Corte di Cassazione, penale, Sentenza|29 aprile 2021| n. 16354.
In tema di provvedimenti camerali, non è prospettabile un contrasto tra dispositivo e motivazione, in quanto in essi manca il dispositivo, inteso come atto dotato di autonoma rilevanza, e, pertanto, il contenuto della decisione del giudice è racchiuso nell’intero contesto del provvedimento.
Sentenza|29 aprile 2021| n. 16354
Data udienza 11 gennaio 2021
Integrale
Tag – parola chiave: In tema di provvedimenti camerali – Misure cautelari personali – Provvedimenti emessi all’esito di udienza in camera di consiglio – Contrasto tra dispositivo e motivazione – Configurabilità – Esclusione – Ragioni
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA PENALE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. RAMACCI Luca – Presidente
Dott. GALTERIO Donatella – Consigliere
Dott. GAI Emanuela – Consigliere
Dott. MENGONI Enrico – Consigliere
Dott. ANDRONIO A. M. – rel. Consigliere
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
(OMISSIS), nato a (OMISSIS);
avverso l’ordinanza del 06/10/2020 del Tribunale di Lecce;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere Dott. Alessandro Maria Andronio;
letta la requisitoria del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale Dott. Molino Pietro, ai sensi del Decreto Legge n. 137 del 2020, articolo 23, comma 8, che ha concluso chiedendo che il ricorso sia dichiarato inammissibile.
RITENUTO IN FATTO
“In tema di provvedimenti camerali”
1. Con ordinanza del 6 ottobre 2020, il Tribunale di Taranto ha rigettato l’appello proposto dall’imputato avverso il provvedimento del 4 settembre 2020, con cui la Corte di appello di Lecce aveva rigettato l’istanza di declaratoria di inefficacia della misura cautelare della custodia in carcere, disposta a carico dello stesso imputato in relazione ai reati di cui al Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articoli 74 e 73; reati per i quali l’imputato e’ stato condannato in appello, con il riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche, alla pena di 12 anni, 9 mesi e 10 giorni di reclusione.
2. Avverso l’ordinanza, l’imputato ha proposto, tramite il difensore, ricorso per cassazione, lamentando, con unico motivo di doglianza, la violazione degli articoli 125, 292, 300, 309 c.p.p., nonche’ vizi della motivazione sulla ritenuta esistenza del giudicato cautelare. La difesa sostiene che il titolo cautelare era ancorato solo a condotte riconducibili al Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 73 in relazione alle quali, una volta effettuata la riduzione per il rito abbreviato, era stato applicato un aumento per la continuazione rispetto al reato base di cui al Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 74 di 3 anni, 9 mesi e 10 giorni di reclusione. Secondo la prospettazione difensiva, poiche’ la custodia cautelare durava in interrottamente dall’11 ottobre 2016, la pena per il reato che la supportava avrebbe dovuto essere ritenuta interamente espiata, ai sensi dell’articolo 300 c.p.p., comma 4. Si lamenta che la Corte d’appello aveva ritenuto infondato tale assunto difensivo, perche’ aveva richiamato un’ordinanza emessa dal Tribunale del riesame di Lecce a seguito di impugnazione ex articolo 310 c.p.p., con la quale si affermava che la mancanza del dispositivo dell’ordinanza genetica delle indicazioni del reato associativo era frutto di un mero errore. Si sostiene che il Tribunale del riesame avrebbe ritenuto sussistente il giudicato cautelare rispetto ad un’ordinanza resa ai sensi dell’articolo 310 c.p.p. ed avente oggetto la concessione degli arresti domiciliari presso una comunita’ terapeutica di recupero, nella quale, del tutto incidentalmente, si era affermata l’esistenza del titolo custodiale anche per il reato di cui al Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 74. Si contesta altresi’ l’affermazione secondo cui non vale per le ordinanze quanto previsto per le sentenze in caso di contrasto tra motivazione e dispositivo, con conseguente possibile prevalenza della motivazione. Ne’ si sarebbe comunque proceduto ad una correzione di errore materiale nell’ordinanza genetica.
