Corte di Cassazione, sezione sesta penale, Sentenza 4 giugno 2019, n. 24894.
La massima estrapolata:
In tema di riesame avverso provvedimenti impositivi di misure cautelari personali, il diritto della persona sottoposta a restrizione della libertà di partecipare all’udienza non è sottoposto a limitazioni o decadenze, purchè la relativa richiesta, qualora avanzata in epoca successiva all’atto introduttivo dell’incidente cautelare, pervenga in tempo utile per organizzare la tempestiva traduzione, dovendo altrimenti essere disattesa con adeguata motivazione. (Fattispecie in cui la Corte ha annullato con rinvio l’ordinanza del tribunale del riesame che aveva rigettato la richiesta dell’indagato di partecipare all’udienza ritenendola tardiva, perché formulata contestualmente alla richiesta di differimento dell’udienza ex art. 309, comma 9-bis, cod. proc. pen.).
Sentenza 4 giugno 2019, n. 24894
Data udienza 7 marzo 2019
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA PENALE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. FIDELBO Giorgio – Presidente
Dott. APRILE Ercole – Consigliere
Dott. DE AMICIS Gaetano – Consigliere
Dott. AMOROSO Riccardo – Consigliere
Dott. ROSATI Martino – rel. Consigliere
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
(OMISSIS), nato a (OMISSIS);
avverso l’ordinanza emessa il 23/11/2018 dal Tribunale di Messina;
visti gli atti, il provvedimento impugnato ed il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere Dott. ROSATI Martino;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. ORSI Luigi, che ha concluso chiedendo il rigetto del ricorso;
udito il difensore, avv. (OMISSIS) del foro di Messina, che ha chiesto l’accoglimento del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
1. Con ordinanza del 23 novembre 2018, il Tribunale di Messina ha respinto il riesame proposto nell’interesse di (OMISSIS), avverso l’ordinanza del Giudice per le indagini preliminari di quel medesimo ufficio, che aveva a costui applicato la custodia cautelare in carcere per il delitto di partecipazione ad associazione di tipo mafioso, aggravata a norma dell’articolo 416-bis c.p., commi 4 e 6.
2. Ricorre per cassazione la difesa dell’indagato, articolando quattro motivi di ricorso.
2.1. Con il primo, deduce due distinte violazioni di norme processuali previste a pena di nullita’ o inutilizzabilita’, vale a dire:
a) l’inosservanza dell’articolo 309 c.p.p., comma 8-bis, con conseguente nullita’ dell’udienza camerale dinanzi al Tribunale del riesame e degli atti consequenziali, a norma dell’articolo 178 c.p.p., lettera c), per avere quel giudice respinto la richiesta dell’indagato di partecipare personalmente all’udienza, in quanto non formulata con l’istanza di riesame, ma soltanto con separato atto successivo a questa;
b) l’inosservanza, da parte del Pubblico ministero, dell’obbligo di sollecita evasione della richiesta di copia del supporto informatico contenente le registrazioni delle conversazioni intercettate, formulatagli in tempo utile dalla stessa difesa dell’indagato, da cui deriverebbe l’inutilizzabilita’ di tali elementi istruttorii; in ogni caso – si aggiunge – la mancata trasmissione di tale documentazione fonica al Tribunale ha impedito il dovuto controllo sui relativi contenuti, con conseguente incompletezza della motivazione.
2.2. Il secondo motivo prospetta vizi di motivazione in ordine alla ritenuta gravita’ indiziaria, evidenziando, in particolare: la non genuinita’ delle dichiarazioni del coindagato e collaborante (OMISSIS), poiche’ portatore di conoscenze derivantigli dagli atti di un diverso e precedente procedimento giudiziario, di cui il presente costituisce sviluppo; l’assenza di riscontri individualizzanti al suo narrato; la mancata valorizzazione, da parte del Tribunale, di risultanze istruttorie di segno contrario, rappresentate dalla difesa con il riesame.
