Corte di Cassazione, sezione quarta penale, Sentenza 10 agosto 2020, n. 23702.
In tema di occupazione abusiva di beni del demanio marittimo, la conformità delle opere eseguite al Piano di utilizzazione degli arenili (PUA) non sana l’illegittimità dell’opera realizzata oltre i limiti stabiliti dalla concessione, occorrendo a tal fine il rilascio di una concessione in sanatoria o, ricorrendone i presupposti, un provvedimento di estensione del precedente titolo abilitativo. (In applicazione del principio la Corte ha rigettato il ricorso avverso l’ordinanza di rigetto dell’appello cautelare avverso un decreto di sequestro preventivo di un’area del demanio marittimo di circa 340 metri quadri, in una fattispecie in cui, a fronte di concessione demaniale marittima che assentiva l’occupazione di un’area demaniale di 40 metri quadri da adibire a chiosco bar, l’indagata aveva realizzato, oltre al chiosco autorizzato e superando i limiti di metratura consentiti, due tettoie in legno e la recinzione dell’area retrostante, così superando i limiti spaziali assentibili in base al PUA vigente all’epoca del rilascio della concessione, pur rientrando nei più ampi limiti previsti dall’analogo piano successivamente approvato).
Sentenza 10 agosto 2020, n. 23702
Data udienza 2 luglio 2020
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REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE QUARTA PENALE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. DOVERE Salvatore – Presidente
Dott. ESPOSITO Aldo – rel. Consigliere
Dott. BELLINI Ugo – Consigliere
Dott. RANALDI Alessandro – Consigliere
Dott. PICARDI Francesca – Consigliere
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
(OMISSIS), nato a (OMISSIS);
avverso l’ordinanza del 28/02/2020 del TRIB. LIBERTA’ di ROMA;
udita la relazione svolta dal Consigliere Dott. ALDO ESPOSITO;
sentite le conclusioni del PG Dott. CARDIA Delia;
Il Proc. Gen. conclude per il rigetto del ricorso;
udito il difensore;
Per (OMISSIS) sono presenti gli avvocati (OMISSIS), del foro di Aversa e l’avv.to (OMISSIS), del foro di Milano che chiedono l’accoglimento del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
1. Con l’ordinanza in epigrafe il Tribunale di Roma, in funzione di giudice del riesame, a seguito di giudizio di rinvio, in parziale accoglimento dell’appello proposto dal P.M. presso il Tribunale di Roma ai sensi dell’articolo 310 c.p.p. e in riforma dell’ordinanza del G.I.P. del Tribunale di Civitavecchia del 13 giugno 2014, ha disposto il sequestro preventivo di alcuni manufatti eseguiti da (OMISSIS) senza autorizzazione della competente autorita’.
1.1. Va premessa la ricostruzione della vicenda processuale:
a) con decreto del 13 giugno 2014, il G.I.P. disponeva il sequestro preventivo di un’area del demanio marittimo di circa 340 mq., che la (OMISSIS) aveva asseritamente occupato sine titulo, realizzandovi dei manufatti, senza autorizzazione della competente autorita’; b) con ordinanza del 7 ottobre 2014, il Tribunale del riesame rigettava l’appello proposto dal P.M. avverso il provvedimento del G.I.P., evidenziando che la legittimita’ dei titoli abilitativi era stata riconosciuta in situazioni analoghe a quella in esame dal giudice amministrativo investito della questione e che, in ogni caso, non era ravvisabile in capo all’indagata l’elemento soggettivo del reato; c) con sentenza del 4 giugno 2015, la Corte di Cassazione, in accoglimento del ricorso proposto dal pubblico ministero, disponeva l’annullamento dell’ordinanza impugnata con rinvio al Tribunale del riesame per nuovo esame; d) con ordinanza del 29 febbraio 2016, il Tribunale del riesame confermava il rigetto dell’appello cautelare; e) con sentenza del 5 luglio 2016, la Corte di Cassazione, in accoglimento di un ulteriore ricorso del pubblico ministero, disponeva l’annullamento dell’ordinanza impugnata con rinvio al Tribunale del riesame; f) con ordinanza del 14 novembre 2017, il Tribunale del riesame confermava il rigetto dell’appello cautelare; g) con sentenza del 18 luglio 2018 la Corte di Cassazione pronunciava un nuovo annullamento dell’ordinanza impugnata con rinvio al Tribunale del riesame.
1.2. La Suprema Corte, richiamate le precedenti pronunce di annullamento, rilevava quanto segue:
1) la “vincolativita’ solo tendenziale nel processo penale” del giudicato amministrativo; 2) l’estraneita’ della questione trattata con la sentenza n. 2794 del 2014 dal Consiglio di Stato rispetto alla vicenda esaminata dal Giudice penale; 3) la non automatica estensibilita’ agli altri concessionari della sentenza del Giudice amministrativo resa con riferimento alla concessionaria Moai, concernente il punto 15) del PUA (Piano di Utilizzazione degli Arenili); 4) l’esigenza di considerare la natura sommaria del giudicato cautelare, ai fini della verifica della legittimita’ dell’occupazione demaniale; 5) l’irrilevanza della verifica dell’elemento psicologico nella misura cautelare reale.
