In tema di ricorso per cassazione l’errata indicazione del codice fiscale del ricorrente

Corte di Cassazione, civile,Ordinanza|24 febbraio 2021| n. 5067.

In tema di ricorso per cassazione, l’errata indicazione del codice fiscale del ricorrente nella procura speciale rilasciata al difensore non ne provoca la nullità, restando esclusa una insuperabile incertezza sull’identità di colui che abbia conferito il mandato, comunque deducibile dai dati anagrafici riportati nell’atto difensivo e nella stessa procura speciale.

Ordinanza|24 febbraio 2021| n. 5067

Data udienza 8 febbraio 2021

Integrale

Tag/parola chiave: Separazione – Addebito – Assegno di mantenimento – Riferimento al tenore di vita matrimoniale – Distinzione rispetto all’assegno di divorzio – Genericità dei motivi di ricorso – Inammissibilità

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. GENOVESE Francesco A. – Presidente

Dott. MELONI Marina – Consigliere

Dott. ACIERNO Maria – Consigliere

Dott. PARISE Clotilde – Consigliere

Dott. SCALIA Laura – rel. Consigliere

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA
sul ricorso 8490/2017 proposto da:
(OMISSIS), elettivamente domiciliato in (OMISSIS) presso lo studio dell’Avvocato (OMISSIS), e rappresentato e difeso dall’Avvocato (OMISSIS) per procura speciale in calce all’atto di costituzione di nuovo difensore;
– ricorrente –
contro
(OMISSIS), elettivamente domiciliata in (OMISSIS) presso lo studio dell’Avvocato (OMISSIS), che la rappresenta e difende giusta “Memoria di nomina di nuovo procuratore”;
-controricorrente-
avverso la sentenza della CORTE D’APPELLO di BOLOGNA, n. 1688 del 2016, depositata il 29/09/2016;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 08/02/2021 dal Cons. Dott. Laura Scalia;
lette le conclusioni della Procura Generale, in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. De Matteis Stanislao, che ha chiesto l’accoglimento del ricorso.

FATTI DI CAUSA

1. Il signor (OMISSIS) ricorre con nove motivi per la cassazione della sentenza in epigrafe indicata, con cui la Corte di appello di Bologna, in parziale riforma della sentenza di primo grado – con cui il locale tribunale aveva al primo addebitato la gia’ pronunciata separazione per condotte maltrattanti ed infedelta’ – ed in accoglimento dell’appello incidentale proposto da (OMISSIS), determinava incrementandolo, nella misura di Euro 1.000,00 mensili, l’assegno dal primo giudice posto a carico del marito per il mantenimento della moglie, confermandone la decorrenza dalla domanda.
Resiste con controricorso la signora (OMISSIS).
Il rappresentante della Procura Generale della Corte di Cassazione ha concluso per iscritto per l’accoglimento del ricorso. Entrambe le parti hanno depositato memoria.

