In tema di reati tributari e la causa di non punibilità della particolare tenuità del fatto quando va esclusa

Corte di Cassazione, sezione terza penale, Sentenza 3 ottobre 2018, n. 43654.

La massima estrapolata:

In tema di reati tributari, va esclusa la causa di non punibilità della particolare tenuità del fatto, prevista dall’articolo 131bis del Cp, se la soglia dei 10mila euro fissata per l’omesso versamento delle ritenute è superata di oltre il 5 per cento.

Sentenza 3 ottobre 2018, n. 43654

Data udienza 3 luglio 2018

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. RAMACCI Luca – Presidente

Dott. SOCCI Angelo Matteo – Consigliere

Dott. CERRONI Claudio – rel. Consigliere

Dott. REYNAUD Gianni F. – Consigliere

Dott. ZUNICA Fabio – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
(OMISSIS), nato a (OMISSIS);
avverso la sentenza del 09/10/2017 della Corte di Appello di Lecce;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere Dr. Claudio Cerroni;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale Dr. Canevelli Paolo, che ha concluso per l’inammissibilita’ del ricorso
udito per il ricorrente l’avvocato (OMISSIS) in sostituzione dell’avv. (OMISSIS), che chiede l’accoglimento del ricorso.

RITENUTO IN FATTO

1. Con sentenza del 9 ottobre 2017 la Corte di Appello di Lecce ha confermato la sentenza del 7 marzo 2016 del Tribunale di Lecce, in forza della quale (OMISSIS), nella qualita’ di titolare della ditta individuale e di legale rappresentante della s.r.l. (OMISSIS), era stato condannato alla pena di mesi uno di reclusione ed Euro 400 di multa per il reato di cui al Decreto Legge 12 settembre 1983, n. 463, articolo 2, comma 1-bis, conv. in L. 11 novembre 1983, n. 638, in relazione all’omesso versamento di ritenute previdenziali per l’anno 2009 per un ammontare di Euro 10.568.
2. Avverso la predetta decisione e’ stato proposto ricorso per cassazione articolato su unico motivo di impugnazione.
2.1. In particolare, il ricorrente ha censurato il mancato accoglimento della richiesta di applicazione della speciale causa di non punibilita’ di cui all’articolo 131-bis c.p., in ragione dell’irrisorio superamento della soglia di punibilita’ di Euro 10.000, ne’ ravvisandosi abitualita’ nella condotta, dal momento che per gli ulteriori anni vi era stato proscioglimento.
3. Il Procuratore generale ha concluso nel senso dell’inammissibilita’ del ricorso.

