L’indicazione del canone realmente pattuito

Corte di Cassazione, sezione terza civile, Sentenza 20 dicembre 2019, n. 34156.

La massima estrapolata:

Il contratto di locazione di immobili, sia ad uso abitativo che ad uso diverso, contenente “ab origine” l’indicazione del canone realmente pattuito, qualora non venisse registrato nei termini previsti dalla legge, è nullo ai sensi dell’art. 1, comma 346, della l. n. 311 del 2014. La registrazione tardiva del contratto di locazione sana, con efficacia ex tunc, il contratto nullo non registrato con applicazione delle relative sanzioni al contravventore, al quale, oltretutto, il sistema tributario consente il ricorso allo strumento del c.d. ravvedimento operoso. Il riconoscimento di una sanatoria per adempimento appare coerente con l’introduzione nell’ordinamento di una nullità (funzionale) per inadempimento.

Sentenza 20 dicembre 2019, n. 34156

Data udienza 2 ottobre 2019

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. GRAZIOSI Chiara – Presidente

Dott. SCRIMA Antonietta – Consigliere

Dott. IANNELLO Emilio – Consigliere

Dott. DELL’UTRI Marco – Consigliere

Dott. GORGONI Marilena – rel. Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA
sul ricorso 25724/2017 proposto da:
(OMISSIS), elettivamente domiciliato in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato (OMISSIS);
– ricorrente –
contro
(OMISSIS), elettivamente domiciliato in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), che lo rappresenta e difende;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 1437/2017 della CORTE D’APPELLO di MILANO, depositata il 02/05/2017;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 02/10/2019 dal Consigliere Dott. MARILENA GORGONI;
udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. FRESA Mario, che ha concluso per la rimessione al 10 Presidente, in subordine rigetto del ricorso;
udito l’Avvocato (OMISSIS) per delega orale;
udito l’Avvocato (OMISSIS) per delega.

FATTI DI CAUSA

(OMISSIS) ricorre, avvalendosi di un solo motivo, illustrato con memoria, per la cassazione della sentenza n. 1437/2017 della Corte d’Appello di Milano.
Resiste con controricorso (OMISSIS).
(OMISSIS) era stato convenuto in giudizio dinanzi al Tribunale di Milano da (OMISSIS), la quale, assumendo di aver preso in locazione un immobile in (OMISSIS), ma di non averne mai ottenuto la disponibilita’, chiedeva che il giudice pronunciasse la risoluzione del contratto e condannasse il locatore, (OMISSIS), alla restituzione di Euro 25.000,00 corrisposti a titolo di anticipo sui canoni, ed al pagamento di Euro 4.849,50 per le spese sostenute per soggiornare in Hotel a Milano.
Costituitosi in giudizio, l’odierno ricorrente chiedeva il rigetto della domanda attorea e proponeva domanda riconvenzionale di condanna della conduttrice al pagamento dei canoni dovutigli per Euro 31.291,66.
Con sentenza n. 7410/2016 il giudice di prime cure rigettava la domanda di risoluzione del contratto e di pagamento delle spese per il soggiorno in hotel, dichiarava nullo il contratto di locazione per tardiva registrazione e condannava il convenuto alla restituzione di Euro 25.000,00, oltre agli interessi, a (OMISSIS), rigettava la sua domanda riconvenzionale.
La Corte d’Appello di Milano, con la sentenza oggetto dell’odierno ricorso, investita del gravame da (OMISSIS) confermava la sentenza di prime cure e condannava l’appellante alle spese di lite.