CONSIDERATO IN DIRITTO
“In tema di provvedimenti camerali”
1. Il ricorso e’ inammissibile.
Il Tribunale evidenzia che l’interessato, con istanza formulata ai sensi dell’articolo 300 c.p.p., comma 4, aveva chiesto la declaratoria di inefficacia della misura cautelare applicatagli, ritenendosi sottoposto a misura cautelare custodiale dall’11 ottobre 2016, in esecuzione di un’ordinanza applicativa del Gip del Tribunale di Lecce del 22 settembre 2016 solo per i capi A5, A6, A28, A29, A33 dell’imputazione, tutti i relativi a reati Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, ex articolo 73. La Corte d’appello, quale giudice procedente, aveva respinto tale istanza evidenziando che il Tribunale di riesame, con provvedimento del 22 luglio 2017, aveva rigettato la richiesta di sostituzione della misura della custodia cautelare con altra meno afflittiva, precisando che, per mero errore materiale, nell’ordinanza genetica erano stati indicati sono i reati-fine e non anche il diritto associativo. Su tale presupposto, la Corte d’appello ha chiarito che il termine massimo della custodia cautelare, tenuto conto dei periodi di sospensione spirera’ nell’anno 2024. Del tutto correttamente sia la Corte d’appello, giudice procedente, sia il Tribunale – nel rigettare l’appello cautelare – hanno richiamato, sul punto, il principio secondo cui, in tema di provvedimenti camerali, non e’ prospettabile un contrasto tra dispositivo e motivazione poiche’ in essi manca il dispositivo inteso come atto dotato di autonoma rilevanza, e, quindi, il contenuto della decisione del giudice e’ racchiuso nell’intero contesto del provvedimento (ex multis, Sez. 1, n. 11873 del 19/12/2014, dep. 20/03/2015, Rv. 262885; Sez. 1, n. 8071 del 11/02/2010, Rv. 246570). Piu’ in generale, deve affermarsi che il contrasto fra motivazione e dispositivo nel provvedimento camerale – sia esso ordinanza o sentenza – si risolve dando prevalenza’alla motivazione in quanto il contenuto della decisione e’ racchiuso nell’intero contesto del provvedimento.
Oltre a tali principi, che devono essere qui ribaditi, trova applicazione anche il principio del cosiddetto “giudicato cautelare”, in forza del quale, poiche’ l’interpretazione data dal Tribunale nel procedimento di appello cautelare in relazione ai reati posti a fondamento della misura non e’ stata oggetto di impugnazione da parte della difesa, tale interpretazione non poteva essere contestata nel presente procedimento.
2. Il ricorso, per tali motivi, deve essere dichiarato inammissibile. Tenuto conto della sentenza 13 giugno 2000, n. 186, della Corte costituzionale e rilevato che, nella fattispecie, non sussistono elementi per ritenere che “la parte abbia proposto il ricorso senza versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilita’”, alla declaratoria dell’inammissibilita’ medesima consegue, a norma dell’articolo 616 c.p.p., l’onere delle spese del procedimento nonche’ quello del versamento della somma, in favore della Cassa delle ammende, equitativamente fissata in Euro 3.000,00.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 3.000,00 in favore della Cassa delle ammende.
Manda alla cancelleria per gli adempimenti di cui all’articolo 94 disp. att. c.p.p., comma 1 ter.
Si da’ atto che, ai sensi dell’articolo 546 c.p.p., comma 2, conformemente alle indicazioni contenute nel decreto del Primo Presidente, n. 163/2020 del 23 novembre 2020 – recante “Integrazione linee guida sulla organizzazione della Corte di cassazione nella emergenza COVID-19 a seguito del Decreto Legge n. 137 del 2020” – la presente ordinanza viene sottoscritta dal solo presidente del collegio per impedimento dell’estensore.
In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.
Leave a Reply