In tema di vendita di farmacia

Corte di Cassazione, sezione lavoro civile, Ordinanza 18 maggio 2020, n. 9090.

La massima estrapolata:

In tema di vendita di farmacia, ai sensi dell’art. 12, comma 2, della l. n. 475 del 1968, il riconoscimento del medico provinciale, tenuto ad esercitare il controllo dei requisiti richiesti dalla stessa legge per la gestione del servizio farmaceutico, costituisce una condizione legale sospensiva, sicché, come per ogni atto traslativo, tra vivi o “mortis causa”, l’effetto reale del trasferimento della proprietà dell’azienda si realizza, con efficacia retroattiva, solo dopo l’adozione del predetto atto amministrativo; ne consegue che, in caso di omissione del riconoscimento in questione, le vicende del rapporto di lavoro instaurato in via di mero fatto con il cessionario non incidono sul rapporto ancora in essere con il cedente e va esclusa l’operatività della responsabilità solidale ex art. 2112, comma 2, c.c., del cessionario per i debiti contratti dal cedente medesimo durante il rapporto di lavoro svoltosi anteriormente al contratto di cessione, rimasto giuridicamente inefficace per il mancato avveramento della condizione cui era sottoposto.

Ordinanza 18 maggio 2020, n. 9090

Data udienza 28 gennaio 2020

Tag – parola chiave: Impiego privatizzato – Effetto sostitutivo della sentenza d’appello – Subordinazione dell’effetto traslativo di una farmacia al trasferimento del medico – Autorizzazione della pa al trasferimento d’azienda – Efficacia sospensiva – Art. 12 comma 2 legge n. 475/68 – Mancato avveramento della condizione – Effetto ex tunc dell’effetto traslativo – Rapporto di lavoro medio tempore con il cessionario – Irrilevanza – Permanenza del rapporto di lavoro con il cedente

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. RAIMONDI Guido – Presidente

Dott. NEGRI DELLA TORRE Paolo – Consigliere

Dott. BLASUTTO Daniela – rel. Consigliere

Dott. PATTI Adriano P. – Consigliere

Dott. GARRI Fabrizia – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA
sul ricorso 373-2017 proposto da:
(OMISSIS), domiciliato in ROMA PIAZZA CAVOUR presso LA CANCELLERIA DELLA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato (OMISSIS);
– ricorrente –
contro
(OMISSIS) S.A.S. (OMISSIS), in persona del legale rappresentante pro tempore e (OMISSIS), domiciliati in ROMA PIAZZA CAVOUR presso LA CANCELLERIA DELLA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE, rappresentati e difesi dall’avvocato (OMISSIS);
– controricorrenti –
e contro
(OMISSIS);
– intimata –
avverso la sentenza n. 735/2016 della CORTE D’APPELLO di L’AQUILA, depositata il 14/07/2016 R.G.N. 681/2015.

