Corte di Cassazione, penale, Sentenza|24 febbraio 2021| n. 7093.
In tema di omicidio colposo commesso con violazione delle norme sulla circolazione stradale, il rispetto del limite massimo di velocità consentito non esclude la responsabilità del conducente qualora la causazione dell’evento sia comunque riconducibile alla violazione delle regole di condotta stabilite dall’art. 141 cod. strada. (Fattispecie in cui la Corte ha ritenuto esente da censure la sentenza che aveva affermato la responsabilità per omicidio colposo, ai danni di un pedone, del conducente che, pur viaggiando a velocità moderata, aveva omesso, attese le condizioni metereologiche avverse, il centro abitato e la ridotta visibilità, di tenere una condotta di guida tale da potergli consentire di avvistare per tempo il pedone ed arrestare il mezzo).
Sentenza|24 febbraio 2021| n. 7093
Data udienza 27 gennaio 2021
Integrale
Tag – parola chiave: CIRCOLAZIONE STRADALE – RESPONSABILITA’ DA SINISTRI STRADALI – RESPONSABILITA’ DA SINISTRI STRADALI (IN GENERE)
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE QUARTA PENALE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. CIAMPI Francesco Maria – Presidente
Dott. FERRANTI Donatella – Consigliere
Dott. PEZZELLA Vincenzo – rel. Consigliere
Dott. RANALDI Alessandro – Consigliere
Dott. BRUNO Mariarosaria – Consigliere
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
(OMISSIS), nato a (OMISSIS);
avverso la sentenza del 27/09/2019 della CORTE APPELLO di PALERMO;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere Dott. VINCENZO PEZZELLA;
lette le conclusioni scritte per l’udienza senza discussione orale (Decreto Legge n. 137 del 2020, articolo 23) del PM in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. Delia Cardia che ha chiesto il rigetto del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
1. Con sentenza del 27/9/2019 la Corte di Appello di Palermo confermava la sentenza con cui il 27/9/2017 il giudice monocratico del tribunale di Palermo aveva condannato (OMISSIS), concessegli le circostanze attenuanti generiche, alla pena di un anno di reclusione, con il beneficio della sospensione condizionale della stessa e della non menzione della condanna nel certificato del casellario giudiziale per il delitto di cui all’articolo 589 c.p., comma 2, “perche’, alla guida del ciclomotore Aprilia Scarabeo tg. (OMISSIS), in condizioni metereologiche avverse a causa della pioggia ed in un tratto stradale carente di illuminazione pubblica, in centro abitato ed in corrispondenza di transito pedonale, in violazione dell’articolo 141 C.d.S., commi 1, 2 e 4, non manteneva una condotta di guida idonea alla sicurezza della circolazione stradale, investendo il pedone (OMISSIS) e cagionandone il decesso. Fatto avvenuto in (OMISSIS)”.
2. Avverso tale provvedimento ha proposto ricorso per Cassazione, a mezzo del proprio difensore di fiducia, il (OMISSIS), deducendo i motivi di seguito enunciati nei limiti strettamente necessari per la motivazione, come disposto dall’articolo 173 disp. att. c.p.p., comma 1.
Il ricorrente deduce violazione dell’articolo 43 c.p. e vizio di motivazione in ordine alla riconosciuta condotta colposa e alla evitabilita’ dell’evento tenuto conto delle scarse condizioni di visibilita’ del pedone, a causa della illuminazione pubblica solo parziale, e dell’attraversamento pedonale, della ridotta velocita’ tenuta dall’imputato rivelata dall’assenza di tracce di frenata e di lesioni agli arti della vittima, deceduta per la ferita alla testa seguita alla caduta e, infine, dell’assenza di testimoni diretti del sinistro. La Corte palermitana, secondo il ricorrente non avrebbe individuato quale avrebbe potuto essere il comportamento di guida alternativo e virtuoso.
Chiede, pertanto, l’annullamento della sentenza impugnata.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. I motivi sopra illustrati sono infondati e, pertanto, il proposto ricorso va rigettato.
2. Ed invero, trattandosi di doppia conforme affermazione di responsabilita’, occorre riferirsi alle due sentenze di merito che costituiscono un unitario corpo motivazionale atteso anche il richiamo esplicito effettuato dalla Corte territoriale alle considerazioni del primo giudice.
La censura sviluppata dalla difesa e’ tesa ad affermare che l’incidente e il conseguente evento mortale fossero inevitabili a fronte di una condotta di guida che risultava rispettosa delle prescrizioni del codice stradale o, quantomeno, in assenza di emergenze contrarie.