2.3. Con il terzo motivo, la difesa contesta l’insufficienza della motivazione in merito alla qualificazione della condotta dell’indagato come partecipazione all’associazione mafiosa di riferimento, e non, invece, ed al piu’, come concorso c.d. “esterno” alla stessa.
2.4. Il quarto motivo rappresenta l’insufficienza della motivazione in ordine alla sussistenza di esigenze cautelari, evidenziando che i fatti di reato ipotizzati si fermano all’anno 2015 e che, da allora, nessuna censura puo’ muoversi all’indagato.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. E’ fondato il primo motivo di ricorso, nella parte in cui deduce la nullita’ dell’udienza tenutasi dinanzi al Tribunale del riesame – e, a norma dell’articolo 185 c.p.p., comma 1, dell’impugnata ordinanza – in ragione della mancata partecipazione dell’indagato alla stessa, nonostante ne avesse avanzato richiesta, ancorche’ in un momento successivo all’istanza di riesame e con atto distinto da quest’ultima.
Poiche’ tale motivo afferisce alla rituale instaurazione del contraddittorio camerale, la fondatezza dello stesso rende superflua la disamina dei restanti.
2. La scansione degli accadimenti, necessaria ai fini della decisione e documentata attraverso gli atti allegati al ricorso, puo’ essere cosi’ sintetizzata:
– l’udienza di riesame era stata originariamente fissata per il 15 novembre 2018;
– il 9 novembre l’imputato ha avanzato richiesta di differimento, a norma dell’articolo 309 c.p.p., comma 9-bis; quindi, per il tramite del suo difensore, ha depositato la richiesta scritta di comparire in udienza;
– il presidente del Tribunale, con provvedimento del 13 novembre, ha rinviato la trattazione del procedimento all’udienza del 22 novembre;
– con ordinanza del 16 novembre, invece, ha respinto la richiesta dell’indagato di partecipazione all’udienza.
Ritiene il Collegio che, nella data situazione di tempo e di luogo, vi fosse la concreta possibilita’ di disporre e di apprestare la traduzione in udienza dell’indagato detenuto e che, pertanto, il Tribunale dovesse consentirgli di esercitare tale suo diritto, accogliendone la richiesta. In alternativa, con il separato provvedimento di reiezione di tale istanza o con l’ordinanza definitoria del procedimento cautelare, quel giudice avrebbe quanto meno dovuto motivare sulle ragioni che non consentivano l’espletamento della traduzione in tempo utile: cio’ che, invece, non ha fatto.
3. Il collegio e’ ben consapevole dell’esistenza, nella giurisprudenza di questa stessa Corte di legittimita’, di letture di segno differente, che tuttavia non ritiene di condividere.
Tali pronunce muovono dalla considerazione non solo del dato normativo introdotto dalla L. 16 aprile 2015, n. 47 – che, con l’articolo 11, ha significativamente ridisegnato l’articolo 309 c.p.p., anche al di la’ della parte che qui interessa – ma anche dalle ragioni che hanno condotto il legislatore a novellare il testo previgente.
Premesso che, com’e’ ovvio, il problema si pone soltanto per l’imputato o indagato che si trovi in vinculis, o comunque impedito da misure coercitive non custodiali, nulla vietandogli, altrimenti, di presentarsi direttamente in udienza, si sostiene in quelle sentenze – con ampio argomentare, qui di necessita’ condensato nei suoi termini essenziali – che l’obbligo, per l’interessato che intenda comparire personalmente in udienza, di farne espressa richiesta con l’istanza di riesame derivi dalla coordinata lettura dell’incipit del comma 6 e dell’ultima parte del comma 8-bis, entrambi frutto di modifiche introdotte dalla citata L. n. 47: l’uno, secondo cui “con la richiesta di riesame (…) l’imputato puo’ chiedere di comparire personalmente”; l’altro, che prevede il “diritto di comparire personalmente” per “l’imputato che ne abbia fatto richiesta ai sensi del comma 6”.
