In tema di misure per prevenire turbative nello svolgimento di manifestazioni sportive

Corte di Cassazione, sezione terza penale, Sentenza 6 maggio 2020, n. 13639.

Massima estrapolata:

In tema di misure per prevenire turbative nello svolgimento di manifestazioni sportive, qualora il destinatario dell’obbligo di presentazione all’autorità di pubblica sicurezza ai sensi dell’art. 6 della legge 13 dicembre1989, n. 401, eserciti, in sede di convalida, le sue prerogative difensive presentando memoria in un momento antecedente alla scadenza del termine di quarantotto ore dalla notifica del provvedimento, il giudice non è obbligato ad attenderne la maturazione, purché l’adozione della convalida segua il deposito della memoria e ne dia conto, confutando, nel merito, gli argomenti difensivi.

Sentenza 6 maggio 2020, n. 13639

Data udienza 15 novembre 2019

Tag – parola chiave: Manifestazioni sportive – Art. 6 Legge 401 del 1989 – Provvedimento del questore – Obbligo di presentazione alla P.G. – Gip – Convalida – Diritto di difesa del destinatario delle prescrizioni – Convalida – Termine dilatorio – Individuazione

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DI NICOLA Vito – Presidente

Dott. SOCCI Angelo M. – Consigliere

Dott. ACETO Aldo – rel. Consigliere

Dott. SCARCELLA Alessio – Consigliere

Dott. ZUNICA Fabio – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
(OMISSIS), nato a (OMISSIS);
avverso l’ordinanza del 12/06/2019 del GIP TRIBUNALE di BOLOGNA;
udita la relazione svolta dal Consigliere Dott. ALDO ACETO;
lette le conclusioni del PG che ha chiesto la declaratoria di inammissibilita’ del ricorso.

RITENUTO IN FATTO

1. il sig. (OMISSIS) ricorre per l’annullamento dell’ordinanza del 12/06/2019 del Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Bologna che ha convalidato il provvedimento del 22/05/2019 del Questore del medesimo capoluogo nella parte in cui, ai sensi e per gli effetti di cui alla L. 13 dicembre 1989, n. 401, articolo 6, comma 2, (e successive modificazioni), gli ha prescritto di presentarsi presso la stazione dei carabinieri di (OMISSIS): a) tra il primo ed il secondo quarto e tra il terzo e l’ultimo quarto di ogni incontro di basket che la prima squadra della societa’ (OMISSIS) avrebbe disputato nella regione (OMISSIS), compresi gli incontri amichevoli con le squadre nei campionati per i quali operava il divieto di accesso; b) tra il primo ed il secondo tempo di ogni incontro di basket disputato dalla societa’ (OMISSIS) fuori della regione (OMISSIS), compresi gli incontri amichevoli con le squadra militanti nei campionati per i quali operava il divieto di accesso.
1.1. Con il primo motivo deduce la violazione della L. n. 401 del 1989, articolo 6, comma 3, perche’ il GIP ha convalidato il provvedimento in orario imprecisato del 12/06/2019 con conseguente lesione del diritto di difesa.
1.2. Con il secondo motivo deduce la violazione della L. n. 401 del 1989, articolo 6, comma 1, e vizio di motivazione quanto alla sussistenza dei presupposti legittimanti l’adozione dell’atto da parte del Questore.