Incontestate apparendo la dinamica del sinistro e l’assenza di comportamenti inappropriati della vittima, che transitava sulla sede stradale utilizzando l’apposito attraversamento pedonale, i giudici di merito hanno soffermato la loro attenzione su alcune circostanze ritenute decisive per individuare l’addebito di colpa: a. le strisce pedonali, per quanto sbiadite, erano comunque visibili; b. anche riconosciuto che un lampione fosse spento, le condizioni di visibilita’ erano sufficientemente garantite dall’illuminazione del lampione che precedeva l’area del sinistro, dai fari del ciclomotore e da fonti di luce di circostanti abitazioni e negozi, tenuto conto della centralita’ della strada in cui si e’ verificato l’incidente mortale.
Ricorda, in particolare, la Corte territoriale:
1. che nella documentazione fotografica in atti (allegata alla relazione redatta dalla polizia municipale) si possono vedere con chiarezza le strisce pedonali interessate dal sinistro, che, seppur parzialmente sbiadite, appaiono pur sempre visibili;
2. che gli accertamenti di p.g. sono stati effettuati soltanto l’indomani a causa della pioggia insistente che vi era stata la sera in cui era avvenuto il sinistro, pioggia che “aveva reso difficoltoso vedere il tratto di strada ove era successo l’incidente” (cfr. teste della p.m. (OMISSIS), ed anche teste (OMISSIS), sempre della p.m., all’ud. del 14/10/15); comunque nel corso di detto sopralluogo e’ pacifico che non sono state rinvenute tracce di frenata o altri elementi riferibili al sinistro;
3. che sui luoghi vi era piuttosto buio per un guasto all’impianto di illuminazione pubblica (sempre teste (OMISSIS) e teste (OMISSIS)): in particolare, come si evince dalla planimetria in atti (redatta dalla polizia municipale), dei due lampioni posti nelle vicinanze dell’attraversamento pedonale, uno era spento mentre l’altro era funzionante;
4. che il teste (OMISSIS) (cfr. sit del 7/2/12) ha riferito di essere subito accorso sui luoghi e di aver rinvenuto il pedone riverso per terra a circa 3 metri dall’attraversamento pedonale di che trattasi (“oltre l’attraversamento”, ha precisato, intendendo evidentemente rispetto al senso di marcia del motociclo), ed il motociclo medesimo “al centro della carreggiata, posto tra l’attraversamento pedonale ed il pedone investito”.
Tutte queste circostanze, unitamente al fatto che resta indubbio che il (OMISSIS) ebbe a morire a causa delle lesioni riportate a seguito del sinistro in oggetto (circostanza, questa, non contestata dalla difesa), consentono per la Corte palermitana di avvalorare la tesi accusatoria sviluppata nel capo di imputazione, indubitabile essendo che l’imputato non ebbe a tenere una condotta di guida tale da potergli consentire di avvistare per tempo un pedone che attraversasse la strada e quindi di frenare, fermarsi o anche semplicemente scansare il pedone medesimo.
3. Va evidenziato che all’imputato, del resto, non e’ stato contestato il superamento dei limiti di velocita’ imposti dal codice della strada ma la prescrizione dell’articolo 141 C.d.S..
Le condizioni metereologiche avverse, il centro abitato e la ridotta visibilita’ avrebbero dovuto, in altri termini, orientarne la condotta di guida alla massima attenzione e prudenza a fronte di un evento, quale l’attraversamento di un pedone, non certo imprevedibile, fino a procedere in modo da poter fermarsi e evitare conseguenze pericolose quale quella verificata.
Nella sentenza di primo grado, inoltre, si evidenzia (pag. 8) anche la violenza dell’urto che ha fatto sbalzare in avanti il pedone (OMISSIS) facendogli battere con forza la testa sulla strada cui seguiva poco dopo il decesso, circostanza che implicitamente rivela un’andatura comunque significativa e certamente non consona allo stato dei luoghi.
L’assenza di testimoni diretti non ha, pertanto, influito nella ricostruzione del sinistro se non sull’esatta velocita’ tenuta dall’imputato, la cui inadeguatezza, in ogni caso, e’ stata compiutamente motivata.
Il percorso argomentativo dei giudici appare, quindi, esauriente e comprensibile nell’individuare la violazione della regola cautelare generica e specifica da addebitare all’imputato e nel ricondurre eziologicamente l’evento mortale a tali violazioni si’ da non venire scalfito, nella sua tenuta logica, dalle obiezioni difensive. Da tale percorso emerge con chiarezza quale comportamento alternativo l’imputato avrebbe dovuto e, soprattutto, potuto tenere rispetto a un ostacolo che era avvistabile usando la necessaria attenzione e diligenza.
