In tema di opposizione all’esecuzione

Corte di Cassazione, sezione terza civile, Sentenza 24 settembre 2019, n. 23623.

La massima estrapolata:

In tema di opposizione all’esecuzione, pur dopo l’abrogazione, ad opera della l. n. 69 del 2009, del divieto di appellabilità (introdotto, modificando l’art. 616, ultimo comma, c.p.c, dalla l. n. 52 del 2006) le sentenze del giudice di pace pronunciate, in ragione del valore della lite, secondo equità necessaria, sono sono appellabili esclusivamente per motivi limitati indicati dall’art. 339, comma 3 c.p.c.

Sentenza 24 settembre 2019, n. 23623

Data udienza 5 marzo 2019

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DE STEFANO Franco – Presidente

Dott. RUBINO Lina – Consigliere

Dott. ROSSETTI Marco – Consigliere

Dott. TATANGELO Augusto – Consigliere

Dott. D’ARRIGO Cosimo – rel. Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA
sul ricorso iscritto al n. 17488/2017 R.G. proposto da:
(OMISSIS), rappresentato e difeso da se’ stesso, con domicilio eletto in presso il suo studio (OMISSIS);
– ricorrente –
contro
(OMISSIS) s.p.a., in persona del legale rappresentante pro tempore;
– intimato –
Istituto Nazionale per la Previdenza Sociale – I.N.P.S., in persona del legale rappresentante pro tempore;
– intimato –
avverso la sentenza del Tribunale di Napoli, n. 5003, pubblicata il 2 maggio 2017.
Udita la relazione svolta nella pubblica udienza del 5 marzo 2019 dal Consigliere Cosimo D’Arrigo;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale Soldi Annamaria, che ha concluso chiedendo il rigetto del ricorso.

FATTI DI CAUSA

(OMISSIS) si rendeva assegnatario, in esito ad un pignoramento presso terzi, delle somme dovute dal (OMISSIS) s.p.a., terzo pignorato in quanto tesoriere, all’I.N.P.S..
In data 3 febbraio 2014 l’ordinanza di assegnazione veniva notificata al (OMISSIS), unitamente ad un atto di precetto. L’Istituto di credito proponeva opposizione, ai sensi dell’articolo 615 c.p.c., comma 1, eccependo, fra l’altro, la sopravvenuta inefficacia dell’ordinanza di assegnazione per decorso del termine previsto dal Decreto Legge 31 dicembre 1996, n. 669, articolo 14, comma 1-bis, convertito con modificazioni dalla L. 28 febbraio 1997, n. 30, introdotto dal Decreto Legge 30 settembre 2003, n. 269, convertito con modificazioni dalla L. 24 novembre 2003, n. 326.
L’I.N.P.S. si costituiva in adesione.
Il Giudice di pace accoglieva l’opposizione, dichiarando l’inefficacia dell’ordinanza di assegnazione.
L’ (OMISSIS) ha appellato la decisione, ma il Tribunale di Napoli ha dichiarato inammissibile il gravame, rilevando che, essendo la somma precettata inferiore ad Euro 1.100,00, la sentenza impugnata doveva considerarsi pronunciata secondo equita’. Sarebbe, dunque, spettato all’ (OMISSIS) individuare specificatamente i principi informatori o regolatori della materia rimasti violati; onere al quale l’ (OMISSIS) non aveva ottemperato, essendo infondata la dedotta violazione dell’articolo 6 CEDU.
Avverso tale decisione l’ (OMISSIS) proponeva ricorso per cassazione, articolato in due motivi. Le parti intimate non svolgevano attivita’ difensiva. Tuttavia, l’I.N.P.S. depositava una procura speciale in calce alla copia notificata del ricorso.

