In tema di ricorso per cassazione la violazione dell’art. 116 c.p.c.

Corte di Cassazione, sezione sesta (terza) civile, Ordinanza 31 agosto 2020, n. 18092.

 

In tema di ricorso per cassazione la violazione dell’art. 116 c.p.c. (norma che sancisce il principio della libera valutazione delle prove, salva diversa previsione legale) ricorre solo quando il giudice di merito disattenda tale principio in assenza di una deroga normativamente prevista, ovvero, all’opposto, valuti secondo prudente apprezzamento una prova o risultanza probatoria soggetta ad un diverso regime.

Ordinanza 31 agosto 2020, n. 18092

Data udienza 16 giugno 2020

Tag/parola chiave: Contratto di fornitura di servizi di trasmissioni satellitari e di apparecchiature – Pagamento somme – Esecuzione delle prestazioni – Censure inammissibili

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE TERZA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. AMENDOLA Adelaide – Presidente

Dott. DE STEFANO Franco – Consigliere

Dott. SCODITTI Enrico – Consigliere

Dott. GRAZIOSI Chiara – Consigliere

Dott. GIAIME GUIZZI Stefano – rel. Consigliere

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA
sul ricorso 16347-2019 proposto da:
(OMISSIS) SRL IN LIQUIDAZIONE, in persona del liquidatore pro tempore, elettivamente domiciliata in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), che la rappresenta e difende;
– ricorrente –
contro
(OMISSIS) SRL, in persona del dell’Amministratore unico pro tempore, elettivamente domiciliata in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), che la rappresenta e difende;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 1871/2019 della CORTE D’APPELLO di ROMA, depositata il 19/03/2019;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del 16/06/2020 dal Consigliere Relatore Dott. GIAIME GUIZZI STEFANO.

