Indebita diffusione dei dati personali ed affissione da parte dell’amministratore di un condominio

Corte di Cassazione, civile, Ordinanza|7 ottobre 2022| n. 29323.

Indebita diffusione dei dati personali ed affissione da parte dell’amministratore di un condominio

Costituisce indebita diffusione dei dati personali ai sensi degli artt. 11 e 15 del d. lgs. n. 196 del 2003, l’affissione da parte dell’amministratore di un condominio, nell’androne del palazzo accessibile a terzi, di un avviso di convocazione (già in precedenza comunicato ai singoli condomini) con allegato un ordine del giorno contenente la richiesta di conciliazione di un condomino in relazione ad un decreto ingiuntivo intimatogli dallo stesso condominio, atteso che l’esposizione di informazioni sulla sua posizione debitoria rientra nel concetto di “dati personali” il cui trattamento, in quanto inerente dati già in precedenza comunicati ai condomini, deve considerarsi ingiustificato ed eccedente rispetto al fine.

Ordinanza|7 ottobre 2022| n. 29323. Indebita diffusione dei dati personali ed affissione da parte dell’amministratore di un condominio

Data udienza 27 settembre 2022

Integrale

Tag/parola chiave: Condominio – Ingiustificata affissione nella bacheca di un avviso di convocazione – Richiesta di conciliazione – Avviso risultante già comunicato a tutti i condomini – Privacy – Risarcimento – Art. 15 dlgs 196/2003

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. GENOVESE Francesco A. – Presidente

Dott. PARISE Clotilde Consiglie –

Dott. TRICOMI Laura – Consigliere

Dott. TERRUSI Francesco – Consigliere

Dott. CAPRIOLI Maura – rel. Consigliere

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA
sul ricorso 30839/2020 proposto da:
(OMISSIS), domiciliato ex lege in ROMA, PIAZZA CAVOUR presso la CANCELLERIA della CORTE di CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato (OMISSIS) ( (OMISSIS)) in forza di procura speciale a margine del ricorso per cassazione;
– ricorrente –
contro
(OMISSIS), CONDOMINIO IN (OMISSIS), elettivamente domiciliati in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS) ( (OMISSIS)) rappresentati e difesi dall’avvocato (OMISSIS) ( (OMISSIS)) come da procure speciali allegate al controricorso;
-controricorrenti-
avverso SENTENZA di TRIBUNALE di BARI n. 3453/2020 depositata il 11/11/2020.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 27/09/2022 dal Consigliere FRANCESCO TERRUSI.

Indebita diffusione dei dati personali ed affissione da parte dell’amministratore di un condominio

FATTI DI CAUSA

Con sentenza pronunciata l’11-11-2020 il Tribunale di Bari ha respinto la domanda di risarcimento dei danni proposta ai sensi dell’articolo 15 del Decreto Legislativo n. 196 del 2003 da (OMISSIS) nei confronti del Condominio di (OMISSIS) e dell’amministratore (OMISSIS).
Secondo la postulazione, tali danni erano conseguiti all’illegittimo trattamento dei dati personali determinato (i) dalla divulgazione, per mezzo di affissione in una bacheca condominiale esposta alla possibile visione di terzi, di un avviso di convocazione assembleare con relativo ordine del giorno indicante una richiesta di conciliazione a riguardo di un decreto ingiuntivo, (ii) dalla successiva consegna ai condomini, per il tramite di un’addetta alle pulizie, di un ulteriore documento, aperto e liberamente leggibile, teso a chiarire il motivo della convocazione suddetta con specifico riguardo alla posizione di (OMISSIS).
Il tribunale ha respinto la domanda ritenendo che l’attore non avesse adempiuto all’onere della prova in ordine ai danni patiti e al nesso causale col trattamento dei dati.
Tale trattamento ha anche ritenuto che fosse stato improntato al rispetto dei principi di pertinenza e non eccedenza rispetto ai fini, volta che il dato inserito nell’ordine del giorno era comunque utile per far conoscere all’assemblea il motivo della convocazione.
Ha soggiunto che non era stato provato il fatto che terzi soggetti, al di fuori dei condomini, avessero preso visione del documento, ne’ che l’addetta alle pulizie avesse potuto leggerlo sui fogli aperti.
Ha infine escluso che la lesione arrecata fosse grave e che il danno lamentato fosse serio.
(OMISSIS) ha proposto ricorso per cassazione in quattro mezzi.
Gli intimati hanno replicato con controricorso.
Le parti hanno infine depositato memorie.

