Corte di Cassazione, penale, Sentenza|15 febbraio 2021| n. 5920.
In tema di reati perseguibili a querela, ai fini della condanna del querelante alle spese sostenute dall’imputato assolto, è sempre necessario che quest’ultimo proponga la relativa domanda.
Sentenza|15 febbraio 2021| n. 5920
Data udienza 27 gennaio 2021
Integrale
Tag – parola chiave: Ingiuria – Assoluzione – Condanna del querelante alla rifusione delle spese processuali sostenute dall’imputato – Necessità di apposita istanza da parte dell’imputato – Assenza di colpa del querelante – Mancata attribuzione del fatto all’imputato – Annullamento senza rinvio
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE QUINTA PENALE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. PALLA Stefano – Presidente
Dott. SESSA Renata – Consigliere
Dott. SCORDAMAGLIA Irene – Consigliere
Dott. MOROSINI E. M. – rel. Consigliere
Dott. FRANCOLINI Giovanni – Consigliere
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
(OMISSIS), nato a (OMISSIS);
nel procedimento a carico di:
(OMISSIS), nato a (OMISSIS);
avverso la sentenza del 18/02/2019 del TRIBUNALE di CATANZARO;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
sentita la relazione svolta dal consigliere Elisabetta Maria Morosini;
lette le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale Dott. TASSONE Kate, che ha chiesto l’accoglimento del ricorso in relazione al punto §.1.2.;
lette le conclusioni del difensore dell’imputato, avv. (OMISSIS), che ha chiesto la inammissibilita’ o il rigetto del ricorso, la conferma della “colpa grave” del ricorrente e del risarcimento del danno in favore dell’imputato, l’assegnazione di una somma a titolo di risarcimento del danno per diffamazione in atti giudiziari con eliminazione dalla sentenza di tutte le frasi diffamatorie che esulano dal capo di imputazione, vittoria di spese ed onorari.
RITENUTO IN FATTO
1. Con la sentenza impugnata il Tribunale di Catanzaro, investito della impugnazione del querelante (OMISSIS) sul capo relativo alla condanna a proprio carico a rifondere le spese di rappresentanza e difesa sostenute dall’imputato, ha confermato la sentenza con la quale il Giudice di pace di Catanzaro, pronunciandosi, per la seconda volta, come giudice di rinvio, ha assolto (OMISSIS) dalla condotta di ingiuria per non aver commesso il fatto, provvedendo a regolare, nei termini appena ricordati, le spese processuali tra le parti private.
A tale fase processuale si e’ pervenuti attraverso i seguenti passaggi:
– con sentenza del 21 novembre 2014 il giudice di pace assolve (OMISSIS) perche’ non imputabile per vizio totale di mente ex articolo 88 c.p.. La persona offesa, querelante, (OMISSIS) Andreo non era costituita parte civile;
– con sentenza n. 34951 del 18/06/2015 la quinta sezione penale della Corte di cassazione, in accoglimento del ricorso proposto dall’imputato, annulla la decisione, ritenendola viziata sotto il profilo della omessa motivazione circa la sussistenza delle condizioni per una pronuncia di assoluzione ex articolo 129 c.p.p., comma 1;
– con sentenza del 22 aprile 2016 il giudice di pace, quale giudice di rinvio, proscioglie l’imputato per abolitio criminis della fattispecie di ingiuria ex Decreto Legislativo n. 7 del 2016;
– con sentenza n. 97753 del 07/02/2017 la prima sezione penale della Corte di cassazione, in accoglimento del ricorso dell’imputato, annulla nuovamente la decisione, perche’ con conforme al dictum della pronuncia rescindente che aveva imposto al giudice di rinvio di verificare la ricorrenza dei presupposti per una decisione integralmente liberatoria;
– con sentenza del 14 novembre 2017 il Giudice di pace assolve l’imputato “per non aver commesso il fatto” e, a norma dell’articolo 542 c.p.p., condanna il querelante alla rifusione delle spese processuali sostenute dall’imputato che liquida nella somma complessiva di Euro 11.567,00 oltre accessori di legge;
– con la sentenza impugnata il Tribunale conferma la statuizione di condanna del querelante.
