gravita’ del fatto in contestazione, oltre che dal corretto comportamento processuale serbato dal (OMISSIS). Ancora una volta, la Corte di Appello si e’ limitata a ripercorrere le cadenze argomentative della pronunzia del Tribunale, arrecando cosi’ un grave e insanabile vulnus al diritto di difesa dell’imputato.
il diniego delle attenuanti generiche appare compiuto sulla scorta del solo casellario giudiziario dell’imputato, il quale risulta, nell’ottica della Corte, del tutto ostativo rispetto alla valutazione di ogni altro elemento indicativo della personalita’ dell’imputato.
val la pena quindi richiamare i principi espressi dalla corte costituzionale nella nota decisione n. 183/2011, ove si e’ chiaramente affermato che, precludendo al giudice di fondare il riconoscimento delle attenuanti generiche sulla condotta successiva al reato, verrebbe privilegiata la valutazione della precedente attivita’ delittuosa del reo rispetto alla condotta successiva.
Sotto questo profilo, il dato motivazionale restituito dalla sentenza impugnata non puo’ che profilarsi come del tutto carente e inadeguato.
Indi si insta per l’annullamento della sentenza impugnata.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso e’ infondato e merita il rigetto.
1.1. I primi due motivi involgenti l’elemento soggettivo sono destituiti di fondamento. Ed invero, non sussiste alcuno dei vizi lamentati – attraverso i quali peraltro il ricorrente ha, sotto certi aspetti, piuttosto mirato ad una non consentita rivisitazione della valutazione del compendio probatorio e del fatto -, in particolare non puo’ ritenersi ne’ carente ne’ manifestamente illogica la motivazione svolta dalla Corte al riguardo. Essa, sulla base delle emergenze processuali puntualmente ricostruite, ha delineato in maniera precisa e congrua il contributo e lo stesso elemento soggettivo in capo all’imputato, oltre che l’interesse comunque avuto dal (OMISSIS) nella redazione degli atti falsi.
Nella sentenza impugnata, invero, si da’ atto che dall’istruttoria orale dibattimentale del primo grado – che si e’ sviluppata attraverso l’escussione del coimputato (OMISSIS) e l’esame del (OMISSIS) sulle ragioni del controllo effettuato dalla Guardia di finanza di Mantova presso la (OMISSIS) e sulle modalita’ di redazione dei due verbali oggetto del capo di imputazione – e’ innanzitutto emerso che le operazioni presso la sede sociale della (OMISSIS), sita in (OMISSIS), prevedevano, da un lato, la redazione del verbale di constatazione per la mancata adesione al questionario informativo inviato dalla Guardia di finanza di Milazzo, autorita’ richiedente il controllo, e, dall’altro, l’acquisizione di tutta la documentazione inerente alla operazione commerciale di vendita dell’imbarcazione con contestuale redazione del verbale di operazioni compiute. Indi si procede alla ricostruzione della vicenda sulla base delle dichiarazioni del (OMISSIS) che ha precisato che presso la sede della (OMISSIS) acquisirono gli scritti riguardanti la transazione commerciale forniti dall’imputato (OMISSIS), unica persona presente presso gli uffici di (OMISSIS) in occasione del sopralluogo; nonche’ illustrato le modalita’ con cui fu organizzato il controllo presso la sede di (OMISSIS), spiegando che egli avverti’ (OMISSIS) che ci sarebbe stato un sopralluogo riguardante la (OMISSIS) anticipandogli quali documenti avrebbero dovuto acquisire e che il (OMISSIS) riferi’ che avrebbe preparato tutta la documentazione; indi ammesso che egli predispose in anticipo in caserma il verbale di costatazione e il verbale di operazioni compute compilandoli in ogni parte (comprese data ed ora) ed inserendovi le indicazioni fornite dall’imputato, e che intesto’ entrambi i verbali a nome di (OMISSIS) quale rappresentante della (OMISSIS) S.R.L., imputando a quest’ultimo le dichiarazioni riportate tra virgolette alle voci “la parte dichiara”.
