Corte di Cassazione, sezione terza penale, Sentenza 12 maggio 2020, n. 14544.
Massima estrapolata:
In tema di tutela dei beni paesaggistici, l’inquadrabilità degli interventi realizzati nell’alveo normativo di cui all’art. 149 lett. b) del D.Lvo n. 42/2004, che esclude la necessità dell’autorizzazione solo per le attività agro silvo-pastorali, deve essere circoscritto agli interventi che non comportino un’alterazione permanente dello stato dei luoghi e per i tagli colturali compiuti per il miglioramento della flora tutelata, da cui l’irrilevanza di eventuali autorizzazioni rilasciate incompatibili con il dettato normativo. Quanto al taglio degli alberi, solo l’eliminazione parziale delle piante può essere ricompresa tra le attività agro-silvo-pastorali consentite dall’art. 149 lett. b) del decreto n. 42 del 2004, e sempre che il taglio colturale sia compiuto per il miglioramento della flora tutelata. Fattispecie: rilevante attività di sbancamento, disboscamento, estirpazione di un bosco ceduo di castagno, terrazzamento e relative aperture di piste, in area e su bene sottoposto a vincolo paesaggistico in assenza di autorizzazione.
Sentenza 12 maggio 2020, n. 14544
Data udienza 21 febbraio 2020
Tag – parola chiave: Beni culturali ed ambientali – Attività agro-silvo-pastorali in zona vincolata – Alterazione permanente dello stato dei luoghi – Necessità dell’autorizzazione – Fauna e flora – Boschi e macchia mediterranea – Taglio di alberi – Tagli colturali compiuti per il miglioramento della flora tutelata – Irrilevanza delle autorizzazioni incompatibili – Art. 44 d.P.R. n. 380/2001 – Artt. 149, 181 d.lvo n. 42/2004 – E DILIZIA ED URBANISTICA – REATI EDILIZI
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA PENALE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. ROSI Elisabetta – Presidente
Dott. CORBETTA Stefano – Consigliere
Dott. GAI Emanuela – rel. Consigliere
Dott. CORBO Antonio – Consigliere
Dott. ZUNICA Fabio – Consigliere
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
(OMISSIS), nato a (OMISSIS);
avverso la sentenza del 25/09/2018 della Corte d’appello di Reggio Calabria;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere Emanuela Gai;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale Fimiani Pasquale, che ha concluso chiedendo l’inammissibilita’ del ricorso;
udito l’avv. Contestabile per l’imputato che ha concluso chiedendo l’accoglimento del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
1. Con l’impugnata sentenza, la Corte d’appello di Reggio Calabria ha confermato la sentenza del Tribunale di Palmi che, all’esito del giudizio abbreviato, aveva condannato, alla pena di anni uno di reclusione, (OMISSIS) in ordine ai reati di cui al Decreto del Presidente della Repubblica n. 380 del 2001, articolo 44, lettera b) (capo a), Decreto Legislativo n. 42 del 2004, articolo 181, comma 1 bis (capo b), per avere, in assenza di permesso a costruire, eseguito, su un terreno sito in localita’ (OMISSIS), di circa 7000 mq., di cui aveva la disponibilita’ in forza di contratto di comodato d’uso, una rilevante attivita’ di sbancamento, disboscamento, estirpazione di un bosco ceduo di castagno, terrazzamento e relative aperture di piste, in area e su bene sottoposto a vincolo paesaggistico in assenza di autorizzazione. Fatti accertati in (OMISSIS).
2. Avverso la sentenza l’imputato, a mezzo del difensore di fiducia, ha proposto ricorso per cassazione e ne ha chiesto l’annullamento deducendo i seguenti motivi enunciati nei limiti di cui all’articolo 173 disp. att. c.p.p..
2.1. Con il primo motivo deduce il vizio di motivazione in relazione al travisamento della prova in presenza di una sentenza c.d. doppia conforme, vizio sussistente in quanto entrambi i giudici del merito sarebbero incorsi nel medesimo travisamento della prova in maniera macroscopica e decisiva, situazione ricorrente nel caso in esame.
2.2. Con il secondo motivo deduce il vizio di violazione di legge e di motivazione in relazione al travisamento della prova in punto esclusione della vocazione agricola dei lavori eseguiti in ragione dell’imponenza degli stessi, dell’assenza di una proroga per i lavori per la stagione silvana 2013-2014 e in punto consistente modificazione dello stato dei luoghi e assenza di provvedimento amministrativo. Nessun titolo abilitativo sarebbe richiesto per i movimenti di terra strettamente pertinenti all’esercizio dell’attivita’ agricola e le pratiche agro-silvo-pastorali.
2.3. Con il terzo motivo deduce il vizio di violazione di legge e di motivazione, mancanza di motivazione in relazione alla quantificazione della pena e alla mancata concessione delle circostanze attenuanti generiche.
