In tema di società di capitali l’amministratore di fatto

Corte di Cassazione, sezione sesta (prima) civile, Ordinanza 22 settembre 2020, n. 19722.

La massima estrapolata:

In tema di società di capitali l’amministratore di fatto, pur privo di un’investitura formale, esercita sotto il profilo sostanziale nell’ambito sociale un’influenza che trascende la titolarità delle funzioni, con poteri analoghi se non addirittura superiori a quelli spettanti agli amministratoti di diritto, tanto da poter concorrere con questi ultimi a cagionare un danno alla società attraverso il compimento o l’omissione di atti di gestione

Ordinanza 22 settembre 2020, n. 19722

Data udienza 22 luglio 2020

Tag/parola chiave: Società di capitali – Amministratori – Amministratore di fatto – Poteri di fatto – Responsabilità per atti di gestione – Sussistenza

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE PRIMA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ACIERNO Maria – Presidente

Dott. DI MARZIO Mauro – Consigliere

Dott. TERRUSI Francesco – Consigliere

Dott. VELLA Paola – rel. Consigliere

Dott. DOLMETTA Aldo Angelo – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA
sul ricorso 32919-2018 proposto da:
(OMISSIS) SRL, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato (OMISSIS);
– ricorrente –
contro
FALLIMENTO (OMISSIS) SRL CON SOCIO UNICO IN LIQUIDAZIONE, in persona del curatore pro tempore, elettivamente domiciliato in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), rappresentato e difeso dall’avvocato (OMISSIS);
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 2988/2018 della CORTE D’APPELLO di MILANO, depositata il 18/06/2018;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del 22/07/2020 dal Consigliere Relatore Dott. PAOLA VELLA.

RILEVATO

che:
1. La Corte d’appello di Milano ha rigettato l’appello proposto dalla (OMISSIS) S.r.l. avverso la decisione con cui il Tribunale di Milano aveva accolto la domanda di revocatoria ordinaria ex articolo 2901 c.c. e 66 L.Fall. proposta (unitamente a quelle di simulazione e revocatoria fallimentare) dal Fallimento (OMISSIS) S.r.l. con socio unico in liquidazione, con riguardo all’atto di compravendita del 3 luglio 2012 con cui la predetta societa’ (OMISSIS) in bonis (in persona dell’amministratore unico (OMISSIS)) aveva trasferito alla (OMISSIS) (in persona dell’amministratore unico (OMISSIS)) un complesso di 13 unita’ immobiliari site in Courmayeur, al prezzo di Euro 1.760.000,00 (rimasto impagato).
2. La (OMISSIS) ha proposto ricorso per cassazione affidato ad un unico motivo, cui il Fallimento (OMISSIS) ha resistito con controricorso. Entrambe le parti hanno depositato memorie.
3. A seguito di deposito della proposta ex articolo 380 bis c.p.c. e’ stata ritualmente fissata l’adunanza della Corte in camera di consiglio.