Secondo la Corte di Cassazione, il Tribunale del Riesame non aveva risposto alle prescrizioni della sentenza di rinvio in quanto: a) non aveva chiarito le ragioni dell’as-serita legittimita’ dell’occupazione del demanio marittimo in misura superiore ai mq. 40; b) non aveva verificato l’ipotesi accusatoria, secondo cui il demanio marittimo era stato occupato in violazione dei provvedimenti amministrativi, affermando apoditticamente che le opere rispettavano i canoni della D.G.R. Lazio n. 1161 del 2001, cioe’ di finalizzazione alla realizzazione di locali per i servizi igienici e per il pronto soccorso; c) erroneamente interpretando il capo IV, par. 1/punto 16 della D.G.R. Lazio n. 1161 del 2001, aveva ritenuto le opere realizzate rientranti nei servizi generali indispensabili per la tutela dell’igiene e dell’incolumita’ pubblica.
La Corte evidenziava che occorreva accertare le sole modalita’ esecutive della convenzione col Comune di Fiumicino, perche’ nel ricorso il P.M. aveva sostenuto che le opere realizzate dall’indagata avevano esorbitato dai limiti di tale atto amministrativo; essa sottolineava che l’ordinanza impugnata era “carente nella descrizione del fatto e nella motivazione della congruita’ delle opere rispetto alle norme regionali e comunali nonche’ alle prescrizioni della convenzione”, per cui il Tribunale del riesame doveva analizzare con maggior rigore le doglianze del P.M., indicando le opere realizzate sul demanio marittimo al di fuori della concessione e della convenzione.
Nelle more della definizione dell’appello cautelare, il 28 novembre 2016, il P.M. emetteva decreto di citazione diretta nei confronti della (OMISSIS) in ordine al reato di cui agli articoli 54 e 1161 codice navale (giudizio di primo grado ancora pendente).
1.3. Ad avviso del giudice a quo, l’oggetto del giudizio di rinvio consisteva unicamente nella valutazione della legittimita’ delle modalita’ esecutive della convenzione intervenuta tra l’indagata e l’amministrazione comunale, cioe’, nella verifica della legittimita’ delle opere (soprattutto alla luce del punto 16, capo IV, D.G.R. n. 1161 del 2001). La D.G.R. aveva pianificato distintamente le spiagge attrezzate (aree in concessione commisurate all’utilizzo che il concessionario intendeva farne, indicativamente con duecento metri di fronte mare e prestazioni a richiesta, provviste di chiosco e servizi igienici della superficie complessiva non superiore a ma. 40) e gli arenili destinati ad uso pubblico gratuito, dotati di servizi minimi anche ricreativi a libera fruizione e organizzati in modo da garantire al pubblico i servizi generali indispensabili per la tutela dell’igiene e dell’incolumita’ pubblica (pulizia dell’arenile, servizi igienici di facile rimozione, postazioni di salvataggio a mare, postazione di primo soccorso, assistenza a terra per il posizionamento razionale degli ombrelloni).
La concessione demaniale marittima del 2009 rilasciata dal Comune di Fiumicino alla (OMISSIS) s.r.l. (societa’ amministrata dalla (OMISSIS)) assentiva unicamente l’occupazione di un’area demaniale di 40 mq. da adibire al chiosco bar denominato “(OMISSIS)” e prevedeva l’obbligo del concessionario di assicurare la pulizia dell’arenile, i servizi igienici, le postazioni di salvataggio e primo soccorso in relazione ad un’area di riferimento di 200 mt. di fronte mare.
La convenzione stipulata nel (OMISSIS) tra il Comune di Fiumicino e la societa’ concessionaria della (OMISSIS) prevedeva la realizzazione del chiosco bar, dei servizi annessi per un totale di 40 mq. (oggetto della concessione sopra richiamata) e delle ulteriori attrezzature balneari di servizio e pertinenziali funzionali alla realizzazione della spiaggia libera attrezzata, da collocare su un’area demaniale di 2000 mq., costituite da “servizi igienici, docce, camminamenti per l’accessibilita’, zone d’ombra, torrette di avvistamento, verde” (articolo 3); l’articolo 12, nel disciplinare e descrivere le “opere da realizzare”, oltre quelle di urbanizzazione primaria, gli impianti tecnologici, la recinzione e le paline informative, esplicitamente indicava le “attrezzature per lo svolgimento delle attivita’ turistico-ricreative” e gli interventi finalizzati al “ricovero temporaneo delle attrezzature balneari”.
La lettura dette clausole della convenzione, non derogabili dal DRG, ha indotto il Tribunale del riesame a ritenere realizzabili dai concessionari dei chioschi i soli interventi finalizzati a garantire i servizi minimi (anche ricreativi a libera fruizione) e a garantire ai fruitori della spiaggia libera la tutela dell’igiene e dell’incolumita’ pubblica.
Secondo quanto disposto dalla sentenza di annullamento della Corte di Cassazione, occorreva passare in rassegna le opere – ovviamente diverse e ulteriori rispetto al chiosco bar di mq. 40 oggetto della concessione demaniale originaria la cui presenza era stata riscontrata dagli organi di P.G. all’atto del sopralluogo del 23 maggio 2014 – descritte nella CNR redatta in pari data e nella documentazione fotografica allegata alla stessa e verificare se potevano essere legittimamente realizzate in base alle previsioni normative e convenzionali sopra indicate.