E tale interpretazione sarebbe ulteriormente coonestata dall’eliminazione, disposta anch’essa con il medesimo intervento normativo, dell’articolo 309 c.p.p., precedente comma 8: il quale, con il richiamo generalizzato alla procedura camerale dell’articolo 127 c.p.p., che non prevede rigide scansioni temporali per l’esercizio del diritto dell’interessato di comparire in udienza, aveva creato non pochi problemi interpretativi in giurisprudenza per l’individuazione del ragionevole punto di equilibrio tra tale diritto e la stringente e perentoria sequenza procedimentale del riesame, peraltro cosi’ costruita a tutela di altro primario diritto di rango costituzionale dello stesso imputato, quale quello della liberta’ personale, e della conseguente necessita’ di contenerne nel minimo indispensabile ogni possibile compressione (si veda, in particolare, Sez. 1, n. 49882 del 06/10/2015, Pernagallo, Rv. 265546, richiamata da Sez. 4, n. 12998 del 23/02/2016, Griner, Rv. 266296, e da Sez. 2, n. 13707 del 11/03/2016, Ciarfaglia, Rv. 266519).
Proprio al fine di superare le anzidette incertezze interpretative, dunque, il legislatore del 2015 si sarebbe fatto carico di individuare detto punto di equilibrio, non solo ragionevole, ma altresi’ certo e valido per tutti: in tal modo garantendo, peraltro, che il diritto dell’individuo di partecipare al suo processo non soffra di diseguali applicazioni, per effetto di disomogeneita’ strutturali od organizzative legate alle singole realta’ territoriali, giudiziarie e penitenziarie (sul punto pone l’accento Sez. 2, n. 12854 del 15/01/2018, Mirenda, Rv. 272467).
4. Una simile interpretazione, senz’altro suggestiva, non appare propriamente congruente, pero’, anzitutto con il testo della norma.
4.1. Come s’e’ visto, l’articolo 309 c.p.p., comma 6 stabilisce che l’imputato, con la richiesta di riesame “puo'” chiedere di comparire, e non che “deve” farlo; inoltre, esso non prevede alcuna sanzione processuale espressa, per il caso che cio’ non avvenga.
Ma non basta. Nello stesso periodo – per questa parte non toccato dalla legge di riforma – e’ pure previsto che, sempre con la richiesta di riesame, “possono” essere enunciati anche i motivi d’impugnazione: e nessuno revoca in dubbio – secondo un’interpretazione ormai sedimentatasi nei decenni di vigenza immutata di tale disciplina – che quelli possano essere proposti anche con atto separato e successivo rispetto a quello introduttivo dell’incidente cautelare.
Se, dunque, in base al primo dei criteri interpretativi enunciato dall’articolo 12 preleggi, “nell’applicare la legge non si puo’ ad essa attribuire altro senso che quello fatto palese dal significato proprio delle parole secondo la connessione di esse”, riuscirebbe veramente difficile, sotto il profilo logico, prim’ancora che semantico, attribuire un significato differente al medesimo predicato verbale sol perche’ diversamente coniugato nel numero, peraltro in due proposizioni principali contenute all’interno dello stesso periodo del discorso.
Semmai diversa fosse stata l’intenzione del legislatore, evidentemente essa non e’ stata adeguatamente resa nel testo licenziato.
4.2. Alla lettura qui sostenuta neppure puo’ essere d’ostacolo il successivo comma 8-bis.
Questo, infatti, per la parte che qui interessa (“l’imputato che ne abbia fatto richiesta ai sensi del comma 6 ha il diritto di comparire personalmente”), anzitutto, nulla dice sui tempi e sulle modalita’ di presentazione della richiesta di comparire, rinviando interamente, sul punto, alla regola del comma 6.