In piena citta’, in orario tardo pomeridiano, lungo una strada intensamente abitata (quale notoriamente e’ Corso dei Mille), ed in presenza di pioggia battente, oltre che di scarsa visibilita’, era doveroso mantenere una condotta di guida (quindi massima attenzione ai pedoni presenti in strada) ed una velocita’ tale da consentire al conducente l’immediato arresto del mezzo qualora appunto un pedone sia intento all’attraversamento (nella fattispecie, per altro un attraversamento che e’ intervenuto sulle apposite strisce pedonali, non essendovi dubbio che la posizione di quiete assunta dal mezzo investitore e dalla vittima poco oltre le strisce deriva dalla residua energia sviluppata dall’impatto che ha spinto “poco piu’ in la’” il corpo ed il motociclo). Dunque, una palese violazione dell’articolo 141 del C.d.S. che stabilisce essere obbligo del conducente “regolare la velocita’ del veicolo in modo che avuto riguardo alle caratteristiche ed alle condizioni della strada…sia evitato ogni pericolo per la sicurezza delle persone”, ed ancora, al comma 2, essere obbligo del conducente “sempre conservare il controllo del proprio veicolo ed essere in grado di compiere tutte le manovre necessarie in condizione di sicurezza, specialmente l’arresto tempestivo del veicolo entro i limiti del suo campo di visibilita’ e dinanzi a qualsiasi ostacolo prevedibile”, ed infine, al comma 4, essere suo obbligo quello di “ridurre la velocita’ ed, occorrendo, anche fermarsi… in prossimita’ degli attraversamenti pedonali”.
4. Con motivazione logica e congrua la Corte territoriale da’ atto di condividere, ritenendole assolutamente corrette, le motivazioni in punto di diritto sviluppate dal primo giudice alle pagine 7 ed 8 della sentenza di primo grado, cui rimanda, e, per converso, di ritenere del tutto inaccoglibili le deduzioni difensive a proposito della rilevata scarsa visibilita’ (che a maggior ragione avrebbe dovuto indurre il conducente ad essere piu’ prudente e piu’ attento) e dell’impossibilita’ di ricostruire con certezza la dinamica del sinistro (cosa non propriamente esatta per quel che si e detto prima in punto di fatto). Il gravame deve essere, quindi, sul punto, rigettato.
La sentenza impugnata si colloca, pertanto, nel solco della costante giurisprudenza di questa Corte di legittimita’.
Va richiamata, in particolare, Sez. 4 n. 38548 del 3/5/2017, Gravino, non mass. in cui, in un caso analogo a quello che ci occupa, che vedeva il conducente di un’autovettura imputato, per colpa specifica consistita nella violazione delle norme di circolazione stradale con riferimento alla velocita’ non adeguata per il tratto di strada, omettendo di effettuare un tentativo di frenata ovvero una manovra di emergenza alternativa (sterzata del veicolo), per essere andato a collidere violentemente con un velocipede e averne cagionato la morte del conducente, in cui questa Corte di legittimita’ – ha precisato che non vale ad escludere la condotta colposa il rispetto del limite massimo di velocita’. In quel giudizio si era accertato che l’autovettura viaggiava ad una velocita’ prossima (ma comunque inferiore) al limite consentito sul tratto di strada rettilineo ed in perfette condizioni, ma privo di illuminazione pubblica, ma aveva investito da tergo il conducente del velocipede che viaggiava nella stessa direzione di marcia a bordo della propria bicicletta, priva dei dispositivi di segnalazione visiva e dei catadiottri previsti dall’articolo 68 C.d.S. e che, nonostante fosse buio, non indossava il giubbotto o le bretelle retroriflettenti previste dall’articolo 182 C.d.S.. Ebbene, condivisibilmente, la Corte ebbe ad affermare che, pur essendo in quel caso certi i concorrenti profili di colpa della vittima (descritte caratteristiche della bicicletta e mancanza di indumenti catarifrangenti), l’evento fatale doveva ascriversi anche alla condotta negligente e imprudente dell’imputato, che violava generali regole di diligenza e specifiche regole di condotta stabilite dal codice della strada; in particolare, l’articolo 141 del codice della strada imponeva al conducente del veicolo di regolare la velocita’ alle caratteristiche, e alle condizioni della strada e del traffico e ad ogni altra circostanza di qualsiasi natura, in modo che fosse evitato ogni pericolo per la sicurezza delle persone, assicurato il controllo del proprio veicolo e il compimento di tutte le manovre necessarie, specie l’arresto tempestivo entro i limiti del campo visivo e dinanzi a qualsiasi ostacolo prevedibile, la stessa disposizione imponeva poi di regolare la velocita’ del veicolo specie nelle ore notturne.
L’imputato, con la propria condotta di guida aveva violato queste regole, mantenendo una velocita’ tale – anche se inferiore al limite imposto che non gli aveva consentito di avvistare per tempo il ciclista e scongiurare l’evento mortale.
5. Al rigetto del ricorso consegue, ex lege, la condanna al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.
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