Corte di Cassazione, sezione seconda penale, sentenza 19 marzo 2018, n. 12577.

Integra il delitto di appropriazione indebita la condotta del prenditore che ponga all’incasso un assegno bancario ricevuto in garanzia, appropriandosi della somma riscossa, in violazione dell’accordo concluso con l’emittente.

Sentenza 19 marzo 2018, n. 12577
Data udienza 24 novembre 2017

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CERVADORO Mirella – Presidente

Dott. DE SANTIS Anna Mari – rel. Consigliere

Dott. CIANFROCCA Pierluigi – Consigliere

Dott. PAZIENZA Vittorio – Consigliere

Dott. COSCIONI Giuseppe – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
(OMISSIS), n. a (OMISSIS);
avverso la sentenza resa dalla Corte d’Appello di Roma in data 24/9/2015;
Visti gli atti, la sentenza impugnata e il ricorso;
Udita nell’udienza pubblica del 24/11/2017 la relazione fatta dal Consigliere Anna Maria De Santis;
Udita la requisitoria del Sostituto Procuratore Generale, dott. Ferdinando Lignola, che ha concluso per l’inammissibilita’ del ricorso;
Udito il difensore della p.c., Avv. (OMISSIS), che ha depositato conclusioni scritte e nota spese;
Udito il difensore, Avv. (OMISSIS), che ha chiesto l’accoglimento del ricorso.
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Con l’impugnata sentenza la Corte d’Appello di Roma, in riforma della decisione del locale Tribunale, confermava il giudizio di responsabilita’ del (OMISSIS) per il delitto ex articolo 646 c.p., e, previa esclusione della recidiva e dell’aggravante di cui all’articolo 61 c.p., n. 7, rideterminava la pena in mesi quattro di reclusione ed Euro 80,00 di multa, ferme le gia’ rese statuizioni civili.
2. Ha proposto ricorso per Cassazione l’imputato, a mezzo del difensore, deducendo la mancanza, contraddittorieta’ e manifesta illogicita’ della motivazione in relazione all’intervenuta affermazione di responsabilita’. Il ricorrente assume che la Corte territoriale, al pari del giudice di primo grado, ha fondato la pronunzia di colpevolezza su dati assolutamente errati e deduzioni controvertibili, ritenendo inattendibile la tesi difensiva secondo cui il (OMISSIS) aveva posto all’incasso l’assegno per evitare di trovarsi esposto a furti o rapine.
3. Il ricorso e’ inammissibile per manifesta infondatezza delle doglianze proposte, le quali costituiscono mera reiterazione di quelle gia’ svolte in sede d’appello e motivatamente disattese con un apparato argomentativo che non presta il fianco a rilievi. La sentenza impugnata,infatti, ha congruamente evidenziato la ravvisabilita’ del dolo nella condotta del prevenuto che, dopo aver ricevuto dalla p.c. un assegno dell’importo di Euro 10.650 a garanzia del pagamento delle provvigioni in relazione all’offerta d’acquisto di un immobile, a distanza di soli due giorni dal conferimento e senza aver maturato il diritto alla riscossione, poneva all’incasso il titolo, versando il relativo importo sul proprio conto corrente.
3.1 La giurisprudenza di legittimita’, con orientamento costante e consolidato, ritiene che integra il delitto di cui all’articolo 646 c.p., la condotta del prenditore che ponga all’incasso un assegno bancario ricevuto in garanzia, appropriandosi della somma riscossa, in violazione dell’accordo concluso con l’emittente (Sez. 2, n. 5643 del 15/01/2014, Antoniazzi, Rv. 258276; n. 1151 del 29/02/2000, Manibelli, Rv. 216303;n. 5499 del 23/05/1997, Ferrari, Rv. 207781). La deroga arbitraria al patto di garanzia ad opera del prenditore configura – infatti – l’ipotesi delittuosa contestata in riferimento all’indebita riscossione della somma portata dall’assegno, avendo pacificamente le parti, nell’ambito della loro autonomia negoziale, utilizzato l’assegno bancario, anziche’ nella sua funzione tipica di titolo di credito destinato a circolare secondo le modalita’ proprie di detta disciplina, come mero strumento di garanzia per l’adempimento delle obbligazioni pattuite, prevedendone l’esigibilita’ alla condizione (futura e incerta) della conclusione della vendita immobiliare.
La sentenza censurata ha, inoltre, motivatamente escluso la rilevanza della giustificazione addotta dal prevenuto,il quale ha sostenuto di aver incassato il titolo per il timore di essere rapinato, agendo in contrasto con quanto negozialmente convenuto e con le indicazioni fornite dalla societa’ capofila (OMISSIS) in tema di custodia di assegni dati in garanzia. Deve al riguardo precisarsi che, contrariamente all’assunto difensivo e come emerge con evidenza a pag. 2 della sentenza di primo grado, l’imputato non aveva chiesto ne’ tantomeno ottenuto alcun assenso all’incasso immediato da parte del (OMISSIS), al quale, anzi, aveva fornito rassicurazioni in ordine alla prassi seguita per la custodia dei titoli in garanzia, sottoponendogli in visione un documento della (OMISSIS), cui l’agenzia immobiliare era affiliata.
La valutazione operata dai giudici di merito s’appalesa, dunque, giuridicamente corretta e coerente con l’affermazione che l’elemento soggettivo del reato di appropriazione indebita consiste nella coscienza e volonta’ di appropriarsi del denaro o della cosa mobile altrui, posseduta a qualsiasi titolo, sapendo di agire senza averne diritto, ed allo scopo di trarre per se’ o per altri una qualsiasi illegittima utilita’ (Sez. 2, n. 27023 del 27/03/2012, Schembri, Rv. 25341101), requisiti ricorrenti nel caso a giudizio, alla stregua della disamina dei giudici di merito.
4. L’inammissibilita’ del ricorso per cassazione dovuta alla manifesta infondatezza dei motivi non consente il formarsi di un valido rapporto di impugnazione e preclude, pertanto, la possibilita’ di rilevare e dichiarare le cause di non punibilita’ a norma dell’articolo 129 c.p.p., ivi compresa la prescrizione maturata nelle more del procedimento di legittimita’ (Sez. U, n. 32 del 22/11/2000, D. L, Rv. 217266; Sez. 2, n. 28848 del 08/05/2013, Ciaffoni, Rv. 256463; Sez. U, n. 6903 del 27/05/2016, Aiello e altro, Rv. 268966).
5. Alla declaratoria d’inammissibilita’ del ricorso consegue, a norma dell’articolo 616 cod.proc.pen., la condanna dell’imputato al pagamento delle spese processuali e della sanzione pecuniaria precisata in dispositivo, tenuto conto dei profili di colpa ravvisabili nella sua determinazione (Corte Cost. n. 186 del 2000). Al prevenuto fanno, altresi’, carico le spese di rappresentanza e difesa della parte civile per l’odierno grado, liquidate nella misura di Euro 3.450,00 oltre accessori.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro duemila in favore della Cassa delle Ammende nonche’ alla rifusione delle spese sostenute dalla parte civile (OMISSIS) che liquida in Euro 3.450,00, oltre spese generali nella misura del 15%, C.P.A. e I.V.A., come per legge.
Motivazione semplificata.

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