I giudici della cautela hanno operato tale raffronto, ritenendo abusive tre delle dieci opere, perche’ non previste dalla concessione demaniale e non assentite (ne’ assentibili) dalla convenzione col Comune, in quanto non dirette a garantire i servizi essenziali per la fruizione della spiaggia libera:
1) intervento n. 1 – tettoia in materiale ligneo coperta da paglia e materiale vegetale con pavimentazione in legno sulla quale erano posizionati 10 tavolini con relative sedie e due frigoriferi: struttura della superficie di circa 100 mq. che sormontava di fatto il chiosco bar (di mq. 40), costituente un sostanziale ampliamento non consentito, del chiosco bar e, di fatto, un’evidente innovazione non prevista e una maggiore occupazione di suolo demaniale di 60 mq. circa, cioe’ la differenza tra la superficie occupata dalla struttura (mq. 100) e quella prevista dal titolo rilasciato (40 mq.);
2) intervento n. 2 – tettoia in legno di 23 mq. circa al di sotto della quale erano posizionati tavolini in legno): manufatto di non modeste dimensioni, che, vista la sua collocazione nelle immediate vicinanze del chiosco bar e il posizionamento al suo interno di tavolini e sedie, molto probabilmente era adibito a finalita’ di ristorazione e/o somministrazione di alimenti e bevande quale pertinenza esclusiva del chiosco, opera non rientrante tra quelle previste dalla convenzione;
3) intervento n. 5 – area di arenile scoperta e recintata in materiale vegetale tipo incannucciata di mq. 106 posizionata alle spalle del chiosco (punto 4 CNR, foto 7, 8 e 9), destinata alla raccolta di rifiuti e materiali vari verosimilmente prodotti dall’attivita’ del chiosco in vista del successivo smaltimento, asservita alle esigenze del chiosco/bar (del quale costituiva una pertinenza), per cui sottratta alla fruizione pubblica.
Secondo i giudici della cautela, a causa della realizzazione degli interventi di cui sopra, l’area demaniale era stata occupata e sottratta all’uso pubblico, sicche’ il sequestro delle opere sopra descritte occorreva ad impedire la protrazione del reato e delle sue conseguenze dannose. La natura illecita dell’occupazione non era venuta meno per effetto del rilascio nel 2016 della concessione “in ampliamento” (da mq. 40 per ulteriori mq. 1960 e cosi’ per un totale di 2.000 mq.) e dell’entrata in vigore del nuovo PUA del 20 marzo 2018. La concessione del 2016 – con cui la concessione demaniale era stata ampliata – era illegittima, perche’ il PUA del 2002, non prevedeva la possibilita’ di rilasciare concessioni dell’estensione di 2.000 mq..
2. La (OMISSIS), a mezzo del proprio difensore, ricorre per Cassazione avverso l’ordinanza del Tribunale del riesame indicata in epigrafe, per violazione degli articoli 321 c.p.p. e ss. in relazione ai reati di cui agli articoli 54 e 1161 c.n..
Si deduce che, in casi analoghi riguardanti altri gestori di lidi balneari limitrofi, la Corte di Cassazione (n. 58006 del 25 settembre 2018, Coletta, non massimata; Sez. 3, n. 32513 del 29 maggio 2018, Sarti, non massimata; Sez. 4, n. 54485 dell’08/11/2016, Magini, non massimata) aveva riconosciuto la conformita’ della convenzione allo strumento regolamentare, ritenendo la previsione contenuta nel bando di gara emesso dal Comune di Fiumicino, di utilizzazione dello spazio di mq 2000 anche per la localizzazione da parte dei concessioni di “spazi per attivita’ ricreative, sportive e ludiche” pienamente compatibile con la Delib. di Giunta n. 1161 del 2001 (…).
Una delle sentenze di annullamento con rinvio emessa nel procedimento in oggetto (Sez. 3, n. 40249 del 18/07/2018, (OMISSIS), non massimata) dava per indiscutibile la validita’ dei titoli amministrativi, laddove affermava che il Tribunale del riesame avrebbe dovuto limitarsi a chiarire le opere realizzate sul demanio marittimo al di fuori della concessione e della convenzione.
Alla luce del dictum della sentenza del Consiglio di Stato n. 2794 del 2014, il Tribunale del riesame avrebbe dovuto ritenere legittima ab origine la Delib. Dirigenziale 7 gennaio 2016, n. 18 con cui si disponeva l’ampliamento della concessione demaniale marittima n. (OMISSIS) sino a mq. 2.000. La questione concerneva l’efficacia sanante del nuovo PUA e la legittimita’ ab origine dei provvedimenti concessori rilasciati alla (OMISSIS) s.r.l. alla luce del vecchio PUA, del bando di gara, della delibazione del Consiglio di Stato e del nuovo PUA.
