In tema di rito camerale di legittimità

Corte di Cassazione, sezione lavoro civile, Ordinanza 17 giugno 2020, n. 11699.

La massima estrapolata:

In tema di rito camerale di legittimità, qualora il controricorso sia affetto da un difetto di rappresentanza o autorizzazione e la relativa eccezione sia sollevata dal ricorrente con la memoria prevista dall’art. 380 bis.1 c.p.c., il deposito dei documenti idonei a sanare il difetto può avvenire sino alla data di svolgimento dell’adunanza camerale, anche al di fuori delle ordinarie attività difensive, purché l’elenco dei documenti a tal fine prodotti sia notificato alle altre parti ex art. 372, comma 2, c.p.c., determinandosi, in mancanza, l’inammissibilità del controricorso.

Ordinanza 17 giugno 2020, n. 11699

Data udienza 28 novembre 2019

Tag – parola chiave: Lavoro – Differenze retributive – Maturato economico – Art. 365, CCNL dirigenziale 1994 – 1997 – Presupposti applicativi

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. TORRICE Amelia – Presidente

Dott. DI PAOLANTONIO Annalisa – Consigliere

Dott. TRICOMI Irene – Consigliere

Dott. SPENA Francesca – Consigliere

Dott. BELLE’ Roberto – rel. Consigliere

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA
sul ricorso 539/2014 proposto da:
(OMISSIS), elettivamente domiciliato in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), rappresentato e difeso dall’avvocato (OMISSIS);
– ricorrente –
contro
REGIONE PUGLIA, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), rappresentata e difesa dall’avvocato (OMISSIS);
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 481/2013 della CORTE D’APPELLO di BARI, depositata il 28/06/2013 R.G.N. 4761/2008.

RILEVATO

che:
la Corte d’Appello di Bari, riformando la sentenza del Tribunale della stessa citta’, ha rigettato la domanda di (OMISSIS), dirigente di vertice della Regione Puglia presso il Settore Legale e Contenzioso della Giunta Regionale con la quale il medesimo aveva rivendicato il diritto ad ottenere la liquidazione delle differenze retributive (c.d. “maturato economico”) rivenienti dall’applicazione dell’articolo 35 c.c.n.l. area dirigenziale anni 1994-1997 e della deliberazione di Giunta Regionale n. 2060 del 2000, per il periodo 1.2.2003-31.3.2004;
secondo la Corte territoriale la Delib. n. 2060 del 2000, aveva riconosciuto il diritto a quel “maturato economico” solo a chi alla data del 1.1.1999 gia’ era preposto a strutture di vertice, mentre il ricorrente aveva ricevuto l’incarico di vertice solo all’esito di un processo di riordino delle strutture dirigenziali, che aveva modificato l’assetto degli incarichi dirigenziali e della loro retribuzione, superando le disposizioni contenute nella predetta Delib.;
il (OMISSIS) ha proposto ricorso per cassazione avverso la predetta sentenza con un unico articolato motivo, poi illustrato da memoria e resistito da controricorso della Regione Puglia.