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con un unico motivo il ricorrente deduce la violazione e falsa applicazione della L. n. 311 del 2004, articolo 1, comma 346 e dell’articolo 1418 c.c., la violazione del Decreto Legislativo n. 471 del 1997, articolo 13, comma 1, in materia di ravvedimento sanante in caso di errori o omissioni nel versamento d’imposta nonche’ della L. n. 212 del 2000, articolo 10, comma 3.
L’errore imputato alla Corte territoriale e’ quello di avere supportato la propria motivazione limitandosi a riprodurre un precedente di questa Corte regolatrice, la sentenza a sezioni unite n. 18212/15, la cui applicazione al caso di specie e’ comunque contestata dal ricorrente, perche’ riferentesi ad una ipotesi, quella di patto occulto relativo alla maggiorazione del canone, non sussistente nella fattispecie per cui e’ causa, assumendo che la registrazione tardiva, consentendo di far emergere il sommerso, avrebbe sanato ex tunc il contratto nullo perche’ non registrato, ed invocando l’applicazione di altri due precedenti di questa Corte, le sentenze n. 10498/2017 e n. 20858/2017, che, diversamente dalla precedente pronuncia a sezioni unite n. 18212/15, ammettono che la tardiva registrazione abbia effetto sanante retroattivo della nullita’ del contratto, una volta adempiuto il precetto tributario.
1.1. Il motivo e’ fondato.
La controversa questione degli effetti sananti della registrazione tardiva del contratto e’ stata risolta dalle Sezioni unite di questa Corte, con la sentenza del 9 ottobre 2017, n. 23601, la quale ha sancito il principio di diritto secondo cui il contratto di locazione di immobili urbani, sia ad uso abitativo che ad uso diverso, contenente fin dal principio il canone realmente pattuito, e quindi esulando dalle ipotesi nelle quali ricorra il cosiddetto “accordo simulatorio” (che conduce ad altre e diverse dinamiche in punto di invalidita’ della clausola e del contratto), ove non registrato nel termine, e’ nullo ai sensi della L. n. 311 del 2004, articolo 1, comma 346; tuttavia, la registrazione tardiva – tanto per effetto del Decreto del Presidente della Repubblica 26 aprile 1986, n. 131, articolo 4 (testo unico imposta di registro), che, pur nel prevedere l’obbligo di registrazione del contratto di locazione nel termine di 30 giorni dalla sottoscrizione, ne ammette la sanatoria con registrazione tardiva, con applicazione delle relative sanzioni al contravventore, al quale, oltretutto, il sistema tributario consente il ricorso allo strumento del c.d. ravvedimento operoso (Decreto Legislativo 18 dicembre 1997, n. 472, articolo 13), quanto ai sensi dell’articolo 10 dello Statuto del contribuente, a mente del quale “le violazioni di rilievo esclusivamente tributario non possono essere causa di nullita’ del contratto” – lo sana, posto che il riconoscimento di una sanatoria per adempimento appare coerente con l’introduzione nell’ordinamento di una nullita’ (funzionale) per inadempimento (entrambi i termini da intendersi, come ovvio, in senso diverso da quello tradizionalmente riservato al momento esecutivo del rapporto negoziale). Tale registrazione rimessa all’iniziativa di entrambe le parti, locatore e conduttore, sana il contratto, con decorrenza ex tunc degli effetti giuridici del medesimo, giacche’ una soluzione diversa si risolverebbe in una inaccettabile “novazione del contratto originario (indirettamente) per factum principis”, inficiando la “disciplina legale della durata del contratto”.
La questione nasceva dal fatto che l’articolo 1, comma 346, della legge prevede che “i contratti di locazione o che comunque costituiscono diritti reali di godimento, di unita’ immobiliari o di singole porzioni, comunque stipulati, sono nulli se ricorrendone i presupposti non sono registrati” – l’obbligo di registrazione riguarda i contratti di locazione e di comodato siano stipulati in forma pubblica o per scrittura privata autenticata, i contratti di locazione stipulati in forma verbale (Decreto del Presidente della Repubblica n. 131 del 1986, articolo 3), i contratti di locazione e di comodato stipulati in forma scritta non autenticata (Decreto del Presidente della Repubblica n. 131 del 1986, articolo 5, Tariffa parte prima), a meno che si tratti di locazioni di durata non superiore a 30 giorni complessivi annui; per questi ultimi, infatti, se non stipulati in forma pubblica o per scrittura privata autenticata, la registrazione diventa obbligatoria solo in “caso d’uso” (Decreto del Presidente della Repubblica n. 131 del 1986, articolo 2-bis, tariffa parte seconda).