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo il ricorrente deduce, in relazione all’articolo 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 4, la violazione e falsa applicazione dell’articolo 112 c.p.c., articolo 369 c.p.c., comma 2 e articolo 346 c.p.c., la nullita’ per omessa pronuncia ed omesso esame di fatto decisivo in relazione all’errata ritenuta mancata impugnazione dell’accertamento in fatto relativo alle presunte aggressioni del marito in danno della moglie. Il ricorrente non aveva lasciato cadere la propria domanda di accertamento contrario in ordine ai ritenuti episodi, avendo egli svolto e continuato a coltivare in appello la domanda di accertamento negativo di quegli stessi episodi.
2. Con il secondo motivo il ricorrente deduce, in relazione all’articolo 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 4, l’insussistenza di prove circa le presunte aggressioni del marito alla moglie, al piu’ sussistendo meri indizi (quali deposizioni de relato riferite a distinti episodi), con conseguente violazione o falsa applicazione delle norme in materia di onere della prova, presunzioni semplici e principio dispositivo (articoli 2696, 2729 c.c. articolo 115 c.p.c.); in ogni caso sarebbe mancata ogni motivazione su tale accertamento.
3. Con il terzo motivo il ricorrente fa valere l’omessa valutazione di un fatto decisivo ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 5 integrato dall’evidenza che non era stato considerato se le condotte violente del marito riguardassero l’intera vita matrimoniale e che comunque le stesse erano successive a quelle della moglie, con conseguente difetto del giudizio comparativo; erano state violate le norme sull’addebito (articoli 143 e 151 c.c., in relazione all’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3) mancava ogni motivazione sulla ritenuta cronologia delle condotte (in relazione all’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 4).
4. Con il quarto motivo si denuncia la sentenza impugnata per aver omesso di pronunciare sulla domanda del ricorrente di veder riformata la sentenza di primo grado in ordine alla sua infedelta’ con conseguente nullita’ della prima (articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 4).
5. Con il quinto motivo si deduce che la sentenza impugnata aveva erroneamente ritenuto inapplicabile il principio di non contestazione ad una dichiarazione firmata in atti (in relazione all’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3 rispetto all’articolo 115 c.p.c., comma 2) e non si era comunque avveduta del fatto decisivo (ex articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 5) che i contenuti della prima erano stati riversati nell’atto di parte e non contestati dalla controparte; mancava ogni motivazione circa il come ed il quando la contestazione sarebbe avvenuta (articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 4).
6. Con il sesto motivo il ricorrente fa valere la violazione delle norme sulla prova (articoli 244, 245 e 345 c.p.c.; articoli 24 e 111 Cost., in relazione all’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3) per avere i giudici di merito disatteso la domanda del ricorrente di escussione di un teste fondamentale (signora (OMISSIS)) con motivazioni arbitrarie ed errate.
7. Con il settimo motivo si deduce dal ricorrente l’omesso esame, ex articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 5, della dichiarazione firmata dalla signora (OMISSIS) che prodotta dal ricorrente avrebbe fatto emergere fatti tali da ribaltare la pronuncia sull’addebito.
8. Con l’ottavo motivo si denuncia l’errore compiuto dalla Corte di appello nell’aumentare l’assegno di mantenimento rispetto alla sentenza di primo grado in violazione dei principi giurisprudenziali sulla quantificazione (articoli 156 e 1226 c.c., in relazione all’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3) e nell’omettere la valutazione del fatto decisivo (articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 5) costituito dalla relazione della Guardia di Finanza, che aveva rilevato esaustivita’ e congruenza della dichiarazione dei redditi del ricorrente nella dimostrata, dalle risultanze istruttorie, esistenza delle concrete possibilita’ della signora (OMISSIS) di lavorare.
9. Con il nono motivo si deduce la violazione del principio costituzionale di ragionevolezza e non discriminazione in rapporto al principio devolutivo ed alla ratio dell’articolo 156 c.c. la’ dove la Corte di merito aveva ritenuto che l’importo aumentato in appello dell’assegno di mantenimento dovesse decorrere dalla domanda di primo grado invece che dalla sentenza di appello (articoli 156 c.c., articolo 112 c.p.c., articolo 329 c.p.c., comma 2, articolo 346 c.p.c.; articolo 3 Cost., in relazione all’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3).