RILEVATO

CHE:
1. La Corte di appello di L’Aquila, con sentenza n. 735/2016, rigettava l’appello proposto da (OMISSIS) nei confronti della (OMISSIS) s.a.s. (OMISSIS) e di (OMISSIS), nonche’ l’appello proposto da (OMISSIS) nei confronti della (OMISSIS) e di (OMISSIS) e cosi’ confermava la sentenza del Tribunale di Lanciano che, in accoglimento della opposizione a precetto proposta dal Dott. (OMISSIS), nella qualita’ di legale rappresentante della (OMISSIS), nei confronti di (OMISSIS) e della allora chiamata in causa (OMISSIS), nella qualita’ di erede universale della Dott.ssa (OMISSIS), aveva: a) dichiarato inefficace il precetto notificato al (OMISSIS) da (OMISSIS); b) condannato la chiamata in causa (OMISSIS) al pagamento in favore di (OMISSIS) della somma dallo stesso reclamata a titolo di differenze retributive relative al rapporto di lavoro intercorso con la qualifica di farmacista alle dipendenze della (OMISSIS), di cui la (OMISSIS) era divenuta erede universale, successivamente ceduta alla (OMISSIS) s.a.s. (OMISSIS).
2. Nel respingere entrambi gli appelli e confermare la sentenza di primo grado, la Corte di appello, per quanto ancora qui rileva, in merito all’appello proposto da (OMISSIS), svolgeva – in sintesi – le considerazioni che seguono:
a) e’ infondata la censura secondo cui la sentenza di primo grado sarebbe carente di motivazione per avere il primo giudice richiamato per relationem il contenuto degli atti difensivi della allora opponente nonche’ il contenuto di un’altra sentenza dello stesso Tribunale che aveva deciso per la prima volta la questione della inefficacia dell’atto di cessione della farmacia dalla (OMISSIS) al (OMISSIS); dalla sentenza impugnata poteva comprendersi che le ragioni della decisione erano in ogni caso attribuibili all’organo giudicante ed erano enunciate in modo chiaro, univoco ed esaustivo; anche alla luce della giurisprudenza di legittimita’, la predetta tecnica di redazione non puo’ ritenersi in se’ sintomatica di difetto di imparzialita’ del giudice, al quale non e’ imposta l’originalita’ ne’ dei contenuti ne’ delle modalita’ espositive;
b) nel merito, la fattispecie in esame riguarda un’ipotesi di trasferimento di farmacia, per la quale opera la L. 2 aprile 1968, n. 475, articolo 12, comma 2, secondo cui il trasferimento della farmacia e’ subordinato alla condizione legale sospensiva del riconoscimento del medico provinciale, tenuto ad esercitare il controllo dei requisiti richiesti dalla stessa legge per la gestione del servizio farmaceutico, come gia’ ritenuto da Cass. n. 6050 del 1995 e S.U. n. 6587 del 1983; ne deriva che, come correttamente ritenuto dal primo giudice, in applicazione principi generali del contratto sottoposto a condizione, articoli 1353 e 1361 c.c., in mancanza del rilascio del provvedimento amministrativo di riconoscimento del trasferimento della titolarita’ della farmacia in capo al cessionario, il contratto di cessione dell’azienda stipulato il 9 marzo 2010 deve essere ritenuto inefficace ex tunc, sicche’ il cedente deve ritenersi unico soggetto titolare della farmacia e dunque obbligato per i crediti di lavoro dei propri dipendenti, fra i quali l’appellante, non operando il principio di solidarieta’ previsto dall’articolo 2112 c.c., il quale richiede un valido ed efficace atto di cessione di azienda, presupposto insussistente nella specie;
c) e’ irrilevante che, a seguito della stipula dell’atto di cessione, il Dott. (OMISSIS) avesse inviato ai dipendenti una “comunicazione ai sensi dell’articolo 2112 c.c.”, trattandosi di un atto in quel momento dovuto, salvo sempre l’avveramento della condizione sospensiva cui era sottoposta l’efficacia dell’atto di cessione; pertanto, venuta meno la cessione, erano venute meno retroattivamente tutte le conseguenze derivanti dalla stessa, previste dalla legge o dalle parti contraenti.
3. Per la cassazione parziale di tale sentenza, nella parte relativa all’esclusione della responsabilita’ solidale del Dott. (OMISSIS) ex articolo 2112 c.c., ha proposto ricorso (OMISSIS) sulla base di tre motivi.
4. Hanno resistito la (OMISSIS) s.a.s. (OMISSIS) e il Dott. (OMISSIS) in proprio con controricorso, seguito da memoria ex articolo 380-bis c.p.c..
5. (OMISSIS) e’ rimasta intimata.