In data 14/02/2020, il difensore ha depositato memoria scritta con cui, in relazione al secondo motivo di ricorso, ha argomentato che, come attestato con nota del 03/04/2014 del comune di Cosoleto, i lavori di movimento terra non erano soggetti a permesso a costruire trattandosi di lavori pertinenti allo svolgimento di attivita’ agro-silvi pastorali, essendo necessaria solamente l’autorizzazione regionale ai fini del vincolo idrogeologico, quanto al taglio degli alberi il ricorrente era stato autorizzato; infine il terrazzamento non sarebbe reato in quanto rientrante in lavori connessi allo svolgimento di attivita’ agricola come di fatto certificato dall’ordinanza di sospensione dei lavori.
3. Il Procuratore generale ha chiesto, in udienza, l’annullamento senza rinvio perche’ il reato di cui al Decreto Legislativo n. 42 del 2004, articolo 181, comma 1 e’ estinto per prescrizione, inammissibile nel resto il ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
4. – Il ricorso nel suo complesso non e’ fondato, non di meno il reato di cui al capo b) va diversamente qualificato quale violazione del Decreto Legislativo n. 42 del 2004, articolo 181, comma 1 e, per l’effetto, la sentenza va annullata con rinvio ad altra Sezione della Corte d’appello di Reggio Calabria per la rideterminazione del trattamento sanzionatorio.
5.- Seguendo l’ordine logico delle censure, difetta di specificita’ il primo motivo di ricorso con cui si denuncia il vizio di motivazione per avere i giudici del merito travisato, in entrambi i gradi di giudizio, la prova. Dopo avere riepilogato le pronunce della giurisprudenza sul tema, il ricorso e’ privo di riferimenti al caso concreto prova ne e’ che contiene il riferimento alle “contestazioni mosse a carico del sig. (OMISSIS)”, e dunque fa riferimento ad altra vicenda processuale.
6.- Nel resto il ricorso non e’ fondato.
Va premesso che non e’ oggetto di contestazione la materialita’ dei fatti ovvero l’avere realizzato lavori di movimento terra, sbancamento, disboscamento, estirpazione di un bosco ceduo di castagno, terrazzamento e relative aperture di piste, come contestato nel capo di imputazione.
La difesa deduce che si tratta di lavori pertinenti allo svolgimento di attivita’ agro-silvi pastorali che non richiedevano autorizzazione edilizia e paesaggistica (ma solo quella per il vincolo idrogeologico), che, quanto al taglio degli alberi, il ricorrente era stato autorizzato.
Va ribadito che, come gia’ piu’ volte affermato da questa Corte, le opere di scavo, di sbancamento e di livellamento del terreno, finalizzate ad usi diversi da quelli agricoli, in quanto incidono sul tessuto urbanistico del territorio, sono assoggettate a titolo abilitativo edilizio (Sez. 3, n. 1308 del 15/11/2016, Rv. 268847 – 01; Sez. 3, n. 4916 del 13/11/2014 Rv. 262475 – 01; Sez. 3, n. 8064 del 2/12/2008, P.G. in proc. Dominelli ed altro, Rv.242741).
Sin da risalenti pronunce, con orientamento mai modificato, nelle zone paesisticamente vincolate, e’ inibita ogni modificazione dell’assetto del territorio nonche’ qualsiasi opera edilizia senza autorizzazione, ad eccezione degli interventi consistenti nella manutenzione (ordinaria o straordinaria), nel consolidamento statico o restauro conservativo, nonche’ nell’esercizio dell’attivita’ agro-silvo-pastorale, che non comporti alterazione permanente dello stato dei luoghi per costruzioni edilizie od altre opere civili e sempre che si tratti di opere, che non alterino l’assetto idrogeologico. Ne deriva che per l’astratta configurabilita’ del reato, di cui alla L. 8 agosto 1985, n. 431, articolo 1 “sexies” in riferimento alla L. 28 febbraio 1985, n. 47, articolo 20, lettera c) (ora Decreto Legislativo n. 42 del 2004, articolo 181, comma 1) non e’ necessario che siano stati compiuti lavori edilizi, potendo l’alterazione del territorio essere conseguita con altre forme di immutazione quali il taglio o lo sradicamento di alberi o lo sbancamento del terreno, eseguiti senza autorizzazione (Sez. 3, n. 4424 del 31/01/1994, Capparelli, Rv. 197599 – 01 nella fattispecie trattavasi di taglio di piante e di livellamento del terreno).