(OMISSIS) ha altresi’ dichiarato che solo quando si reco’ materialmente presto la sede della (OMISSIS) il (OMISSIS) (OMISSIS) gli disse che era stato da poco nominato legale rappresentante della societa’ al posto del fratello ma che tale mutamento non era ancora stato registrato presso la Camera di Commercio. A quel punto i due decisero di comune accordo di non correggere i verbali gia’ predisposti e di mantenere l’indicazione presente in entrambi i verbali di (OMISSIS) come rappresentante della (OMISSIS) e autore delle dichiarazioni riportate nel verbale di operazioni compiute del (OMISSIS) ore 11:00. Entrambi i verbali vennero quindi in quella sede sottoscritti dall’imputato (OMISSIS), nonostante le attestazioni avessero ad oggetto la partecipazione e le generalita’ del fratello, non presente. (OMISSIS) ha, a sua volta, affermato in dibattimento di avere informato il (OMISSIS) che il legale rappresentante non era piu’ il fratello, avvisandolo che (OMISSIS) non avrebbe potuto firmare i verbali e di aver firmato egli gli atti come (OMISSIS) apponendo la propria firma.
In sede di esame l’imputato ha nuovamente ribadito di avere riferito al (OMISSIS) la mattina del (OMISSIS) del mutamento della carica di amministratore e di aver sottoscritto entrambi i verbali con la propria firma ignorando la diversa intestazione al fratello. Ha poi mutato versione affermando di essersi accorto che gli atti erano a nome del fratello e di aver proposto di ristamparli e che a quel punto il finanziere gli aveva detto “No, non fa niente, dopo ci penso lo in ufficio” sicche’ egli firmo’ convinto che (OMISSIS) avrebbe sistemato i verbali al rientro in caserma.
Sulla base di tali emergenze la Corte territoriale ha ritenuto, con argomenti del tutto logici e in maniera congrue, pacifico:
che la verifica condotta dalla Guardia di finanza venne preannunciata dal pubblico ufficiale al (OMISSIS) perche’ i due si accordarono previamente sulla documentazione da acquisire presso la sede della (OMISSIS) che fu anticipata via email da (OMISSIS) alla Guardia di finanza di Milazzo (come emerge dalla trascrizione delle intercettazioni progr. 508);
che entrambi i verbali di cui al capo di imputazione furono integralmente predisposti dal (OMISSIS) prima di recarsi presso la sede sociale e che le dichiarazioni attribuite a (OMISSIS) e riportate nel verbale furono preconfezionate dal predetto sulla base delle informazioni precedentemente acquisite e della documentazione che sarebbe stata poi consegnata da (OMISSIS) al momento dell’accesso;
che sia stato l’imputato a sottoscrivere entrambi gli atti pubblici avendo egli stesso ammesso di aver firmato i verbali in occasione del sopralluogo e che abbia firmato in corrispondenza della dicitura “la parte” evidentemente riferibile a (OMISSIS) (che non era presente all’atto del sopralluogo ne’ aveva reso le dichiarazioni riportate negli atti).
Sulla base di tali emergenze la Corte territoriale ha poi correttamente concluso, con argomenti deduttivo-ricostruttivi ancora una volta immuni da vizi logici evidenti, dando congruamente conto delle ragioni che militano per la riferibilita’ delle falsita’ anche alla sfera soggettiva del (OMISSIS), che:
– le attestazioni non veridiche fossero certamente imputabili al pubblico ufficiale (OMISSIS) autore dei verbali, avendo egli scientemente attestato nei due atti circostanze difformi dal vero e il rilascio in sua presenza di dichiarazioni in realta’ mai rese. Tale condotta integra l’elemento materiale del reato di falso in atto pubblico di fede privilegiata il quale tuttavia va correttamente riqualificata ai sensi dell’articolo 479 c.p. configurandosi un falso ideologico e non materiale (nel caso di specie gli atti pubblici provengono effettivamente dai pubblici ufficiali che ne risultano gli autori e per altro verso non vi sono elementi per ritenere che l’imputato abbia falsificato la firma del fratello (OMISSIS); tale circostanza non e’ emersa dall’esame dibattimentale di (OMISSIS), ne’ e’ stato condotto un raffronto documentale della sottoscrizione apposta sui verbali oggetto di contestazione con altri atti a firma di (OMISSIS), avendo peraltro il (OMISSIS) apposto solo una sigla);
– in ogni caso risulta apposta sugli atti solo una sigla contenente una P ovvero una lettera comune al nome di entrambi i fratelli.