CONSIDERATO

CHE:
1. Con i primi due motivi si denuncia violazione ed erronea applicazione dell’articolo 132 c.p.c. e articolo 118 disp. att. c.p.c. e vizio di radicale nullita’ della sentenza con violazione del diritto di difesa e del principio del contraddittorio, in relazione al rigetto del motivo concernente la nullita’ della sentenza di primo grado per carenza di motivazione (articolo 360 c.p.c., nn. 3 e 5). Segnatamente, il primo motivo denuncia l’erroneo rigetto del relativo motivo di gravame e il secondo motivo investe direttamente la questione della nullita’ della sentenza di primo grado motivata per relationem ad atti di parte o a precedenti giurisprudenziali.
Il primo giudice aveva richiamato espressamente per relationem il contenuto degli atti difensivi della allora opponente nonche’ altra sentenza dello stesso tribunale che aveva deciso per la prima volta la questione della inefficacia dell’atto di cessione dell’azienda farmacia tra la (OMISSIS) e il (OMISSIS). Difettava una autonoma valutazione. Il giudice di primo grado aveva sostanzialmente emesso un provvedimento privo di motivazione, essendo state ignorate le ragioni della parte soccombente.
Del pari, la Corte di appello, nel rigettare il relativo motivo di appello, ha adottato una pronuncia laconica, dalla quale non e’ possibile comprendere come il giudice di appello abbia condiviso il giudizio di primo grado attraverso l’esame e la valutazione di infondatezza dei motivi di gravame. Il giudizio espresso e’ meramente assertivo, essendo mancato un esplicito riferimento al precedente giurisprudenziale, che non e’ stato trascritto nelle sue parti significative. Ne’ era possibile enucleare altrimenti il percorso logico-giuridico seguito per pervenire alla decisione.
2. Con il terzo motivo si denuncia violazione e falsa applicazione dell’articolo 2112 c.c., omessa e/o insufficiente motivazione, quanto alla asserita inefficacia dell’atto di cessione di azienda in ragione del mancato riconoscimento amministrativo, da parte del medico provinciale, dei requisiti fissati dalla legge (articolo 360 c.p.c., nn. 3 e 5).
A fronte del contratto di cessione di azienda sussisteva la responsabilita’ solidale per i debiti dal lavoro nei confronti sia del cedente, sia del cessionario, ai sensi dell’articolo 2112 c.c., norma imperativa e inderogabile, tant’e’ che lo stesso Dott. (OMISSIS) aveva compiuto atti di gestione, ordinaria e straordinaria, della costituita societa’ successivamente al contratto di cessione della farmacia.
La Corte d’appello ha omesso di motivare sulle seguenti circostanze, decisive e mai contestate in giudizio: l’avvenuta assunzione del ricorrente alle dipendenze della (OMISSIS); l’esistenza di residui crediti retributivi maturati durante tale rapporto di lavoro; l’avvenuta cessione alla (OMISSIS) s.a.s. (OMISSIS), sita in (OMISSIS), costituita in virtu’ di atto pubblico a rogito notarile del 9 marzo 2010; la continuazione del rapporto di lavoro a partire dal marzo 2010 alle dipendenze della societa’ cessionaria; l’effettivo svolgimento, da parte del Dott. (OMISSIS), di atti di gestione ordinaria e straordinaria della costituita societa’ e non solo di atti meramente conservativi; l’avvenuta corresponsione, da parte del Dott. (OMISSIS), delle retribuzioni maturate dal marzo 2010 fino al settembre 2010.
L’inefficacia dell’atto di cessione non avrebbe potuto opporsi all’attuale ricorrente, essendo questione interna riguardante il cedente e il cessionario, ma non il lavoratore ceduto. Il contatto di cessione di cui al rogito notarile del 9 marzo 2010, regolarmente registrato, era perfettamente valido e mai impugnato.
A fronte della gestione del rapporto e del subentro nella gestione della farmacia da parte del Dott. (OMISSIS), sussisteva la responsabilita’ ex articolo 2112 c.c. per i crediti retributivi relativi al pregresso periodo di svolgimento del rapporto di lavoro.
3. Le censure mosse alla sentenza impugnata sono destituite di fondamento.
4. I primi due motivi, tra loro connessi, sono inammissibili.