2. Avverso il capo della sentenza contenente le statuizioni civili ricorre (OMISSIS), tramite il difensore, proponendo un motivo con il ricorso principale e un motivo aggiunto con la memoria del 29 febbraio 2020, inviata tramite posta elettronica certificata in data 11 marzo 2020.
Il ricorrente denuncia violazione di legge processuale e sostanziale.
A seguito della sentenza n. 423 del 1993 della Corte costituzionale, e’ possibile condannare il querelante al pagamento delle spese processuali solo allorche’ lo stesso versi in colpa nella presentazione della querela.
Nel caso di specie tale colpa non potrebbe essere ravvisata.
Con la querela il ricorrente aveva rappresentato due episodi uno successivo all’altro: in un primo momento (OMISSIS), brandendo una sega, aveva minacciato (OMISSIS) dicendogli “ti ammazzo bastardo”; in un secondo momento (OMISSIS) era tornato sul luogo del fatto accompagnato dalla polizia e si era sentito ripetere “bastardo hai investito mia sorella”. Il Pubblico ministero aveva esercitato l’azione penale nei confronti di (OMISSIS) citandolo dinanzi al giudice di pace solo per rispondere di questo secondo accadimento, che, tuttavia, il querelante, gia’ al momento della proposizione della querela, non aveva attribuito al (OMISSIS), tanto che in sede di deposizione testimoniale lo stesso querelante riferi’ di aver sentito la frase senza tuttavia essere riuscito ad individuarne l’autore.
Inoltre la misura delle spese liquidate era eccessiva perche’ comprensiva di una serie di attivita’ svolte nell’avvicendarsi dei giudizi dipeso solo dagli errori dei giudici di merito. Il Tribunale, nel rispondere all’omologo motivo di appello, aveva rilevato che gli importi liquidati rispettavano i parametri della tabella ministeriale, senza tuttavia comprendere il reale portato della doglianza che non contestava le voci liquidate, ma la liceita’ di un addebito di spese a carico del querelante per lo svolgimento di rilevanti prestazioni professionali prestate a favore dell’imputato nel succedersi dei gradi del giudizio conseguenti a ben due annullamenti da parte della Corte di cassazione, con il prodursi di una vicenda processuale non governabile dalla volonta’ del querelante, il cui unico apporto si era esaurito nel rendere testimonianza.
3. L’imputato, a mezzo del proprio difensore, ha depositato una articolata memoria recante l’intestazione “controricorso” con la quale chiede che:
– il ricorso del querelante venga dichiarato inammissibile sia perche’ la legge Orlando, limitando le facolta’ del soggetto danneggiato nel processo penale, non legittimerebbe il querelato alla proposizione del presente ricorso sia perche’ l’impugnazione sarebbe manifestamente infondata, versando il querelante in colpa per aver proposto querela nei confronti di una persona sapendola innocente;
– il ricorso venga rigettato;
– venga “confermata la colpa grave di (OMISSIS) e per l’effetto il risarcimento de danno patito dall’imputato come quantificato nella sentenza della quinta sezione penale della Corte di cassazione n. 34951 del 18/06/2015”;
– “venga assegnata una somma a mo’ di risarcimento del danno per diffamazione in atti giudiziari estraneo al capo di imputazione ai sensi dell’articolo 598 c.p. e per l’effetto eliminare dalla sentenza tutte le frasi diffamatorie che esulano dall’oggetto del capo di imputazione”.
Nello medesimo senso si pongono le ulteriori memorie depositate nell’interesse dell’imputato.
4. Nessuna delle parti ha avanzato richiesta di discussione orale per l’udienza odierna (e’ in atti una precedente istanza di trattazione che si riferisce ad un’udienza rinviata), dunque il processo segue il cd. “rito scritto” ai sensi del Decreto Legge n. 137 del 2020, articolo 23, comma 8. Il Procuratore generale e il difensore dell’imputato hanno trasmesso, a mezzo posta elettronica certificata, le rispettive conclusioni, formulando le richieste in epigrafe trascritte.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso e’ fondato.
2. Occorre anzitutto delimitare l’oggetto del presente giudizio.
Il capo della sentenza pronunciata dal Giudice di pace il 14 novembre 2017 -relativo alla assoluzione dell’imputato dalla condotta di ingiuria per non aver commesso il fatto – non e’ stato impugnato da alcuna parte ed e’ divenuto definitivo.