Indebita diffusione dei dati personali ed affissione da parte dell’amministratore di un condominio

RAGIONI DELLA DECISIONE

I. – Col primo motivo il ricorrente denunzia la violazione degli articoli 72, 83, 182 c.p.c., Decreto Legislativo n. 196 del 2003 articolo 152 , articoli 420 e 421 c.p.c. nella parte in cui il tribunale ha consentito al condominio di sanare il vizio di costituzione nonostante codesto fosse stato tempestivamente eccepito.
Il motivo e’ fondato.
II. – Dalla stessa sentenza emerge che l’attore aveva eccepito la nullita’ della procura ad litem del condominio “sin dall’udienza dell’8-10-2014”.
Il tribunale ne ha disposto la sanatoria ai sensi dell’articolo 182 c.p.c. con ordinanza del 28-11-2018, dopo diverse udienze, e ha dato atto che infine il condominio aveva sanato il vizio in conseguenza della detta ordinanza, a distanza di quattro anni dall’eccezione.
III. – Secondo il prevalente orientamento giurisprudenziale in tema di rappresentanza nel processo, qualora una parte sollevi tempestivamente l’eccezione di difetto di rappresentanza, sostanziale o processuale, ovvero un vizio della procura ad litem, e’ onere della controparte interessata produrre immediatamente, con la prima difesa utile, la documentazione necessaria a sanare il difetto o il vizio, senza che operi il meccanismo di assegnazione del termine ai sensi dell’articolo 182 c.p.c., prescritto solo per il caso di rilievo officioso (v. Cass. Sez. 1 n. 29244-21, Cass. Sez. 2 n. 22564-20, Cass. Sez. 2 n. 24212-18).
A questo orientamento si e’ in effetti contrapposta la tesi alla quale hanno alluso i controricorrenti nel dire che non devesi distinguere a seconda che il vizio sia rilevato d’ufficio o eccepito dalla parte.
Ma la tesi e’ minoritaria.
Essa in definitiva assume che, pur a fronte della proposizione di specifica eccezione a opera della controparte di difetto o di nullita’ della procura ad litem, la parte destinataria non sia necessariamente tenuta a produrre immediatamente una procura che possa ritenersi valida, spettando il rilievo dell’effettivita’ della sussistenza di un vizio invalidante, ai fini della conseguente necessita’ della sua regolarizzazione, solo al giudice, che ha il compito, appunto, di rilevarlo e di assegnare alla parte, da ritenersi onerata, il relativo termine, come prescrive l’articolo 182, comma 2, del codice di rito (v. in motivazione Cass. Sez. 2 n. 23958-20).
IV. – Questa tesi non merita adesione.
E’ in vero chiara la differenza che corre tra le due situazioni processuali, poiche’ ai sensi dell’articolo 182 deve promuovere la sanatoria il giudice che rilevi d’ufficio il difetto di rappresentanza, assistenza o autorizzazione, ovvero il vizio che determina la nullita’ della procura, proprio perche’ il vizio, sebbene esistente, non e’ stato eccepito; e tanto deve fare assegnando alla parte un termine di carattere perentorio senza il limite delle preclusioni derivanti da decadenze di carattere processuale.
A detta situazione non e’ minimamente equiparabile quella in cui, viceversa, il vizio sia stato tempestivamente eccepito dalla controparte.
In questo caso l’opportuna documentazione in funzione sanante va prodotta immediatamente, e non v’e’ necessita’ di assegnare un termine, salvo che questo non sia motivatamente richiesto, proprio perche’ sul rilievo di parte l’avversario e’ comunque chiamato a contraddire di per se’, in forza della stessa dinamica del processo e del principio di eventualita’ che la sorregge.
Il principio di eventualita’ si fonda – come esattamente e’ stato sostenuto in dottrina – sulla dialettica tra le parti informata al criterio di dipendenza. E’ in pratica ispirato dall’oralita’ della trattazione, dietro la quale si cela l’esigenza di far valere prontamente e congiuntamente tutti i mezzi difensivi che si richiedono rispetto alle eventualita’ date dalle prospettazioni avversarie.
D’altronde anche le Sezioni unite hanno reso il senso della differenziazione sopra detta rispetto all’articolo 182 c.p.c., allorche’ hanno affermato che il difetto di rappresentanza processuale della parte puo’ essere sanato in fase di impugnazione senza che operino le ordinarie preclusioni istruttorie, e, qualora la contestazione avvenga in sede di legittimita’, la prova della sussistenza del potere rappresentativo puo’ essere data ai sensi dell’articolo 372 c.p.c.