Il Tribunale del riesame ha erroneamente escluso che il presunto ampliamento della concessione demaniale da 40 mq. a 2000 mq. avvenuto con la licenza suppletiva ex articolo 24 reg. esec. codice navale rilasciata nel 2016, dovesse essere assentito mediante una procedura ad evidenza pubblica. La Societa’ (OMISSIS) s.r.l. aveva gia’ vinto la procedura ad evidenza pubblica per una concessione demaniale di 2000 mg.. Il Bando del 2002 e la relativa Deliberazione della Giunta Comunale di approvazione prevedevano quanto segue: “i manufatti (per una superficie complessiva coperta di 40 mq.) e le attrezzature balneari di servizio potranno essere collocati su un’area (da assentire in concessione) di mq. 2.000. Il concessionario dovra’, a propria cura e spese, nella spiaggia pubblica a fruizione libera e gratuita contermine a quella in concessione (20.000 mq.), indicata nel PUA assicurare la pulizia dell’arenile, i servizi igienici, le postazioni di salvataggio a mare e di primo soccorso nonche’ l’assistenza a terra per il posizionamento razionale degli ombrelloni. Per tali servizi verra’ stipulata apposita convenzione tra il titolare della concessione ed il Comune”. Il Tribunale del Riesame ha ritenuto contraddittoriamente la licenza suppletiva ex articolo 24 Reg. Es. codice navale non conforme al PUA vigente al momento della pubblicazione del Bando. Nella concessione suppletiva n. (OMISSIS), rilasciata medio tempore in sostituzione dei precedenti titoli ed a seguito di verifiche della conformita’ dello stato dei luoghi a quello giuridico, si riportava che: “alla nuova CDM sara’ allegato quale parte integrante e sostanziale elaborato planimetrico corrispondente a quello allegato al modello D1 gia’ depositato, verificato e inserito sul S.I.D. a cura degli uffici, in cui sono state puntualmente rappresentate (con procedura di georeferenziazione a mezzo coordinate UTM) sia la superficie demaniale marittima oggetto della concessione che le strutture ivi insistenti autorizzate dall’Amministrazione”. Come poteva evincersi dal provvedimento, con Det. 17 marzo 2020, n. 95 l’Ente comunale aveva rilasciato in favore della beneficiaria un “atto suppletivo ricognitorio in sostituzione della precedente Concessione Demaniale, come aggiornata con la D.D. n. 109/2016”.
Il Tribunale del Riesame non si e’ espresso sulle seguenti circostanze: 1) la legittimita’ della concessione in ampliamento in base all’articolo 24 Reg. Esec. CDN e la sua non difformita’ dal PUA; 2) la disciplina da parte della Regione Lazio, con successivo regolamento 19 del 2016, delle diverse tipologie delle aree demaniali marittime per finalita’ turistico – ricreative, con previsione dell’uso della convenzione per la gestione dei servizi da stipulare coi titolari delle concessioni; 3) la validita’ della concessione sopravvenuta e della convenzione in riferimento al PUA e al bando di gara del 2002 (mai impugnato o annullato in autotutela); 4) la buona fede dell’imputata, desumibile dal rilascio di provvedimenti amministrativi (convenzione e concessione) a lei favorevoli; 5) l’adozione da parte del Comune di Fiumicino, in data 20 marzo 2018, del nuovo PUA, secondo cui i concessionari vincitori del bando 2002 dovevano essere qualificati come esercizi di ristorazione con 2000 mq.; 6) l’eliminazione in base al nuovo PUA del riferimento ai âEuroËœchioschi’ e la sua sostituzione con gli esercizi di ristorazione, con conseguente legittimita’ delle concessioni demaniali fino a 2.000 mq. come previsto dal bando originario.
La tesi sostenuta dal giudice a quo della necessita’ dell’evidenza pubblica contraddiceva l’affermazione della legittimita’ dell’occupazione demaniale di cui ai punti 3, 4, 6, 7, 8 e 9), cioe’ di una superficie di gran lunga superiore ai 40 mq. ed alla rimanente superficie assegnata in concessione (senza evidenza pubblica) a seguito della approvazione del PUA 2018. L’ordinanza impugnata, pur riconoscendo la legittimita’ delle opere indicate ai punti 3, 4, 6, 7, 8 e 9, aveva contraddittoriamente escluso che le altre fossero supportate da un valido titolo concessorio (vedi sul punto l’allegato parere pro veritate del prof. (OMISSIS) (considerato parte integrante del ricorso).
3. Nei motivi nuovi la ricorrente ripercorre l’iter giudiziario della vicenda, risalente al 2002, quando la (OMISSIS) s.r.l., societa’ da lei legalmente rappresentata, vinceva una procedura ad evidenza pubblica per una concessione demaniale di 2.000 mq..
Si evidenzia che la Corte di Cassazione aveva chiesto al Tribunale del Riesame di valutare “le modalita’ esecutive della convenzione”, individuando le opere realizzate sul demanio marittimo al di fuori della concessione e della convenzione; tale valutazione, pero’, doveva essere svolta sulla base di una precisa premessa logica e giuridica, un vero e proprio “punto fermo” su cui basare ogni ragionamento.
La Concessione del 2016 emanata dal Comune di Fiumicino era pienamente conforme agli atti di riferimento; la convenzione del (OMISSIS), i titoli, il DGR e le normative antecedenti avrebbero dovuto giustificare il rigetto dell’appello del P.M.; la successiva introduzione del PUA del 2018 – anch’esso titolo valido e “non piu’ in discussione” avrebbero, a tutto concedere, quantomeno rimosso definitivamente il periculum in mora; il Tribunale del riesame, tuttavia, non ha valutato le “modalita’ esecutive” (anche) della Concessione del 2016, dichiarando inopinatamente illegittimo tale titolo.
Le strutture sequestrate erano legittime, in quanto analiticamente riportate nella planimetria esplicativa allegata alla Concessione del 2003 (poi rinnovata nel (OMISSIS)), nella Convenzione del 2007 (poi rinnovata nel (OMISSIS)) e negli elaborati grafici del progetto vincitore; la rilevanza di tale elaborato grafico, ignorata dal Tribunale del Riesame, era invece decisiva al fine di “interpretare” correttamente la convenzione del (OMISSIS): a tali elaborati, infatti, era correlato l’obbligo del concessionario di realizzare integralmente le opere ivi indicate (vedi il parere pro-veritate del Prof. (OMISSIS)).