4.1. Occorre premettere che la censura non puo’ che attenere alla sentenza di primo grado, in quanto asseritamente motivata per relationem, e non anche la sentenza di appello che ha svolto un autonomo giudizio sul thema decidendum, nella parte in cui ha respinto il secondo motivo di appello, vertente sul merito della controversia e precisamente relativo alla esclusione della responsabilita’ solidale del Dott. (OMISSIS). La censura processuale svolta nei confronti della sentenza di appello attiene invece al rigetto della eccezione di nullita’ della sentenza di primo grado.
5. Le censure sono innanzitutto inammissibili in quanto la Corte di appello, nel rigettare il secondo motivo di appello, ha pronunciato nel merito.
5.1. Costituisce principio cardine in tema di impugnazione che la sentenza d’appello, anche se confermativa, si sostituisce totalmente a quella di primo grado. A tale principio si associa quello che le nullita’ delle sentenze soggette ad appello si convertono in motivi di impugnazione (articolo 354 c.p.c., comma 1, in relazione all’articolo 161 c.p.c., comma 1), con la conseguenza che il giudice di secondo grado investito delle relative censure non puo’ limitarsi a dichiarare la nullita’ ma deve decidere nel merito. Pertanto, non puo’ essere denunciato in cassazione un vizio della sentenza di primo grado ritenuto insussistente dal giudice d’appello.
5.2. Come recentemente ribadito, in considerazione dell’effetto sostitutivo della pronuncia della sentenza d’appello e del principio secondo cui le nullita’ delle sentenze soggette ad appello si convertono in motivi di impugnazione, con la conseguenza che il giudice di secondo grado investito delle relative censure non puo’ limitarsi a dichiarare la nullita’ ma deve decidere nel merito, non puo’ essere denunciato in cassazione un vizio della sentenza di primo grado ritenuto insussistente dal giudice d’appello (Cass. n. 1323 del 2018; cfr. pure Cass. n. 11537 del 1996 e n. 17027 del 2007).
6. Va poi considerato, pur a fronte del carattere assorbente del predetto rilievo, che la Corte di appello ha dato atto – – come si evince dal tenore della sentenza ora impugnata – che il primo giudice non si era limitato ad un pedissequo recepimento di atti esterni, ma aveva svolto un autonomo giudizio, articolando una “puntuale ed autonoma decisione”. Nel ricorso per cassazione non solo non vi e’ censura sull’attivita’ ermeneutica svolta dal giudice di appello, laddove questo ha espressamente dato conto, interpretando il contenuto della sentenza di primo grado, che la stessa conteneva un autonomo giudizio valutativo, ma parte ricorrente si e’ limitata ad opporre al giudizio espresso dalla Corte territoriale la propria opposta soluzione, svolgendo quindi una censura che si pone al di fuori del ristretto perimetro di cui all’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 5 (nel nuovo testo applicabile alla fattispecie ratione temporis).
7. Quanto al terzo motivo di ricorso, lo stesso e’ infondato per i motivi che seguono.
7.1. Innanzitutto, va ribadito quanto gia’ affermato da questa Corte circa la subordinazione dell’effetto traslativo di una farmacia al riconoscimento del medico provinciale. Il provvedimento autorizzativo da parte della Pubblica Amministrazione (prima medico provinciale ora Regione) al trasferimento dell’azienda (come richiesto dalla L. 2 aprile 1968, n. 475, articolo 12, comma 2) ha valore di condizione legale sospensiva (Cass. SS.UU. n. 6587 del 1983). In particolare, su tale solco interprativo, questa Corte, con sentenza n. 6050 del 1995, ha avuto modo di precisare che “poiche’ ai sensi della L. 2 aprile 1968, n. 475, articolo 12, comma 2, il trasferimento della farmacia e’ subordinato alla condizione legale sospensiva del riconoscimento del medico provinciale, tenuto ad esercitare il controllo dei requisiti richiesti dalla stessa legge per la gestione del servizio farmaceutico la vendita, come piu’ in generale, ogni atto traslativo, tra vivi o “mortis causa” di una farmacia non solo non consente all’acquirente prima del riconoscimento, l’esercizio della farmacia ma neppure produce il suo effetto reale del trasferimento della proprieta’ dell’azienda, che solo dopo il predetto atto amministrativo, avente la natura giuridica di un’autorizzazione costitutiva, si realizza con efficacia retroattiva”. (conforme, Cass. n. 12747 del 2014).
