In tema di responsabilità per danno cagionato da cosa in custodia

Corte di Cassazione, civile, Ordinanza|9 novembre 2020| n. 25018.

In tema di responsabilità per danno cagionato da cosa in custodia, l’art. 2051 cod. civ. non dispensa il danneggiato dall’onere di provare il nesso causale, ossia di dimostrare che l’evento si è prodotto come conseguenza normale della particolare condizione, potenzialmente lesiva, posseduta dalla cosa, mentre resta a carico del custode, offrire la prova contraria alla presunzione “iuris tantum” della sua responsabilità, mediante la dimostrazione positiva del caso fortuito, cioè del fatto estraneo alla sua sfera di custodia, avente un impulso causale autonomo e carattere di imprevedibilità e di assoluta eccezionalità (Nel caso di specie, rigettando il ricorso, la S.C. ha ritenuto incensurabile l’ordinanza con la quale la corte del merito aveva dichiarato inammissibile l’appello del ricorrente avverso la sentenza del tribunale con cui era stata respinta la domanda di risarcimento del danno da infiltrazioni di acqua e di umido proveniente dalle parti comuni del fabbricato condominiale; secondo il giudice distrettuale, infatti, l’impugnazione non aveva una ragionevole probabilità di accoglimento ai sensi dell’art. 348-ter cod. proc. civ. in quanto, discutendosi dei danni da infiltrazioni di umido provocate dalle parti condominiali, non vi era prova del nesso causale).

Ordinanza|9 novembre 2020| n. 25018

Data udienza 15 settembre 2020

Integrale

Tag/parola chiave: Condominio – Infiltrazioni d’acqua – Risarcimento – Natura oggettiva della responsabilità di cui all’art. 2051 cc – Esclusione in caso di forza maggiore – Ripartizione dell’onere probatorio – Inammissibilità

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. LOMBARDO Luigi Giovanni – Presidente

Dott. BELLINI Ubaldo – Consigliere

Dott. SCARPA Antonio – Consigliere

Dott. FORTUNATO Giuseppe – rel. Consigliere

Dott. VARRONE Luca – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 997/2016 R.G. proposto da:
(OMISSIS) S.A.S., in persona del legale rappresentante p.t., rappresentata e difesa dall’avv. (OMISSIS), elettivamente domiciliata in (OMISSIS), presso l’avv. (OMISSIS).
– ricorrente –
contro
CONDOMINIO (OMISSIS), in persona dell’amministratore p.t., rappresentato e difeso dall’avv. (OMISSIS) e dall’avv. (OMISSIS), con domicilio eletto in (OMISSIS).
– controricorrente –
e
(OMISSIS) S.P.A., in persona del legale rappresentante p.t., rappresentata e difesa dall’avv. (OMISSIS), con domicilio eletto in (OMISSIS), presso l’avv. (OMISSIS).
– controricorrente –
avverso la sentenza del Tribunale di Alessandria n. 19/2015, depositata in data 14.2.2015, e l’ordinanza ex articolo 348 ter c.p.c. della Corte d’appello di Torino, depositata in data 28.10.2015.
Udita la relazione svolta nella Camera di consiglio del 15.9.2020.

FATTI DI CAUSA

La Corte d’appello di Torino ha dichiarato inammissibile l’appello del (OMISSIS) s.n.c. avverso la sentenza del tribunale di Alessandria, con cui era stata respinta la domanda di risarcimento del danno da infiltrazioni di acqua e di umido proveniente dalle parti comuni del Condominio (OMISSIS).
Secondo il giudice distrettuale, l’impugnazione non aveva una ragionevole probabilita’ di accoglimento ai sensi dell’articolo 348 ter c.p.c., poiche’, discutendosi dei danni da infiltrazioni di umido provocate dalle parti condominiali, non vi era prova del nesso causale.
Difatti, nelle stesse allegazioni di parte attrice, l’origine del danno era stata ricondotta a fattori eziologici diversi, mentre neppure la prova testimoniale e l’accertamento tecnico svolto in corso di causa avevano consentito di individuare la provenienza delle infiltrazioni dalle parti condominiali.
Avverso la sentenza di primo grado e avverso l’ordinanza ex articolo 348 ter c.p.c., il (OMISSIS) propone ricorso in unico motivo, illustrato con memoria.
La (OMISSIS) s.p.a. e il Condominio (OMISSIS) resistono con controricorso.
In prossimita’ dell’adunanza camerale il Condominio ha depositato memoria ex articolo 380 bis 1 c.p.c..