CONSIDERATO IN DIRITTO

4. Il ricorso e’ inammissibile.
4.1. La proposta impugnazione ha ad unico oggetto la censura in ordine al mancato riconoscimento della speciale causa di non punibilita’ di cui all’articolo 131-bis c.p., atteso che tutti gli elementi della fattispecie contestata sono gia’ stati definitivamente accertati nei termini sopra ricordati.
Sempre in via preliminare, la Corte osserva che i motivi di ricorso possono essere esaminati prendendo in considerazione sia la motivazione della sentenza impugnata sia quella della sentenza di primo grado, e cio’ in quanto i giudici di merito hanno adottato decisioni e percorsi motivazionali comuni, che possono essere valutati congiuntamente ai fini di una efficace ricostruzione della vicenda processuale e di una migliore comprensione delle censure del ricorrente. Allorche’ infatti le sentenze di primo e secondo grado concordino, come in specie, nell’analisi e nella valutazione degli elementi di prova posti a fondamento delle rispettive decisioni, la struttura motivazionale della sentenza di appello si salda con quella precedente per formare un unico complesso corpo argomentativo (ex plurimis, Sez. 1, n. 8868 del 26/06/2000, Sangiorgi, Rv. 216906; cfr. da ult. Sez. 5, n. 40005 del 07/03/2014, Lubrano Di Giunno, Rv. 260303).
4.1.1. Cio’ complessivamente posto, la causa di non punibilita’ potra’ ritenersi sussistente solo in presenza del duplice requisito della particolare tenuita’ dell’offesa e della non abitualita’ del comportamento, dovendosi desumere la particolare tenuita’ dell’offesa dalle modalita’ della condotta e dall’esiguita’ del danno o del pericolo, da valutarsi sulla base dei criteri indicati dall’articolo 133 c.p., ovvero: natura, specie, mezzi, oggetto, tempo, luogo ed ogni altra modalita’ dell’azione, gravita’ del danno o del pericolo cagionato alla persona offesa dal reato, intensita’ del dolo o grado della colpa (cfr. in motivazione, anche per ulteriori riferimenti, Sez. 3, n. 13218 del 20/11/2015, dep. 2016, Reggiani Viani, Rv. 266570; Sez. 3, n. 15449 del 08/04/2015, Mazzarotto, Rv. 263308).
Invero, e’ stato appunto precisato da questa Corte che il giudizio sulla tenuita’ richiede una valutazione complessa e congiunta di tutte le peculiarita’ della fattispecie concreta, che tenga conto, ai sensi dell’articolo 133 c.p., comma 1, delle modalita’ della condotta, del grado di colpevolezza da esse desumibile e dell’entita’ del danno o del pericolo (Sez. U, n. 13681 del 25/02/2016, Tushaj, Rv. 266590).
4.1.2. In specie, trattasi di superamento di soglia di punibilita’, laddove quindi il grado di offensivita’ che da’ luogo a sanzione penale e’ gia’ stato valutato dal legislatore nella determinazione, appunto, di detto importo; cosicche’ potrebbe essere ritenuta di particolare tenuita’ solo un’omissione di ammontare vicinissimo a tale soglia (cfr. Sez. 3, n. 13218 cit.).
La soglia e’ superata per una percentuale del 5,68%. Oltre a cio’, il Tribunale di Lecce, sia pure nella contenuta gravita’ oggettiva della vicenda, ha correttamente inteso precisare, sotto il profilo dell’elemento soggettivo, che, se il reato e’ ritenuto a dolo generico, in specie l’imputato era perfettamente a conoscenza dell’obbligo di versamento gravante sul datore di lavoro. Al riguardo, egli ha deciso consapevolmente di non corrispondere il dovuto all’Inps, non ha contestato tra l’altro la doverosita’ delle somme, non ha prodotto documentazione diversa dalla quale eventualmente desumere la regolare posizione nelle corresponsioni previdenziali, ha lasciato infine decorrere il termine di operativita’ della causa di non punibilita’. In tal modo, ed in conclusione, ha confermato la precisa scelta di non adempiere all’obbligo.
In ogni caso, e per quanto possa rilevare, si osserva altresi’ che, quantunque sotto la soglia della rilevanza penale, analoghi comportamenti sono stati mantenuti e ripetuti negli anni.
Cio’ premesso, al di la’ degli aspetti meramente numerici appare impossibile scorgere una tenuita’ addirittura particolare del fatto, stante l’evidenziata non contestata intensita’ del dolo, elemento da valutare a norma dell’articolo 133 c.p., comma 1, siccome invero richiamato dal cit. articolo 131-bis c.p., comma 1.
5. La manifesta infondatezza dell’impugnazione non puo’ che condurre quindi all’inammissibilita’ del ricorso.
Tenuto altresi’ conto della sentenza 13 giugno 2000, n. 186, della Corte costituzionale e rilevato che, nella fattispecie, non sussistono elementi per ritenere che “la parte abbia proposto il ricorso senza versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilita’”, alla declaratoria dell’inammissibilita’ medesima consegue, a norma dell’articolo 616 c.p.p., l’onere delle spese del procedimento nonche’ quello del versamento della somma, in favore della Cassa delle ammende, equitativamente fissata in Euro 2.000,00.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 2.000,00 in favore della Cassa delle Ammende.

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