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. In via preliminare, deve essere esaminata d’ufficio la validita’ della costituzione in giudizio dell’I.N.P.S.,effettuata mediante il solo deposito in cancelleria di una procura speciale redatta su atto separato e materialmente congiunta alla copia del ricorso notificata a mezzo PEC all’Istituto, previa attestazione di conformita’ della notificazione.
Tale costituzione e’ irrituale e priva di effetti.
L’articolo 370 c.p.c. prevede, quale unica modalita’ di tramite la quale colui contro il quale e’ proposto il ricorso puo’ contraddire, la notificazione e il successivo deposito in cancelleria di un controricorso che deve essere redatto con gli stessi requisiti di forma e di sostanza del ricorso previsti dagli articoli 365 e 366 c.p.c., in quanto compatibili. In ipotesi, e’ possibile omettere la notificazione del controricorso (in mancanza della quale il controricorrente non puo’ presentare memorie, ma soltanto partecipare alla discussione orale), ma non e’ possibile omettere anche il deposito in cancelleria di un atto difensivo che corrisponda ai requisiti richiesti dall’articolo 370 c.p.c. Del resto, anche la procura alle liti e’ irrituale, in quanto nel ricorso per cassazione non e’ previsto che essa possa essere resa in calce al ricorso cui si intende resistere.
Pertanto, l’I.N.P.S. non e’ regolarmente costituita nel presente giudizio.
2. Nondimeno, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, in quanto privo dell’esposizione, ancorche’ sommaria, dei fatti di causa, sostituita dalla mera riproduzione testuale del contenuto di tutti gli atti processuali. Esso quindi non soddisfa i requisiti di cui all’articolo 366 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 6.
Il ricorso in esame, in particolare, va ascritto al genere dei c.d. ricorsi assemblati, ossia nei quali l’esposizione dei fatti di causa e’ sostituita dalla mera interpolazione grafica o dalla testuale riproduzione degli atti dei gradi di merito. Il ricorso per cassazione redatto mediante assemblaggio – cioe’ attraverso la pedissequa riproduzione dell’intero, letterale, contenuto degli atti processuali e’ carente del requisito di cui all’articolo 366 c.p.c., comma 1, n. 3, che non puo’, a fronte dell’utilizzo di tale tecnica, neppure essere desunto, per estrapolazione, dall’illustrazione del o dei motivi (Sez. 6 – 3, Sentenza n. 3385 del 22/02/2016, Rv. 638771). Cio’ in quanto la tecnica di redazione mediante integrale riproduzione di una serie di documenti si traduce in un’esposizione dei fatti non sommaria, in violazione dell’articolo 366 c.p.c., comma 1, n. 3, e comporta un mascheramento dei dati effettivamente rilevanti, tanto da risolversi in un difetto di autosufficienza (Sez. 5, Sentenza n. 18363 del 18/09/2015, Rv. 636551).
Tale elaborazione giurisprudenziale e’ peraltro conforme a quanto gia’ ritenuto dalle Sezioni unite, secondo cui, ai fini del requisito di cui all’articolo 366 c.p.c., comma 1, n. 3, la pedissequa riproduzione dell’intero, letterale contenuto degli atti processuali e’, per un verso, del tutto superflua, non essendo affatto richiesto che si dia meticoloso conto di tutti i momenti nei quali la vicenda processuale si e’ articolata; per altro verso, e’ inidonea a soddisfare la necessita’ della sintetica esposizione dei fatti, in quanto equivale ad affidare alla Corte, dopo averla costretta a leggere tutto (anche quello di cui non occorre sia informata), la scelta di quanto effettivamente rileva in ordine ai motivi di ricorso (Sez. U, Sentenza n. 5698 del 11/04/2012, Rv. 621813).
E’ pur vero che la mera interpolazione degli atti processuali, in se’ considerata, non determina automaticamente l’inammissibilita’ del ricorso, ma cio’ solo a condizione che il ricorso, al netto degli atti interamente inseriti al suo interno, contenga comunque una adeguata illustrazione dei fatti di causa. Nel caso in esame, invece, le brevi parti di raccordo fra i vari atti processuali integralmente riprodotti non sono riassuntive del contenuto degli stessi e quindi non bastano ad escludere l’inammissibilita’ del ricorso.
Il ricorso e’ quindi inammissibile, anche perche’, per soddisfare il requisito imposto dall’articolo 366 c.p.c., comma 1, n. 3, il ricorso per cassazione deve contenere l’esposizione chiara ed esauriente, sia pure non analitica o particolareggiata, dei fatti di causa, dalla quale devono risultare le reciproche pretese delle parti, con i presupposti di fatto e le ragioni di diritto che le giustificano, le eccezioni, le difese e le deduzioni di ciascuna parte in relazione alla posizione avversaria, lo svolgersi della vicenda processuale nelle sue articolazioni, le argomentazioni essenziali, in fatto e in diritto, su cui si fonda la sentenza impugnata e sulle quali si richiede alla Corte di cassazione, nei limiti del giudizio di legittimita’, una valutazione giuridica diversa da quella asseritamene erronea, compiuta dal giudice di merito. Il principio di autosufficienza del ricorso impone che esso contenga tutti gli elementi necessari a porre il giudice di legittimita’ in grado di avere la completa cognizione della controversia e del suo oggetto, di cogliere il significato e la portata delle censure rivolte alle specifiche argomentazioni della sentenza impugnata, senza la necessita’ di accedere ad altre fonti ed atti del processo, ivi compresa la sentenza stessa (Sez. 6 – 3, Ordinanza n. 1926 del 03/02/2015, Rv. 634266; Sez. 1, Sentenza n. 19018 del 31/07/2017, Rv. 645086).
