In tema di truffa, l’aggravante del fatto commesso in danno di ente pubblico

Corte di Cassazione, sezione seconda penale, Sentenza 5 settembre 2018, n. 39958.

La massima estrapolata:

In tema di truffa, l’aggravante del fatto commesso in danno di ente pubblico è configurabile quando il soggetto passivo del raggiro è l’ente pubblico ed è diverso dal soggetto passivo del danno, ossia il privato, e deve ritenersi integrata anche in difetto di contatti diretti tra il truffatore e il truffato, sempre che sussista un nesso di causalità tra i raggiri o artifizi posti in essere per indurre in errore il terzo, il profitto tratto dal truffatore ed il danno patrimoniale patito dal truffato

Sentenza 5 settembre 2018, n. 39958

Data udienza 19 luglio 2018

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DIOTALLEVI Giovanni – Presidente

Dott. VERGA Giovanna – Consigliere

Dott. BORSELLINO Maria Daniela – Consigliere

Dott. PELLEGRINO Andrea – rel. Consigliere

Dott. TUTINELLI Vincenzo – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA
sul ricorso proposto nell’interesse di:
(OMISSIS), n. a (OMISSIS), rappresentato e assistito dall’avv. (OMISSIS), di fiducia, avverso la sentenza della Corte di appello di Firenze, seconda sezione penale, n. 4253/2016, in data 09/02/2017;
visti gli atti, il provvedimento impugnato ed il ricorso;
sentita la relazione della causa fatta dal consigliere Dott. Andrea Pellegrino;
udita la requisitoria del Sostituto procuratore generale Dott. SALZANO Francesco che ha concluso chiedendo di dichiararsi l’inammissibilita’ del ricorso.

RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Con sentenza in data 09/02/2017, la Corte di appello di Firenze confermava la pronuncia resa in primo grado dal giudice per le indagini preliminari presso il Tribunale di Livorno in data 21/04/2016 che aveva condannato (OMISSIS) alla pena di anni uno, mesi otto di reclusione ed Euro 600,00 di multa per i reati di cui all’articolo 497 bis c.p., commi 1 e 2, articolo 61 c.p., n. 2 (capo A), articolo 477 c.p., articolo 482 c.p., articolo 61 c.p., n. 2 (capo B), articolo 648 c.p. (capo C), articolo 56 c.p., articolo 640 c.p., comma 1 e comma 2, n. 1 c.p. capo D) unificati sotto il vincolo della continuazione.
2. Avverso detta sentenza, nell’interesse di (OMISSIS), viene proposto ricorso per cassazione per lamentare, quale motivo unico, mancanza di motivazione in ordine al motivo “nuovo” di appello presentato dalla difesa concernente la carenza della condizione di procedibilita’ del delitto di cui al capo D) di imputazione. Si evidenzia al riguardo che, essendo stato il tentativo perpetrato mediante l’esibizione di documenti falsi a personale dell’Agenzia delle Entrate ed essendosi attribuito il (OMISSIS) una falsa identita’ al fine di conseguire un rimborso indebito in quanto spettante ad altro soggetto, la persona offesa doveva essere individuata nel reale destinatario del rimborso e non nell’ente pubblico in questione: da qui la procedibilita’ del delitto (truffa semplice) a querela di parte, nella specie mai presentata.
3. Il ricorso e’ infondato e, come tale, inaccoglibile.
4. Per prevalente giurisprudenza di legittimita’ (cfr., Sez. 2, n. 43143 del 17/07/2013, Saracino, Rv. 257495), il delitto di truffa e’ configurabile anche quando il soggetto passivo del raggiro e’ diverso dal soggetto passivo del danno ed in difetto di contatti diretti tra il truffatore e il truffato, sempre che sussista un nesso di causalita’ tra i raggiri o artifizi posti in essere per indurre in errore il terzo, il profitto tratto dal truffatore ed il danno patrimoniale patito dal truffato.
Cio’ premesso, non vi puo’ essere dubbio sull’evidenza del fatto che, con il pagamento da parte dell’ufficio postale a favore del soggetto presentatosi come apparente titolare del diritto di credito, l’Agenzia delle Entrate non si sarebbe certo liberata dal proprio obbligo di rimborso a favore del suo (vero) creditore (OMISSIS): ne consegue che l’ente pubblico e’ indubitabilmente soggetto che, in astratto, ha subito il danno dalla condotta posta in essere dall’agente, con conseguente corretta configurabilita’ dell’aggravante ritenuta.
5. Alla pronuncia consegue, per il disposto dell’articolo 616 c.p.p., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Sentenza a motivazione semplificata.

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