Il nuovo PUA aveva eliminato il riferimento ai “chioschi”, sostituendoli con la dizione “esercizi di ristorazione” e decretando definitivamente la legittimita’ delle concessioni demaniali fino a 2.000 mq.; non occorreva un nuovo bando di gara, in quanto, nel 2002, la (OMISSIS) s.r.l. aveva gia’ ottenuto una concessione demaniale di 2.000 mq.. Inoltre, in occasione dell’approvazione del PUA del 2018, erano stati esentati da procedura ad evidenza pubblica gli esercizi di ristorazione con arenile in concessione fino ad un massimo di 2.000 mq., derivanti dal bando pubblico (del 2002). Anche il PUA del 2018, che confermava ulteriormente la validita’ e l’estensione a 2.000 mq. dell’area assegnata al “(OMISSIS)”.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso e’ infondato.
Il nucleo della vicenda procedimentale consiste nell’esame dei motivi di ricorso prospettati dall’imputata (OMISSIS), gia’ legittima concessionaria di una parte di arenile, situata nella localita’ balneare (OMISSIS), ora denominata esercizio di ristorazione “(OMISSIS)”, nei cui confronti il Tribunale del riesame ha disposto il sequestro preventivo di un’ulteriore porzione limitrofa sull’assunto che avrebbe occupato l’area demaniale mediante la realizzazione di alcuni manufatti in assenza di valido titolo.
In particolare, il sequestro preventivo era disposto in relazione ai reati di cui agli articoli 54 e 1161 codice navale e Decreto Legislativo n. 42 del 2004, articolo 181, per l’occupazione senza valido titolo, di circa 340 mq. di suolo pubblico facente parte del demanio marittimo, mediante la costruzione di tre tettoie, una torretta di avvistamento, la recinzione di un’area, una passerella ed il posizionamento di casse in legno per deposito attrezzi, una rastrelliera per tavole da surf e 2 porte da “beach soccer” (accertato in (OMISSIS)).
2. In ordine alle sentenze richiamate dalla ricorrente a sostegno del proprio assunto, va premesso che, gia’ in occasione delle pregresse sentenze di annullamento della Corte di Cassazione emesse nell’ambito del procedimento cautelare in oggetto, dopo aver dato atto del consolidato orientamento giurisprudenziale, secondo il quale il giudicato amministrativo ha una vincolativita’ solo tendenziale nel processo penale (Sez. 6, n. 17991 del 20/03/2018, Cusanin, Rv. 272890; Sez. 3, n. 44077 del 18/07/2014, Scotto Di Clemente, Rv. 260612), era stata affermata la natura “estranea” della questione trattata dal Consiglio di Stato nella sentenza della Sez. 4, n. 2794 del 04/03/2014 rispetto a quella sottoposta all’esame del Tribunale del riesame.
Essa, invero, aveva esaminato tre appelli riuniti e riguardava una concessione demaniale marittima per il Punto 15 del PUA, assentita dal comune di Fiumicino alla societa’ “(OMISSIS)” e, pur considerando il procedimento amministrativo che aveva condotto al rilascio di altre concessioni oltre a quella relativa alla predetta societa’, concerneva soltanto quest’ultima e non poteva quindi spiegare nessun effetto, come precisato nelle sentenze in precedenza ricordate, riguardo ad un altro titolo concessorio, inerente ad una diversa area demaniale, il cui rilascio ad un differente concessionario evidentemente presupponeva, pur in presenza di un’unica procedura con-corsuale di aggiudicazione, quantomeno particolari valutazioni riguardanti, ad esempio, l’idoneita’ di quel soggetto, le modalita’ di gestione dell’area, le caratteristiche delle infrastrutture ed ogni altro aspetto strettamente correlato a quello specifico rapporto tra amministrazione e concessionario e non ad altri (Sez. 4, n. 40739 del 05/07/2016, (OMISSIS), non massimata; Sez. 3, n. 30171 del 04/06/2015, (OMISSIS), Rv. 264393).
Si era chiarito che il Tribunale del riesame non poteva abdicare al potere – dovere di verificare la validita’ e l’efficacia dello specifico titolo abilitativo rilasciato all’indagato per l’occupazione di un determinato spazio demaniale, apparendo priva di rilievo nel procedimento penale una valutazione effettuata dal giudice amministrativo con riferimento a situazioni analoghe, ma comunque riguardanti soggetti e circostanze diverse.
3. La ricorrente menziona altresi’ alcune pronunzie di questa Corte, ed, in particolare, l’ultima emessa nell’ambito del presente procedimento, al fine di affermare che non potevano essere posti “in discussione, in quanto tali, i profili amministrativi della DGR, del PUA, del Regolamento, del bando di gara, della concessione, della convenzione, gia’ scrutinati dal Giudice amministrativo e gia’ valutati positivamente da questa Corte in due precedenti occasioni – in altri termini non e’ in discussione il rilascio di una concessione per la realizzazione di un manufatto di mq 40 su un’area di mq 2000 rispetto a cui peraltro la contestazione del Pubblico Ministero si appalesa generica -, ma le modalita’ esecutive della convenzione, perche’ il Pubblico Ministero nel ricorso in esame sostiene, tra l’altro, che le opere realizzate dalla ricorrente abbiano esorbitato dai limiti della convenzione dal momento che sulla spiaggia libera finitima il concessionario poteva solo collocare servizi igienici, di pronto soccorso ed organizzare la gestione ordinata degli ombrelloni, ma non poteva compiere ulteriori interventi, cio’ che nella specie sembrava aver fatto”.