CONSIDERATO

che:
4. La ricorrente denunzia violazione o falsa applicazione degli articoli 2475-bis, 2729 e 2901 c.c.; degli articoli 115 e 132 c.p.c.; dell’art 651 c.p.p., “in relazione all’articolo 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 4”, per avere il giudice d’appello erroneamente: i) ritenuto che gli atti del procedimento penale a carico di un terzo (il (OMISSIS), “reo condannato in sede penale”) costituissero prova liberamente valutabile, nonostante i fatti ivi acquisiti fossero stati contestati dalla convenuta i sede civile; ritenuto “sufficienti per l’accertamento della partecipatio fraudis da parte della ricorrente (OMISSIS) (…) l’accertamento della consapevolezza della frode in capo ad altri quali il socio della societa’ o altra persona che non fosse l’amministratore unico della societa’ medesima” (il (OMISSIS)), e cio’ in forza di una inammissibile doppia presunzione (cd. praesumptio de praesumpto), cioe’ partendo dal “fatto che la societa’ acquirente fosse della moglie” del (OMISSIS) (in quanto “controllata ai sensi dell’articolo 2359 c.c. da (OMISSIS) s.r.l. societa’ con unico socio la Sig.ra (OMISSIS), moglie di (OMISSIS)”) per trarne la “conseguenza necessaria che la societa’ stessa fosse “gestita sempre da (OMISSIS) stesso””, cio’ che invece “avrebbe potuto essere oggetto di prova, ma non e’ prova”.
5. Il motivo e’ inammissibile, in quanto verte su accertamenti di fatto (segnatamente, la gestione della societa’ (OMISSIS) da parte di (OMISSIS)) riservati al giudice del merito e non congruamente censurati in questa sede sotto il profilo motivazionale (articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 5).
6. Occorre preliminarmente rilevare l’infondatezza della censura di improprio utilizzo, a fini probatori, degli atti del procedimento penale (acquisiti in sede civile), alla luce del costante orientamento di questa Corte per cui “il giudice di merito, in mancanza di qualsiasi divieto di legge, oltre che utilizzare prove raccolte in diverso giudizio fra le stesse o altre parti, puo’ anche avvalersi delle risultane derivanti da atti di indagini preliminari svolte in sede penale, le quali debbono, tuttavia, considerarsi quali semplici indizi idonei a fornire utili e concorrenti elementi di giudizio, la cui concreta e efficacia sintomatica dei singoli fatti noti deve essere valutata – in conformita’ con la regola dettata in tema di prova per presunzioni – non solo analiticamente, ma anche nella loro convergenza globale, accertandone la pregnanza conclusiva in base ad un apprezzamento che, se sorretto da adeguata e corretta motivazione sotto il profilo logico e giuridico, non e’ sindacabile in sede di legittimita’” (Cass. 19521/2019; conf. Cass. 14570/2017, 8603/2017, 6918/2013, 8096/2006, 16069/2001). Nel caso di specie, peraltro, la stessa Corte d’appello ha dato espressamente atto di essere pervenuta alla conclusione qui contestata “anche sulla scorta dei documenti allegati nel presente procedimento, non provenienti dal menzionato procedimento penale”.
7. Orbene, la sequenza logica delle motivazioni rese dai giudici di secondo grado, sulla base del compendio istruttorio acquisito (atti del procedimento penale e documenti prodotti in sede civile), e’ esplicita ed alquanto chiara, avendo essi affermato che: i) “emerge per tabulas dagli atti del procedimento penale che il Sig. (OMISSIS) gestiva una serie di societa’ tra cui la (OMISSIS), per mezzo dell’amministratore di facciata (OMISSIS)”; ii) “dal verbale di udienza del GIP (doc. 17, pag. 111 di parte appellata) emerge, per stessa ammissione di (OMISSIS), che (OMISSIS) – acquirente degli immobili – era gestita da (OMISSIS) stesso, pur essendo formalmente di proprieta’ della (OMISSIS), a sua volta posseduta dalla moglie di (OMISSIS), (OMISSIS)”; iii) “dagli atti del procedimento penale emerge chiaramente che (OMISSIS) gestisse diverse societa’ tra cui (OMISSIS) srl, poi fallita, (OMISSIS) e (OMISSIS), attraverso amministratori di facciata quali ad esempio (OMISSIS) (doc 18,19, 20, 21, 22)”; iv) gia’ tali elementi sarebbero sufficienti a far ritenere “che fatto di compravendita fosse dolosamente finalizzato a pregiudicare il soddisfacimento dei creditori”; v) alla medesima conclusione si perviene anche in base agli ulteriori e diversi documenti prodotti in sede civile, dai quali emerge che l’intero capitale sociale di Planet era stato trasferito alla (OMISSIS) appena sei giorni prima dell’atto di compravendita, sicche’ “il complesso immobiliare non e’ mai uscito dal patrimonio familiare”, poiche’ “la venditrice (OMISSIS) srl non solo era gestita da (OMISSIS), ma il capitale di quest’ultima era posseduto da (OMISSIS) SA, di proprieta’ dello stesso (OMISSIS) e di tale (OMISSIS) (doc. 12, p 4)”; vi) “quindi di fatto (OMISSIS) srl, gestita (da) e di proprieta’ di (OMISSIS), ha venduto il complesso immobiliare a (OMISSIS), di proprieta’ della moglie ma gestita sempre da (OMISSIS) stesso”, il che “basta a concludere che l’atto e’ stato posto in essere con la piena consapevoleua e volonta’ -anche da parte acquirente – di frodare i creditori del fallimento”.