RITENUTO IN FATTO

– che la societa’ (OMISSIS) s.r.l. in liquidazione ricorre, sulla base di un unico articolato motivo, per la cassazione della sentenza n. 1871/19, del 19 marzo 2019, della Corte di Appello di Roma, che -accogliendo solo parzialmente il gravame da essa esperito. avverso la sentenza n. 10211/16, del 20 maggio 2016, del Tribunale di Roma – ha parzialmente accolto l’opposizione ex articolo 645 c.p.c., proposta dall’odierna ricorrente avverso il decreto ingiuntivo n. 16261/11 emesso dal medesimo Tribunale capitolino, condannandola, comunque, al pagamento, in favore della societa’ (OMISSIS) s.r.l., dell’importo di Euro 583.556,83, oltre interessi moratori al tasso di cui al Decreto Legislativo 22 ottobre 2002, n. 231, con la decorrenza gia’ indicata nel decreto ingiuntivo;
– che, in punto di fatto, la ricorrente riferisce di aver opposto il suddetto provvedimento monitorio – che le ingiungeva il pagamento della maggior somma di Euro 848.556,72, oltre interessi moratori, in relazione a prestazioni rese da (OMISSIS) “per servizi di messa a disposizione e noleggio di canali satellitari e apparecchiature e per servizi di collegamento via satellite”, e di cui a nn. 5 fatture emesse fra il 2009 e il 2011 – sul presupposto che, dal gennaio al 2009 all’aprile 2011, nessun servizio era stato piu’ svolto in suo favore, anche in ragione dell’inadempimento della societa’ ingiungente rispetto all’obbligo di provvedere al pagamento e/o alla detrazione delle riduzioni tariffarie (per gli importi, rispettivamente, di Euro 132.500,00 e di Euro 132.499,00, per le annualita’ 2005 e 2006) di cui alla L. 5 agosto 1981, n. 416, articolo 28, come da provvedimenti del Dipartimento per l’informazione e l’editoria della Presidenza del Consiglio dei ministri del 15 febbraio 2007 e 24 aprile 2008;
– che in relazione a tali importi – oltre che per altri, nascenti da asseriti ulteriori crediti verso (OMISSIS) – l’odierna ricorrente, con il medesimo atto ex articolo 645 c.p.c., proponeva domanda riconvenzionale, rigettata, al pari dell’opposizione, dall’adito Tribunale;
– che esperito gravame – sulla base di quattro motivi – dall’odierna ricorrente, il giudice d’appello accoglieva solo il terzo, riconoscendo a (OMISSIS) il diritto a vedere parzialmente compensato il proprio debito verso (OMISSIS) con il credito relativo alle riduzioni tariffarie della L. n. 416 del 1981, ex articolo 28, riducendo, cosi’, l’ammontare della somma dovuta dalla prima alla seconda all’importo di Euro 583.556,83, oltre interessi;
– che avverso la decisione della Corte capitolina ricorre (OMISSIS), sulla base – come detto – di un unico articolato motivo;
– che attraverso di esso e’ denunziata – ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3) – violazione e falsa applicazione degli articoli 2697, 2727 e 2729 c.c., nonche’ degli articoli 115, 116, 634 e 635 c.p.c.;
– che, in particolare, la ricorrente censura la sentenza impugnata perche’ la stessa – pur a fronte della contestazione, operata da essa (OMISSIS), “circa l’effettiva esecuzione delle prestazioni di cui alle fatture” poste a fondamento del decreto ingiuntivo – avrebbe ritenuto le stesse idonee a dimostrare l’esistenza del credito di (OMISSIS) anche nel giudizio di opposizione ex articolo 645 c.p.c., sebbene nello stesso non si realizzi alcuna inversione dell’onere della prova (che resta a carico del creditore ingiungente), confermando, cosi’, la condanna al pagamento senza che la convenuta opposta avesse “fornito alcuna specifica prova circa lo svolgimento dei servizi” asseritamente effettuati;
– che, pertanto, ambo i giudici di merito avrebbero – secondo la ricorrente – “ritenuto provato il credito sulla base di semplici presunzioni”, ma in difetto dei presupposti della gravita’, precisione e concordanza stabiliti “ex lege”, atteso che:
– le ultime due delle cinque fatture, poste a fondamento del credito gia’ azionato in via monitoria (e pari oltretutto al 50% del suo importo. complessivo), risultano “datate 4 luglio 2011, mentre L. rapporti tra le societa’” – a detta della stessa (OMISSIS) – “si sarebbero interrotti in data 26 aprile 2011”, ovvero “oltre due mesi prima”;
– non vi sarebbe “prova in atti della trasmissione e della consegna” di tutte le fatture, non potendosi neppure affermare “che le stesse non siano mai state contestate dalla ricorrente”, e cio’ anche alla luce del fatto che il ricorso per decreto ingiuntivo venne depositato “dopo solo dieci giorni dall’emissione delle fatture del 4 luglio 2011”;
– – per dimostrare l’esecuzione delle prestazioni sino al 26 aprile 2011 i giudici di merito hanno valorizzato due documenti – una diffida inviata a (OMISSIS) a restituire delle attrezzature di (OMISSIS) ed il documento di trasporto attestante il loro ritiro – dal quale, pero’, risulterebbe che il ritiro (avvenuto il giorno 26 aprile 2011) precedette l’invio della diffida, risalente al successivo giorno 27;