Come osservato dalla medesima ricorrente, il Tribunale del riesame ha impropriamente svolto un riferimento all’illegittimita’ della concessione del 2016, nonostante in base all’ultima sentenza rescindente ogni questione in ordine alla regolarita’ degli strumenti urbanistici – tra i quali anche la predetta convenzione – ormai era superata.
Il tema centrale devoluto dalla Corte di Cassazione, pero’, consisteva nella verifica della legittimita’ dell’occupazione del demanio marittimo in misura superiore ai mq. 40 e dell’eventuale violazione dei provvedimenti amministrativi; nella pronunzia rescindente si specificava quanto segue: “(…) il Tribunale non ha chiarito per quale motivo specifico la convenzione della (OMISSIS) legittimi l’occupazione del demanio marittimo in misura superiore ai mq 40; non ha verificato l’ipotesi accusatoria secondo cui era stato occupato il demanio marittimo in violazione dei provvedimenti amministrativi, ma anzi ha apoditticamente affermato che le opere realizzate rispettavano i canoni della D.G.R. Lazio n. 1161 del 2001, cioe’ quelli della limitatissima estensione e della finalizzazione alla realizzazione di locali per i servizi igienici e per il pronto soccorso; ha interpretato erroneamente il capo IV, par. 1, punto 16 della D.G.R. Lazio n. 1161 del 2001 perche’ ha ritenuto le opere realizzate come rientranti nei servizi generali indispensabili per la tutela dell’igiene e dell’incolumita’ pubblica (…)”.
In base al dictum della Corte di Cassazione, quindi, occorreva stabilire la conformita’ o meno delle opere eseguite rispetto agli strumenti urbanistici e, in particolare, se esse potessero essere ricomprese nell’ambito dei “servizi generali indispensabili per la tutela dell’igiene e dell’incolumita’ pubblica” e se esse potessero essere ritenute destinate alla mera “realizzazione di locali per i servizi igienici e per il pronto soccorso realizzazione di locali per i servizi igienici e per il pronto soccorso”.
Il giudice del rinvio, con motivazione dettagliata, esauriente ed immune da censure, ha svolto proprio un’accurata disamina delle singole opere richiesta dalla Corte di legittimita’, verificando caso per caso la loro conformita’ alle leggi ed agli strumenti urbanistici vigenti.
La concessione del 2002 consentiva di occupare soli 40 mq. per installare un chiosco. Le ulteriori opere di cui si controverte ricadevano in un’area piu’ grande, cioe’ nella spiaggia pubblica esclusa dall’oggetto della concessione, ma attrezzata a spese del concessionario e nell’interesse pubblico (nella specie, in favore dei bagnanti e di tutti gli altri singoli consociati utilizzatori del bene demaniale).
Secondo quanto esposto nell’ordinanza impugnata, a seguito dell’analitico controllo basato sul concreto esame dello stato dei luoghi, sette opere dovevano ritenersi funzionali al predetto interesse dei fruitori della spiaggia e, al contrario, tre erano del tutto prive di qualsiasi collegamento con esso; inoltre, non era posta in dubbio la possibilita’ della ricorrente di operare nella piu’ estesa area di 2.000 mq. circostanti allo stabilimento balneare, riconosciuta dai titoli abilitativi successivi, bensi’ la sola tipologia degli interventi consentiti.
4. Gli atti normativi richiamati dalla ricorrente (D.G.R. Lazio n. 1161 del 2001, punto 16, paragrafo IV, regolamento regionale Lazio n. 11 del 2009, articolo 5) non giustificano il rilascio di concessioni per superficie di mq. 2.000 in difformita’ dal PUA, in quanto riguardano la conclusione di “apposite convenzioni con i titolari di concessioni balneari” per la gestione dei suddetti servizi dei tratti di spiaggia libera; tali atti normativi fanno dunque riferimento, non alle fasce di litorale oggetto di concessioni rilasciate ai privati, bensi’ alle spiagge libere a “fruizione gratuita”, cioe’ non oggetto di concessione a privati ed attengono ai servizi generali indispensabili elencati al punto 16) della DGR, che devono essere assicurati in tali tratti di arenile, limitati, quanto alle strutture, alla realizzazione di chioschi di ridotte dimensioni (non piu’ di 25 mq.) all’interno dei quali possono trovare esclusiva collocazione i servizi igienici e di primo soccorso (Sez. 4, n. 13475 dell’08/11/2016, dep. 2017, Lombardo, non massimata).
