Corte di Cassazione, sezione sesta (terza) civile, Ordinanza 3 luglio 2020, n. 13736.
La massima estrapolata:
In tema di risarcimento del danno è possibile assegnare alla consulenza tecnica d’ufficio ed alle correlate indagini peritali funzione “percipiente” quando essa verta su elementi già allegati dalla parte, ma che soltanto un tecnico sia in grado di accertare per mezzo delle conoscenze e degli strumenti di cui dispone. (Nella specie, la S.C. ha dichiarato inammissibile il ricorso che censurava la sentenza impugnata per non avere quantificato il danno emergente rappresentato dalla necessità di cure odontoiatriche, atteso che la parte attrice non aveva depositato documenti che consentissero di determinare detto danno).
Ordinanza 3 luglio 2020, n. 13736
Data udienza 13 febbraio 2020
Tag/parola chiave: Responsabilità civile – Circolazione stradale – Sinistro causato da vettura non identificata – FGVS – Risarcimento danni – Danno risarcibile e quantificazione – Ricorso per cassazione – Inammissibilità censura di violazione art. 116 c.p.c. – Lamentato omesso esame CTU
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE TERZA
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. FRASCA Raffaele – Presidente
Dott. SCRIMA Antonietta – Consigliere
Dott. POSITANO Gabriele – Consigliere
Dott. DELL’UTRI Marco – Consigliere
Dott. GIAIME GUIZZI Stefano – rel. Consigliere
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 14775-2019 proposto da:
(OMISSIS), elettivamente domiciliata in ROMA, PIAZZA CAVOUR, presso la CORTE DI CASSAZIONE, rappresentata e difesa dall’avvocato (OMISSIS);
– ricorrente –
contro
(OMISSIS) SPA;
– intimata –
avverso la sentenza n. 9732/2018 del TRIBUNALE di NAPOLI, depositata il 09/11/2018;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del 13/02/2020 dal Consigliere Relatore Dott. GIAIME GUIZZI STEFANO.
RITENUTO IN FATTO
– che (OMISSIS) ricorre, sulla base di un unico motivo, per la cassazione della sentenza n. 9732/18, del 9 novembre 2018, del Tribunale di Napoli, che – accogliendo solo parzialmente il gravame dalla stessa esperito avverso la sentenza n. 75064/12, del Giudice di Pace di Napoli – ha condannato la societa’ (OMISSIS) S.p.a. a corrispondere la somma di Euro 140,64, a titolo di risarcimento del danno alla persona;
– che, in punto di fatto, la ricorrente riferisce di essere stata vittima, in data 13 gennaio 2014, in Napoli, di un sinistro stradale, essendo stata investita, mentre attraversava la strada, da una vettura non identificata;
– che, pertanto, ella – sul presupposto di essere stata medicata, nell’immediatezza del fatto, presso struttura ospedaliera, ove le veniva diagnosticata “contusione facciale con sospetta lesione incisivale”, oltre che “sanguinamento labbro superiore” e “contusione ginocchio destro” – adiva il Giudice di Pace di Napoli, convenendo in giudizio, per conseguire il ristoro dei danni subiti, la societa’ (OMISSIS), quale impresa designata dal FGVS;
– che l’adito giudicante, espletata consulenza tecnica d’ufficio medico-legale, rigettava la domanda risarcitoria, in difetto di prova dell’esistenza di un danno risarcibile, in ragione del fatto che l’ausiliario aveva stimato nello 0,5% il postumo di invalidita’ permanente subito dalla danneggiata, riconoscendo, inoltre, una “ITT” (invalidita’ temporanea totale) nella misura del “75%”;
– che esperito gravame dalla (OMISSIS), il giudice di appello lo accoglieva solo “in minima parte”;
– che, infatti, anche il secondo giudice riteneva di non dover “riconoscere nulla a titolo di danno biologico”, e cio’ “in quanto lo 0,5%” costituisce percentuale di invalidita’ permanente la quale, “ancor prima che non essere prevista in tabella, non ha riscontro sul piano medico legale”, rilevando, aggiuntivamente, come neppure dal referto di pronto soccorso (il solo documento che risultava prodotto dall’attrice/appellante) emergesse “in alcun modo la prova di un effettivo danno biologico”, dal momento che il documento riferiva solo di una “sospetta lesione incisivale”, senza che fosse stata data prova dell’effettivo svolgimento della visita “maxillo-facciale”, pure indicata nel referto come necessaria, e, soprattutto, dei suoi esiti;