La falsita’ degli atti pertanto non consiste nella mancata corrispondenza tra autore apparente ed autore reale, ne’ – per quanto costa – nella contraffazione della sottoscrizione ma nell’attestazione che la persona fisica (compiutamente identificata nell’epigrafe dei verbali) che negli atti di quel procedimento rappresenta la (OMISSIS) persona giuridica e’ (OMISSIS) circostanza difforme dal vero in quanto (OMISSIS) non era presente nel luogo indicato dagli atti pubblici il giorno e all’ora riportati dai verbali.
Per quanto riguarda il verbale di operazioni compiute, inoltre, ai profili di falsita’ sopra evidenziati si aggiunge l’attestazione – anch’essa non veridica – che le dichiarazioni riportate sono state rese in presenza dei pubblici ufficiali dal soggetto rappresentante la societa’ ispezionata ed identificato nell’epigrafe dell’atto in (OMISSIS), dichiarazioni artificiosamente confezionate dal pubblico ufficiale in realta’ mai rese in sua presenza, neppure dall’imputato (OMISSIS).
Quindi non vi e’ prova della falsita’ materiale della firma trattandosi appunto di una sigla, ma vi e’ prova – afferma in buona sostanza la Corte territoriale sulla base delle univoche dichiarazioni del (OMISSIS) che trovano riscontri nelle intercettazioni – che il pubblico ufficiale e il Piervittorio agirono di comune accordo – anche in virtu’ del pregresso rapporto di conoscenza esistente tra i due – e che il ricorrente concorse quindi nelle falsita’ accettando di firmare l’atto con la sigla ambigua nonostante esso fosse intestato al fratello (tant’e’ che il (OMISSIS) corresse l’atto nella parte in cui riportava l’errata attestazione di presenza dell’altro finanziere in luogo di quello effettivamente poi recatosi sul posto – necessita’ insorta per il fatto che l’atto era stato preconfezionato – ma non procedette ad alcuna correzione in relazione al nominativo del (OMISSIS) che fu lasciato perche’ doveva questi figurare in quel momento ancora – come legale rappresentante, non essendo ancora stata ufficializzata la nomina del (OMISSIS)).
D’altronde lo stesso (OMISSIS) ha, in buona sostanza, ammesso in dibattimento di aver firmato gli atti come (OMISSIS) apponendo la propria firma, sia pure assumendo di averlo fatto dopo aver informato il (OMISSIS) che il legale rappresentante non era piu’ il fratello – circostanza del tutto irrilevante – ed ignorando la diversa intestazione al fratello, ma la pretestuosita’ di tali giustificazioni si appalesa evidente se solo si considera che lo stesso ha poi mutato nuovamente versione affermando di essersi, invece, accorto che gli atti erano a nome del fratello e di aver proposto di ristamparli e che a quel punto il finanziere l’aveva rassicurato dicendogli che vi avrebbe provveduto una volta ritornato in ufficio.
A ben guardare dunque sotto il profilo della immutatio veri – cosi’ come correttamente conclude la Corte di Appello – e’ del tutto irrilevante stabilire chi rivestisse la carica di amministratore e legale rappresentante della (OMISSIS) all’atto dell’accesso o viceversa chi risultasse legale rappresentante della societa’ ai pubblici ufficiali.
Ne’ rileva se l’imputato aveva titolo per firmare in nome e per conto della (OMISSIS) perche’ cio’ che in questa sede si contesta al (OMISSIS) non e’ di aver sottoscritto un atto in assenza del potere rappresentativo ma piu’ semplicemente di avere contribuito a far figurare come persona fisica rappresentante la societa’ in quel procedimento, autore delle firme e delle dichiarazioni riportate nel verbale di operazioni compiute (mai intervenute), un soggetto diverso da quello effettivamente presente e reale sottoscrittore degli atti.
In ogni caso la immutatio veri e’ soggettivamente imputabile anche al (OMISSIS) alla stregua delle emergenze processuali analizzate, non superabili attraverso gli unici elementi di segno contrario risultanti dall’esame dell’imputato trattandosi di elementi rivenienti da versioni piu’ volte rimaneggiate dal predetto (con l’ultima resa una volta resosi conto che la precedente non escludeva la sua consapevolezza di firmare al posto di un altro).
