In tema di ottemperanza per aversi elusione del giudicato

Consiglio di Stato, sezione sesta, Sentenza 11 ottobre 2019, n. 6911.

La massima estrapolata:

In tema di ottemperanza per aversi elusione del giudicato occorre che l’attività posta in essere dall’Amministrazione sia contrassegnata da uno sviamento diretto ad aggirare le prescrizioni stabilite con la decisione passata in giudicato.

Sentenza 11 ottobre 2019, n. 6911

Data udienza 10 ottobre 2019

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale
Sezione Sesta
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 1212 del 2019, proposto da
Comune di (omissis), in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall’avvocato Ca. Bi., con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
contro
An. Sa., rappresentato e difeso dall’avvocato Da. Ro., con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
nei confronti
Am. Ba., Commissario Ad Acta non costituiti in giudizio;
per la riforma
della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per la Liguria n. 00008/2019, resa tra le parti, concernente Ricorso proposto per l’esecuzione del giudicato formatosi sulla sentenza n° 3566/2009 del TAR Liguria, depositata in data 9 dicembre 2009 integralmente confermata dalla sentenza n° 5732/2013 del Consiglio di Stato, depositata in data 2 dicembre 2013.
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio di An. Sa.;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nella camera di consiglio del giorno 10 ottobre 2019 il Cons. Davide Ponte e uditi per le parti gli avvocati Am. in dichiarata delega di Bi. Ca. e Fe. St. in delega espressa di Ro. Da.;
Rilevato in fatto che:
– il Comune odierno appellante agisce al fine di ottenere l’annullamento o la riforma della sentenza del Tar Liguria, n. 8/2019;
– con tale pronuncia il Tar ha accolto il ricorso con cui l’odierna parte appellata, in qualità di proprietario dell’immobile confinante, ha chiesto l’esecuzione del giudicato della sentenza dello stesso Tar (n. 3566 del 9 dicembre 2009, confermata all’esito del giudizio di appello con sentenza sez. IV, 5732/2013) con cui erano stati annullati il permesso in sanatoria n. 38 del 24 settembre 2004 e l’autorizzazione paesistico-ambientale n. 9 del 13 febbraio 2004, titoli relativi all’intervento edilizio di “riqualificazione” della veranda annessa all’immobile di proprietà della signora Am. Ba., ubicato nel Comune di (omissis), Via (omissis);
– da tali pronunce, oggetto di domanda di ottemperanza, emergeva come il manufatto, originariamente realizzato in legno e vetro, fosse stato abbattuto e sostituito con una struttura di laterizio e cemento, con abbassamento del piano di calpestio e aumento di volume;
– annullati i titoli in base ai quali era stata mutata la sagoma e la volumetria, l’unico titolo edilizio legittimante la veranda era costituito dal condono del 23 marzo 1995, ai connotati del quale pertanto la veranda doveva essere riportata;
– con la sentenza qui impugnata il Tar ha dichiarato la nullità dei titoli rilasciati in seguito per le opere di ritorno alla consistenza precedente ed ordinato l’esecuzione della sentenza, accompagnata dalla nomina di un commissario ad acta;
– avverso tale pronuncia parte appellante deduce tre vizi, in termini di violazione degli art. 112 ss cod proc amm e diversi profili di eccesso di potere avendo la p.a. avviato l’esecuzione degli atti conseguenti, nonché per mancata deduzione ed indicazione di vizi di elusione nei titoli dichiarati nulli nonché per inammissibilità del ricorso originario:
– la sola parte appellata sig Sacco si costituivano in giudizio chiedendo la declaratoria di improcedibilità ed il rigetto dell’appello;
– alla camera di consiglio del 10\10\2019 la causa passava in decisione.
Considerato in diritto che:
– preliminarmente, è infondata l’eccezione di improcedibilità, formulata da parte appellata a fronte dell’avvenuta demolizione della veranda;
– infatti, se così opinando parte appellata dimostra di perseguire un intento elusivo del giudicato, in quanto teso a mantenere lo status quo invocato (comportante la totale demolizione della veranda), quest’ultima situazione è contraria agli effetti diretti del giudicato in questione, all’esito del quale è pacifico come la veranda debba tornare alla consistenza derivante dall’unico titolo legittimante la stessa, il condono del 1995, richiamato dalle stesse sentenze di cui è stata chiesta l’esecuzione nel presente giudizio di ottemperanza;
– nel merito l’appello è prima facie fondato in relazione ai primi due assorbenti motivi di appello;
– sotto il primo profilo, il Comune è stato tutt’altro che inerte, tanto da aver esaminato la pratica svolgendo un’attività istruttoria all’esito della quale sono stati rilasciati i nuovi titoli, necessari a legittimare le attività di materiale esecuzione del dictum giudiziale, specie in un contesto di vincolo quale quello in esame;
– sotto il secondo profilo, la pronuncia appellata risulta priva di qualsiasi concreta individuazione degli elementi in base ai quali rilevare il presunto contrasto fra il dictum da eseguire e gli esiti dell’attività procedimentale;
– in proposito, rispetto ad una generica e contraddittoria affermazione quale quella posta a base della decisione (“Gli atti adottati dall’amministrazione non rispettano gli obblighi derivanti dal giudicato atteso che, come emerso nel giudizio, il progetto di demolizione e ricostruzione presentato dalla controinteressata è stato oggetto di integrazioni e modifiche proprio perché, ancorché assentito dall’amministrazione, era diretto a realizzare una veranda di dimensioni superiori rispetto a quelle originarie”), risulta del tutto carente la verifica circa l’effettiva incongruenza fra l’originaria veranda condonata (cioè il manufatto da riportare in esistenza) e quanto assentito in base ai titoli genericamente dichiarati elusivi;
– in materia, la declaratoria di nullità, cioè della forma più grave di invalidità degli atti amministrativi, deve basarsi su di una attenta verifica, nel caso anche in termini di approfondimento istruttorio, ed esame degli elementi di fatto prodotti;
– al riguardo, è noto come per aversi elusione del giudicato occorra che l’attività posta in essere dell’Amministrazione sia contrassegnata da uno sviamento diretto ad aggirare le prescrizioni stabilite con la decisione passata in giudicato (cfr. ad es. Consiglio di Stato, sez. VI, 1/4/2016, n. 1294);
– nel caso di specie la sentenza non indica alcuno degli elementi in base ai quali ipotizzare il necessario sviamento ed accertare la contrarietà fra la veranda originaria, legittimata, ed il progetto da ultimo approvato;
– alla luce delle considerazioni che precedono, l’appello va accolto e, per l’effetto, va respinto il ricorso di primo grado;
– sussistono giusti motivi per procedere alla compensazione delle spese del doppio grado di giudizio.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale
Sezione Sesta, definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo accoglie e per l’effetto, in riforma della sentenza impugnata, respinge il ricorso di primo grado.
Spese del doppio grado di giudizio compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 10 ottobre 2019 con l’intervento dei magistrati:
Diego Sabatino – Presidente FF
Vincenzo Lopilato – Consigliere
Dario Simeoli – Consigliere
Francesco Gambato Spisani – Consigliere
Davide Ponte – Consigliere, Estensore

 

 

In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.

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