In tema di responsabilità per rovina di edificio

Corte di Cassazione, civile, Ordinanza|21 febbraio 2023| n. 5368.

In tema di responsabilità per rovina di edificio

In tema di responsabilità per rovina di edificio, il danneggiato può agire per il risarcimento in forma specifica e per quello per equivalente purché le due forme risarcitorie vengano dedotte in via subordinata, e non congiunta, optando per l’una o l’altra forma di risarcimento, atteso che la natura oggettiva della responsabilità e la specialità della responsabilità di cui all’art. 2053 c.c. non giustificano una doppia condanna sullo stesso titolo, a cui conseguirebbe l’indebito arricchimento del preteso danneggiato, stante la regola dell’alternatività di cui all’art. 2058 c.c..

Ordinanza|21 febbraio 2023| n. 5368

Data udienza 8 febbraio 2023

Integrale

Tag/parola chiave: Risarcimento dei danni – Infiltrazioni di umidità dal solaio del terrazzo di sua proprietà – Risarcimento in forma specifica e per quello per equivalente Ammissibilità se in via subordinata

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SCODITTI Enrico – Presidente

Dott. PELLECCHIA Antonella – Consigliere

Dott. DELL’UTRI Marco – Consigliere

Dott. GUIZZI Stefano Giaime – Consigliere

Dott. GORGONI Marilena – rel. Consigliere

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 8544/2022 R.G. proposto da:
(OMISSIS), rappresentato e difeso dall’Avv. OTTAVIO ANTONIO CALDUCCI, e dall’Avv. GABRIELE CRISTINZIO, domiciliato ex lege in Roma presso la Cancelleria della Corte di Cassazione;
– ricorrente –
contro
(OMISSIS), in qualita’ di erede di (OMISSIS), rappresentata e difesa dall’Avv. FABIO MILANO, elettivamente domiciliata in (OMISSIS), presso lo studio dell’Avv. GIANCARLO MATTIELLO;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 420/2021 della Corte d’Appello di CAMPOBASSO, pronunciata in data 23 dicembre 2021.
Udita la relazione svolta nella Camera di Consiglio dal Consigliere Dott. Marilena Gorgoni.
RILEVATO
che:
(OMISSIS) ricorre per la cassazione della sentenza n. 420/2021 emessa dalla Corte d’Appello di Campobasso, resa resiste con controricorso (OMISSIS);
il ricorrente rappresenta nella descrizione del fatto che aveva convenuto in giudizio (OMISSIS), perche’ fosse condannato a risarcirgli i danni derivanti dalle infiltrazioni di umidita’ provenienti dal solaio del terrazzo di sua proprieta’, rappresentati dai danni alle pareti, quantificati, in sede di Atp, in Euro 1159,17, e in quelli derivanti dal mancato utilizzato del vano danneggiato come bed & breakfast, pari ad Euro 17.000,00 per il periodo pregresso e ad Euro 1.000,00 per ogni ulteriore mese;
il Tribunale di Isernia, con sentenza n. 792/2015, condannava (OMISSIS) ad eseguire a sua cura e spese le opere necessarie per le infiltrazioni, al pagamento di Euro 1159,17, a titolo risarcitorio, e al pagamento di Euro 8.000,00, a titolo di danno emergente, e di altri Euro 600,00 per ulteriori mesi decorrenti dal 19 settembre 2008 fino alla definitiva eliminazione delle infiltrazioni;
la Corte d’Appello di Campobasso, con la sentenza oggetto dell’odierno ricorso, investita del gravame da (OMISSIS), ha accolto parzialmente l’appello, condannando (OMISSIS) al risarcimento dei danni occorsi all’immobili di proprieta’ di (OMISSIS), quantificati in Euro 1159,17;
la trattazione del ricorso e’ stata fissata ai sensi dell’articolo 380 bis.1 c.p.c.;
il Pubblico Ministero non ha depositato conclusioni scritte;
entrambe le parti hanno depositato memorie.
CONSIDERATO
che:
1) con il primo motivo il ricorrente deduce, ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, nn. 3, 4, la violazione degli articoli 2053 e 2058 c.c., per essere la Corte d’Appello caduta in contraddizione affermando nel dispositivo di rigettare ogni altra domanda e in motivazione di rigettare i tre motivi di appello: il primo avente ad oggetto l’illegittimita’ del procedimento di ATP, il secondo la violazione dell’articolo 112 c.p.c., il terzo le risultanze della Ctu; la sentenza di prime cure aveva disposto testualmente la condanna di (OMISSIS) ad eseguire a sua cura e spese le opere necessarie alle eliminazione delle infiltrazioni, avendo accertato, ex articolo 2053 c.c., che le stesse provenivano dalla res di cui era proprietario, oltre ad avergli riconosciuto a titolo di risarcimento per equivalente la somma di Euro 1159,17;
la sentenza, quindi, rigettando ogni sua domanda lo avrebbe privato del diritto al risarcimento in forma specifica, limitando la condanna risarcitoria al ristoro del danno per equivalente presente nella sua proprieta’;