10. La controricorrente in via preliminare ha dedotto l’inammissibilita’ del ricorso per difetto di procura speciale alle liti in ragione dell’indicazione di un codice fiscale errato sia nell’epigrafe del ricorso che nell’allegata procura e quindi l’inammissibilita’ del ricorso per novita’ delle deduzioni in fatto relative alla pendenza di un giudizio dinanzi al Tribunale ecclesiastico definito con l’accoglimento della domanda di nullita’ del matrimonio concordatario e relative allegazioni (pp. 14-17 ricorso; docc. 4-T e 4-U allegati al ricorso per cassazione).
10.1. L’eccezione di inammissibilita’ del ricorso per cassazione per difetto di procura speciale alle liti dovuta all’errata indicazione del codice fiscale del ricorrente come riportato in procura ed in ricorso e’ infondata.
Premesso che la controricorrente, che per l’indicata eccezione solleva violazione di legge, richiamando l’articolo 83 c.p.c., comma 3 e articolo 365 c.p.c., non indica ne’ l’errore nella sequenza alfanumerica del codice fiscale e neppure la norma che, prevedendo ai fini di validita’ della procura l’indicazione del codice fiscale, sarebbe stata violata, in ogni caso, l’errata indicazione del codice fiscale nella procura speciale e nel ricorso in cassazione non e’ integrativa di una nullita’ non valendo a portare invincibile incertezza sulla identita’ di colui che abbia conferito la prima e sulla cui esistenza sia poi stato redatto il ricorso cosi’ da determinare la mancanza di uno dei requisiti formali indispensabili all’atto per il raggiungimento dello scopo cui e’ preposto (arg. ex Cass. 19/01/2016 n. 767).
L’identita’ del conferente procura e’ infatti deducibile dai dati anagrafici comunque riportati nell’atto difensivo e nella procura speciale e la introduzione del giudizio in cassazione giusta l’indicato ricorso in nessun modo ha precluso lo svolgimento dell’accertamento richiesto nella sua riferibilita’ alla persona del ricorrente.
10.2. Le ulteriori e nuove evidenze fattuali correlate da produzioni curate solo nel giudizio in cassazione non sostengono ragioni di inammissibilita’ del ricorso non costituendo una ragione posta a sostegno degli svolti motivi, figurando le stesse, piuttosto, nella sola premessa espositiva dell’atto di parte per un parallelo percorso (il giudizio di nullita’ davanti al tribunale ecclesiastico) che vorrebbe essere di conforto di conclusioni altrimenti raggiungibili, per gli svolti motivi, nel giudizio di separazione personale.
11. Nel resto.
In via preliminare, al fine di sgombrare ogni dubbio sugli orientamenti piu’ di recente espressi da questa Corte in materia di assegno divorzile e criteri di sua determinazione – il riferimento e’ ai principi fatti propri da Cass. SU n. 18287 del 2018, ancora invocata a disciplina della fattispecie in esame nella memoria depositata dal ricorrente ex articolo 380-bis.1 c.p.c. – si rimarca che l’oggetto del presente giudizio, integrato, anche, dal diritto all’assegno di mantenimento da scrutinarsi in un contesto di separazione personale dei coniugi ex articolo 156 c.c., resta del tutto estraneo all’applicazione dei piu’ recenti, rispetto ad un pregresso contrario orientamento che in Cass. SU 11490 del 1990 trovava espressione.
I differenti presupposti integrativi del diritto all’assegno di mantenimento spettante al coniuge separato economicamente piu’ debole rispetto all’omologo diritto dell’ex coniuge divorziato (articoli 156 c.c. e L. n. 898 del 1970, articolo 5, comma 6 e ss. modif.) fanno si’ che fermo nel primo caso il riferimento al tenore di vita matrimoniale – quale limite entro il quale l’an ed il quantum dell’assegno di mantenimento e’ destinato ad operare, in un contesto che e’ di mero allentamento del vincolo coniugale ed in cui e’ ancora attuale il dovere di assistenza materiale – altrettanto non si realizzi in caso di determinazione dell’assegno di divorzio, che deve invece essere quantificato in considerazione della sua natura assistenziale, compensativa e perequativa, secondo i criteri indicati alla L. n. 898 del 1970, articolo 5, comma 6, essendo volto non alla ricostituzione del tenore di vita endoconiugale, ma al riconoscimento del ruolo e del contributo fornito dall’ex coniuge beneficiario alla formazione del patrimonio della famiglia e di quello personale degli ex coniugi (ex plurimis: Cass. 28/02/2020 n. 5605; Cass. 26/06/2019 n. 17098; vd., Cass. 16/05/2017 n. 12196).
La prospettiva di questa Corte, chiaramente divisata nelle argomentazioni difensive, che sono di sostanziale ed errato accostamento dei due differenti assegni, lascia estranea alla valutazione della fattispecie in esame ogni principio destinato a valere nella distinta ipotesi della posta divorzile.
Tanto premesso, i motivi di ricorso si prestano ad una loro congiunta valutazione in termini di inammissibilita’, integrando gli stessi una richiesta di rivalutazione degli accertamenti in fatto rimessi al giudice del merito e, come tali, estranei al sindacato di legittimita’.