– – difetterebbe prova, da parte di (OMISSIS), tanto della fruizione delle attrezzature suddette, quanto del loro collegamento con le prestazioni fatturate;
– che, di conseguenza, “gli unici elementi concreti prodotti da (OMISSIS) a dimostrazione dell’esecuzione delle prestazioni sono le fatture poste a fondamento del decreto ingiuntivo”, stante l’irrilevanza, oltre che dei documenti di cui sopra, anche del fax con cui (OMISSIS) comunicava l’interruzione del servizio satellitare per due giorni, nell’ottobre del 2010, a causa di interferenze solari;
che, infine, andrebbe rimarcata – secondo la ricorrente -“un’altra evidente anomalia e contraddizione della sentenza di secondo grado”, ovvero l’accoglimento del motivo di gravame con il quale era stato richiesto il riconoscimento del credito di essa (OMISSIS) in ordine alle riduzioni tariffarie ex articolo 28 della L. n. 416 del 1981, e cio’ quantunque l’odierna ricorrente avesse dedotto il mancato soddisfacimento di tale pretesa creditoria quale causa della cessazione del rapporto con (OMISSIS) gia’ nell’anno 2008;
– che la societa’ (OMISSIS) ha resistito, con controricorso, alla proposta impugnazione, chiedendone la declaratoria di inammissibilita’ o comunque il rigetto;
– che l’inammissibilita’ dell’avversario ricorso e’ motivata, su un piano generale, in ragione del suo difetto di specificita’, e comunque per il fatto di contenere, “indiscriminatamente e cumulativamente”, una “serie di sub-motivi privi di reali argomenti critici, frammisti e confusi tra loro”;
– che, in ogni caso, inammissibile sarebbe la censura di violazione dell’articolo 2697 c.c., dal momento che la sentenza impugnata non ha trasferito alcun onere della prova sulla sussistenza delle prestazioni, risolvendosi la doglianza – inammissibilmente – in una critica della valutazione della prova operata dal giudice di merito;
– che, peraltro, contrariamente a quanto dedotto dalla ricorrente “la sentenza impugnata non e’ fondata solo sulle fatture”, bensi’ “su altre prove documentali” (come dalla stessa pronuncia espressamente affermato), attestanti che (OMISSIS) aveva ricevuto, anche dopo il 31 dicembre 2008, le fatture senza avanzare riserve, anzi richiedendo una riduzione del loro importo, ed inoltre che essa avesse comunicato a terzi – il Dipartimento per l’informazione e l’editoria della Presidenza del Consiglio dei ministri – l’esistenza di rapporti con (OMISSIS) ancora successivamente a tale data;
– che, pertanto, la decisione della Corte capitolina non risulta basata su presunzioni, ma su prove documentali, donde l’inammissibilita’ della censura che ipotizza la violazione degli articoli 2727 e 2729 c.c., fermo restando, comunque, che, se anche si volessero valutare i documenti sui quali il giudice d’appello ha fondato la propria pronuncia in chiave presuntiva, dovrebbe riconoscersi che. gli stessi offrono riscontri gravi, precisi e concordanti in relazione all’avvenuta esecuzione delle prestazione delle quali (OMISSIS) ha richiesto il pagamento;
– che la doglianza relativa all’assenza di prova (o, comunque, all’errata valutazione della stessa) in ordine al collegamento tra le attrezzatture ritirate da (OMISSIS) e le prestazioni rese dalla medesima sarebbe inammissibile, non solo perche’ nuova, ma anche perche’ attinente – ancora una volta – ad una valutazione rimessa in modo insindacabile al giudice di merito;
– che altrettanto dovrebbe dirsi, inoltre, con riferimento alle ulteriori affermazioni della ricorrente, secondo cui:
– non sarebbe dato comprendere quale sia il documento dal quale la Corte capitolina ha dedotto che (OMISSIS) aveva richiesto riduzioni degli importi fatturati;
– la prova dell’esecuzione delle proprie prestazioni, da parte di (OMISSIS), doveva essere dalla stessa fornita esclusivamente con la produzione in giudizio delle bande di frequenza;
– nessun valore probatorio potrebbe attribuirsi alla comunicazione dell’interruzione, per due giorni, del servizio satellitare;
– risulterebbe contraddittoria la decisione del giudice di appello di non trarre le dovute conclusioni, in ordine allo scioglimento del rapporto contrattuale, dall’inadempimento di (OMISSIS) all’obbligo di praticare le riduzioni tariffarie della L. n. 416 del 1981, ex articolo 28;
– che, in ogni caso, con riferimento a quest’ultima affermazione, opererebbe la preclusione di giudicato;
– che la proposta del relatore, ai sensi dell’articolo 380-bis c.p.c., e’ stata ritualmente comunicata alle parti, unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza in camera di consiglio, inizialmente per il 26 marzo 2020 e, poi, per il 16 giugno 2020;
– che entrambe le parti hanno presentato memoria.

