Corte di Cassazione, civile, Sentenza|4 gennaio 2022| n. 96.

Inadempimento del mutuatario e pagamento degli interessi .

In tema di mutuo fondiario, l’esercizio, da parte dell’istituto di credito mutuante, della condizione risolutiva prevista dall’art. 15 del d.P.R. n. 7 del 1976 (applicabile “ratione temporis” alla fattispecie) nell’ipotesi di inadempimento del mutuatario, determina la risoluzione del rapporto di mutuo, con la conseguenza che il mutuatario deve provvedere, oltre che al pagamento integrale delle rate già scadute (non travolte dalla risoluzione, che non opera retroattivamente nei contratti di durata), alla immediata restituzione della quota di capitale ancora dovuta, ma non al pagamento degli interessi conglobati nelle rate a scadere, dovendosi calcolare, sul credito così determinato, gli interessi di mora ad un tasso corrispondente a quello contrattualmente pattuito, se superiore al tasso legale, secondo quanto previsto dall’art. 1224, comma 1, c.c..

Sentenza|4 gennaio 2022| n. 96. Inadempimento del mutuatario e pagamento degli interessi

Data udienza 14 ottobre 2021

Integrale

Tag/parola chiave: Banca – Mutuo – Ipoteca – Credito a garanzia – Esecuzione – Opposizione – Tasso di interesse – Convenzione – Art. 1284 comma 3 cc – Ctu – Sindacato

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. VIVALDI Roberta – Presidente

Dott. DE STEFANO Franco – Consigliere

Dott. ROSSETTI Marco – Consigliere

Dott. TATANGELO Augusto – Consigliere

Dott. CRICENTI Giuseppe – rel. Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA
sul ricorso 22187/2018 proposto da:
(OMISSIS), (OMISSIS), elettivamente domiciliati in (OMISSIS) presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), che li rappresenta e difende;
– ricorrente –
contro
(OMISSIS), nella qualita’ di mandatario del (OMISSIS) soc coop ora (OMISSIS) spa;
– intimato –
avverso la sentenza n. 1073/2018 della CORTE D’APPELLO di BOLOGNA, depositata il 19/04/2018;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 14/10/2021 da Dott. CRICENTI GIUSEPPE;
udito l’Avvocato;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale.

Inadempimento del mutuatario e pagamento degli interessi

FATTI DI CAUSA

1.- (OMISSIS) e (OMISSIS) hanno proposto opposizione al precetto notificato dalla (OMISSIS) Soc. Coop., ora (OMISSIS) spa, attraverso la mandataria (OMISSIS).
Il precetto conteneva la richiesta di pagamento di un saldo di conto corrente negativo, intestato al padre dei ricorrenti, che produceva un credito a garanzia del quale la banca aveva anche iscritto ipoteca.
I figli del correntista hanno dunque proposto opposizione, facendo valere la nullita’ del titolo esecutivo, per essere il credito indeterminato, in quanto il riferimento agli interessi non era chiaro, meglio, il calcolo di questi ultimi era affidato in modo, incerto, al tasso “prime rate abi”.
Avevano poi eccepito che il tasso superava quello usuraio; che si chiedeva pagamento di interessi anatocistici sulle rate da scadere, dopo la risoluzione del rapporto: infine eccepivano in compensazione un loro credito, sempre basato sul rapporto di conto corrente tra la banca ed il logo genitore.
2. – L’opposizione e’ stata rigettata sia in primo che in secondo grado: hanno osservato i giudici di merito, in appello, che il tasso era determinabile per relationem, che non v’era alcun superamento del tasso soglia; che infine l’eccezione di compensazione, era, da un lato, inammissibile poiche’ introdotta con domanda riconvenzionale, e, per altro verso, infondata nel merito essendo il credito opposto niente affatto certo, liquido ed esigibile.
3.- Ricorrono i fratelli (OMISSIS) con sei motivi, ed ulteriori memorie. La creditrice non si e’ costituita. Il Pm ha chiesto il rigetto del ricorso.

RAGIONI DELLA DECISIONE

5.-I primi due motivi mirano a censurare la decisione impugnata quanto alla affermazione che il riferimento al tasso degli interessi “prime rate abi” era idoneo a rendere determinato o determinabile quel tasso.
Entrambi i motivi denunciano violazione degli articoli 1325, 1428, 1421 e 1284 c.c.
La tesi dei ricorrenti e’ che il riferimento al tasso “prime rate abi” come rilevato da ” (OMISSIS)” rende il tasso di interessi indeterminabile ed incerto, e dunque la clausola che lo contiene e’ da ritenersi nulla.
A tal fine i ricorrenti richiamano la stessa CTIJ effettuata in primo grado, da cui peraltro risulterebbe oltre che la complessita’ del conteggio, altresi’ che il tasso effettivamente risultante dal calcolo e’ di un punto circa superiore a quello “prime rate Abi”, fatto oggetto di riferimento in contratto.
I motivi sono infondati.
E’ giusto il richiamo che si fa al principio di diritto, affermato da questa Corte secondo cui “in tema di contratti di mutuo, perche’ una convenzione relativa agli interessi sia validamente stipulata ai sensi dell’articolo 1284 c.c., comma 3, che e’ norma imperativa, la stessa deve avere un contenuto assolutamente univoco e contenere la puntuale specificazione del tasso di interesse; ove il tasso convenuto sia variabile, e’ idoneo ai fini della sua precisa individuazione il riferimento a parametri fissati su scala nazionale alla stregua di accordi interbancari, mentre non sono sufficienti generici riferimenti, dai quali non emerga con sufficiente chiarezza quale previsione le parti abbiano inteso richiamare con la loro pattuizione. ” (Cass. 2317/ 2017; Cass. 12276/ 2010).
E tuttavia, da questo principio di diritto, da cui sicuramente si ricava la nullita’ di tassi rimessi alla discrezionalita’ della banca, non si ricava tuttavia che sempre il riferimento al tasso “prime rate Abi” debba ritenersi nullo, perche’ quel tasso e’, di per se’, interminabile.
Ossia: in astratto una clausola che faccia riferimento al suddetto criterio di determinazione del tasso di interessi non puo’, in quanto tale, considerarsi nulla, perche’ quel criterio, essendo rilevato e reso noto anche da informatori economici (nella fattispecie, ” (OMISSIS)”), e’ di sicuro determinabile attraverso, per l’appunto, quelle rilevazioni.
Come risulta dal testo della clausola, riportata peraltro in ricorso a pagina 10, era convenuto che il tasso di interesse consistesse in un punto in piu’ del tasso “prime rate Abi” come rilevato semestralmente da (OMISSIS), o, in assenza di una rilevazione da parte di quest’ultimo, dal quotidiano “(OMISSIS)”: ossia un criterio che rendeva assolutamente determinabile la rilevazione.
Ne’ puo’ incidere, ai fini della censura, l’erroneita’ del calcolo fatto dal CTU, o una sua qualche interpretazione: si tratta di un accertamento in fatto qui non discutibile.
6.-Allo stesso modo deve concludersi per il terzo motivo, che denuncia violazione dell’articolo 644 c.p..
La Corte di merito ha escluso il superamento del tasso soglia, in base ad una CTU, da cui risulterebbe un tasso inferiore.
I ricorrenti contestano questa valutazione osservando che il calcolo andava effettuato in altro modo (“rilevando il TEAG, cioe’ il tasso effettivo globale del mutuo, e rapportando il detto tasso al tasso soglia anti-usura di cui alla L. n. 108 del 1996, vigente nel tempo”, p. 20).
Secondo i ricorrenti, peraltro, l’errore della Corte di merito starebbe nell’avere dato credito ad un calcolo effettuato sul piano di ammortamento, senza tenere conto che il divieto di usura colpisce anche la mera promessa di interessi sopra soglia, e non solo l’effettiva corresponsione.
Anche questo motivo e’ in parte inammissibile in parte infondato.
E’, si, ammesso in sede di legittimita’, il sindacato sull’apprezzamento che il giudice di merito ha compiuto della CTU, ma solo ove quell’apprezzamento contenga un errore percettivo o sia del tutto immotivato (Cass. 19293/2018). Qua si contesta invece proprio il calcolo effettuato dal consulente per accertare la misura del tasso di interesse, e si propone un calcolo diverso, con evidente inammissibilita’ di una valutazione in fatto.
Ne’ puo’ darsi rilievo alla obiezione per cui risponde di usura anche chi semplicemente si fa promettere un tasso usuraio. Infatti, stimare il tasso in base al piano di ammortamento equivale a tener conto anche degli interessi semplicemente promessi: quelli a venire.
7.-Il quarto motivo denuncia violazione dell’articolo 183 c.c.
In entrambi i gradi di merito i ricorrenti avevano posto la questione del regime degli interessi nel caso, come questo, di risoluzione del contratto di mutuo e dunque di conseguente obbligo di restituire le rate scadute.
Secondo i ricorrenti, sulle rate scadute dovevano pagarsi gli interessi di mora, ma sulla sola quota capitale, non gia’ sulla somma tra capitale ed interessi.
Invece, la Corte di Appello ha ritenuto doversi applicare l’anatocismo, e dunque il calcolo degli interessi sugli interessi.
Il motivo e’ fondato.
Per quanto la Corte di Appello abbia richiamato, per rigettare il relativo motivo di impugnazione, il corretto principio di diritto, non ne ha tratto la conclusione corretta.
Risulta infatti che la Corte ha preso atto della regola secondo cui “in tema di mutuo fondiario, l’esercizio, da parte dell’Istituto di credito mutuante, della condizione risolutiva prevista dal Decreto del Presidente della Repubblica n. 7 del 1976, articolo 15 (applicabile nella fattispecie “ratione temporis”) nell’ipotesi di inadempimento del mutuatario, determina la risoluzione del rapporto di mutuo, con la conseguenza che il mutuatario deve provvedere, oltre al pagamento integrale delle rate gia’ scadute (non travolte dalla risoluzione, che non opera retroattivamente nei contratti di durata, quali il mutuo) alla immediata restituzione della quota di capitale ancora dovuta, ma non al pagamento degli interessi conglobati nelle semestralita’ a scadere, dovendosi invece calcolare, sul credito cosi’ determinato, gli interessi di mora ad un tasso corrispondente a quello contrattualmente pattuito, se superiore al tasso legale, secondo quanto previsto dall’articolo 1224 c.c., comma 1″. (Sez. Un 12639/2008; Cass. 25412/ 2013).
Ma la conclusione che ne ha tratto e’ la legittimita’ dell’anatocismo: “il quarto motivo d’appello, che assume l’erroneita’ della decisione di primo grado non essendo stata accolta la eccezione di non debenza di interessi anatocistici ex articolo 1283 c.c. e’, ancora, infondato” (p. 10).
Invece, la conseguenza che si trae dal principio di diritto sopra riportato e’ che non sono dovuti gli interessi conglobati nella semestralita’ a scadere, con la conseguenza che quelli moratori vanno calcolati sulla sola sorta capitale delle rate scadute e non gia’ su sorte piu’ interessi.
7.1.- Il quinto motivo denuncia violazione degli articoli 1418, 1325, 1241, 1853 c.c. e articolo 36 c.p.c.
I ricorrenti avevano, formalmente con domanda riconvenzionale, portato in compensazione un loro credito, sempre avente titolo nel rapporto di conto con la Banca.
I giudici di appello hanno ritenuto inammissibile l’eccezione in quanto proposta all’interno di una domanda riconvenzionale che l’opponente all’esecuzione, essendo attore, non puo’ formulare, ma anche ritenuto infondata l’eccezione per difetto di certezza, liquidita’ ed esigibilita’ del credito opposto in compensazione. I ricorrenti si dolgono di tale decisione ed osservano che la loro non era in realta’ una domanda riconvenzionale ma semplicemente una eccezione di compensazione che, al contrario di quella, l’opponente puo’ proporre; inoltre aggiungono che il credito fatto valere dalla banca non era a sua volta certo, liquido ed esigibile, in quanto le somme non sono mai state poste nella disponibilita’ del correntista – il loro dante causa – bensi’ utilizzate per estinguere un’altra passivita’, e dunque non potevano produrre interessi.
Il motivo e’ inammissibile.
Vero e’ che e’ fondato quanto alla prima delle due rationes decidendi: i ricorrenti hanno eccepito in compensazione un loro credito, non gia’ proposto riconvenzionale per il pagamento, e la stessa Corte di Appello ritiene contraddittoriamente che si tratta, si, di una eccezione di compensazione, ma fatta valere all’interno di una domanda riconvenzionale.
Tuttavia, v’e’ una seconda ratio decidendi, che invece qui non e’ contestata e cioe’ che il credito opposto in compensazione non e’ certo, liquido ed esigibile. Questa ratio non e’ censurata in modo ammissibile: si fa questione del conteggio degli interessi, nuovamente, proponendone uno proprio (p 33) e chiedendo dunque una rivalutazione di quei conti.
Si pone una questione di fatto: quella della liquidita’ e certezza del credito, qui preclusa.
Tra l’altro, non risulta che la questione della mancata erogazione effettiva del mutuo sia stata posta in questi esatti termini con il motivo di appello.
8.-Il sesto motivo denuncia motivazione apparente.
Contesta alla sentenza di non avere adeguatamente espresso le ragioni su cui ha basato la decisione.
Il vizio di motivazione, nella nuova formulazione, e’ pero’ rilevante solo ove difettino del tutto le ragioni del decidere, ossia ove non risultino affatto quelle ragioni, vale a dire ove non si possa comprendere quali argomenti giustificano la decisione, e non e’ il caso che ci occupa, anche semplicemente osservando che i ricorrenti hanno diffusamente censurato quelle ragioni.

P.Q.M.

La Corte accoglie il quarto motivo. Rigetta tutti gli altri. Cassa la decisione impugnata e rinvia alla Corte di Appello di Bologna, in diversa composizione anche per le spese.

 

In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.

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