CONSIDERATO IN DIRITTO

2. Il ricorso e’ inammissibile perche’ generico, manifestamente infondato e proposto al di fuori dei casi consentiti nella fase di legittimita’.
3. il primo motivo e’ generico e manifestamente infondato.
3.1. In termini generali e’ opportuno ricordare che: 1) l’ambito di operativita’ della convalida giurisdizionale del provvedimento del Questore e’ circoscritto alla sola prescrizione dell’obbligo di presentazione all’autorita’ di P.S. (trattandosi di limitazione che, incidendo sulla liberta’ personale, e’ soggetta all’inderogabile controllo giurisdizionale di cui all’articolo 13 Cost.), non anche a quella con cui si impone il divieto di accesso ai luoghi in cui si svolgono manifestazioni sportive (che, in quanto limitativa della sola liberta’ di circolazione e soggiorno di cui all’articolo 16 Cost., e’ soggetta al controllo di legittimita’ del giudice amministrativo; cfr., sul punto, Sez. U., n. 44273 del 27/10/2004, Labbia; Sez. U, n. 4441 del 29/11/2005, Zito; Sez. 3, n. 11151 del 17/12/2008, Marchesini; Sez. 1, n. 14923 del 19/02/2004, Rocchi; Sez. 3, n. 49408 del 19/11/2009, Brocca; Sez. 3, n. 36276 del 04/905/2011, Ferretti); 2) l’obbligo di controllo (e della relativa motivazione), che incombe al giudice della convalida, deve essere assolto in modo non apparente, deve investire tutti i presupposti di legittimita’ della misura di prevenzione e deve avere ad oggetto anche la congruita’ della sua durata (Sez. 3, Marchesini cit.; Sez U, Zito, cit.; amplius Sez. U, Labbia cit.); 3) il termine entro cui il destinatario del provvedimento del Questore ha diritto di esaminare gli atti e di presentare memorie e deduzioni al giudice della convalida, e’ di 48 ore decorrenti dalla sua notifica all’interessato, analogamente a quello entro cui il P.M. deve richiedere o meno al G.i.p. la relativa convalida (Sez. 3, n. 2471 del 11/12/2007, Castellano, Rv. 238537; Sez. 3, n. 86 del 19/11/2009, De Santis, Rv. 246004; Sez. 3, n. 20776 del 15/04/2010, Marcassoli, Rv. 247182; Sez. 3, n. 21788 del 16/02/2011, Rv. 250372; Sez. F, n. 41668 del 27/08/2013, Rv. 257350; Sez. 3, n. 6440 del 27/01/2016, Rv. 266223); 4) la mancata indicazione dell’orario di deposito non depone a favore del rispetto del termine dilatorio di 48 ore, quando l’incertezza non sia altrimenti risolvibile (Sez. 3, n. 5624 del 08/07/2016, dep. 2017, Rv. 269244; Sez. U, Zito, cit.).
3.2. La fissazione di un termine dilatorio prima del quale il giudice non puo’ provvedere sulla richiesta di convalida non costituisce, ovviamente, un orpello formale trattandosi di un presidio posto a tutela del diritto di difesa e dell’effettivita’ del suo esercizio.
3.3. Nel caso in esame, il provvedimento del Questore e’ stato notificato al ricorrente alle ore 13,05 del 10/06/2019, il pubblico ministero ne ha chiesto la convalida l’11/06/2019, il GIP ha depositato l’ordinanza ad ora imprecisata del 12/06/2019 dando pero’ espressamente atto delle note difensive depositate proprio il 12/06/2019 (e confutando, nel merito, gli argomenti difensivi).
3.4. Di qui la assoluta genericita’ e la manifesta infondatezza della dedotta violazione del diritto di difesa perche’, considerata la ratio del termine dilatorio di 48 ore dalla notifica del provvedimento del questore, il positivo esercizio delle prerogative difensive in un momento antecedente alla sua scadenza non obbliga il giudice ad attenderne la maturazione purche’, ovviamente, il provvedimento di convalida segua (e non preceda o sia concomitante) al deposito della memoria e ne dia conto.
4. il secondo motivo e’ manifestamente infondato e proposto al di fuori dei casi consentiti dalla legge nella fase di legittimita’.