La Corte (e il primo giudice) ha in realta’ anche spiegato come la circostanza che in quel momento non fosse ancora ufficialmente legale rappresentante della societa’ il (OMISSIS) – per non essere ancora intervenuta la iscrizione presso la camera di commercio avvenuta il 28.3.17 a fronte della delibera antecedente del 1.3.17 irrilevante ai fini dell’integrazione della falsita’, era – piuttosto – indicativa del fatto che quindi in quella fase del sopralluogo dovesse essere ancora indicato come presente (OMISSIS); di qui la necessita’ del falso: occorreva evitare le sanzioni applicabili nel caso di ritardo nell’adempimento, era interesse quindi innanzitutto del (OMISSIS) fare presto e non procastinare gli adempimenti (assecondato dall’amico finanziere in virtu’ dei rapporti intercorrenti tra i due ammessi dallo stesso (OMISSIS)). In realta’ tali precisazioni, a ben vedere, esulano dal contesto piu’ specificamente attinente alle falsita’ che vanno considerate in se’ – ai fini della loro dimostrazione e’ sufficiente la prova della immutatio veri, nel caso di specie pacifica – di la’, cioe’, delle circostanze sottostanti che, in genere, al piu’ contribuiscono a delineare i motivi che spingono i soggetti a dichiarare o a concorrere nella condotta di falso.
Nel caso di specie la Corte ha comunque dato conto anche dell’interesse sottostante, con le ampie considerazioni teste’ riportate, avendo la difesa contro-dedotto appellandosi anche a tale aspetto al fine di dimostrare la estraneita’ dell’imputato al falso; ed ha in tal modo finito col chiudere il cerchio in ordine alla prova della partecipazione consapevole e volontaria del (OMISSIS) alle falsita’, delineando l’esistenza di un vero e proprio accordo sottostante tra il militare della guardia di finanza e il (OMISSIS).
A chiusura, va ricordato che integra, in ogni caso, il reato di falso ideologico in atto pubblico (articolo 479 c.p.), la condotta del pubblico ufficiale che fornisca in sede di relazione di servizio una parziale rappresentazione dei fatti caduti sotto la sua diretta percezione, considerato che la relazione di servizio costituisce atto pubblico e che, ai fini dell’elemento soggettivo, e’ sufficiente il dolo generico, consistente nella rappresentazione e nella volonta’ dell'”immutatio veri”, mentre non e’ richiesto l'”animus nocendi” ne’ l'”animus decipiendi”, con la conseguenza che il delitto sussiste non solo quando la falsita’ sia compiuta senza l’intenzione di nuocere ma anche quando la sua commissione sia accompagnata dalla convinzione di non produrre alcun danno (Sez. 5, n. 6182 del 03/11/2010 – dep. 18/02/2011, Conforti e altro, Rv. 24970101); e di tali connotati si nutre, ovviamente, anche il concorso dell’estraneo nel falso del pubblico ufficiale.
1.2. Il terzo motivo e’ manifestamente infondato, con esso si deduce con argomenti del tutto generici che i falsi in questione non hanno leso il bene giuridico protetto dalla norma incriminatrice e che la sentenza impugnata avrebbe al riguardo reso una motivazione apodittica, fondata sulla mera affermazione di principi; la Corte territoriale ha, proprio in applicazione di tali principi affermati in maniera costante dalla giurisprudenza di legittimita’, invece, spiegato come le divergenze riscontrate nel caso di specie non potessero affatto ritenersi trascurabili ne’ di per se’ ne’ nel contesto dell’atto in cui si inseriscono rispetto al quale si risolvono nell’attestazione di circostanze direttamente incidenti sulla genuinita’ della funzione documentale che l’atto medesimo e’ destinato ad assolvere (a nulla potendo rilevare – osserva anche al riguardo la Corte territoriale – la circostanza del mutamento dell’amministratore, peraltro non avente ancora rilievo giuridico, attenendo la falsita’ alla diversita’ della persona fisica che ebbe a partecipare all’atto e a sottoscriverlo).
Ed invero, in tema di falso documentale, ai fini dell’esclusione della punibilita’ per inidoneita’ dell’azione ai sensi dell’articolo 49 c.p., occorre che la falsificazione dell’atto appaia in maniera talmente evidente da impedire la stessa eventualita’ di un inganno alla pubblica fede (Sez. 5, n. 3711 del 02/12/2011, dep. 2012, Baldin, Rv. 252946). Occorre inoltre che la difformita’ dell’atto dal vero risulti riconoscibile “ictu oculi”, ovvero in base alla mera disamina dello stesso, e da chiunque (Sez. 6, n. 18015 del 24/02/2015, Ambrosio, Rv. 263279; Sez. 2, n. 5687 del 06/12/2012, Rahman Ataur, Rv. 255680; Sez. 2, n. 36631 del 15/05/2013, Procopio, Rv. 257063).