7.1. E’ evidente come il fulcro dell’impugnata decisione sia un presupposto di fatto il cui accertamento non puo’ essere rivalutato in questa sede (se non per il tramite di una censura motivazionale conforme al nuovo paradigma dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 5) e cioe’ il ruolo di amministratore di fatto della (OMISSIS) s.r.l. rivestito da (OMISSIS), che in quanto tale la gestiva, mentre (OMISSIS), che solo formalmente ne era amministratore unico, rivestiva il ruolo di “factotum di (OMISSIS), come emerge dalle intercettazioni (doc. 18, p. 81 appellata)”, ovvero, come evidenziato nell’ordinanza del GIP, di “amministratore di facciata di (OMISSIS), al servizio di (OMISSIS) (doc 18, p 89)” (come riportato a pag. 6 della sentenza impugnata).
7.2. Al riguardo, anche la censura sulla praesumptio de praesumpto che inficerebbe l’accertamento “che la societa’ stessa fosse gestita sempre da (OMISSIS) stesso'” (v. pag. 14 del ricorso) non coglie nel segno, avendo questa Corte chiarito che “nel sistema processuale non esiste il divieto delle presunzioni di secondo grado, in quanto lo stesso non e’ riconducibile ne’ agli articoli 2729 e 2697 c. c. ne’ a qualsiasi altra norma e ben potendo il fatto noto, accertato in via presuntiva, costituire la premessa di un’ulteriore presunzione idonea – in quanto a sua volta adeguata – a fondare l’accertamento del fatto ignoto” (Cass. 20748/2019).
7.3. Di recente e’ stato altresi’ segnalato che “in sede di legittimita’ e’ possibile censurare la violazione degli articoli 2727 e 2729 c. c. solo allorche’ ricorra il cd vizio di sussunzione, ovvero quando il giudice di merito, dopo avere qualificato come gravi, precisi e concordanti gli indizi raccolti, li ritenga, pero’, inidonei a fornire la prova presuntiva oppure qualora, pur avendoli considerati non gravi, non precisi e non concordanti, li reputi, tuttavia, sufficienti a dimostrare il fatto controverso” (Cass. 3541/2020).
7.4. In ogni caso, per consolidata giurisprudenza di questa Corte, la scelta degli elementi che costituiscono la base della presunzione, cosi’ come il giudizio logico con cui dagli stessi si deduce l’esistenza del fatto ignoto, costituiscono un apprezzamento di fatto che, se adeguatamente motivato, sfugge al controllo di legittimita’ (ex multis, Cass. 3854/2019, 3336/2015). E, come detto, tale e’ l’accertamento del ruolo svolto dal (OMISSIS), segnatamente il fatto che fosse proprio questi, non gia’ il (OMISSIS), a gestire la societa’ acquirente nel momento in cui fu posto in essere l’atto di compravendita con la venditrice (OMISSIS) S.r.l. con socio unico, di cui lo stesso (OMISSIS) era proprietario e amministratore.
7.5. In questo contesto, e’ appena il caso di ricordare come questa Corte abbia piu’ volte evidenziato, sia pure ad altri fini, che “l’amministratore di fatto, pur privo di un’investitura formale, esercita sotto il profilo sostanziale nell’ambito sociale un’influenza che trascende la titolarita’ delle funzioni, con poteri analoghi se non addirittura superiori a quelli spettanti agli amministratori di diritto”, tanto da poter “concorrere con questi ultimi a cagionare un danno alla societa’ attraverso il compimento o l’omissione di atti di gestione” (Cass. 21567/2017; cfr. Cass. 22957/2012, 28819/2008).
8. In conclusione, il ricorso investe apprezzamenti di fatto riservati al giudice di merito, con conseguente applicazione del principio, recentemente ribadito dalle Sezioni Unite di questa Corte, per cui e’ inammissibile un “ricorso per cassazione che, sotto l’apparente deduzione del vizio di violazione o falsa applicazione di legge, di mancanza assoluta di motivazione e di omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio miri, in realta’, ad una rivalutazione dei fatti storici operata dal giudice di merito” (Cass. Sez. U, 34476/2019).
9. Segue la condanna di parte ricorrente alla rifusione delle spese del presente giudizio, liquidate in dispositivo.
10. Sussistono i presupposti processuali per il cd. raddoppio del contributo unificato ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1-quater (cfr. Cass. Sez. U, 23535/2019; 4315/2020).

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso.
Condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimita’, che liquida in Euro 7.000,00 per compensi, oltre a spese forfettarie nella misura del 15 per cento, esborsi liquidati in Euro 100,00 ed accessori di legge.
Ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1 quater, da’ atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso a norma dello stesso articolo 13, comma 1 bis, se dovuto.

 

In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.

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