Si dibatte unicamente del capo della medesima sentenza che, ai sensi degli articoli 427 e 542 c.p.p., ha condannato il querelante (OMISSIS) (non costituito parte civile) alla rifusione delle spese processuali sostenute dall’imputato.
Va chiarito che il Giudice di pace aveva dichiarato “non luogo a provvedere” sulla richiesta di risarcimento danni avanzata dall’imputato, questa statuizione non e’ stata impugnata dall’imputato che quindi, in questa sede, non puo’ rivendicare pretese risarcitorie, ne’ avanzare altre istanze, mai formulate prima nelle forme e nei termini stabiliti a pena di decadenza.
3. Sempre in via preliminare e’ opportuno tracciare la disciplina del peculiare istituto qui in rilievo, nonche’ il regime delle impugnazioni.
3.1 In forza del combinato disposto degli articoli 427 e 542 c.p.p., per quanto qui interessa, quando si tratta di reato per il quale si procede a querela della persona offesa, con la sentenza di assoluzione perche’ il fatto non sussiste o l’imputato non lo ha commesso il giudice, quando ne e’ fatta domanda, condanna il querelante alla rifusione delle spese sostenute dall’imputato (cfr. in motivazione Sez. U, n. 41476 del 25/10/2005, Misiano).
Come si legge nella sentenza della Corte costituzionale n. 423 del 1993 la Consulta “ha piu’ volte esaminato (sia in riferimento al codice previgente che a quello attuale) la disciplina sulla responsabilita’ del querelante in ordine alle spese del procedimento anticipate dallo Stato in caso di proscioglimento dell’imputato, escludendo chiaramente ogni ipotesi di responsabilita’ obiettiva del querelante fondata sul mero dato della causalita’ materiale (per cui le spese ricadono sulla parte che ad esse ha dato causa), anche in assenza di qualsiasi colpa, leggerezza o temerarieta’ rimproverabile a chi abbia esercitato il diritto di querela.
Sulla base di tale principio e’ stata dichiarata l’illegittimita’ delle norme che imponevano in ogni caso la condanna del querelante nell’ipotesi di proscioglimento dell’imputato conseguente a querela contro ignoti per un reato realmente verificatosi (sent. n. 165 del 1974), o di proscioglimento per incapacita’ d’intendere e di volere (sent. n. 52 del 1975), o perche’ il fatto non costituisce reato (sent. n. 29 del 1992), ed infine, anche nel caso di proscioglimento per non aver commesso il fatto (quando risulti che l’attribuzione del reato all’imputato non sia in alcun modo ascrivibile a colpa del querelante: sent. n. 180 del 1993)”.
3.2. Seguendo le linee guida della Corte costituzionale, si e’ consolidato l’indirizzo della giurisprudenza di legittimita’ secondo cui la condanna del querelante al pagamento delle spese processuali sostenute dall’imputato, assolto per non aver commesso il fatto, deve essere preceduta da un motivato giudizio positivo sull’esistenza dell’elemento della colpa nell’esercizio del diritto di querela (da ultimo Sez. 2, n. 56929 del 03/10/2017, Sovrana, Rv. 271697).
Nella decisione da ultimo citata la seconda sezione ha chiarito che l’addebito di colpa non puo’ consistere in un rimprovero ex post, cio’ che viene censurato e’ la colpa, leggerezza o temerarieta’ rimproverabile in chi abbia esercitato il diritto di querela con riguardo al silenzio o alla sottovalutazione – quali condotte tenute al momento del “racconto” esposto in querela – di aspetti noti e rilevanti sul piano dei fatti (Sez. 2, n. 56929 del 03/10/2017, Sovrana, in motivazione).
A tale ultimo riguardo va subito evidenziato come siano irrilevanti, quindi, gli argomenti, di cui vi e’ traccia sia nella sentenza impugnata sia nella memoria dell’imputato, che fanno riferimento ai comportamenti osservati dal querelante nel corso del processo quali: la proposizione di eccezioni di nullita’ per omessa citazione della persona offesa, il tentativo fallito di costituzione di parte civile, la mancata remissione di querela.