Per l’appunto a corredo di tale principio, le Sezioni unite hanno precisato che, tuttavia, “qualora il rilievo del vizio in sede di legittimita’ non sia officioso, ma provenga dalla controparte, l’onere di sanatoria del rappresentato sorge immediatamente, non essendovi necessita’ di assegnare un termine che non sia motivatamente richiesto, giacche’ sul rilievo di parte l’avversario e’ chiamato a contraddire” (Cass. Sez. U n. 4248-16).
Sulla scorta dei citati principi il primo motivo deve trovare accoglimento, in quanto il vizio della procura ad litem del condominio, a differenza di cio’ che il tribunale di Bari ha ritenuto, non poteva essere sanato sulla base della disciplina dettata dall’articolo 182 c.p.c.
V. – I restanti motivi possono essere esaminati congiuntamente.
Col secondo si deduce la violazione degli articoli 2727, 2729 c.c., 115 e 116 c.p.c., 11, 15 e 152 Decreto Legislativo n. 196 del 2003, 2697 c.c., nella parte in cui il tribunale ha ritenuto non provato il danno senza considerare la rilevanza degli elementi presuntivi sottesi.
La prima affermazione e’ intrinsecamente in contrasto con la ritenuta non eccedenza del trattamento.
La seconda e’ in apicibus giuridicamente errata.
La terza e’ lapidaria e non correttamente argomentata, non foss’altro perche’ non tiene conto dell’allegazione che era stata fatta cosi’ come emergente dal ricorso e dal controricorso.
VIII. – Questa Corte ha gia’ avuto modo di stabilire che la disciplina del codice in materia di protezione dei dati personali, di cui al Decreto Legislativo n. 196 del 2003, prescrivendo che il trattamento dei dati personali avvenga nell’osservanza dei principi di proporzionalita’, di pertinenza e di non eccedenza rispetto agli scopi per i quali i dati stessi sono raccolti (v. Cass. Sez. 1 n. 18443-13), non consente che gli spazi condominiali, aperti all’accesso di terzi estranei rispetto al condominio, possano essere utilizzati per la comunicazione di dati personali riferibili al singolo condomino; ne consegue che – fermo restando il diritto di ciascun condomino di conoscere, anche di propria iniziativa, gli inadempimenti altrui rispetto agli obblighi condominiali l’affissione nella bacheca dell’androne condominiale, da parte dell’amministratore, dell’informazione concernente le posizioni di debito del singolo condomino costituisce un’indebita diffusione di dati personali, come tale fonte di responsabilita’ civile ai sensi degli articoli 11 e 15 del citato codice (v. Cass. Sez. 2 n. 186-11).
Il principio si coniuga con la precisazione che, ai sensi di legge, “dato personale”, oggetto di tutela, e’ “qualunque informazione” relativa a persona fisica, giuridica, ente o associazione, identificati o identificabili, anche indirettamente (Cass. Sez. 2 n. 17665-18, Cass. Sez. 1 n. 15161-21).
E’ perfino ovvio, quindi, che in tale nozione debbano essere ricondotti i dati dei singoli partecipanti a un condominio, seppur raccolti e utilizzati per le finalita’ di cui agli articoli 1117 e seg. c.c.
IX. – Certamente ragioni di buon andamento e di trasparenza giustificano una comunicazione di questi dati ai condomini, su iniziativa dell’amministratore in sede di rendiconto annuale di assemblea, o nell’ambito delle informazioni periodiche trasmesse nell’assolvimento degli obblighi scaturenti dal mandato ricevuto, e anche su richiesta di ciascun condomino, investito di un potere di vigilanza e di controllo sull’attivita’ di gestione delle cose, dei servizi e degli impianti comuni, che lo facoltizza a richiedere in ogni tempo all’amministratore informazioni sulla situazione contabile del condominio, comprese quelle che riguardano eventuali posizioni debitorie degli altri partecipanti (v. in proposito Cass. Sez. 3 n. 159313).
Tuttavia non puo’ sostenersi che sia giustificata e non eccedente l’affissione in una bacheca – esposta al pubblico e soggetta a possibile visione da parte di un numero indefinito di soggetti – di un avviso di convocazione del tenore di quello indicato dallo stesso tribunale (“richiesta di conciliazione del sig. (OMISSIS) a riguardo di decreto ingiuntivo subito per consuntivo anno 2010 (decisioni sulla causa in corso)”), in particolar modo quando – come pure contraddittoriamente il tribunale dice avvenuto – l’avviso risulti esser stato gia’ comunicato a tutti i condomini.
