Corte di Cassazione, sezione terza penale, Sentenza 11 novembre 2019, n. 45695.
Massima estrapolata:
In tema di reato di lottizzazione abusiva, il proscioglimento per intervenuta prescrizione non osta alla confisca del bene lottizzato ove sia stata comunque accertata, con adeguata motivazione e nel contraddittorio delle parti, la sussistenza del reato nei suoi elementi oggettivo e soggettivo.
Sentenza 11 novembre 2019, n. 45695
Data udienza 16 settembre 2019
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA PENALE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. ROSI Elisabetta – Presidente
Dott. SOCCI Angelo Matteo – Consigliere
Dott. GENTILI Andrea – Consigliere
Dott. SEMERARO Luca – rel. Consigliere
Dott. ZUNICA Fabio – Consigliere
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
(OMISSIS), nato a (OMISSIS);
avverso la sentenza del 17/06/2016 della CORTE APPELLO di POTENZA;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere Dr. SEMERARO LUCA;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Dr. BARBERINI ROBERTA MARIA, che conclude per l’inammissibilita’.
udito il difensore presente avv. (OMISSIS) chiede l’accoglimento del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
1. Il Tribunale di Matera, con la sentenza del 16 ottobre 2013, ha condannato (OMISSIS), quale proprietario dei terreni e committente delle opere, in concorso con (OMISSIS), tecnico asseveratore delle pratiche edilizie, per il reato sub capo d) ex articolo 481 c.p., limitatamente alla domanda di permesso di costruire presentata il 2 agosto 2006; ha assolto (OMISSIS) dai reati ascritti ai capi b) e c) ex articolo 323 c.p. perche’ il fatto non sussiste; ha dichiarato non doversi procedere nei confronti di (OMISSIS) per i reati sub a) di lottizzazione abusiva ex Decreto del Presidente della Repubblica n. 380 del 2001, articolo 44, lettera c), e d) ex articolo 481 c.p., per le altre ipotesi di falso, perche’ estinti per prescrizione.
Il Tribunale ha dichiarato la falsita’ degli atti indicati nel capo d) ed ha disposto la confisca dei terreni abusivamente realizzati e delle opere abusivamente costruite, ad eccezione degli immobili ceduti alla costituita parte civile.
La Corte di appello di Potenza, con la sentenza del 17 giugno 2016, ha dichiarato non doversi procedere nei confronti degli imputati per il residuo reato sub capo d) perche’ estinto per prescrizione confermando nel resto la sentenza del Tribunale.
2. Avverso la sentenza della Corte di appello di Potenza ha proposto ricorso per cassazione il difensore di (OMISSIS).
2.1. Con il primo motivo si deducono i vizi di violazione di legge, in relazione all’articolo 111 Cost., comma 4, articoli 187 e 191 c.p.p. e articolo 526 c.p.p., comma 1 ed il vizio della motivazione per l’omessa risposta al motivo di appello con cui si contesto’ l’utilizzo a fini di prova della c.t. del pubblico ministero; il Tribunale, dopo l’esame del c.t. e la richiesta del pubblico ministero di acquisizione della relazione, non si sarebbe mai pronunciato e non avrebbe acquisito l’elaborato con ordinanza.
Ne’ i difensori prestarono consenso all’acquisizione al fascicolo del dibattimento della c.t. del pubblico ministero.
La Corte di appello avrebbe, nonostante il motivo di appello, utilizzato la c.t. ai fini della decisione.
2.2. Con il secondo motivo si deduce il vizio di violazione di legge, in relazione all’articolo 111 Cost., comma 4, articoli 187, 191 e 238-bis c.p.p., e articolo 526 c.p.p., comma 1, articolo 606 c.p.p., lettera b) e c); la corte territoriale avrebbe utilizzato a fini di prova la sentenza del Tar Basilicata n. 253/2011, in atti, nonostante la stessa non sia irrevocabile e pertanto in violazione degli articolo 238-bis, 191 e 526 c.p.p..
2.3. Con il terzo motivo si deducono i vizi di violazione dell’articolo 603 c.p.p. e della motivazione, ex articolo 606 c.p.p., lettera b), c) ed e), in relazione al rigetto della richiesta di rinnovazione dell’istruzione dibattimentale mediante l’esame del teste (OMISSIS), al quale in primo grado la difesa aveva rinunciato, e l’esame del c.t. di parte (OMISSIS), con acquisizione della relazione da questi redatta, quanto all’insussistenza del reato di lottizzazione abusiva ed alla legittimita’ dei titoli abilitativi.