Il ricorrente contesta, infatti, al di la’ della denuncia per violazione di legge sostanziale e processuale e, ancora, per omessa valutazione di un fatto decisivo (articolo 360 c.p.c., comma 1, nn. 3, 4 e 5), il governo dato dalla Corte di merito agli esiti delle prove e tanto avviene, di contro a quanto dal primo dedotto, che avanza altresi’ sul punto una contestazione di nullita’, attraverso una motivazione che, raccordando gli esiti istruttori alle raggiunte conclusioni, non si lascia apprezzare come nulla.
La motivazione impugnata consente infatti all’interprete di cogliere la propria ratio decidendi in piena rappresentazione di quel minimo costituzionale la cui violazione, soltanto, integra il dedotto vizio (ex pluribus: Cass. 12/10/2017 n. 23940; Cass. 25/09/2018 n. 22598).
Si aggiunga che, come ancora ritenuto in piu’ occasioni da questa Corte, in tema di ricorso per cassazione la deduzione del vizio di violazione di legge consistente nella erronea riconduzione del fatto materiale nella fattispecie legale deputata a dettarne la disciplina (cd. vizio di sussunzione) postula che l’accertamento in fatto operato dal giudice di merito sia considerato fermo ed indiscusso, sicche’ e’ estranea alla denuncia del vizio di sussunzione ogni critica che investa la ricostruzione del fatto materiale, esclusivamente riservata al potere del giudice di merito (Cass. 13/03/2018 6035).
La’ dove, pertanto, il ricorrente contesti la ricostruzione del fatto rispetto alle prove escusse cio’ che viene in valutazione non e’ la riconduzione nella fattispecie legale del fatto e tanto in ragione della critica condotta sulla ricostruzione di quest’ultimo che, non condiviso nei suoi termini, lascia spazio ad una dedotta diversa definizione per un accertamento di merito che e’ inammissibile in sede di legittimita’.
Quanto poi si vorrebbe integrare ex articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 5 cit. “fatti decisivi omessi ai fini del giudizio”, cosi’ per l’omessa comparazione tra le condotte violente dei coniugi, causa della separazione (le violenze poste in essere dalla moglie ai danni del marito non sarebbero state raffrontate con le omologhe condotte del marito ai fini dell’addebitabilita’ e mancherebbe la cronologia delle condotte imputate al marito perche’ di queste potesse poi predicarsi il rilievo eziologico ai fini della separazione), e’ in effetti denuncia che passa attraverso l’interpretazione di prove.
Le prove i cui esiti, si deduce in ricorso, avrebbero disarticolato il fondamento dell’assunta decisione sono state ritenute non rilevanti dalla Corte di appello (dichiarazioni testi (OMISSIS) e (OMISSIS)) o comunque non determinanti in ragione dei termini della loro deduzione nel giudizio di merito (testi (OMISSIS) e (OMISSIS), rispetto ai quali gli ammessi capitoli di prova non rimettevano ai testi medesimi di riferire sui rapporti tra i coniugi), il tutto per una valutazione, propria del giudice del merito, dell’esistenza di un contesto fattuale inteso come rappresentativo di liti reciproche in un’epoca in cui il rapporto matrimoniale era gia’ entrato in crisi.
In tema di ricorso per cassazione, per dedurre la violazione dell’articolo 115 c.p.c., occorre denunciare che il giudice, in contraddizione espressa o implicita con la prescrizione della norma, abbia posto a fondamento della decisione prove non introdotte dalle parti, ma disposte di sua iniziativa fuori dei poteri officiosi riconosciutigli (Cass. SU 30/09/2020 n. 20867; Cass. 23/10/2018 n. 26769) e tanto non e’ accaduto nella specie in cui il ricorrente contesta l’interpretazione del dato probatorio mediato dall’ammissione delle prova, il tutto quindi per un giudizio della Corte di merito il cui perimetro di azione non resta cosi’ denunciato come espressivo della violazione del principio dispositivo.
12. Il ricorso e’ in via conclusiva inammissibile.
Spese secondo soccombenza liquidate come in dispositivo indicato.
Ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1 quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, articolo 1, comma 17, da’ atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso, a norma dello stesso articolo 13, comma 1 bis.
Si dispone che ai sensi del Decreto Legislativo n. 196 del 2003, articolo 52 siano omessi le generalita’ e gli altri dati identificativi in caso di diffusione del presente provvedimento.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente (OMISSIS) a rifondere a (OMISSIS) le spese di lite che liquida in Euro 5.200,00 di cui Euro 200,00 per esborsi oltre spese generali al 15% forfettario sul compenso ed accessori di legge.
Ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1 quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, articolo 1, comma 17, da’ atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso, a norma del comma 1- bis, dello stesso articolo 13.
Si dispone che ai sensi del Decreto Legislativo n. 196 del 2003, articolo 52 siano omessi le generalita’ e gli altri dati identificativi in caso di diffusione del presente provvedimento.

In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.

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