8. A cio’ aggiungasi che e’ incontestato il mancato avveramento della condizione, da cui il venir meno con effetto ex tunc dell’effetto traslativo.
8.1. Cio’ comporta che, non essendosi verificato l’effetto traslativo del contratto di trasferimento di farmacia, le vicende del rapporto di lavoro svoltosi medio tempore con il cessionario, in quanto instaurato in via di mero fatto, non sono idonee ad incidere sul rapporto con il cedente ancora in essere, sebbene quiescente fino alla declaratoria di nullita’ della cessione (cfr. Cass. n. 5998 del 2019). Il rapporto di lavoro permane con il cedente e se ne instaura, in via di fatto, uno nuovo e diverso con il soggetto gia’, e non piu’, cessionario, alle cui dipendenze il lavoratore abbia materialmente continuato a lavorare, dal quale derivano effetti giuridici e, in particolare, la nascita degli obblighi gravanti su qualsiasi datore di lavoro che utilizzi la prestazione lavorativa nell’ambito della propria organizzazione imprenditoriale (Cass. n. 21161 del 2019).
9. E’ dunque infondato l’assunto di parte ricorrente secondo cui l’instaurazione, in via di mero fatto, di un rapporto di lavoro con il Dott. (OMISSIS), mai divenuto in via di diritto cessionario della farmacia, comporterebbe comunque l’operativita’ della regola della responsabilita’ solidale del cessionario con il cedente ex articolo 2112 c.c., comma 2, per i debiti contratti dal secondo durante il rapporto di lavoro svoltosi anteriormente al contratto di cessione, rimasto giuridicamente inefficace per il mancato avveramento della condizione cui era sottoposto.
10. Per completezza, quanto alla posizione processuale di (OMISSIS), che non ha proposto impugnazione e alla quale il ricorso per cassazione ora all’esame e’ stato notificato, giova precisare che tale originaria litisconcorte non e’ parte dell’attuale giudizio di cassazione.
10.1. Quando nel processo con pluralita’ di parti il soccombente notifichi l’impugnazione non solo alla parte vittoriosa nei suoi confronti e contro la quale l’impugnazione stessa e’ rivolta, ma anche ad altra parte che, invece, sia rimasta soccombente nei confronti dello stesso impugnante, tale ultima notificazione e’ atto rivolto soltanto a notiziare la parte soccombente, ai sensi dell’articolo 332 c.p.c., del fatto che la sentenza e’ stata impugnata, cosi’ da consentirle di valutare se impugnare la statuizione a lei sfavorevole. Ne consegue che, non essendo detta notificazione diretta ad estendere l’impugnazione nei confronti di quella parte, quest’ultima assume la posizione di parte del giudizio di impugnazione esclusivamente nel caso in cui eserciti a sua volta l’impugnazione stessa (cfr. Cass. n. 20437 del 2008; conf. Cass. 2208 del 2012, n. 13355 del 2015, n. 5508 del 2016; cfr. da ultimo, Cass. 10171 del 2018).
11. Il ricorso va dunque rigettato, con condanna di parte ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimita’, liquidate nella misura indicata in dispositivo per esborsi e compensi professionali, oltre spese forfettarie nella misura del 15 per cento del compenso totale per la prestazione, ai sensi del Decreto Ministeriale 10 marzo 2014, n. 55, articolo 2.
12. Va dato atto della sussistenza dei presupposti processuali (nella specie, rigetto del ricorso) per il versamento, da parte del ricorrente, ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115, articolo 13, comma 1 quater, nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, articolo 1, comma 17, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, in misura pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso articolo 13, comma 1-bis se dovuto (v. Cass. S.U. n. 23535 del 2019).

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento, in favore dei controricorrenti, delle spese, che liquida in Euro 200,00 per esborsi e in Euro 2.500,00 per compensi, oltre 15% per spese generali e accessori di legge.
Ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1 quater, da’ atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso articolo 13, comma 1 bis, se dovuto.

 

In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.

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