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con l’unico motivo di ricorso si denuncia la violazione dell’articolo 2051 c.c., ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3, lamentando che la sentenza abbia ritenuto indimostrato il nesso causale e la provenienza del danno dalle parti comuni dell’edificio, confondendo la prova del nesso eziologico tra la cosa in custodia e il pregiudizio lamentato, con la necessita’ di individuare specificamente anche la causa del danno stesso, la cui prova competeva al Condominio.
Secondo il ricorrente, la prova del nesso causale era stata comunque raggiunta, poiche’ il c.t.u. aveva elaborato una pluralita’ di ipotesi, ognuna delle quali comprovava la responsabilita’ del condominio (provenienza delle infiltrazioni dal sottosuolo comune, dalle pareti condominiali o provocate da un innalzamento della falda acquifera).
2. Il motivo e’ inammissibile ai sensi dell’articolo 360 bis c.p.c., n. 1, avendo la sentenza definito le questioni in diritto in modo conforme alla giurisprudenza di legittimita’, senza che le deduzioni formulate in ricorso consentano di mutare orientamento.
L’articolo 2051 c.c., nell’affermare la responsabilita’ del custode della cosa per i danni da questa cagionati, individua un criterio di imputazione che prescinde da qualunque connotato di colpa, operando sul piano oggettivo dell’accertamento del rapporto causale tra la cosa e l’evento dannoso (Cass. 2477/2018). Non assume rilievo, a tal fine, la condotta del custode e l’osservanza degli obblighi di vigilanza: tale responsabilita’ e’ quindi esclusa solo dal caso fortuito, fattore che attiene non gia’ ad un comportamento del responsabile, ma al profilo causale dell’evento (Cass. 15383/2006; Cass. 2563/2007).
Il criterio di imputazione della responsabilita’ ha – dunque – carattere oggettivo, essendo sufficiente, per la sua configurazione, la dimostrazione – da parte dell’attore – del nesso eziologico tra la cosa in custodia ed il danno, mentre sul custode grava l’onere della prova liberatoria (Cass. 27724/2018); Cass. 12027/2017; Cass. 7125/2013).
In tale ambito, il rapporto di custodia opera come criterio di identificazione del responsabile, presupponendo che – pero’ – il pregiudizio risarcibile sia comunque riconducibile al bene.
Come precisato da questa Corte, il criterio di imputazione collegato al rapporto di custodia reagisce sul rapporto di causalita’, nel senso che “un rapporto causale concepito allo stato puro tende all’infinito. La responsabilita’ oggettiva non puo’ essere pura assenza o irrilevanza dei criteri soggettivi di imputazione, bensi’ sostituzione di questi con altri di natura oggettiva, i quali svolgono nei confronti del rapporto di causalita’, la medesima funzione che da sempre e’ propria dei criteri soggettivi di imputazione nei fatti illeciti. Tale criterio di imputazione nelle specifiche fattispecie di responsabilita’ oggettive e’ fissato dal legislatore con una qualificazione del soggetto, su cui viene fatto ricadere il costo del danno” (cosi’, testualmente, Cass. 15383/2006).
Non e’ dato, quindi, isolare, nell’ambito dell’accertamento del nesso causale riguardo alla fattispecie regolata dall’articolo 2051 c.c., la prova del rapporto tra il bene in custodia ed il pregiudizio lamentato, dalla prova del nesso eziologico in senso proprio, essendo entrambi pertinenti alla derivazione del danno dalla cosa in custodia, la cui prova grava integralmente sul danneggiato, come correttamente stabilito dal giudice dell’appello.
In definitiva, la responsabilita’ ex articolo 2051 c.c., postula la sussistenza di un rapporto di custodia della cosa e una relazione di fatto tra un soggetto e la cosa stessa, tale da consentire il potere di controllarla, di eliminare le situazioni di pericolo che siano insorte e di escludere i terzi dal contatto con la cosa.
Detta norma non dispensa il danneggiato dall’onere di provare il nesso causale, ossia di dimostrare che l’evento si e’ prodotto come conseguenza normale della particolare condizione, potenzialmente lesiva, posseduta dalla cosa, mentre resta a carico del custode, offrire la prova contraria alla presunzione iuris tantum della sua responsabilita’, mediante la dimostrazione positiva del caso fortuito, cioe’ del fatto estraneo alla sua sfera di custodia, avente un impulso causale autonomo e carattere di imprevedibilita’ e di assoluta eccezionalita’ (tra molte: Cass. 15761/2016).
Le ulteriori deduzioni del ricorrente circa il positivo accertamento, ad opera del c.t.u., della derivazione delle infiltrazioni dalle parti comuni dell’edificio appaiono inammissibili, poiche’ l’accertamento del nesso di causalita’ e della colpa di un soggetto nella produzione di un evento dannoso si risolve in un giudizio di fatto, che si sottrae al sindacato in sede di legittimita’ se, come nella specie, correttamente motivato (Cass. 3939/1996; Cass. 6974/2000).
Il ricorso e’ respinto, con aggravio di spese secondo soccombenza. Si da’ atto, ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1 quater, della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte dei ricorrenti, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso a norma dello stesso articolo 13, comma 1 bis, se dovuto.

P.Q.M.

rigetta il ricorso e condanna i ricorrenti, in solido, al pagamento delle spese processuali, liquidate in 200,00 per esborsi ed Euro 4000,00 per compenso, in favore del Condominio (OMISSIS), nonche’ di Euro 200,00 per esborsi e di Euro 3000,00 per compenso, in favore della (OMISSIS) s.p.a., il tutto oltre ad iva, c.p.a. e rimborso forfettario delle spese generali in misura del 15%.
Da’ atto, ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1 quater, della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte dei ricorrenti, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso a norma dello stesso articolo 13, comma 1 bis, se dovuto.

 

In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.

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