La disposizione, pur sospettata di illegittimita’ costituzionale (sull’assunto che la previsione di una nullita’ contrattuale, dipendente dall’inadempimento di un onere fiscale, comporti la violazione della autonomia privata di cui all’articolo 41 Cost. e della capacita’ contributiva, di cui all’articolo 53 Cost., comma 1), e’ piu’ volta uscita indenne dallo scrutinio del giudice delle leggi (Corte Cost. 5/12/2007, n. 420; Corte Cost. 25/11/2008, n. 389; Corte Cost. 9/04/2009, n. 110).
E, pur risultando in contrasto con la disposizione del cit. Decreto del Presidente della Repubblica 26 aprile 1986, n. 131, articolo 4 e con l’evocato articolo 10 dello Statuto del contribuente, non aveva impedito l’adozione di un altro discusso intervento normativo: il Decreto Legislativo 14 marzo 2011, n. 23, articolo 3, commi 8 e 9, secondo cui: a) in caso di omessa registrazione entro il termine stabilito dalla legge, il contratto di locazione deve autoritativamente ritenersi sottoposto ad una durata di quattro anni, rinnovabili secondo la previsione della L. n. 431 del 1998, articolo 1, comma 1 (4 + 4), a decorrere dalla data di registrazione, volontaria o d’ufficio, nonche’ con la stessa decorrenza, ad un canone pari al triplo della rendita catastale; b) le disposizioni contenute nella L. 30 dicembre 2004, n. 311, articolo 1, comma 346, devono applicarsi anche nei casi del contratto di locazione registrato per un importo inferiore a quello effettivo ovvero di contratto di comodato fittizio; provvedimento in parte qua dichiarato affetto da incostituzionalita’ per eccesso di delega dalla sentenza n. 50 del 14/03/2014, n. 50, la quale aveva provocato “a cascata” altri due interventi della Corte Costituzionale per far fronte alla falla normativa seguita alla prima dichiarazione di incostituzionalita’: Corte Cost. 16/07/2015, n. 169 e Corte Cost. 13/04/2017, n. 87.
In seno alla giurisprudenza, peraltro, la disposizione oggetto di riflessione aveva messo in discussione il “principio di non interferenza” tra le norme di diritto tributario e le regole relative alla validita’ civilistica degli atti, di tal modo che la violazione delle prime si riteneva non determinasse l’invalidita’ dei secondi. Si era esclusa infatti la ricorrenza di una nullita’ virtuale (ex articolo 1418 c.c., comma 1) disconoscendo alle disposizioni tributarie, nonostante la loro inderogabilita’, natura imperativa in quanto poste a tutela di interessi pubblici di carattere settoriale e tendenzialmente non proibitive; la norma imperativa presupponendo invece un carattere proibitivo e la tutela di interessi generali (Cass. 05/11/1999, n. 12327); il che aveva costretto a misurarsi con una nullita’ singolare, definita sopravvenuta, praeter legem o sospesa, perche’ non derivante da un vizio genetico dell’atto o da un elemento di struttura o di funzione, bensi’ dal successivo inadempimento di un obbligo “esterno” di registrazione del contratto (di cui comunque la L. n. 311 del 2014, articolo 1, comma 346, non sembrerebbe costituire un esempio isolato, data la tendenza del legislatore piu’ recente a servirsi della nullita’ a scopo sanzionatorio: cfr. articolo 67-septiesdecies, comma 4, Cod. cons.; Decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380, articolo 46; Decreto Legislativo 20 giugno 2005, n. 122, articolo 2).
Proprio allo scopo di rispettare le caratteristiche della nozione tipica della nullita’ e contemperare la sanzione con il principio di non interferenza, era prevalsa, presso una parte della giurisprudenza di merito, la reinterpretazione della disposizione, qualificando la registrazione del contratto come condizione di efficacia dello stesso, con conseguente applicazione dell’articolo 1360 c.c. e riconoscimento di efficacia ex tunc alla tardiva registrazione.
La sconfessione di tale indirizzo e’ stata determinata dalla Consulta che con l’ordinanza 5/12/2007, n. 420 – seguita dalla ord. 19/11/2008, n. 389 e dalla ord. 9/4/2009, n. 110 – ha elevato la norma tributaria al rango di norma imperativa, la violazione della quale determina la nullita’ del negozio ai sensi dell’articolo 1418 c.c..