4.1. Il ricorrente deduce che il GIP si e’ limitato ad aderire alla richiesta del pubblico ministero con motivazione meramente assertiva ed assolutamente carente in ordine alla valutazione dei presupposti di legittimita’ della misura di prevenzione. Sostiene, a tal fine, che: a) i fatti non si sono verificati all’interno di un impianto sportivo, ne’ nelle immediate vicinanze, ne’ in occasione di manifestazioni sportive, bensi’ in una zona di Bologna assai frequentata dai giovani ed in occasione di una festa di compleanno; b) tanto cio’ e’ vero che per i medesimi fatti occorsi in situazione identica il pubblico ministero non aveva convalidato un analogo provvedimento del questore; c) egli non e’ stato riconosciuto dalla persona offesa ( (OMISSIS)) mentre l’altro aggredito ( (OMISSIS)) non aveva sporto denunzia contro di lui, ed in ogni caso il provvedimento del questore non motivava sul suo coinvolgimento; d) il precedente provvedimento di DASPO dell’8/03/2018 non risultava corredato dell’obbligo di presentazione all’autorita’ di PS, come erroneamente ritenuto dal GIP, ed in ogni caso non giustifica di per se’ la prognosi di pericolosita’ sociale (deduzione difensiva omessa); e) la prescrizione della doppia presentazione e’ sproporzionata (ulteriore deduzione difensiva omessa); f) egli e’ un padre di famiglia, incensurato, non e’ un soggetto pericoloso e svolge attivita’ lavorativa come procacciatore di affari.
4.2.Dalla lettura dell’ordinanza impugnata risulta che: a) la notte tra (OMISSIS) un gruppo di circa trenta persone bardate con sciarpe e simboli del gruppo ultras della “(OMISSIS)” della squadra cittadina di basket della (OMISSIS) era giunta a via (OMISSIS), provenendo a piedi da (OMISSIS); b) il gruppo aveva riconosciuto (OMISSIS), tifoso della contrapposta squadra della (OMISSIS), che si trovava con l’amico (OMISSIS) all’esterno di un esercizio pubblico (definito nel provvedimento questorile “noto ritrovo della tifoseria (della (OMISSIS))”) e subito avevano posto in essere una violenta aggressione nei loro confronti mediante l’utilizzo di aste da bandiera, lancio di bottiglie di vetro e di petardi cagionando al (OMISSIS) lesioni gravi che avevano resa necessaria la sub-amputazione del primo dito e della falange distale del secondo e terzo dito della mano destra (nel provvedimento del questore si legge che il gruppo aveva diviso i due e mentre il (OMISSIS) era riuscito a fuggire il (OMISSIS) era stato colpito con calci e pugni anche mentre si trovava gia’ a terra; quando, grazie all’intervento di alcuni passanti, anch’essi fatti oggetto di lancio di bottiglie, era riuscito a scappare per cercare riparo in un esercizio commerciale era stato raggiunto da un petardo esploso vicino alla mano posta a difesa del volto); c) il ricorrente era stato riconosciuto dallo stesso (OMISSIS) e da una testimone oculare come componente del gruppo degli aggressori; d) il fatto e’ stato posto in essere in costanza di analogo provvedimento interdittivo (con obbligo di presentazione all’autorita’ di PS) adottato nei confronti dello stesso ricorrente l’8 marzo 2018 con durata biennale.
4.3. In considerazione della gravita’ dei fatti posti in essere in costanza di precedente DASPO, il G.i.p. ha ritenuto di convalidare il provvedimento del Questore.
5. Tanto premesso, la Corte osserva quanto segue.
3.5. Il presupposto di fatto che legittima il questore a disporre il divieto di accesso ai luoghi in cui si svolgono manifestazioni sportive e’ costituito, tra gli altri, dall’aver preso parte attiva ad episodi di violenza su persone o cose in occasione o a causa di manifestazioni sportive.
3.6. Come correttamente osservato dal G.i.p., ai fini dell’applicazione delle misure di prevenzione previste dalla L. 13 dicembre 1989, n. 401, articolo 6 devono ricomprendersi tra le condotte commesse “a causa di manifestazioni sportive”, non solo quelle tenute direttamente in occasione delle competizioni sportive, ma anche quelle a queste collegate da un rapporto di diretta e stretta causalita’ (Sez. 3, n. 30408 del 08/04/2016, Rv. 267362 – 01; Sez. 3, n. 1767 del 07/04/2016, Rv. 269085 – 01; Sez. 3, n. 31387 del 22/04/2015, Rv. 264244 – 01). Non e’ pertinente il richiamo, nel ricorso, alla sentenza Sez. 3, n. 3713 del 08/10/2014, Rv. 258317 – 01, secondo cui il mancato svolgimento dell’incontro sportivo implica l’insussistenza della violazione e dell’obbligo di presentarsi presso l’autorita’ di polizia nei tempi e modi indicati nel provvedimento del Questore e riferiti alle fasi di effettivo svolgimento delle competizioni