3.3. Ai fini della condanna del querelante alle spese sostenute dall’imputato assolto e’ sempre necessario che quest’ultimo proponga la relativa domanda (Sez. 5, Sn. 42102 del 21/06/2011, Pineschi, Rv. 25170; Sez. 6, n. 27494 del 27/03/2009, Tragnoni, Rv. 244525).
3.4. L’articolo 576 c.p.p., comma 2, riconosce al querelante condannato a norma dell’articolo 542 c.p.p., la legittimazione a impugnare il relativo capo della sentenza.
E’ pacifico che tale facolta’ viene attribuita al querelante anche se non costituito parte civile, considerata lâEuroËœendiadi che forma la rubrica dell’articolo 576 c.p.p., “impugnazione della parte civile e del querelante”, nel rispetto del principio generale per il quale la parte soccombente in primo grado deve disporre di uno strumento per reagire alla condanna e sollecitare un controllo (cfr. in motivazione Sez. U, n. 41476 del 25/10/2005, Misiano).
La norma e’ tuttora in vigore, ne consegue che, diversamente da quanto sostenuto dal difensore dell’imputato, il querelante e’ legittimato ad impugnare il capo in rassegna ed ha interesse a farlo in ragione della propria soccombenza.
3.5. Tale principio va coniugato, poi, con i caratteri e i limiti del mezzo di impugnazione coltivato.
In particolare per il ricorso per cassazione, essendo impugnata una sentenza pronunciata dopo l’entrata in vigore del Decreto Legislativo n. 11 del 2018, opera la previsione dell’articolo 606 c.p.p., nuovo comma 2 bis, in forza della quale: “Contro le sentenze di appello pronunciate per reati di competenza del giudice di pace, il ricorso puo’ essere proposto soltanto per i motivi di cui al comma 1, lettera a), b) e c)”.
Questo significa che, a parte l’ipotesi qui non in rilievo della lettera a), sono deducibili solo violazioni di legge sostanziale o processuale (compresa la carenza assoluta di motivazione) mentre non sono deducibili vizi della motivazione (Sez. 5, n. 22854 del 29/04/2019, De Bilio, Rv. 275557).
4. Nel caso di specie, le sentenze di primo e di secondo grado sono viziate sotto il dedotto profilo della violazione di legge, per aver condannato il querelante alla rifusione delle spese di rappresentanza e difesa sostenute dall’imputato, in difetto di tempestiva istanza dell’imputato e, in ogni caso, in assenza di “colpa”.
5. Al fine di un corretto inquadramento della vicenda, e’ necessario ripercorrere le scansioni processuali in cui si e’ articolato il processo, gli esiti decisori che si sono susseguiti, nonche’ le ragioni della decisione impugnata.
5.1. Le scansioni processuali e gli esiti decisori.
5.1.1. Il fatto contestato all’imputato consiste nell’aver offeso (OMISSIS) dicendogli: “bastardo hai investito mia sorella”.
5.1.2. Nel processo di primo grado, all’udienza del 21 novembre 2014, il difensore dell’imputato, nel formulare le proprie conclusioni, non presenta istanza di condanna. del querelante alla rifusione delle spese processuali (ne’ tantomeno al risarcimento del danno).
Il giudizio di primo grado si conclude con una sentenza di assoluzione dell’imputato per difetto di imputabilita’ ex articolo 88 c.p..
La decisione viene annullata dalla Corte di cassazione, adita dall’imputato, per omessa valutazione del profilo della responsabilita’, prima di considerare il profilo della imputabilita’.
5.1.3. Il processo torna dinanzi al Giudice di pace.
In sede di rinvio, all’udienza del 22 aprile 2016, il difensore dell’imputato presenta, per la prima volta, richiesta di condanna del querelante ex articolo 542 c.p.p..
Il giudice di rinvio pronuncia sentenza di assoluzione dell’imputato per aboliti criminis, non essendo piu’ previsto il fatto di ingiuria come reato, ai sensi del Decreto Legislativo n. 7 del 2016.
La Corte di cassazione, investita del ricorso promosso dall’imputato, annulla nuovamente la sentenza, sul rilievo che il giudice di rinvio non si era uniformato al dictum della prima sentenza rescindente che gli imponeva di valutare, in via prioritaria, la responsabilita’ dell’imputato.