La Corte di appello avrebbe di fatto ammesso la rilevanza della testimonianza del teste (OMISSIS) ma poi rigettato la richiesta di rinnovazione; ne’ la rinuncia in primo grado precluderebbe la valutazione sulla necessita’ e novita’ dell’esame.
Si deduce poi l’omessa valutazione della memoria difensiva depositata il 7 giugno 2016 sulla insussistenza del reato di lottizzazione abusiva.
2.4. Con il quarto motivo si deduce il vizio di violazione del Decreto del Presidente della Repubblica n. 380 del 2001, articolo 44, comma 2 in quanto la confisca sarebbe stata disposta senza l’accertamento della penale responsabilita’, come richiesto dalla Corte Costituzionale con la sentenza 49/2019, in presenza di una sentenza di prescrizione, anche per effetto della ritenuta inutilizzabilita’ della relazione del c.t. del pubblico ministero.
Il difensore di (OMISSIS) ha poi depositato motivi nuovi.
2.5. Con il primo motivo, si deducono i vizi di violazione di legge e della motivazione rilevando che la corte di appello avrebbe erroneamente riportato nella pagina 1 della sentenza che gli imputati rinunciarono all’appello relativamente ai capi a) e b) per i quali il Tribunale di Matera pronuncio’ declaratoria di estinzione per prescrizione. Si rileva che il Tribunale di Matera ha invece assolto gli imputati dai reati loro ascritti ai capo b) e c) perche’ il fatto non sussiste.
Analogo errore e’ riportato nella pagina 2 e costituirebbe l’antecedente logico al rigetto della richiesta di esame del c.t. di parte (OMISSIS) e dell’acquisizione della relazione dell’ing. (OMISSIS) previo suo esame.
2.6. Il secondo motivo aggiunto concerne la conferma della confisca; il mancato accertamento della lottizzazione deriverebbe dalla inutilizzabilita’ della c.t. del pubblico ministero; si richiamano poi i principi sulla presunzione di innocenza della sentenza G.I.E.M. contro Italia della Cedu e la necessita’ della motivazione sulla sussistenza dei presupposti oggetti e soggettivi del reato per poter procedere alla confisca anche in presenza della prescrizione.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il primo motivo e’ manifestamente infondato.
Dalla sentenza di primo grado risulta che la relazione del c.t. del pubblico ministero e’ stata formalmente acquisita all’udienza del 5 dicembre 2012; a fronte di tale affermazione, la difesa si e’ limitata a contestare la legittimita’ dell’acquisizione, senza dimostrare in alcun modo, mediante le necessarie allegazioni, il fatto processuale da lei assunto.
Va in ogni caso ricordato che la sanzione di inutilizzabilita’ colpisce solo quelle prove che siano illegittime in se’ e non si estende a quelle prove che, in se’ e per se’ legittime, siano state solo irritualmente acquisite.
1.2. Secondo il costante orientamento della giurisprudenza, i pareri espressi dai consulenti di parte possono anche essere presentati a mezzo di memoria scritta a norma degli articoli 233 e 121 c.p. (cfr. Cass. Sez. 3, n. 21018 del 30/09/2014, dep. 2015, C., Rv. 263737); la relazione del c.t. di parte puo’ essere legittimamente acquisita all’esito dell’esame ex articolo 501 c.p.p..
Come affermato da Cass. Sez. 2, n. 23439 del 23/04/2007, Gallerani, Rv. 236783 – 01, in motivazione, e’ rituale l’acquisizione da parte del giudice della relazione scritta redatta dal consulente tecnico di parte, non sussistendo alcuna norma che ne faccia espresso divieto e rispondendo per contro tale acquisizione alla necessita’ per l’organo giudicante di avere piena conoscenza del materiale su cui dovra’ poi fondare la propria decisione.
L’articolo 501 c.p.p., comma 2 consente l’acquisizione d’ufficio della relazione redatta dal consulente tecnico, all’esito dell’esame del detto consulente, anche se effettuata precedentemente e non in presenza del difensore.
L’acquisizione della relazione del c.t. puo’ essere altresi’ acquisita, in relazione all’articolo 223 c.p.p., dopo l’esame quando faccia parte integrante della deposizione, quando nel corso dell’esame il c.t. abbia fatto riferimento al suo contenuto o l’abbia richiamata per relationem.
L’esistenza del potere di acquisizione di ufficio ex articolo 501 c.p.p., comma 2 rende dell’affermata assenza del formale provvedimento di acquisizione una mera irregolarita’ che non incide sulla utilizzabilita’ della prova.