indicate. Nel caso scrutinato dalla Corte, l’imputato, sottoposto al divieto del questore, si era unito alla manifestazione inscenata da alcuni tifosi, dopo la sospensione della partita e in luogo distante dallo stadio dove questa avrebbe dovuto essere disputata. In motivazione la Corte aveva affermato che “il fine perseguito dalla disposizione dalla norma e’ quello della sicurezza in occasione delle manifestazioni sportive e non anche in occasione di una qualsivoglia manifestazione collegata all’attivita’ sportiva”. Tale affermazione va letta in modo corretto, tenuto conto, cioe’, del contesto della condotta posta in essere in totale assenza (e dunque nemmeno a causa) di una manifestazione sportiva.
3.7.La ratio della norma e’ – come ricordato proprio da Sez. 3, n. 3713 del 2014 – quella di prevenire fenomeni di violenza tali da mettere a repentaglio l’ordine e la sicurezza pubblica in contesti, come le “manifestazioni sportive”, ove notoriamente e’ piu’ elevato il rischio di comportamenti violenti (in questo senso, anche Sez. 3, n. 10795 del 06/11/2018, dep. 2019, Rv. 275141 – 01). La necessita’ anche del rapporto eziologico (non solo occasionale) tra la violenza e le manifestazioni sportive costituisce, secondo una massima di esperienza codificata dal legislatore, indice ragionevole della pericolosita’ del soggetto e della sua attitudine a porre in essere comportamenti violenti che trovano nelle manifestazioni sportive la loro genesi. Di qui il divieto di accedere a quelle manifestazioni che, proprio per il loro carattere sportivo, potrebbero agire da miccia di innesco della violenza del prevenuto. La violenza espressa “a causa” (e non in occasione) delle manifestazioni sportive lascia ragionevolmente prevedere che possa esprimersi anche “in occasione” delle medesime manifestazioni sportive.
3.8. Nel caso di specie, indiscussa la natura violenta delle condotte attribuite al ricorrente, non v’e’ dubbio che esse trovino nella diversa fede sportiva la propria ragion d’essere. I tifosi della squadra avversaria sono stati volutamente cercati nel loro luogo di aggregazione e colpiti dagli altri tifosi bardati con i colori della propria squadra. La riconduzione delle condotte alle opposte fedi sportive non e’ una mera intuizione del questore (o del giudice), e’ nei fatti, nel movente dell’azione, nel modo di presentarsi in pubblico quali tifosi di una squadra avversaria e nel collegare la violenza ai “colori” della propria.
4.Le deduzioni difensive relative al riconoscimento del ricorrente quale autore delle condotte a lui ascritte non sono ammissibili perche’ sollecitano un’indagine sul contrasto della motivazione con elementi di prova estranei al suo testo, indagine che non e’ normalmente consentita in mancanza di travisamento della prova (vizio non espressamente dedotto). L’argomento, tra l’altro, non e’ stato nemmeno sviluppato nella memoria difensiva a suo tempo depositata ove la questione della responsabilita’ personale del ricorrente per i fatti a lui ascritti e’ affrontata in termini assolutamente generici senza alcun riferimento alla persona che avrebbe riconosciuto il (OMISSIS).
4.1.In ogni caso, devono essere ribaditi i principi piu’ volte affermati da questa Corte secondo i quali:
4.1.1. l’indagine di legittimita’ sul discorso giustificativo della decisione ha un orizzonte circoscritto, dovendo il sindacato demandato alla Corte di cassazione essere limitato – per espressa volonta’ del legislatore – a riscontrare l’esistenza di un logico apparato argomentativo sui vari punti della decisione impugnata, senza possibilita’ di verificare l’adeguatezza delle argomentazioni di cui il giudice di merito si e’ avvalso per sostanziare il suo convincimento, o la loro rispondenza alle acquisizioni processuali;
4.1.2.l’illogicita’ della motivazione, come vizio denunciabile, deve essere evidente, cioe’ di spessore tale da risultare percepibile “ictu oculi”, dovendo il sindacato di legittimita’ al riguardo essere limitato a rilievi di macroscopica evidenza, restando ininfluenti le minime incongruenze e considerandosi disattese le deduzioni difensive che, anche se non espressamente confutate, siano logicamente incompatibili con la decisione adottata, purche’ siano spiegate in modo logico e adeguato le ragioni del convincimento (Sez. U, n. 24 del 24/11/1999, Spina, Rv. 214794);