I principi sono stati reiteratamente espressi anche da successive pronunce che hanno chiarito che in tema di beni paesaggistici ed ambientali, gli interventi inerenti all’esercizio dell’attivita’ agro-silvo-pastorale, che comportano un’alterazione permanente dell’assetto territoriale, richiedono la preventiva autorizzazione di cui al Decreto Legislativo 29 ottobre 1999, n. 490, articolo 151 atteso che, se pure l’articolo 152 del citato decreto richiede l’autorizzazione allorche’ l’intervento di alterazione permanente avvenga attraverso costruzioni ed altre opere civili, gli interventi che, pur avendo una finalita’ agro-silvo-pastorale, sono idonei a cagionare un mutamento permanente del paesaggio, tutelato dalla legge come forma estetica dell’assetto territoriale, assumono la natura di opera civile (Sez. 3, n. 2950 del 12/11/2003, Pizzolato, Rv. 227395 – 01).
In tempi piu’ recenti si e’ ribadito che in tema di tutela del paesaggio, integra il reato di cui al Decreto Legislativo n. 42 del 2004, articolo 181 la realizzazione in assenza della prescritta autorizzazione, in area boschiva sottoposta a vincolo paesaggistico, di “piste” in terra battuta ottenute attraverso lo sradicamento e il taglio di ceppaie, considerato che solo la eliminazione parziale delle piante puo’ essere ricompresa tra le attivita’ agro-silvo-pastorali consentite dal Decreto n. 42 del 2004, articolo 149 e sempre che il taglio colturale sia compiuto per il miglioramento della flora tutelata (Sez. 3, n. 962 del 25/11/2014, Scoleri, Rv. 261791 – 01).
Nella pronuncia si e’ chiarito che solo la eliminazione parziale delle piante puo’ essere ricompresa tra le attivita’ agro-silvo-pastorali consentite dal Decreto n. 490, articolo 152 (ora Decreto n. 41 del 2004, articolo 149), e sempre che il taglio colturale venga compiuto per il miglioramento del bosco (cosi’ questa sez. 3, n. 35689 dell’11.6.2004, Mele, rv. 229360). E, ancora, integra il reato di cui al Decreto Legislativo n. 42 del 2004, articolo 181 – che ha sostituito il Decreto Legislativo n. 490 del 1999, articolo 163 – il livellamento di una strada comunale sterrata e lo sradicamento di 23 piante di biancospino per realizzare un comodo accesso carrabile, effettuato senza autorizzazione, in area sottoposta a vincolo paesaggistico (Sez. 2, n. 9395 del 23.2.2012, Filizzola, rv. 252174).
Dal complesso dei principi giurisprudenziali sopra enunciati consegue che l’inquadrabilita’ degli interventi realizzati nell’alveo normativo di cui al Decreto Legislativo n. 42 del 2004, articolo 149, lettera b) che esclude la necessita’ dell’autorizzazione solo per le attivita’ agro silvo-pastorali, deve essere circoscritto agli interventi che non comportino un’alterazione permanente dello stato dei luoghi e per i tagli colturali compiuti per il miglioramento della flora tutelata, da cui l’irrilevanza di eventuali autorizzazioni rilasciate incompatibili con il dettato normativo.
Cio’ in base al principio, quanto al taglio degli alberi, che va qui riaffermato, che solo la eliminazione parziale delle piante puo’ essere ricompresa tra le attivita’ agro-silvo-pastorali consentite dal Decreto n. 42 del 2004, articolo 149, lettera b) e sempre che il taglio colturale sia compiuto per il miglioramento della flora tutelata.
7.- Nella specie, la sentenza impugnata, in continuita’ con quella di primo grado, ha correttamente argomentato, traendone logica conferma dagli accertamenti di fatto del Corpo Forestale in data 18/04/2014, che in localita’ (OMISSIS), in area sottoposta a vincolo paesaggistico e vincolo idrogeologico erano stato operato un disboscamento con estirpazioni di ceppaie, apertura di piste con realizzazione di terrazzamenti mediante uso di mezzo cingolato, uno sbancamento di terreno, lavori che per la consistenza rilevata avevano modificato lo stato dei luoghi ed erano del tutto estranei all’attivita’ agro-silvo pastorale.
Proprio in ragione della rilevata imponenza di lavori, peraltro eterogenei (sbancamento, apertura di piste, taglio di bosco) deve ritenersi che la Corte abbia correttamente escluso, con riguardo a quanto lamentato con il secondo motivo di ricorso, l’applicabilita’ del disposto del Decreto Legislativo n. 42 del 2004, articolo 149, comma 1, lettera b), che proprio l’essenziale presupposto di attivita’ agro-silvo-pastorale implica. Va considerato, per di piu’, che anche gli interventi inerenti all’esercizio dell’attivita’ agro-silvo-pastorale, laddove comportano un’alterazione permanente dell’assetto territoriale, richiedono la preventiva autorizzazione di legge, atteso che gli stessi assumono, in forza di cio’, la natura di opera civile (cfr., Sez. 3, n. 2950 del 12/11/2003, Pizzolato ed altro, Rv. 227395).