5.1.4. Si torna ancora dinanzi al Giudice di pace.
All’udienza del 14 novembre 2017, il difensore dell’imputato formula istanza di condanna del querelante ex articolo 542 c.p.p..
Il giudice di pace assolve l’imputato “per non aver commesso il fatto” e, in accoglimento della richiesta dell’imputato, condanna il querelante alla rifusione delle spese sostenute dall’imputato che liquida in complessivi Euro Euro 11.367,00 oltre accessori di legge; dichiara non luogo a provvedere sulla connessa istanza di risarcimento danni, punto della sentenza che non e’ stato impugnato dall’imputato e che, quindi, come detto, non puo’ trovare ingresso in questa sede (cfr. sopra paragrafo 2).
5.1.5. Con la sentenza impugnata il Tribunale ha confermato la statuizione di condanna del querelante, ritenendo che lo stesso versasse in colpa.
5.2. Le ragioni della decisione di condanna.
5.2.1. Va ribadito che nell’ambito delle plurime circostanze denunciate in querela, il Pubblico ministero ha ritenuto di esercitare l’azione penale nei confronti di (OMISSIS) unicamente per lo specifico fatto di aver offeso (OMISSIS) dicendogli: “bastardo hai investito mia sorella”.
E’ pacifico che nella querela (OMISSIS), che aveva attribuito a (OMISSIS) altra frase (estranea al processo), non indica l’autore della frase incriminata.
(OMISSIS) nel verbale dell’udienza del 18 luglio 2014 afferma di non sapere chi abbia pronunciato frase, in quello dell’udienza del 11 febbraio 2015 attribuisce la paternita’ dell’offesa a (OMISSIS), in riferimento all’investimento della sorella (OMISSIS).
Proprio in conformita’ con tali emergenze istruttorie (unitamente ad altri elementi tratti dalle dichiarazioni della polizia giudiziaria), il giudice di pace ha assolto l’imputato con la formula “per non aver commesso il fatto”, cosi’ riconoscendo che l’offesa e’ stata fatta, ma non da parte di (OMISSIS).
5.2.1. Sono dunque sganciate da tali premesse fattuali le valutazioni dei giudici di primo e di secondo grado che attribuiscono al querelante una colpa, che, in relazione allo specifico fatto contestato, si rivela, all’evidenza, insussistente: (OMISSIS), in querela non ha attribuito all’imputato quello specifico fatto di ingiuria per il quale il Pubblico ministero ha esercitato l’azione penale (ne’ peraltro lo ha fatto successivamente).
Torna allora applicabile il principio per cui nel caso di proscioglimento per non aver commesso il fatto il querelante non puo’ essere condannato alla rifusione delle spese di rappresentanza e difesa sostenute dall’imputato quando risulti che l’attribuzione del reato all’imputato non sia ascrivibile a colpa del querelante (cfr. Corte Cost. sent. n. 180 del 1993, sopra cit.).
6. In conclusione la sentenza deve essere annullata relativamente al capo impugnato dal querelante per le seguenti violazioni di legge:
– manca una tempestiva domanda di condanna del querelante formulata dal difensore dell’imputato all’esito del giudizio di primo grado (cfr. sopra paragrafi 3.3. e 5.2.); si tratta di questione di inammissibilita’ della domanda derivante da preclusione processuale, come tale rilevabile di ufficio in ogni stato e grado del procedimento;
– i giudici di merito incorrono in un palese errore giuridico. Il querelante non versa in colpa, perche’ egli mai ha attribuito quel fatto all’imputato, ne’ nella querela (in cui spiega di non aver capito da chi giungesse l’ingiuria), ne’ nel corso dell’istruttoria.
7. Discende l’annullamento senza rinvio della sentenza impugnata relativamente alla condanna del querelante (OMISSIS) al pagamento delle spese processuali, perche’ difetta una tempestiva istanza dell’imputato e, in ogni caso, risulta ictu oculi che il querelante non versa in colpa.
P.Q.M.
Annulla la sentenza impugnata senza rinvio relativamente alla condanna del querelante (OMISSIS) al pagamento delle spese processuali, condanna che elimina.
In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.
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