il motivo non puo’ accogliersi, perche’ la censura muove da una premessa in iure errata, cioe’ che lo stesso danno possa essere oggetto di una liquidazione tanto in forma specifica quanto per equivalente, adducendo a giustificazione di tanto la natura oggettiva della responsabilita’ di cui all’articolo 2053 c.c.;
la natura oggettiva della responsabilita’ e la specialita’ della responsabilita’ di cui all’articolo 2053 c.c., non giustificano la pretesa di una duplice liquidazione del danno; il nostro sistema vieta una doppia condanna sullo stesso titolo a cui conseguirebbe l’indebito arricchimento del preteso danneggiato, in applicazione della regola dell’alternativita’ di cui all’articolo 2053 c.c.: il danneggiato puo’ agire per il risarcimento in forma specifica e per quello per equivalente purche’ le due forme risarcitorie vengano dedotte in via subordinata, e non congiunta e coordinata, optando la parte per l’una o l’altra forma di risarcimento e negli stessi termini il giudice del merito puo’ pronunciare condanna (Cass. 06/09/2021, n. 24052);
deve inoltre comunque rilevarsi che non e’ stata attinta da censura la statuizione con cui e’ stata esclusa la ricorrenza di danni conseguenza;
2) con il secondo motivo il ricorrente rimprovera alla Corte d’Appello, in relazione all’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione degli articoli 2727 e 2729 c.c.;
la tesi rappresentata e’ che la Corte erroneamente abbia disatteso la sua richiesta risarcitoria per il mancato esercizio dell’attivita’ di bed & breakfast, nonostante avesse provato per testi che, a causa delle infiltrazioni, non aveva potuto dar seguito alla vendita dell’attivita’ cui si era dimostrato interessato (OMISSIS) ne’ potuto affittare la camera, come testimoniato da (OMISSIS);
la Corte avrebbe basato la decisione reiettiva su circostanze negative – mancata iscrizione alla CCIAA, mancanza di partita Iva, mancanza di autorizzazione amministrativa, assenza di prove orali provenienti da eventuali ospiti – degradando il valore probatorio della prova testimoniale diretta, incorrendo nella violazione dell’articolo 2729 c.c., che vieta il ricorso al ragionamento presuntivo in presenza di una prova diretta del fatto da provare, perche’ esso non puo’ essere definito ignoto, non solo: nel caso di incongruenza tra la prova diretta e quella indiretta, la prima deve prevalere;
aggiunge il ricorrente che l’assetto normativo vigente non chiede l’iscrizione alla CCIIA ne’ l’apertura di partita Iva, trattandosi di redditi derivanti da attivita’ commerciali non esercitate abitualmente;
il motivo e’ inammissibile, perche’, a dispetto della rubrica, esso tende ad ottenere una diversa valutazione delle prove;
la Corte territoriale ha ritenuto non adeguatamente provato, attraverso i testi escussi, che nel vano danneggiato dalle infiltrazioni il danneggiato svolgesse l’attivita’ di bed & breakfast: il fatto che una societa’ volesse rilevare l’esercizio dell’attivita’ di b&b non era stato ritenuto sufficiente a dimostrare che detta attivita’ fosse iniziata e/o che vi fosse da parte del danneggiato l’effettiva intenzione di avviarla; il fatto che (OMISSIS) avesse genericamente affermato di avere chiesto qualche volta la disponibilita’ di camere e’ stato giudicato non sufficiente a dimostrare un effettivo svolgimento dell’attivita’ e la sua eventuale interruzione;
il che basta a negare che la Corte territoriale sia incorsa nel divieto di attribuire alle prove indirette una efficacia probatoria maggiore rispetto alla prova testimoniale; solo se un fatto risulta provato da prove dirette e’ fatto divieto al giudice di ricorrere a prove presuntive; non avendo le testimonianze dimostrato il fatto da provare e quindi persistendo la natura ignota dello stesso, non ha errato la Corte territoriale a ricorrere al ragionamento inferenziale (cfr. Cass. 12/05/2020, n. 8814);
3) ne consegue che il ricorso deve essere rigettato;
4) le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come da dispositivo;
5) seguendo l’insegnamento di Cass., Sez. Un., 20/02/2020 n. 4315 si da’ atto, ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2012, articolo 13, comma 1 quater, della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello da corrispondere per il ricorso, a norma dello stesso articolo 13, comma 1 bis, se dovuto.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna la parte ricorrente al pagamento delle spese in favore della controricorrente, liquidandole in Euro 2.000,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in Euro 200,00 ed agli accessori di legge, con distrazione in favore del procuratore, come richiesto.
Ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1 quater, da’ atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso a norma dello stesso articolo 13, comma 1 bis, se dovuto.

 

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