CONSIDERATO

che:
con l’unico motivo di ricorso il ricorrente sostiene la violazione degli articoli 1362 c.c. e segg. (articolo 360 c.p.c., n. 3) e cio’ in quanto:
la Delib. n. 2060 del 2000, era definita “direttiva” proprio perche’ destinata a valere anche per il futuro, come del resto derivava dal fatto che l’attribuzione in essa disposta operava “a decorrere dal 1.1.1999”, sicche’ vi era stata violazione del significato letterale delle parole;
nella predetta Delib. era stata depennata la dizione “messe a concorso per la seconda qualifica dirigenziale”, il che smentiva – a dire del ricorrente – che essa riguardasse dirigenti che avevano gia’ svolto le mansioni proprie di tale qualifica;
la Corte d’Appello aveva anche violato l’articolo 1362 c.c., comma 2, ove non aveva considerato il comportamento successivo delle parti ed in particolare il fatto che, nel verbale 5.12.2005, rispetto a tale (OMISSIS), il “maturato economico” era stato riconosciuto ad un dirigente cui la struttura di vertice non era stata attribuita prima del riassetto organizzativo del 2003;
il motivo e’ inammissibile;
la Corte territoriale ha fondato la propria decisione su due assunti, secondo cui:
la Delib. n. 2060 del 2000, riguardava solo chi al 1.1.1999 gia’ era preposto ad una struttura di vertice, mentre lo stesso ricorrente aveva affermato di essere stato preposto a struttura di vertice solo in esito al successivo processo di riordino delle strutture dirigenziali;
con gli atti riorganizzativi del 2003, con cui tale riordino era stato attuato, vi era stata una ridefinizione anche, con valori economici che decorrevano dal 1 febbraio 2003, delle retribuzioni dirigenziali, che aveva superato le disposizioni contenute nell’atto di giunta 2060/2000, sicche’ il ricorrente, essendo stato preposto a struttura “di vertice” solo dopo tale riordino, restava assoggettato soltanto alla nuova regolamentazione;
si e’ dunque di fonte ad una doppia ratio decidendi, fondata sia sul fatto che la Delib. n. 2060, non riguardava il (OMISSIS) perche’ all’epoca non ancora dirigente “di vertice”, sia sul fatto che, quando egli fu preposto ad una tale struttura, la Delib. n. 2060, era stata superata dalla ridefinizione delle retribuzioni dirigenziali; le censure del ricorrente sono finalizzate, attraverso la valorizzazione dei dati letterali della Delib. n. 2060 e dei comportamenti successivi tenuti dalla Regione e con il richiamo alla violazione dei c.d. criteri ermeneutici, a mettere in discussione l’interpretazione che di tale Delib. e’ stata data dalla Corte territoriale;
nulla e’ invece espressamente detto rispetto al superamento degli effetti di tale Delib. come conseguenza del successivo riordino retributivo in concomitanza con il quale era stata attribuito al ricorrente il ruolo di vertice ed evidentemente la violazione dei criteri ermeneutici nulla puo’ avere a che vedere con gli effetti che la Corte territoriale riconosce al riordino retributivo predetto, profili che semmai attengono al rapporto tra le regolazioni retributive intervenute nel tempo;
del resto, la parte del motivo con cui si afferma che a tale (OMISSIS) (parte del verbale di conciliazione la cui erronea considerazione da parte della Corte d’Appello vizierebbe, sotto il profilo della valutazione del comportamento “successivo” delle parti, l’interpretazione della Delib. n. 2060) la responsabilita’ di vertice non sarebbe stata attribuita prima del riassetto organizzativo del 2003, pur essendosi poi a lui attribuito il “maturato economico”, collide nettamente con l’affermazione contenuta nella sentenza impugnata secondo cui coloro che erano stati interessati dai verbali di conciliazione le posizioni dirigenziali “apicali” erano state riconosciute ben prima del riassetto organizzativo del 2003;
il ricorrente, adducendo quel dato, non poteva dunque limitarsi a richiamare il verbale di conciliazione e a sostenere che esso si riferisse ad un’attribuzione di posizione di vertice posteriore o in concomitanza al riassetto organizzativo del 2003, ma avrebbe dovuto riportare il contenuto di quel verbale nel contesto del ricorso per cassazione, raffrontandolo criticamente con le diverse affermazioni contenute nella sentenza impugnata;