CONSIDERATO IN DIRITTO

– che il motivo di ricorso e’ inammissibile in ciascuna delle sue censure;
– che tale esito s’impone, innanzitutto, in relazione alla denunciata violazione dell’articolo 2697 c.c., in quanto tale evenienza “e’ configurabile soltanto nell’ipotesi in cui il giudice abbia attribuito l’onere della prova ad una parte diversa da quella che ne era onerata secondo le regole di scomposizione delle fattispecie basate sulla differenza tra fatti costitutivi ed eccezioni e non invece laddove oggetto di censura sia la valutazione che il giudice abbia svolto delle prove proposte dalle parti (sindacabile, quest’ultima, in sede di legittimita’, entro i ristretti limiti del “nuovo” articolo 360 c.p.c., n. 5)” (cosi’, da ultimo, Cass. Sez. 3, ord. 29 maggio 2018, n. 13395, Rv. 649038-01);
– che nel presente caso la Corte d’appello non ha operato alcun ribaltamento degli oneri probatori gravanti sulle parti, anche perche’ ha ritenuto provato il credito di (OMISSIS) sulla base non delle sole fatture, gia’ poste a fondamento del ricorso monitorio (e non idonee a fungere da prova dello stesso nel giudizio di opposizione ex articolo 645 c.p.c.; cfr., ex multis, Cass. Sez. 6-3, ord. 11 marzo 2011, n. 5915, Rv. 617411-01; Cass. Sez. 3, sent. 3 marzo 2009, n. 5071, Rv. 606941-01; Cass. Sez. 3, sent. 17 novembre 2003, n. 17371, Rv. 568223-01), bensi’ della documentazione in atti, oltre che del “contegno processuale e preprocessuale” di (OMISSIS);
– che, infatti, secondo la sentenza impugnata, “nel concreto risulta provato in via documentale (da piu’ elementi forniti sia dalla parte appellata ma anche dalla appellante) che il rapporto di fornitura di servizi di trasmissioni satellitari era proseguito, senza soluzione di continuita’, sino all’aprile 2011 e cioe’ sino a quando la (OMISSIS) non aveva restituito alla (OMISSIS) S.r.l. le apparecchiature che aveva sino ad allora utilizzato per beneficiare dei servizi di trasmissione satellitare”, soggiungendo, altresi’, che, sebbene le fatture non costituissero “prova dell’esecuzione effettiva della prestazione a favore del debitore”, non potesse “essere trascurato il contegno processuale e preprocessuale della appellante che in vari periodi successivi al 31.12.2008 aveva ricevuto le fatture senza riserve (anzi chiedendo delle riduzioni di importi fatturati) o aveva comunicato a terzi (il Dipartimento per l’Editoria presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri) l’esistenza di rapporti con (OMISSIS) successivi a quella data”;
– che, dunque, e’ inammissibile la censura secondo cui la Corte capitolina – con cio’ violando, nella prospettazione della ricorrente, anche gli articoli 634 e 645 c.p.c. – avrebbe ritenuto, pure nel giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo, prove idonee del credito azionato da (OMISSIS) le fatture gia’ poste alla base del ricorso monitorio, giacche’ tale doglianza non coglie la “ratio decidendi” della sentenza impugnata, come sopra illustrata, donde la necessita’ di applicare il principio secondo cui “il motivo d’impugnazione e’ costituito dall’enunciazione delle ragioni per le quali la decisione e’ erronea e si traduce in una critica della decisione impugnata, non potendosi, a tal fine, prescindere dalle motivazioni poste a base del provvedimento stesso, la mancata considerazione delle quali comporta la nullita’ del motivo per inidoneita’ al raggiungimento dello scopo, che, nel giudizio di cassazione, risolvendosi in un “non motivo”, e’ sanzionata con l’inammissibilita’ ai sensi dell’articolo 366 c.p.c., n. 4)” (Cass. Sez. 3, sent. 31 agosto 2015, 17330, Rv. 636872-01, in senso conforme, Cass. Sez. 1, ord. 24 settembre 2018, n. 22478, Rv. 650919-01);
– che, d’altra parte, anche la pretesa della ricorrente di censurare -ai sensi degli articoli 115 e 116 c.p.c. – l’apprezzamento che la Corte territoriale ha fatto della documentazione in atti, per trarre la conclusione dell’esecuzione delle prestazioni contrattuali, da parte di (OMISSIS), fino al 26 aprile 2011, e’ inammissibile;