Ed ancora si e’ detto che sussiste il “falso innocuo” quando l’infedele attestazione (nel falso ideologico) o la compiuta alterazione (nel falso materiale) sono del tutto irrilevanti ai fini del significato dell’atto e del suo valore probatorio e, pertanto, non esplicano effetti sulla sua funzione documentale, con la conseguenza che l’innocuita’ deve essere valutata non con riferimento all’uso che dell’atto falso venga fatto, ma avendo riguardo all’idoneita’ dello stesso ad ingannare comunque la fede pubblica (Sez. 5, n. 47601 del 26/5/2014, Lamberti, Rv. 261812; Sez. 5, n. 2809 del 17/10/2013, dep. 2014, Ventriglia, Rv. 258946).
1.3. Nulla quaestio, poi, sulla natura di atto pubblico rivestita dal verbale di operazioni compiute che e’ comunque un atto posto in essere da un pubblico ufficiale nell’esercizio delle sua funzioni avente carattere certificatorio di quanto compiuto ed attitudine ad assumere rilevanza giuridica internamente alla Pubblica Amministrazione. Ed invero, il concetto di atto pubblico e’, agli effetti della tutela penale, piu’ ampio di quello desumibile dall’articolo 2699 c.c., dovendo rientrare in detta nozione non soltanto i documenti redatti da un notaio o da altro pubblico ufficiale autorizzato, ma anche quelli formati dal pubblico ufficiale o dal pubblico impiegato, nell’esercizio delle loro funzioni, per uno scopo diverso da quello di conferire ad essi pubblica fede, purche’ aventi l’attitudine ad assumere rilevanza giuridica e/o valore probatorio interno alla pubblica amministrazione (cfr., Sez. 5, n. 3542 del 17/12/2018 – dep. 24/01/2019, ESPOSITO DOMENICO, Rv. 27541502).
1.4. L’ultimo motivo che attinge il diniego delle circostanze attenuanti generiche e’ aspecifico, avendo la Corte territoriale spiegato le ragioni della decisione individuandole nei numerosi e gravi precedenti penali emergenti a carico del (OMISSIS). La motivazione impugnata, anche in parte qua, non si presta quindi ad alcuna delle censure mosse. Ed invero, la sussistenza di circostanze attenuanti rilevanti ai sensi dell’articolo 62-bis c.p. e’ oggetto di un giudizio di fatto, e puo’ essere esclusa dal giudice con motivazione fondata sulle sole ragioni preponderanti della propria decisione, di talche’ la stessa motivazione, purche’ congrua e non contraddittoria, non puo’ essere sindacata in cassazione neppure quando difetti di uno specifico apprezzamento per ciascuno dei pretesi fattori attenuanti indicati nell’interesse dell’imputato (ex multis, Sez. 5, n. 43952 del 13/04/2017 Ud. (dep. 22/09/2017) Rv. 271269 – 01; Sez. 6, n. 7707 del 04/12/2003 Ud. (dep. 23/02/2004) Rv. 229768 – 01). E’ jus receptum che, nel motivare il diniego della concessione delle attenuanti generiche, non e’ infatti necessario che il giudice prenda in considerazione tutti gli elementi favorevoli o sfavorevoli dedotti dalle parti o rilevabili dagli atti, ma e’ sufficiente che egli faccia riferimento a quelli ritenuti decisivi o comunque rilevanti, rimanendo tutti gli altri disattesi o superati da tale valutazione (Sez. 3, n. 28535 del 19/03/2014, Lule, Rv. 259899); laddove peraltro nel caso di specie l’asserito comportamento successivo che si assume non considerato non e’ stato neppure esplicitato nella sua pregnanza, tale cioe’ da superare i precedenti penali risultanti a carico dell’imputato e posti a base della valutazione dalla Corte territoriale (ed inconferente e’ in ogni caso il riferimento alla pronuncia della Corte Costituzionale n. 183/11 non essendosi, tra l’altro, nel caso in esame escluse le attenuanti invocate in considerazione del comportamento tenuto dall’imputato successivamente al fatto).
2. Ne deriva, per le ragioni, tutte, sopra indicate, che il ricorso deve essere rigettato, con conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

 

In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.

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