4.1.3. La mancanza e la manifesta illogicita’ della motivazione devono risultare dal testo del provvedimento impugnato, sicche’ dedurre tale vizio in sede di legittimita’ significa dimostrare che il testo del provvedimento e’ manifestamente carente di motivazione e/o di logica, e non gia’ opporre alla logica valutazione degli atti effettuata dal giudice di merito una diversa ricostruzione, magari altrettanto logica (Sez. U, n. 16 del 19/06/1996, Di Francesco, Rv. 205621), sicche’ una volta che il giudice abbia coordinato logicamente gli atti sottoposti al suo esame, a nulla vale opporre che questi atti si prestavano a una diversa lettura o interpretazione, munite di eguale crisma di logicita’ (Sez. U, n. 30 del 27/09/1995, Mannino, Rv. 202903);
4.1.4.e’ possibile estendere l’indagine di legittimita’ a “specifici atti del processo” quando ne sia dedotto il travisamento, configurabile quando si introduce nella motivazione una informazione rilevante che non esiste nel processo o quando si omette la valutazione di una prova decisiva ai fini della pronuncia; il relativo vizio ha natura decisiva solo se l’errore accertato sia idoneo a disarticolare l’intero ragionamento probatorio, rendendo illogica la motivazione per la essenziale forza dimostrativa del dato processuale/probatorio (Sez. 6, n. 5146 del 16/01/2014, Del Gaudio, Rv. 258774; Sez. 2, n. 47035 del 03/10/2013, Giugliano, Rv. 257499);
4.1.5.il travisamento, come detto, consiste in un errore percettivo (e non valutativo) della prova stessa tale da minare alle fondamenta il ragionamento del giudice ed il sillogismo che ad esso presiede. In particolare, consiste nell’affermare come esistenti fatti certamente non esistenti ovvero come inesistenti fatti certamente esistenti. Il travisamento della prova rende la motivazione insanabilmente contraddittoria con le premesse fattuali del ragionamento cosi’ come illustrate nel provvedimento impugnato, una diversita’ tale da non reggere all’urto del contro-giudizio logico sulla tenuta del sillogismo. Il travisamento e’ percio’ decisivo quando la frattura logica tra la premessa fattuale del ragionamento e la conclusione che ne viene tratta e’ irreparabile. Come recentemente ribadito da Sez. U, n. 18620 del 19/01/2017, Patalano, n. m. sul punto, il travisamento delle prova sussiste quando emerge che la sua lettura sia affetta da errore “revocatorio”, per omissione, invenzione o falsificazione. In questo caso, difatti, la difformita’ cade sul significante (sul documento) e non sul significato (sul documentato);
4.1.6.quando si deduce la omessa valutazione o il travisamento del contenuto di specifici atti del processo penale, e’ onere del ricorrente, in virtu’ del principio di “autosufficienza del ricorso” suffragare la validita’ del suo assunto mediante la completa trascrizione dell’integrale contenuto degli atti medesimi (ovviamente nei limiti di quanto era gia’ stato dedotto in sede di appello), dovendosi ritenere precluso al giudice di legittimita’ il loro esame diretto, a meno che il “fumus” del vizio dedotto non emerga all’evidenza dalla stessa articolazione del ricorso (Sez. 2, n. 20677 dell’11/04/2017, Schioppo, Rv. 270071; Sez. 4, n. 46979 del 10/11/2015, Bregamotti, Rv. 265053; Sez. F. n. 37368 del 13/09/2007, Torino, Rv. 237302);
4.1.7.non e’ sufficiente riportare meri stralci di singoli brani di prove dichiarative, estrapolati dal complessivo contenuto dell’atto processuale al fine di trarre rafforzamento dall’indebita frantumazione dei contenuti probatori, o, invece, procedere ad allegare in blocco ed indistintamente le trascrizioni degli atti processuali, postulandone la integrale lettura da parte della Suprema Corte (Sez. 1, n. 23308 del 18/11/2014, Savasta, Rv. 263601; Sez. 3, n. 43322 del 02/07/2014, Sisti, Rv. 260994, secondo cui la condizione della specifica indicazione degli “altri atti del processo”, con riferimento ai quali, l’articolo 606 c.p.p., comma 1, lettera e), configura il vizio di motivazione denunciabile in sede di legittimita’, puo’ essere soddisfatta nei modi piu’ diversi (quali, ad esempio, l’integrale riproduzione dell’atto nel testo del ricorso, l’allegazione in copia, l’individuazione precisa dell’atto nel fascicolo processuale di merito), purche’ detti modi siano comunque tali da non costringere la Corte di cassazione ad una lettura totale degli atti, dandosi luogo altrimenti ad una causa di inammissibilita’ del ricorso, in base al combinato disposto dell’articolo 581 c.p.p., comma 1, lettera c) e articolo 591 c.p.p.);