– che, infatti, come non ha mancato di ricordare pure la controricorrente, l’eventuale “cattivo esercizio del potere di apprezzamento delle prove non legali da parte del giudice di merito non da’ luogo ad alcun vizio denunciabile con il ricorso per cassazione, non essendo inquadrabile nel paradigma dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 5) (che attribuisce rilievo all’omesso esame di un fatto storico, principale o secondario, la cui esistenza risulti dal testo della sentenza o dagli atti processuali, abbia costituito oggetto di discussione tra le parti e presenti carattere decisivo per il giudizio), ne’ in quello del precedente n. 4), disposizione che – per il tramite dell’articolo 132 c.p.c., n. 4) – da’ rilievo unicamente all’anomalia motivazionale che si tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante” (Cass. Sez. 3, sent. 10 giugno 2016, n. 11892, Rv. 640194-01; in senso conforme, tra le altre, in motivazione, Cass. Sez. 3, sent. 12 ottobre 2017, n. 23940; Cass. Sez. 3, sent. 12 aprile 2017, n. 9356, Rv. 64400101; Cass. Sez. 1, ord. 26 settembre 2018, n. 23153, Rv. 650931-01; Cass. Sez. 3, ord. 30 ottobre 2018, n. 27458, Cass. Sez. 6-2, ord. 18 marzo 2019, n. 7618);
– che resta, inoltre, inteso – per quanto attiene, specificamente, alla violazione dell’articolo 116 c.p.c. (che sancisce il principio della libera valutazione delle prove, salva diversa previsione legale) – che tale evenienza ricorre solo quando il giudice di merito disattenda tale principio in assenza.di una deroga normativamente prevista,. ovvero, all’opposto, valuti secondo prudente apprezzamento una prova o risultanza probatoria soggetta ad un diverso regime (Cass. Sez. 3, sent. 10 giugno 2016, n. 11892, Rv. 640193-01; in senso conforme, tra le altre, di recente, Cass. Sez. 2, ord. n. 7618 del 2019, cit.);
– che, d’altra parte, la violazione dell’articolo 115 c.p.c. “puo’ essere dedotta come vizio di legittimita’ solo denunciando che il giudice ha dichiarato espressamente di non dover osservare la regola contenuta nella norma, ovvero ha giudicato sulla base di prove non introdotte dalle parti, ma disposte di sua iniziativa fuori dei poteri officiosi riconosciutigli” (Cass. Sez. 3, sent. 10 giugno 2016, n. 11892, Rv. 640192-01);
– che, infine, inammissibile – anche a dispetto delle argomentazioni spese nella propria memoria dalla ricorrente – e’ anche la censura di violazione degli articoli 2727 e 2729 c.c., giacche’ (pur a tacere del carattere “aspecifco” di detta censura, nonche’ del fatto che essa, nuovamente, non pare confrontarsi con l’effettivo “detisum” della sentenza impugnata, visto che la Corte capitolina ha fatto applicazione delle risultanze documentali in atti e di un ragionamento presuntivo), deve rilevarsi che la Corte capitolina, proprio nel dare rilievo al contegno (pure) processuale dell’odierna ricorrente, si e’ conformata al principio secondo cui “il potere di desumere argomenti di prova dal comportamento processuale delle parti, va inteso nel senso che tale comportamento non solo puo’ orientare la valutazione del risultato di altri procedimenti probatori, ma puo’ anche costituire unica e sufficiente fonte di prova” (Cass. Sez. 3, sent. 16 luglio 2002, n. 10268, Rv. 555756-01; in senso conforme, tra le altre, Cass. Sez. 3, seni. 10 ottobre 2003, n. 15172, Rv. 567402-01; Cass. Sez. 3, ord. 3 marzo 2005, n. 4651, Rv. 580699-01);
-.che, in ogni caso, anche a ritenere quello operato dalla sentenza impugnata un ragionamento presuntivo, esso risulta del tutto corretto, alla stregua del principio secondo cui “nella prova per presunzioni non occorre che tra il fatto noto e quello ignoto sussista un legame di assoluta ed esclusiva necessita’ causale, ma e’ sufficiente che il fatto da provare sia desumibile dal fatto noto come conseguenza ragionevolmente possibile, secondo un criterio di normalita’” (cosi’, tra le piu’ recenti, in motivazione, Cass. Sez. 1, ord. 26 settembre 2018, n. 23153, Rv. 650931-02), ovvero “che il rapporto di dipendenza logica tra il fatto noto e quello ignoto sia accertato alla stregua di canoni di probabilita’, con riferimento ad una connessione possibile e verosimile di accadimenti, la cui sequenza e ricorrenza possono verificarsi secondo regole di esperienza” (Cass. Sez. 2, sent. 31 ottobre 2011, n. 22656, Rv. 619955-01);
– che le spese del presente giudizio seguono la soccombenza e vanno liquidate come da dispositivo;
– che in ragione della declaratoria di inammissibilita’ del ricorso, va dato atto – ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115, articolo 13, comma 1-quater, nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, articolo 1, comma 17 – della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso articolo 13, comma 1-bis.

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso, condannando la societa’ (OMISSIS) s.r.l. in liquidazione a rifondere alla societa’ (OMISSIS) s.r.l. le spese del presente giudizio, che liquida in complessivi Euro 10.000,00, oltre Euro 200,00 per esborsi, piu’ spese forfetarie nella misura del 15% ed accessori di legge.

 

In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.

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