Con la convenzione, si e’ cercato di sanare una occupazione abusiva di tratti di arenile non compresi nella concessione, utilizzate per la collocazione della strutture facenti parte degli esercizio commerciali (stabilimenti balneari, chioschi-bar) dei concessionari e non per quella dei servizi igienici e di primo soccorso previsti per le spiagge libere dalla D.G.R. n. 1161 del 2001, punto 16, paragrafo IV. Solo con lo strumento della concessione demaniale si sarebbe potuta permettere l’occupazione di aree di litorale piu’ estese di mq. 40 per la realizzazione e gestione delle strutture parte integranti degli stabilimenti balneari gestiti dai concessionari, situazione comunque preclusa dei limiti di superficie previsti del PUA originario. Quanto poi, alla concessione in ampliamento, che ha esteso la superficie di arenile a mq. 2.000, sopravvenuta nel corso del procedimento cautelare, rimane il problema della non conformita’ alla previsione del PUA del 2002, secondo cui le concessioni, atti di disposizione del demanio marittimo in favore di privati, non possono avere per oggetto superfici superiori ai mq. 40.
5. La successiva adozione del PUA del 2018 non rendeva legittime le opere eseguite e non determinava il venir meno dell’esigenza di un’apposita concessione amministrativa o di un successivo provvedimento di estensione della validita’ della concessione gia’ emessa.
Il PUA, infatti, e’ lo strumento mediante il quale le amministrazioni dei Comuni, con sub-delega delle Regioni, regolano le attivita’ turistico-ricreative sulle spiagge, che sono pubblico demanio marittimo. Esso e’ un atto di indirizzo programmatico e consente esclusivamente l’esecuzione delle sole opere tecniche e delle attrezzature a carattere provvisorio che possono essere rimosse in qualsiasi momento, per cui la concessione edilizia risulta indispensabile per ogni manufatto stabilmente edificato, il quale sia privo di tali caratteristiche (Cons. Stato, Sez. 5, n. 1196 del 20 ottobre 1994, Ma. c. Com. Roseto degli Abruzzi).
In sostanza, il PUA e’ giustificato dall’esigenza che l’attivita’ di concreta gestione delle aree demaniali abbia luogo nell’ambito di un contesto preventivamente definito e programmato idoneo a garantire un corretto equilibrio tra aree concesse a privati e arenili liberamente fruibili (vedi, per riferimenti, T.A.R. Lazio Latina, sez. 1, n. 652 del 19 luglio 2013, Soc. D.B. c. Com. Gaeta; Tar Lazio, Latina, sez. 1, n. 399 del 5 maggio 2009). La sua funzione, pertanto, e’ del tutto diversa rispetto a quella tipica del provvedimento concessorio e, pertanto, esso non puo’ ampliare l’estensione dell’area interessata dalle edificazioni o modificare la consistenza delle opere assentite.
Il Tribunale del riesame, quindi, ha correttamente affermato che il PUA non puo’ sanare un’opera illegittima e che, invece, per ottenere tale risultato, occorre il rilascio di una concessione in sanatoria o, ricorrendone i presupposti, un’estensione della validita’ del precedente provvedimento abilitativo. Peraltro, la valutazione operata dal giudice a quo sulla limitata efficacia del PUA non risulta neanche specificamente contestata dalla ricorrente.
Al riguardo, i giudici della cautela hanno logicamente osservato che il relativo articolo 9, comma 2, infatti, prevede con riferimento agli esercizi di ristorazione: “l’amministrazione comunale dovra’ valutare caso per caso se il raggiungimento della superficie di arenile in concessione indicato nei commi precedenti – cioe’ i 300 o i 2000 mq. “accessori” all’esercizio di ristorazione – debba essere considerato ampliamento ai sensi dell’articolo 24 reg. esec. codice navale o nuova concessione in considerazione del fatto che – a riprova, peraltro, della sopravvenuta consapevolezza da parte dell’amministrazione comunale dell’illegittimita’ delle concessioni in ampliamento rilasciate nel 2016 – “l’affidamento diretto e senza gara al precedente concessionario puo’ ammettersi solo in presenza di situazioni eccezionali e nella misura in cui l’estensione dell’originaria concessione sia obiettivamente funzionale e necessaria per l’effettivo, corretto, proficuo utilizzo del bene gia’ concesso ed abbia in ogni caso una minima consistenza quantitativa” (sentenza del Consiglio di Stato n. 3459 del 2017)”, occorrendo quindi un nuovo provvedimento di ampliamento (subordinato a condizioni particolarmente stringenti) o di una nuova concessione (previo espletamento di un bando di gara).
Il Comune di Fiumicino non risultava aver emesso nei confronti della (OMISSIS) tali nuovi provvedimenti concessori (nulla avendo allegato la difesa). Del resto, le previsioni del PUA e le rigorose condizioni ivi indicate (in conformita’ alla giurisprudenza amministrativa) inducevano a ritenere che la (OMISSIS) ben difficilmente potrebbe ottenere un semplice “ampliamento” di ben 2.000 mq. della sua attuale concessione, senza partecipare ad un nuovo bando di gara pubblico. L’ipotesi che l’attivita’ dell’indagata sia legittimata dalla previsione dell’articolo 9 nuovo PUA, pertanto, era infondata e tanto meno tale inclusione potrebbe discendere dalla mera di situazione di fatto, ovverossia dall’occupazione sine titulo della superfice di 2.000 mq.. Occorre poi rilevare che anche la conformita’ delle opere eseguite rispetto ai titoli autorizzativi e concessori non aveva costituito specifico oggetto di doglianze difensive, ma essa era trattata esclusivamente nel parere pro veritate redatto dal prof. (OMISSIS), “costituente parte integrante del ricorso”. A prescindere dalla dubbia legittimita’ dell’integrale richiamo alle argomentazioni esposte in un atto estraneo al ricorso – seppur ad esso allegato – dalla sua disamina emerge che la conformita’ delle opere a leggi e regolamenti e’ desunta principalmente dal richiamo a plurimi atti amministrativi ed alla consulenza depositata in sede di giudizio amministrativo, documentazione non tutta allegata al ricorso, in violazione del principio di autosufficienza.