A fronte di siffatta motivazione, nessun rilievo per le ragioni sopra esposte, puo’ attribuirsi agli eventuali provvedimenti autorizzatori amministrativi (che la difesa ha allegato nella memoria) che sarebbero, comunque, in contrasto con la normativa primaria. In ogni caso, l’assunto difensivo trova comunque una sicura smentita nel verbale di sospensione lavori da cui risulta che non vi era alcuna autorizzazione al compimento dei lavori qui contestati.
7.- Va, infine, rammentato che con riferimento al reato di cui al Decreto Legislativo n. 42 del 2004, articolo 181, comma 1 bis la Corte costituzionale, con sentenza 23 marzo 2016, n. 56 ha dichiarato “l’illegittimita’ costituzionale del Decreto Legislativo 22 gennaio 2004, n. 42, articolo 181, comma 1-bis, (Codice dei beni culturali del paesaggio, ai sensi dell’articolo 10 della L. 6 luglio 2002, n. 137), nella parte in cui prevede “; a) ricadano su immobili od aree che, per le loro caratteristiche paesaggistiche siano stati dichiarati di notevole interesse pubblico con apposito provvedimento emanato in epoca antecedente alla realizzazione dei lavori; b) ricadano su immobili od aree tutelati per legge ai sensi dell’articolo 142 ed””.
L’attuale formulazione dell’articolo 181 Codice dei beni culturali e’ dunque la seguente: “1. Chiunque, senza la prescritta autorizzazione o in difformita’ di essa, esegue lavori di qualsiasi genere su beni paesaggistici e’ punito con le pene previste dal Decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380, articolo 44, lettera c).
1-bis. La pena e’ della reclusione da uno a quattro anni qualora i lavori di cui al comma 1 abbiano comportato un aumento dei manufatti superiore al trenta per cento della volumetria della costruzione originaria o, in alternativa, un ampliamento della medesima superiore a settecentocinquanta metri cubi, ovvero ancora abbiano comportato una nuova costruzione con una volumetria superiore ai mille metri cubi”.
Mentre in precedenza, dunque, la fattispecie incriminatrice apprestava una tutela maggiormente rigorosa per i beni vincolati in via provvedimentale, mentre, per i beni vincolati per legge, il delitto di cui al comma 1 bis veniva in rilievo soltanto in caso di opere di notevole impatto volumetrico, la sentenza costituzionale ha ricondotto all’area contravvenzionale tutti i lavori eseguiti su beni paesaggistici, sia quelli vincolati in via provvedimentale, sia quelli vincolati per legge; l’unica ipotesi di delitto residuata, pertanto, concerne i lavori eseguiti su beni paesaggistici, qualora comportino il superamento delle soglie volumetriche indicate al Decreto Legislativo n. 42 del 2004, articolo 181, comma 1 bis (Sez. 3, n. 15751 del 06/04/2016, Sirigu, Rv. 266588).
Per effetto di tale pronuncia, la sussistenza del delitto di cui al Decreto Legislativo n. 42 del 2004, articolo 181, comma 1-bis, e’ limitata, dunque, ai soli casi in cui i lavori abusivamente realizzati in zona sottoposta a vincolo paesaggistico hanno comportato un aumento dei manufatti superiore al trenta per cento della volumetria della costruzione originaria o, in alternativa, un ampliamento superiore a settecentocinquanta metri cubi, ovvero ancora hanno comportato una nuova costruzione con una volumetria superiore ai mille metri cubi (Sez. 3, Sentenza n. 33047 del 19/04/2016, Mozer, Rv. 268033 – 01).
Ne consegue che il reato di cui al capo b) deve essere riqualificato nella contravvenzione di cui al Decreto Legislativo n. 42 del 2004, articolo 181, comma 1 con conseguente annullamento con rinvio ad altra Sezione della Corte d’appello di Reggio Calabria per la rideterminazione del trattamento sanzionatorio per entrambi i reati contestati di cui al capo a) e di cui al Decreto Legislativo n. 42 del 2004, articolo 181, comma 1 come diversamente qualificato il capo b), reati per i quali non e’ ancora maturata la prescrizione, tenuto conto del periodo di sospensione della stessa (prescrizione finale al 18/11/2020) e per i quali va dichiarata, ai sensi dell’articolo 624 c.p.p., l’irrevocabilita’ dell’affermazione della responsabilita’ penale. Nel resto il ricorso va rigettato.
P.Q.M.
Qualificato il reato di cui al capo b) come contravvenzione Decreto Legislativo n. 42 del 2004, ex articolo 181 annulla la sentenza impugnata limitatamente al trattamento sanzionatorio e rinvia per nuovo esame sul punto ad altra Sezione della Corte d’appello di Reggio Calabria. Rigetta nel resto il ricorso dichiarando irrevocabile l’affermazione di responsabilita’.
In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.
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