– che il gravame, in definitiva, veniva accolto solo nella parte in cui, valutato il riferimento alla “ITT” frutto di “lapsus calami”, ritenendo che la consulenza d’ufficio avesse inteso, invece, riferire la percentuale del 75% alla “ITP” (ovvero, all’invalidita’ temporanea parziale), donde, allora, attesa la durata della stessa per quattro giorni, la liquidazione del predetto importo di Euro 140,64;
– che avverso la sentenza del Tribunale partenopeo, in funzione di giudice di appello, ricorre per cassazione la (OMISSIS), sulla base di un unico motivo;
– che esso ipotizza – ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, nn. 3) e 5) – violazione e falsa applicazione dell’articolo 116 c.p.c., nonche’ omessa valutazione di un fatto decisivo discusso tra le parti;
– che, in particolare, la ricorrente, censura la sentenza impugnata sia per aver “completamente omesso l’esame della consulenza tecnica d’ufficio, nella parte in cui viene riconosciuto un danno emergente consistente nella necessita’ di ricorrere a trattamento odontoiatrico per la eliminazione del danno dentario patito”, sia per essersi “immotivatamente distaccata dalla quantificazione del danno biologico ivi operata”, ed in particolare nella stima dello 0,5% del postumo di invalidita’ permanente;
– che la ricorrente si richiama al principio secondo cui il “mancato esame delle risultanze della CTU integra un vizio della sentenza che puo’ essere fatto valere, nel giudizio di cassazione, ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 5), risolvendosi nell’omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio che e’ stato oggetto di discussione tra le parti” (Cass. Sez. 3, cent. 7 luglio 2016, n. 13922, Rv. 640530-01), affermando, in subordine, che ove il giudice di appello avesse nutrito perplessita’ sull’espletata CTU, quanto in particolare alla quantificazione del danno biologico nella misura dell’0,5%, avrebbe potuto chiamare il consulente a chiarimenti, o disporre la rinnovazione dell’incombente;
– che e’ rimasta intimata la societa’ (OMISSIS);
– che la proposta del relatore, ai sensi dell’articolo 380-bis c.p.c., e’ stata ritualmente comunicata alla ricorrente, unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza in camera di consiglio.
CONSIDERATO IN DIRITTO
– che il ricorso e’ manifestamente inammissibile;
– che la censura di violazione dell’articolo 116 c.p.c. e’ inammissibile, dal momento che l’inosservanza di detta norma (che sancisce il principio della libera valutazione delle prove, salva diversa previsione legale) ricorre solo “quando il giudice di merito disattenda tale principio in assenza di una deroga normativamente prevista, ovvero, all’opposto, valuti secondo prudente apprezzamento una prova o risultanza probatoria soggetta ad un diverso regime” (Cass. Sez. 3, sent. 10 giugno 2016, n. 11892, Rv. 640193-01);
– che inammissibile e’ pure la censura formulata ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 5), laddove si contesta la sentenza impugnata per aver ignorato le risultanze della disposta CTU, o meglio, per essersi “immotivatamente distaccata dalla quantificazione del danno biologico ivi operata”;
– che, invero, sebbene anche tale evenienza possa essere astrattamente ricondotta al vizio “de quo” (cfr., da ultimo, Cass. Sez. 3, sent. 29 maggio 2018, n. 13399, Rv. 649038-01; Cass. Sez. 3, sent. 31 maggio 2018, n. 13770, Rv. 649151-01), resta, nondimeno, inteso che sarebbe stato onere della ricorrente, ex articolo 366 c.p.c., comma 1, n. 6), riprodurre in ricorso – anche indirettamente, ovvero indicando a quali sue parti si intendesse fare riferimento, riassumendole – le conclusioni raggiunte dall’ausiliario, asseritamente disattese dalla sentenza impugnata (tra le altre, Cass. Sez. 5, sent. 12 dicembre 2014, n. 26174, Rv. 633667-01; sulla necessita’ di riprodurre testualmente, in tutto o in parte, il documento del quale si lamenta che la sentenza censurata non abbia tenuto conto, si veda anche Cass. Sez. 6-5, ord. 4 ottobre 2018, n. 24340, Rv. 651398-01);
– che, in ogni caso, l’omesso esame della CTU sussiste solo quando la sentenza impugnata – diversamente da quanto accaduto nel caso qui in esame – manchi di indicare le ragioni per cui abbia ritenuto erronei i rilievi del consulente, “ovvero gli elementi probatori, i criteri di valutazione e gli argomenti logico-giuridici utilizzati per addivenire alla decisione contrastante con essi” (Cass. Sez. 3, sent. 7 luglio 2016, n. 13922, Rv. 640530).