Per altro a seguito della richiesta del pubblico ministero la stessa difesa non si e’ opposta all’acquisizione, ma e’ rimasta silente, secondo quanto rappresentato nello stesso ricorso.
2. Il secondo motivo e’ manifestamente infondato, non trovando applicazione l’articolo 238-bis c.p.p..
La sentenza amministrativa non definitiva ha comunque valore di documento ex articolo 234 c.p.p., sicche’ il giudice puo’ trarre da essa elementi di valutazione, fermo restando il dovere del giudice di sottoporre tali elementi al vaglio critico, secondo la regola generale ex articolo 192 c.p.p..
Non esiste un divieto di acquisizione delle sentenze non definitive.
3. Anche il terzo motivo e’ manifestamente infondato.
3.1. La rinuncia della difesa all’esame del suo teste ha reso la testimonianza, per valutazione della stessa parte, irrilevante ai fini della decisione sin dal primo grado sicche’ correttamente la Corte di appello non ha disposto la rinnovazione dell’istruzione.
3.2. Quanto all’esame del nuovo c.t. di parte ed alla successiva acquisizione della relazione, la Corte di appello ha ritenuto da un lato che il processo fosse definibile allo stato degli atti, escludendo l’applicabilita’ dell’articolo 603 c.p.p., comma 1, indicando le fonti di prova gia’ sussistenti; dall’altro che la c.t. redatta e l’esame del tecnico non potessero essere ritenute prove nuove avendo la difesa rinunciato alla prova contraria di natura tecnica.
La c.t. per altro non ha il carattere di prova nuova, poiche’ la novita’ discendente dalla impossibilita’ di una precedente articolazione della prova, in quanto sopravvenuta o scoperta dopo il giudizio di primo grado.
Quanto alla memoria difensiva, deve rilevarsi che essa e’ riproduttiva delle deduzioni tecniche della c.t. di parte, che pero’ la corte di appello ha ritenuto tardivamente prodotta.
4. Il quarto motivo e’ manifestamente infondato.
4.1. In punto di diritto va ribadito il principio espresso da Sez. 3, n. 8350 del 23/01/2019, Alessandrini, Rv. 275756 – 05, per cui in tema di reato di lottizzazione abusiva, il proscioglimento per intervenuta prescrizione non osta alla confisca del bene lottizzato ove sia stata comunque accertata, con adeguata motivazione e nel contraddittorio delle parti, la sussistenza del reato nei suoi elementi oggettivo e soggettivo (in motivazione la Corte ha precisato che tale principio consegue anche alle affermazioni contenute nella pronuncia della Grande Camera della Corte EDU del 28 giugno 2018, G.I.E.M. S.r.l. contro Italia).
4.2. La Corte di appello ha esplicitamente motivato sulla sussistenza del reato di lottizzazione abusiva, nei suoi elementi oggettivo e soggettivo, sia per la presenza della parte civile nel processo sia mediante il richiamo alle pagine della sentenza di primo grado, 40 e ss., che contengono l’accertamento della responsabilita’ del ricorrente in ordine al reato di lottizzazione abusiva a lui ascritto.
Per altro, la motivazione sulla sussistenza della lottizzazione abusiva si rinviene anche nella sentenza di primo grado.
E’ stata anche valutata la proporzionalita’ della confisca, posto che essa non ha aggredito il bene della parte civile.
4.3. Ai sensi dell’articolo 585 c.p.p., comma 4, l’inammissibilita’ dell’impugnazione si estende ai motivi nuovi.
5. Pertanto, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile.
Ai sensi dell’articolo 616 c.p.p. si condanna il ricorrente al pagamento delle spese del procedimento.
Tenuto conto della sentenza della Corte costituzionale del 13 giugno 2000, n. 186, e considerato che non vi e’ ragione di ritenere che il ricorso sia stato presentato senza versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilita’, si condanna altresi’ il ricorrente al pagamento della somma di Euro 2.000,00, determinata in via equitativa, in favore della Cassa delle Ammende.
Si condanna infine il ricorrente alla rifusione delle spese sostenute nel grado dalla parte civile che si liquidano in Euro tremilacinquecentodieci, oltre spese generali ed accessori di legge.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 2.000 in favore della Cassa delle Ammende nonche’ alla rifusione delle spese sostenute nel grado dalla parte civile, che liquida in Euro tremilacinquecentodieci, oltre spese generali ed accessori di legge.
In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.
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