Inoltre, se si ritiene che detta richiesta possa essere presentata anche con atto separato rispetto quella di riesame, e non necessariamente contestuale ad essa, il comma 8-bis non si svuota affatto di significato e non diviene inutile, come invece adombra la citata sentenza Pernagallo, capofila dell’opposto orientamento.
Nella disposizione in parola, infatti, puo’ ben ravvisarsi l’affermazione, con specifico riguardo al sottosistema delle procedure cautelari, del diritto di comparire in udienza dell’imputato (o indagato, va da se’, ex articolo 61 c.p.p.), purche’ esercitato nelle forme previste dalla disposizione specifica che lo regola: appunto, il precedente comma 6. Ne’, se letta in questo modo, tale disposizione potrebbe essere giudicata superflua, segnando comunque essa un mutamento rispetto alla, meno netta, disciplina generale dell’articolo 127 c.p.p., anteriormente applicabile, e trovando percio’ una sua ragion d’essere nella necessita’ di dirimere ogni incertezza interpretativa sullo specifico punto.
4.3. Infine, ritiene il Collegio che il diritto dell’interessato di partecipare personalmente al giudizio, tanto piu’ se egli sia sottoposto a restrizioni della liberta’ personale, costituendo espressione qualificata del fondamentale diritto di difesa, non possa essere recessivo rispetto ad esigenze di tipo organizzativo della pubblica amministrazione, quali sono quelle che l’opposta tesi in discussione verrebbe a salvaguardare. E tale gerarchia di valori non puo’ mutare per il sol fatto che dette esigenze si presentino funzionali ad assicurare l’omogeneita’ dell’erogazione del servizio, in modo da non creare disparita’ di trattamento tra i cittadini.
5. In conclusione, pur dopo la modifica normativa dell’articolo 309 c.p.p., comma 6, apportata dalla L. n. 47 del 2015, la richiesta di presenziare all’udienza nel procedimento di riesame non deve necessariamente essere presentata dall’indagato o imputato con l’atto introduttivo del giudizio, ma puo’ essere formulata con atto separato ed anche successivo; in quest’ultimo caso, il tribunale sara’ tenuto ad accoglierla, disponendo quanto necessario alla traduzione dell’interessato od autorizzandolo a comparire senza accompagnamento, purche’ la richiesta pervenga in tempo utile, in concreto, a predisporre tali incombenze, potendo altrimenti respingere detta richiesta, tuttavia dando conto delle relative ragioni nel provvedimento di rigetto o nell’ordinanza emessa all’esito della procedura incidentale.
6. Nel caso specifico, a fronte di una richiesta presentata il 9 novembre, per un’udienza fissata dapprima per il 15, e successivamente differita addirittura al giorno 22, il Tribunale di Messina ha avuto tempo sufficiente per ordinare la traduzione del ricorrente, detenuto presso la casa circondariale della stessa citta’. In ogni caso, eventuali ragioni ostative non sono state rese note nel provvedimento di rigetto dell’istanza ne’ nell’ordinanza conclusiva del giudizio.
La mancata partecipazione dell’indagato all’udienza integra una nullita’ di ordine generale ed assoluta, a norma dell’articolo 178 c.p.p., comma 1, lettera c), e articolo 179 c.p.p., che ridonda sull’ordinanza impugnata, per effetto di quanto disposto dal successivo articolo 185, comma 1.
Tale provvedimento, pertanto, dev’essere annullato e gli atti debbono essere restituiti al Tribunale che l’ha emesso, per la rinnovazione dell’udienza camerale.
Il rilevato vizio dell’atto comunque non determina l’inefficacia della misura cautelare adottata (Sez. 6, n. 21849 del 21/05/2015, Farina, Rv. 263630; Sez. 6, n. 44415 del 17/10/2013, Blam, Rv. 256689).
P.Q.M.
Annulla l’ordinanza impugnata e rinvia per nuovo esame al Tribunale di Messina.
Manda alla cancelleria per gli adempimenti di cui all’articolo 94 disp. att. c.p.p., comma 1 ter.
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