– che, nella specie, il giudice di appello ha chiarito, in modo argomentato, le ragioni che l’hanno portato a disattendere le risultanze dell’espletata consulenza, in ragione dell’individuazione di una percentuale (0,5%) di invalidita’ permanente ignota, oltre che al sistema tabellare, alla stessa medicina legale;
– che, infine, neppure puo’ accogliersi la censura rivolta alla sentenza impugnata di aver “completamente omesso l’esame della consulenza tecnica d’ufficio, nella parte in cui viene riconosciuto un danno emergente consistente nella necessita’ di ricorrere a trattamento odontoiatrico per la eliminazione del danno dentario patito”;
– che, al riguardo, oltre ai rilievi gia’ svolti in punto di inammissibilita’ della censura ex articolo 366 c.p.c., comma 1, n. 6), nel senso della non fondatezza dello stesso vale il rilievo che neppure il consulente d’ufficio (come si legge a pag. 6 del ricorso) ha ritenuto di poter quantificare tale danno, a conferma, dunque, dell’assenza – della quale da’ puntualmente atto la sentenza impugnata – di elementi documentali allegati dalla (OMISSIS) che consentissero tale operazione, donde, allora, l’applicazione del principio secondo cui, “in tema di risarcimento del danno, e’ possibile assegnare alla consulenza tecnica d’ufficio ed alle correlate indagini peritali funzione “percipiente””, ma a condizione che “essa verta su elementi gia’ allegati dalla parte, ma che soltanto un tecnico sia in grado di accertare, per mezzo delle conoscenze e degli strumenti di cui dispone” (Cass. Sez. 2, sent. 22 gennaio 2015, n. 1190, Rv. 633974-01), giacche’, anche quando la consulenza “puo’ costituire essa stessa fonte oggettiva di prova”, resta pur sempre “necessario che le parti stesse deducano quantomeno i fatti e gli elementi specifici posti a fondamento di tali diritti” (Cass. Sez. 3, sent. 26 novembre 2007, n. 24620, Rv. 600467-01);
– che, infine, neppure puo’ addebitarsi al giudice di appello di non aver rinnovato la consulenza tecnica d’ufficio, operando, al riguardo, il principio secondo cui, “in tema di consulenza tecnica d’ufficio, il giudice di merito non e’ tenuto, anche a fronte di una esplicita richiesta di parte, a disporre una nuova CTU, atteso che il rinnovo dell’indagine tecnica rientra tra i poteri discrezionali del giudice di merito, sicche’ non e’ neppure necessaria una espressa pronunzia sul punto” (Cass. Sez. 3, sent. 29 settembre 2017, n. 22799, Rv. 645507-01);
– che nulla e’ dovuto quanto alle spese, essendo la societa’ (OMISSIS) rimasta intimata;
– che stante l’inammissibilita’ del ricorso, va dato atto – Decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115 ex articolo 13, comma 1-quater, nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, articolo 1, comma 17 – della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso articolo 13, comma 1-bis.
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso.
In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.
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