Sebbene l’articolo 1, comma 346, non si occupi della sanatoria della nullita’, la giurisprudenza piu’ recente di questa Corte, che ha preceduto la pronuncia a sezioni unite n. 23601/2017 – cfr. soprattutto Cass. 28/04/2017, n. 10498; Cass. 06/09/2017, n. 20858 – gia’ si era cimentata nello sforzo di chiarire il significato del termine nullita’, di adeguarsi alle tre citate decisioni del Giudice delle leggi e di “smarcarsi” dal principio di non interferenza, ammettendo la sanabilita’ del contratto, giacche’, se e’ vero che l’articolo 1423 c.c., richiede a tal fine una previsione di legge ad hoc, e benche’ manchi una disposizione espressa in questo senso, dal complessivo esame della normativa tributaria emerge con certezza la possibilita’ di una tardiva registrazione (in particolare, cfr., Decreto del Presidente della Repubblica n. 131 del 1986, articolo 38 e articolo 76, comma 5, nonche’ l’istituto del “ravvedimento operoso” di cui al Decreto Legislativo n. 472 del 1997, articolo 13), vieppiu’ giustificata dal carattere “improprio o atipico” di tale nullita’, che si caratterizza per il mancato compimento di un’attivita’ “esterna” al negozio stesso, il quale, di per se’, risulta perfezionato e privo di difetti strutturali. La registrazione provoca un effetto sanante ex tunc, retroagendo alla data di conclusione del negozio, considerata l’evidente anomalia della vicenda, che diacronicamente alterna una fase di piena validita’ ed efficacia del rapporto ad una in cui subentra la totale invalidita’ ed inefficacia proprie della disciplina della nullita’ e la stabilizzazione definitiva degli effetti del contratto che puo’ dare l’efficacia sanante retroattiva.
Resta da precisare che, a differenza di quanto affermato dal ricorrente a p. 24, la L. 6 dicembre 1998, n. 431, articolo 13, come recentemente modificato dalla L. 28 dicembre 2015, n. 208, articolo 1, comma 59 (c.d. legge di stabilita’ 2016), prevede l’obbligo unilaterale del locatore di provvedere alla registrazione del contratto di locazione entro il termine perentorio di trenta giorni (comma 1, secondo periodo dell’articolo 13 cit.), stabilendo altresi’ che, in caso di inottemperanza a tale obbligo, il conduttore puo’ chiedere al giudice di accertare la esistenza del contratto e rideterminarne il canone in misura non superiore al valore minimo di ti cui al precedente articolo 2.
La piu’ volte evocata sentenza n. 23601/2017 delle Sezioni Unite ha tuttavia ritenuto, sulla scorta di una valutazione complessiva, che la novella della L. n. 431 del 1998, articolo 13, a dispetto del suo tenore letterale, non introduca affatto un termine perentorio, per due ragioni: perche’ il termine e’ imposto al solo locatore e perche’ la fissazione del termine e’ destinata a soddisfare la specifica possibilita’ per il conduttore di ottenere la conformazione del contratto (altrimenti nullo perche’ non registrato nel termine) al canone autoritativamente predeterminato, come previsto dalla nuova disposizione. Ne consegue l’irrilevanza nel caso di specie dell’eventuale ritardo con cui il locatore ha provveduto alla registrazione, proprio perche’ la registrazione tardiva non e’ illegittima ed e’ coerente riconoscerle “l’effetto di sanare la nullita’ sancita dal comma 346 della Finanziaria 2004, attesone il carattere:
– sul piano morfologico, di nullita’ per difetto di un coelemento di validita’ extranegoziale;
– sul piano funzionale, di invalidita’ da inadempimento (dell’obbligo di registrazione)” (Cass. n. 23601/2017).
La Corte territoriale, motivando per relationem, non ha rilevato che le questioni di fatto sottese al giudizio erano diverse da quelle cui si riferiva la sentenza di questa Corte n. 18213/2015 richiamata ed applicata. Escludendo l’efficacia sanante della registrazione, la Corte regolatrice aveva deciso in ordine ad una vicenda relativa ad un contratto di locazione con patto volto ad occultare il canone effettivo: ipotesi che anche i principi di diritto sopra richiamati, cui dovra’ attenersi la Corte territoriale in sede di rinvio, sottraggono alla efficacia sanante con effetto retroattivo, perche’ l’atto negoziale inserito in un procedimento simulatorio presenta un vizio sul piano morfologico su cui e’ indifferente la registrazione.
2. Il ricorso merita accoglimento; di conseguenza, la sentenza impugnata viene cassata e la controversia rinviata alla Corte d’Appello di Milano in diversa composizione, che provvedera’ anche alla liquidazione delle spese del giudizio di legittimita’.

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso, cassa la decisione impugnata e rinvia alla Corte d’Appello di Milano in diversa composizione anche per la liquidazione delle spese del giudizio di legittimita’.

 

In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.

Per aprire la pagina facebook @avvrenatodisa
Cliccare qui

Leave a Reply

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *