In zona sismica, va comunicato alo sportello unico del Comune, con deposito del progetto, qualsiasi intervento edilizio, anche non strutturale

Corte di Cassazione, sezione terza penale, Sentenza 31 agosto 2018, n. 39335.

La massima estrapolata:

In zona sismica, va comunicato allo sportello unico del Comune, con deposito del progetto, qualsiasi intervento edilizio, anche non strutturale. Si considera, cioè, a rischio di impatto sulla stabilità della struttura tutto quello che non è manutenzione ordinaria: non conta il materiale utilizzato, il tipo di opera realizzata, la natura pertinenziale o precaria dell’intervento. Tutto è da considerare potenzialmente a rischio.

Sentenza 31 agosto 2018, n. 39335

Data udienza 9luglio 2018

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DI NICOLA Vito – Presidente

Dott. GALTERIO Donatella – Consigliere

Dott. RAMACCI Luca – rel. Consigliere

Dott. GENTILI Andrea – Consigliere

Dott. CORBETTA Stefano – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA
sui ricorsi proposti da:
(OMISSIS), nato a (OMISSIS);
(OMISSIS), nato a (OMISSIS);
avverso la sentenza del 03/07/2017 del TRIBUNALE di AVELLINO;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere LUCA RAMACCI;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Dott. STEFANO TOCCI;
Il Proc. Gen. conclude per l’inammissibilita’;
udito il difensore (OMISSIS) sost. Processuale;
Il difensore presente chiede l’accoglimento del ricorso.

RITENUTO IN FATTO

1. Il Tribunale di Avellino, con sentenza del 3/7/2017 ha dichiarato (OMISSIS) e (OMISSIS) responsabili del reato di cui al Decreto del Presidente della Repubblica n. 380 del 2001, articoli 93 e 95, condannandoli alla pena dell’ammenda, perche’, senza la preventiva denuncia ed il preventivo deposito degli atti progettuali presso il competente ufficio del genio civile realizzavano le seguenti opere:
– aumento della originaria volumetria di un fabbricato precedentemente interrato, pari a 717,32 metri cubi;
– movimenti di terra con formazione di terrazzamenti a monte, per un’altezza complessiva di circa 6 metri il livellamento a valle dell’edificio;
– sbancamento del terreno lungo i lati dell’edificio, con conseguente aumento del carico urbanistico dovuto alla volumetria fuori terra del manufatto;
– spostamento dell’accesso al fondo autorizzato lungo il lato sud-est e rampa di accesso per una superficie di circa 1000 metri quadrati;
– apertura, lungo il lato est dell’edificio, di un vano porta di una finestra in ferro;
– apertura di due finestre in ferro lungo il lato ovest dell’edificio;
– eliminazione delle aperture posizionate nella parte a monte del fabbricato, con inserimento, nella muratura perimetrale su tale lato, di piastre metalliche;
– altezza interna del manufatto pari a m. 4,30, superiore rispetto a quella riportata nei grafici, pari a metri 4.
Fatti accertati in (OMISSIS).
Avverso tale pronuncia i predetti propongono congiuntamente ricorso per cassazione tramite il difensore di fiducia, deducendo i motivi di seguito enunciati nei limiti strettamente necessari per la motivazione, ai sensi dell’articolo 173 disp. att. cod. proc. pen..
2. Con un primo motivo di ricorso deducono la carenza dell’elemento materiale del reato di cui al Decreto del Presidente della Repubblica n. 380 del 2001, articoli 93 e 95, rilevando che l’articolo 65 del Testo Unico dell’edilizia statuirebbe che l’obbligo della prescritta denuncia in materia di normativa antisismica riguarda soltanto le opere in conglomerato cementizio armato, escludendo dal predetto obbligo tutti i lavori che non si sostanziano in tale tipologia.
Osservano che le opere erano tutte originariamente assentite e che il progetto era stato depositato presso il Genio Civile, con conseguente regolare realizzazione degli interventi strutturali, mentre le opere successivamente realizzate e descritte nel capo di imputazione non sarebbero state soggette ad analoga disciplina autorizzatoria, non rientrando tra le opere per le quali il Decreto del Presidente della Repubblica n. 380 del 2001, articolo 65 richiede la denuncia al genio civile, trattandosi di opere non strutturali e non realizzate in conglomerato cementizio, ne’ delle opere di cui all’articolo 93 dello stesso testo unico.
Osservano che lavori di sbancamento si sarebbero resi necessari al fine di impedire la tracimazione del terreno e per garantire la pubblica incolumita’ a seguito di eccezionali precipitazioni, come confermato da testi in udienza.
3. Con un secondo motivo di ricorso deducono la carenza dell’elemento soggettivo del reato di cui Decreto del Presidente della Repubblica n. 380 del 2001, articoli 93 e 95, osservando che le opere erano state eseguite per la necessita’ di contenere i movimenti di terra causati dalle forti precipitazioni dell’estate 2013 e che, nella fattispecie, poteva ravvisarsi un errore scusabile, essendo state espletate tutte le formalita’ richieste dalla legge sotto il profilo urbanistico e della osservanza della disciplina antisismica ed avendo le opere successive non interessato gli aspetti strutturali dell’edificio gia’ realizzato, dovendosi cosi’ ritenere ingenerato nei prevenuti un ragionevole affidamento o, quantomeno, un’intima convinzione di avere osservato la legge.
4. Con un terzo motivo di ricorso deducono il vizio di motivazione, rappresentando che il Tribunale avrebbe erroneamente valutato le risultanze documentali e fotografiche, ritenendo le opere realizzate soggette a titolo abilitativo, non essendo stata eseguita alcuna trasformazione radicale dell’originario intervento edilizio, mentre le opere di sbancamento si erano rese necessarie per ragioni contingenti.
5. Con un quarto motivo di ricorso lamentano il vizio di motivazione in relazione alla mancata declaratoria di prescrizione del reato, trattandosi di opere regolarmente assentite ed ultimate nel 2012 e non essendo quelle successivamente realizzate soggette a titolo abilitativo.
6.Con un quinto motivo di ricorso deducono il vizio di motivazione in relazione a diniego delle circostanze attenuanti generiche, non avendo il Tribunale considerato la regolarizzazione delle opere realizzate.
Insistono pertanto per l’accoglimento dei ricorsi.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. I ricorsi sono inammissibili.
2. Occorre preliminarmente osservare che, secondo quanto e’ dato rilevare dalla sentenza impugnata e dal ricorso, unici atti ai quali questa Corte ha accesso, i fatti addebitati ai ricorrenti riguardano la realizzazione delle opere descritte nel capo di imputazione in violazione della disciplina antisismica.
Detti interventi hanno comportato, secondo quanto ritenuto dal giudice del merito, la emersione, previo sbancamento del terreno, di tre lati, precedentemente interrati, di un preesistente edificio regolarmente assentito, con la realizzazione di un piazzale di circa 1.000 metri quadrati, il terrazzamento della parete di terra rimasta alle spalle di uno di tali tre lati e fino ad un’altezza di sei metri e lo spostamento di una rampa di accesso la fondo.
3. Tale ricostruzione e’ contestata in ricorso, segnatamente nel primo motivo, sostenendosi, in sintesi, la regolarita’ delle opere perche’ originariamente assentite quelle relative alla realizzazione del manufatto originario e non soggette a titolo abilitativo quelle successive, in quanto riguardanti interventi non strutturali, non realizzati in cemento armato ed in parte resi necessari da improvvisi e significativi eventi atmosferici.
L’assunto e’, tuttavia, manifestamente infondato, perche’ non tiene conto del consolidato orientamento della giurisprudenza di questa Corte, la quale ha ripetutamente delimitato l’ambito di applicazione della normativa sulle costruzioni in zona sismica con riferimento alla natura degli interventi realizzati.
Seppure, in un primo tempo, si sia affermato che la funzione di salvaguardia della pubblica utilita’ perseguita porta ad escluderne l’applicazione per gli interventi che non interessano la pubblica incolumita’, quali quelli di manutenzione ordinaria o straordinaria del patrimonio edilizio gia’ esistente (Sez. 3, n. 10188 del 10/7/1981, Filloramo, Rv. 150961), si e’ successivamente chiarito che la natura delle opere e’ irrilevante e cio’ in quanto la violazione delle norme antisismiche richiede soltanto l’esecuzione di lavori edilizi in zona sismica (Sez. 3, n. 46081 del 8/10/2008, Sansone, Rv. 241783). Il principio e’ stato successivamente ribadito (Sez. 3, n. 34604 del 17/6/2010, Todaro, Rv. 248330).
Altrettanto inconferente e’ stata ritenuta la natura dei materiali usati e delle strutture realizzate, in quanto le disposizioni relative alla disciplina antisismica hanno una portata particolarmente ampia e si applicano a tutte le costruzioni la cui sicurezza possa comunque interessare la pubblica incolumita’ (cfr. Sez. 3, n. 24086 del 11/4/2012, Di Nicola, Rv. 253056; Sez. 3, n. 6591 del 24/11/2011 (dep. 2012), D’Onofrio, Rv. 252441; Sez. 3, n. 30224 del 21/6/2011, Floridia, Rv. 251284; Sez. 3, n. 23076 del 27/4/2011, Coppa, non massimata; Sez. 3, n. 33767 del 10/5/2007, Puleo, Rv. 237375; Sez. 3, n. 38142 del 26/9/2001, Tucci, Rv. 220269).
E’ stata inoltre ritenuta irrilevante la eventuale precarieta’ dell’intervento, attesa la natura formale dei relativi reati ed il fine di consentire il controllo preventivo, da parte della pubblica amministrazione, di tutte le costruzioni realizzate in zone sismiche (Sez. 3 n. 23076/2011, cit.; Sez. 3, n. 38405 del 9/7/2008, Di Benedetto, Rv. 241288; Sez. 3, n. 37322 del 3/7/2007, Borgia, Rv. 237842; Sez. 3, n. 48684 del 28/10/2003, Noto, Rv. 226561; Sez. 3, n. 33158 del 29/5/2002, Bianchini, Rv. 222254).
Per le stesse ragioni si e’ ritenuto non assuma neppure rilevo la natura pertinenziale dell’intervento (Sez. 3, n. 7353 del 3/5/1995, Catanzariti, Rv. 202079).
In un caso, riguardante la collocazione di cartellonistica autostradale, si e’ avuto modo di precisare ulteriormente che anche interventi apparentemente “minori” possono assumere concreto rilievo sul piano della pericolosita’ e che nella valutazione relativa a tale aspetto concorrono, con l’elemento dimensionale, anche altri elementi, quali, ad esempio, le modalita’ di collocazione del manufatto, la morfologia del sito, la pendenza del terreno, le modalita’ di realizzazione delle strutture di sostegno, ecc. in quanto suscettibili di accrescere il grado di pericolo per l’incolumita’ pubblica. Aggiungendo, altresi’, che da tale valutazione non si puo’ prescindere neppure per le zone in cui il grado di sismicita’ non sia particolarmente elevato (cosi’ Sez. 3 n. 24086/2012, cit.).
I richiamati principi sono stati successivamente ribaditi con riferimento a muri di semplice recinzione costruiti con “forati” (Sez. 3, n. 9126 del 16/11/2016 (dep. 2017), Aliberti, Rv. 269303) ed alla chiusura di una veranda mediante mattoni del medesimo tipo (Sez. 3, n. 48950 del 4/11/2015, Baio, Rv. 266033), escludendosi anche ogni possibilita’ di deroga per particolari categorie di opere stabilite da disposizioni amministrative regionali (Sez. 3, n. 19185 del 14/1/2015, Garofano, Rv. 263376).
Si e’ anche espressamente escluso che l’applicabilita’ della disciplina antisismica riguardi i soli edifici in cemento armato (Sez. 3, n. 48005 del 17/9/2014, Gulizzi e altro, Rv. 261155; Sez. 3, n. 34604 del 17/6/2010, Todaro, Rv. 248330, cit.)
4. La sentenza impugnata non e’, dunque, errata sul punto, risultando, al contrario, perfettamente allineata ai principi sopra enunciati, mentre del tutto errate risultano le affermazioni contenute in ricorso.