3. In conclusione, il ricorso e’ inammissibile.
Non si fa luogo alla liquidazione delle spese del giudizio di legittimita’, poiche’ le parti non hanno svolto attivita’ difensiva. Conclusione che, per le ragioni innanzi esposte, va tenuta ferma anche per l’I.N.P.S., non ritualmente costituitosi.
Sussistono, invece, i presupposti per l’applicazione del Decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115, articolo 13, comma 1-quater, inserito dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, articolo 1, comma 17, sicche’ va disposto il versamento, da parte dell’impugnante soccombente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per l’impugnazione da lui proposta, senza spazio per valutazioni discrezionali (Sez. 3, Sentenza n. 5955 del 14/03/2014, Rv. 630550).
4. Nonostante la rilevata inammissibilita’ del ricorso, sussistono i presupposti per enunciare nell’interesse della legge, ai sensi dell’articolo 363 c.p.c., comma 3, il principio di diritto in relazione ad una questione posta nell’ambito del primo motivo.
Il Tribunale, in funzione di giudice d’appello, ha ritenuto inammissibile il gravame proposto dall’ (OMISSIS) sul duplice presupposto che, da un lato, la sentenza del giudice di pace fosse stata resa secondo equita’ e che, dall’altro, l’appellante non avesse ottemperato all’onere di dedurre specificatamente la sussistenza dei presupposti ricorrendo i quali soltanto, ai sensi dell’articolo 339 c.p.c., u.c., l’appello si sarebbe potuto ritenere ammissibile.
In relazione a tale statuizione, il ricorrente ha denunciato la violazione degli articoli 113, 339 e 616 c.p.c., nonche’ dell’articolo 15 disp. gen.. In particolare, l’ (OMISSIS) sostiene che il giudice d’appello non avrebbe colto il rapporto di specialita’ intercorrente tra l’articolo 339 c.p.c., comma 3 e l’articolo 616 c.p.c.. La L. 18 giugno 2009, n. 69, ha abrogato la parte finale dell’articolo 616 c.p.c., che prevedeva che l’opposizione all’esecuzione fosse decisa “con sentenza non impugnabile”. Ritiene il ricorrente che il “nuovo” articolo 616 c.p.c., quale risulta dalla riformulazione che ha reintrodotto l’appellabilita’ a critica libera della sentenza che definisce l’opposizione all’esecuzione, costituisca norma speciale e percio’ derogativi rispetto all’articolo 339 c.p.c., comma 3.
La censura e’ manifestamente infondata.
La L. 24 febbraio 2006, n. 52, modificando l’articolo 616 c.p.c., aveva posto la regola secondo cui il giudizio di opposizione all’esecuzione veniva deciso “con sentenza non impugnabile”. Conseguiva l’immediata ricorribilita’ della sentenza per cassazione ai sensi dell’articolo 111 Cost., comma 7.
Nel 2009, pero’, il legislatore ha ripristinato il precedente regime impugnatorio. Infatti, la L. 18 giugno 2009, n. 69, articolo 49, comma 2, ha soppresso l’ultimo periodo dell’articolo 616 c.p.c., con conseguente reintegrazione dell’esperibilita’ dell’appello.
In sostanza, le sentenze che hanno deciso opposizioni all’esecuzione pubblicate prima del 1 marzo 2006 erano appellabili; per quelle pubblicate successivamente vale la regola della non impugnabilita’ – ai sensi del nuovo testo dell’articolo 616, introdotta dalla L. 24 febbraio 2006, n. 52 (che sul punto ha modificato l’articolo 616 c.p.c.) – con conseguente ricorribilita’ per cassazione ai sensi dell’articolo 111 Cost.; infine, se il giudizio di primo grado era pendente alla data di entrata in vigore della L. 18 giugno 2009, n. 69, si applica l’articolo 49 di tale legge che, cancellando la modifica dell’articolo 616 c.p.c. apportata dalla L. n. 52 del 2006, ha eliminato la previsione della non impugnabilita’, ripristinando l’appellabilita’ delle pronunce di primo grado (Sez. 2, Ordinanza n. 20324 del 27/09/2010, Rv. 615254; Sez. 6 – 3, Ordinanza n. 17321 del 17/08/2011, Rv. 619640; Sez. 3, Ordinanza n. 14502 del 30/06/2011, Rv. 618524).
Cio’ posto, deve certamente escludersi che il legislatore del 2009 abbia inteso configurare un regime speciale di impugnazione delle sentenze pronunciate ai sensi dell’articolo 616 c.p.c..
Al contrario, abrogando la regola della non impugnabilita’ introdotta nel 2006, ha semplicemente ripristinato la vigenza della regola generale di cui all’articolo 339 c.p.c., comma 1. Regola che, all’evidenza, non deroga a quanto previsto dal comma 3 della medesima disposizione, ponendosi rispetto alla stessa, al contrario, in rapporto di regola generale e regola speciale.
Pertanto, ai sensi dell’articolo 363 c.p.c., comma 3, deve essere enunciato il seguente principio:
“In tema di opposizione all’esecuzione, pur dopo l’abrogazione, ad opera della L. 18 giugno 2009, n. 69, del divieto di appellabilita’ (introdotto, modificando l’articolo 616 c.p.c., u.c., dalla L. 24 febbraio 2006, n. 52), le sentenze del giudice di pace pronunciate, in ragione del valore della lite, secondo equita’ necessaria sono appellabili solo per le ragioni indicate dall’articolo 339 c.p.c., comma 3, ossia con motivi limitati”.

P.Q.M.

dichiara inammissibile il ricorso.
Ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1 quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, articolo 1, comma 17 da’ atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso articolo 13, comma 1-bis.

 

In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.

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