Una diversa soluzione non puo’ essere tratta dalle risultanze della consulenza disposta dal T.A.R. (tecnico verificatore Ing. (OMISSIS)) nell’ambito del giudizio amministrativo tra la (OMISSIS) s.r.l., societa’ amministrata dalla (OMISSIS), nella quale e’ attestata la conformita’ delle opere ai progetti, salve lievissime difformita’. Questa Corte non e’ vincolata alle soluzioni prospettate all’esito di consulenze tecniche emesse nell’ambito di altri giudizi, sia pur inerenti alla verifica della legittimita’ delle opere compiute dalla medesima (OMISSIS) sotto il profilo amministrativo. Peraltro, tale elaborato contiene una valutazione estremamente sintetica ed e’ privo di una specifica ed approfondita analisi idonea a confutare le argomentazioni fornite al riguardo nella sentenza impugnata.
6. Va altresi’ disattesa la prospettazione difensiva, secondo cui la legittimita’ delle opere eseguite deriverebbe dalla sopravvenienza della Det. 17 marzo 2020, n. 95 con la quale il Comune di Fiumicino aveva rilasciato, in favore della beneficiaria, un “atto suppletivo ricognitorio in sostituzione della precedente Concessione Demaniale cosi’ come aggiornata con la D.D. n. 109/2016”. Tale deduzione costituisce un fatto nuovo, avvenuto in epoca successiva alla data di deposito dell’ordinanza impugnata, che, semmai, puo’ essere fatto valere esclusivamente nell’ambito del giudizio di merito. Il sindacato del giudice di legittimita’ non puo’ estendersi alla considerazione di elementi probatori aventi carattere di novita’, rispetto al compendio indiziario gia’ valutato dai giudici della cautela con l’ordinanza impugnata.
E’ costante, infatti, l’orientamento di questa Corte, secondo cui, in tema di impugnazioni cautelari eventuali elementi sopravvenuti al momento della chiusura della discussione dinanzi al tribunale del riesame non assumono alcun rilievo nel successivo giudizio di legittimita’, potendo essere fatti valere soltanto con una nuova richiesta di revoca o di modifica della misura cautelare al giudice competente (Sez. 3, n. 23151 del 24/01/2019, Zamparini, Rv. 275982; Sez. 6, n. 39871 del 12/07/2013, Notarianni, Rv. 256445, fattispecie in tema di sequestro preventivo disposto ex articoli 321 c.p.p. e L. 7 agosto 1992, n. 356, articolo 12 sexies).
7. L’ulteriore argomentazione difensiva sollevata dalla ricorrente in ordine all’elemento soggettivo del reato non e’ proponibile nella presente sede, essendo gia’ stata decisa e disattesa da questa Corte in occasione della prima pronunzia nel procedimento in esame (Sez. 3, n. 30171 del 04/06/2015, (OMISSIS), non massimata sul punto).
In detta sede, questa Corte ha ribadito il pacifico indirizzo giurisprudenziale, secondo cui “il sequestro preventivo e’ legittimamente disposto in presenza di un reato che risulti sussistere in concreto, indipendentemente dall’accertamento della presenza dei gravi indizi di colpevolezza o dell’elemento psicologico, atteso che la verifica di tali elementi e’ estranea all’adozione della misura cautelare reale” (Sez. 6, n. 45908 del 16/10/2013, Orsi, Rv. 257383; Sez. 6, n. 10618 del 23/02/2010, P.M. in proc. Olivieri, Rv. 246415; Sez. 1, n. 15298 del 04/04/2006, Bonura, Rv. 234212 ed altre prec. conf.), affermando anche che “il controllo demandato al giudice del riesame sulla concreta fondatezza dell’ipotesi accusatoria secondo il parametro del fumus del reato puo’ riguardare anche l’eventuale difetto dell’elemento soggettivo, purche’ di immediato rilievo” (Sez. 6, n. 16153 del 06/02/2014, Di Salvo, Rv. 259337; Sez. 2, n. 2808 del 02/10/2008, dep. (OMISSIS), Bedino, Rv. 242650; Sez. 4, n. 23944 del 21/05/2008, Di Fulvio, Rv. 240521; Sez. 1, n. 21736 dell’11/05/2007, Chiarella, Rv. 236474; vedi anche Corte Cost., ord. 157, 18 aprile 2007, menzionata in gran parte delle ricordate decisioni).
8. In conclusione l’organo giudicante ha seguito l’indicazione di cui alla sentenza rescindente, effettuando una completa ricostruzione dell’iter amministrativo, confutando con congruo ed adeguato apparato argomentativo la tesi della legittimita’ dei provvedimenti autorizzatori sopravvenuti, e sancendo, dunque, la loro idoneita’ a sanare gli abusi preesistenti, connessi all’uso non conforme degli strumenti urbanistici diretti a regolare l’attribuzione a privati di tratti del demanio marittimo di superfici di litorale eccedenti quella suscettibili di concessione.
9. Per le ragioni che precedono, il ricorso va rigettato.
Al rigetto del ricorso consegue la condanna della ricorrente al pagamento delle spese processuali (articolo 616 c.p.p.).
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali.
In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.
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