Va conseguentemente ribadito che qualsiasi intervento edilizio in zona sismica, comportante o meno l’esecuzione di opere in conglomerato cementizio amato, indipendentemente dalla natura dei materiali usati, dalla tipologia delle strutture realizzate, dalla natura pertinenziale o precaria, deve essere previamente denunciato al competente ufficio al fine di consentire i preventivi controlli e necessita del rilascio del preventivo titolo abilitativo, conseguendone, in difetto, l’applicazione delle relative sanzioni, sfuggendo a tale disciplina solo gli interventi di semplice manutenzione ordinaria.
5. Va peraltro osservato che, con argomentazioni in fatto pienamente coerenti ed, in quanto tali, non suscettibili di censura in questa sede, il Tribunale ha chiaramente escluso che la realizzazione degli interventi di cui al capo di imputazione si sia resa necessaria, come indicato in ricorso, al fine di rimediare alle conseguenze di rilevanti eventi atmosferici, ponendo in evidenza come la tipologia stessa degli interventi, quali la realizzazione di nuove aperture di porte e finestre e l’ampiezza degli spazi liberati, deponesse in senso decisamente contrario rispetto alla dichiarata provvisorieta’ ed urgenza delle opere, portando il giudice del merito ad escludere, del tutto ragionevolmente, il successivo reinterro del manufatto.
6. Anche la sussistenza dell’elemento soggettivo del reato risulta correttamente ritenuta nel giudizio di merito, con conseguente manifesta infondatezza del secondo motivo di ricorso.
In particolare, la effettiva natura e consistenza degli interventi realizzati accertata in fatto dal giudice del merito evidenzia, di per se’, le precise finalita’ perseguite dai ricorrenti, essendo evidente l’intenzione di incrementare la volumetria utile del manufatto originario liberando dal terreno la parte interrata e dotandola di aperture atte a consentirne l’utilizzazione, cosi’ come gli interventi di sbancamento e realizzazione di un piazzale e modifica della rampa di accesso.
Del tutto indimostrato risulta, invece, l’asserito affidamento dei prevenuti circa la legittimita’ dell’intervento eseguito ed, anzi, lo stesso e’ platealmente smentito proprio da quanto evidenziato dal Tribunale, nonche’ dalla altrettanto insussistente situazione di emergenza che avrebbe giustificato la realizzazione delle opere.
7. Per le stesse ragioni risulta di macroscopica evidenza anche l’infondatezza del terzo motivo di ricorso.
8. Il Quarto motivo di ricorso non merita miglior sorte, poiche’ sulla base del medesimo, errato, ragionamento i ricorrenti lamentano la mancata declaratoria di prescrizione del reato.
Essi assumono, infatti, che la decorrenza del termine andrebbe calcolata dalla data di ultimazione delle opere regolarmente assentite (anno 2012), non assumendo alcun rilievo quelle successive per le infondate ragioni di cui si e’ detto.
In realta’, come accertato in fatto, ancora una volta in maniera del tutto condivisibile, dal giudice del merito, all’atto dell’accertamento, avvenuto il 9/10/2013, le opere di cui al capo di imputazione erano ancora in corso di esecuzione, come dimostrato dalla documentata presenza di macchine operatrici e di materiale da costruzione, nonche’ dalla condizione dei luoghi, che presentavano ancora la installazione di impalcature a ridosso del fabbricato.
Il termine quinquennale, cui va peraltro aggiunto un periodo di sospensione per legittimo impedimento degli imputati, da calcolarsi a far data dal suddetto accertamento, non risulta ad oggi ancora interamente decorso.
9. Anche il quinto motivo di ricorso risulta manifestamente infondato, poiche’, nel non riconoscere ai ricorrenti le circostanze attenuanti generiche, il Tribunale ha posto in evidenza l’assenza di “qualsivoglia profilo di meritevolezza” ad esclusione della mera assenza di precedenti penali, dimostrando, ancora una volta, perfetta aderenza ai principi di diritto affermati dalla giurisprudenza di questa Corte, secondo la quale, il riconoscimento delle attenuanti generiche presuppone la sussistenza di positivi elementi di giudizio e non costituisce un diritto conseguente alla mancanza di elementi negativi connotanti la personalita’ del reo, cosicche’ deve ritenersi legittimo il diniego operato dal giudice in assenza di dati positivi di valutazione (Sez. 3, n. 19639 del 27/1/2012, Gallo, Rv. 252900; Sez. 1, n. 3529 del 22/9/1993, Stelitano, Rv. 195339; Sez. 6, n. 6724 del 1/2/1989, Ventura, Rv. 181253).
10. I ricorsi, conseguentemente, devono essere dichiarati inammissibili e alla declaratoria di inammissibilita’ consegue l’onere delle spese del procedimento, nonche’ quello del versamento, in favore della Cassa delle ammende, della somma, equitativamente fissata, di Euro 2.000,00 per ciascun ricorrente.

P.Q.M.

Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese del procedimento e della somma di Euro 2.000,00 (duemila) ciascuno in favore della Cassa delle ammende.

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