Proprio l’avvenuta previa comunicazione indurrebbe ad affermare semmai l’ultroneita’ dell’affissione in bacheca, e dunque l’eccedenza del trattamento rispetto al fine, sicche’ da tal punto di vista l’impugnata sentenza non soddisfa minimamente la conclusione infine ritenuta.
X. – Ne’ si puo’ sostenere, nei termini cosi’ genericamente affermati dal giudice a quo, che, palesata la situazione illecita e forniti gli elementi dai quali potersi presumere l’effettivita’ di un danno, vi fosse altro da dimostrare a onere del danneggiato.
Nell’articolo 15 del codice in materia di dati personali il legislatore ha ritenuto opportuno estendere la tutela anche ai danni non patrimoniali, a mezzo di uno strumento risarcitorio di grande ampiezza teso a garantire l’effettiva operativita’ della corrispondente sanzione a carico del responsabile dell’illecito e la conseguente maggiore incisivita alla norma afferente.
In tema di danno non patrimoniale il danneggiato puo’ ricorrere e anzi normalmente ricorre – alla prova presuntiva, tenuto conto ella natura immateriale del bene della vita concretamente leso (v. la fondamentale Cass. Sez. U n. 26972-08). Donde una volta stabilita la lesione degli interessi protetti, salvo che non sia appurata in modo plausibile e congruente la natura bagatellare del pregiudizio allegato, il danno va liquidato su base equitativa, mediante un modello di stima prudenziale che e’ connaturato alla natura del diritto leso.
XI. – Ora l’attore aveva allegato, per quanto si comprende, un danno non patrimoniale correlato all’incidenza del trattamento illecito sul piano reputazionale, essendo egli un avvocato con studio nel medesimo condominio ed essendo stata l’affissione esposta per oltre un mese in una bacheca ben visibile anche da parte dei suoi potenziali clienti.
L’allegazione era (ed e’) piu’ che sufficiente a soddisfare il relativo onere, cosicche’ al tribunale competeva di accertare se l’illecito fosse stato effettivamente commesso nei termini detti, onde provvedere, di conseguenza, alla determinazione equitativa del danno in proporzione alla lesione dell’interesse protetto.
Da questo punto di vista e’ apodittico, ai fini dell’articolo 132 c.p.c., il rilievo secondo cui sarebbero stati da escludere “recisamente” i connotati di gravita’ e di serieta’ della lesione allegata.
Il danno non patrimoniale risarcibile ai sensi dell’articolo 15 del Decreto Legislativo n. 196 del 2003 (codice della privacy) e’ determinato da una lesione del diritto fondamentale alla protezione dei dati personali tutelato dagli articoli 2 e 21 Cost. e dall’articolo 8 della CEDU.
Esso non si sottrae alla verifica della “gravita’ della lesione” e della “serieta’ del danno”, in quanto anche per tale diritto opera il bilanciamento con il principio di solidarieta’ ex articolo 2 Cost., di cui quello di tolleranza della lesione minima e’ intrinseco precipitato ( v. Cass. Sez. 6-1- n. 17383-20, Cass. Sez. 3 n. 16133-14).
Ma e’ di tutta evidenza che una verifica in tal senso, per quanto rimessa al giudice del merito, implica che sia pur sempre soddisfatto l’onere di una motivazione aderente alla specificita’ dei fatti, e funzionale a render conto della conclusione sostenuta in rapporto alla lesione concretata dal comportamento illecito specificamente individuato.
Questo e’ mancato del tutto, nella decisione impugnata, la quale dunque va cassata con rinvio al medesimo tribunale, in diversa composizione, per nuovo esame.
Il tribunale si uniformera’ ai principi sopra evidenziati e provvedera’ anche sulle spese del giudizio svoltosi in questa sede di legittimita’.

p.q.m.

La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia al tribunale di Bari anche per le spese del giudizio di cassazione.
Dispone che, in caso di diffusione della presente ordinanza, siano omesse le generalita’ e gli altri dati significativi.

 

In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.

Le sentenze sono di pubblico dominio.

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