in mancanza, la formulazione del motivo in parte qua si pone in contrasto con i presupposti di specificita’ di cui all’articolo 366 c.p.c., comma 1 (Cass. 24 aprile 2018, n. 10072) e di autonomia del ricorso per cassazione (Cass., S.U., 22 maggio 2014, n. 11308) che la predetta norma nel suo complesso esprime, con riferimento in particolare, qui, ai nn. 4 e 6 della stessa disposizione, da cui si desume la necessita’ che la narrativa e l’argomentazione siano effettivamente idonee, riportando i corrispondenti passaggi degli atti e documenti su cui essa si fonda, a manifestare pregnanza, pertinenza e decisivita’ delle ragioni di critica prospettate, rispetto alla causa come concretamente trattata nei gradi di merito; nel complesso vale poi il principio per cui ove la sentenza di merito sia sorretta da una pluralita’ di ragioni, distinte ed autonome, ciascuna delle quali giuridicamente e logicamente sufficiente a giustificare la decisione adottata, l’assenza di censure (o l’inammissibilita’ delle censure) rispetto ad una di esse (qui, quella sul superamento del sistema retributivo da cui in ipotesi potevano derivare i diritti al “maturato economico” rivendicati) rende irrilevante l’esame degli altri motivi (qui quelli sull’erronea interpretazione della Delib. n. 2060), atteso che in nessun caso potrebbe derivarne l’annullamento della sentenza impugnata, risultando comunque consolidata l’autonoma motivazione rimasta priva di censure o investita da critiche inammissibili (Cass. 18 aprile 2019, n. 10815; Cass. 21 giugno 2017, n. 15350);
dal determinarsi nel caso di specie di tale dinamica deriva dunque l’inammissibilita’ complessiva del ricorso;
va quindi osservato che, nella memoria finale, il (OMISSIS) ha eccepito l’irritualita’ del controricorso della Regione Puglia, per carenza dello ius postulandi conseguente alla mancanza di autorizzazione a resistere alla lite;
in effetti, il controricorso reca soltanto delega a margine a favore del difensore, ma non vi e’ alcuna menzione dell’autorizzazione a resistere, necessaria ai sensi dell’articolo 44 dello Statuto della Regione Puglia, secondo cui alla Giunta Regionale spetta di deliberare “in materia di liti attive e passive”, con dizione analoga a quella prevista in altre regioni e stabilmente intesa da questa Corte nel senso che la regione puo’ “promuovere le liti o resistervi soltanto previa autorizzazione della Giunta” (v. Cass., S.U. 8 maggio 2007, n. 10371; Cass. 11 gennaio 2008, n. 480);
d’altra parte, rispetto a vizi di rappresentanza ed autorizzazione si e’ andato consolidando un indirizzo, da condividere, secondo il quale la concessione di un termine da parte del giudice, onde provvedere alla sanatoria delle carenze riscontrate, ai sensi dell’articolo 182 c.p.c., puo’ avvenire solo se il rilievo del difetto sia di origine officiosa, mentre se l’eccezione provenga dalla parte, l’interessato deve provvedere nella prima difesa utile successiva (Cass. 11 marzo 2019, n. 6996; Cass. 4 ottobre 2018, n. 24212; Cass., S.U., 4 marzo 2016, n. 4248);
in effetti, nel caso di specie, a fronte di eccezione sollevata nella memoria depositata ai sensi dell’articolo 380 bis1 c.p.c. (come e’ consentito, trattandosi di eccezione relativa all’ammissibilita’ del controricorso: Cass. 26 giugno 2006, n. 14710, Cass. 26 aprile 2005, n. 8662), la Regione Puglia, prima dell’adunanza camerale, ha depositato Delib. 5 novembre 2014, n. 2288, di ratifica dell’operato del Presidente della Giunta Regionale e di resistenza al ricorso per cassazione avversario;
tuttavia, si rileva che ai sensi dell’articolo 372 c.p.c., comma 2, la produzione dei documenti relativi all’ammissibilita’ (anche) del controricorso puo’ avvenire al di fuori delle ordinarie attivita’ difensive di cui controricorso od alle memorie finali, ma a condizione che dei documenti a tal fine prodotti sia notificato l’elenco alle controparti;
tale notifica non risulta eseguita e pertanto la fattispecie sanante non si e’ perfezionata (v. per analoghi principi, pur nel contesto di una trattazione del giudizio di cassazione avvenuta non in via camerale: Cass. 2 maggio 2007, n. 10122);
il controricorso e’ da ritenere quindi inammissibile, il che impedisce il riconoscimento delle spese di giudizio in favore della Regione Puglia.

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso.
Ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1 quater, da’ atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso articolo 13, comma 1-bis, se dovuto.

 

In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.

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