4.1.8.e’ necessario, pertanto: a) identificare l’atto processuale omesso o travisato; b) individuare l’elemento fattuale o il dato probatorio che da tale atto emerge e che risulta incompatibile con la ricostruzione svolta nella sentenza; c) dare la prova della verita’ dell’elemento fattuale o del dato probatorio invocato, nonche’ della effettiva esistenza dell’atto processuale su cui tale prova si fonda; d) indicare le ragioni per cui l’atto inficia e compromette, in modo decisivo, la tenuta logica e l’intera coerenza della motivazione, introducendo profili di radicale “incompatibilita’” all’interno dell’impianto argomentativo del provvedimento impugnato (Sez. 6, n. 45036 del 02/12/2010, Damiano, Rv. 249035);
4.1.9.in conclusione: a) il vizio di motivazione non puo’ essere utilizzato per spingere l’indagine di legittimita’ oltre il testo del provvedimento impugnato, nemmeno quando cio’ sia strumentale a una diversa ricomposizione del quadro probatorio che, secondo gli auspici del ricorrente, possa condurre il fatto fuori dalla fattispecie incriminatrice applicata; b) l’esame puo’ avere ad oggetto direttamente la prova quando se ne deduce il travisamento, purche’ l’atto processuale che la incorpora sia allegato al ricorso (o ne sia integralmente trascritto il contenuto) e possa scardinare la logica del provvedimento creando una insanabile frattura tra il giudizio e le sue basi fattuali; c) la natura manifesta della illogicita’ della motivazione del provvedimento impugnato costituisce un limite al sindacato di legittimita’ che impedisce alla Corte di cassazione di sostituire la propria logica a quella del giudice di merito e di avallare, dunque, ricostruzioni alternative del medesimo fatto, ancorche’ altrettanto ragionevoli.
4.2.Orbene, nel caso di specie, il ricorrente propone chiaramente una versione dei fatti diversa da quella che risulta dal testo della motivazione del provvedimento impugnato senza contestualmente dedurre il travisamento degli elementi di prova in base ai quali e’ stato riconosciuto come autore dei fatti e senza allegare i relativi verbali.
5.Quanto alla prescrizione aggiuntiva dell’obbligo di presentarsi presso un’autorita’ di pubblica sicurezza, la Corte ribadisce che si tratta di misura rafforzativa del divieto di accesso e, in quanto limita la liberta’ personale, si giustifica solo ed esclusivamente se, in base ad un giudizio prognostico negativo, sussiste il concreto pericolo di violazione del divieto. La relativa motivazione non richiede inderogabilmente formule sacramentali e/o esplicite, ben potendo la sussistenza di detto requisito desumersi anche dalla gravita’ del fatto e dalla pericolosita’ del soggetto ma e’ evidente che da tale requisito non si puo’ prescindere (Sez. 3, n. 16521 del 08/11/2018, Rv. 275562; Sez. 7, n. 39049 del 26/10/2006, Licciardello, Rv. 234961; Sez. 3, n. 33861 del 09/05/2007, Straguzzi, Rv. 237120; Sez. 4, n. 8083 del 15/01/2008, Avaltroni).
5.1.Nel caso di specie, il giudizio di pericolosita’ del ricorrente si alimenta della oggettiva gravita’ dei fatti e della circostanza che la condotta e’ stata posta in essere in costanza di precedente DASPO. Si tratta di ragionamento non manifestamente illogico e dunque non sindacabile in questa sede.
5.2.In ogni caso, la L. n. 401 del 1989, articolo 6, comma 5, come modificato dal Decreto Legge 22 agosto 2014, n. 119, articolo 2, comma 1, lettera b), convertito con modificazioni dalla L. 17 ottobre 2014, n. 146, impone l’adozione obbligatoria delle prescrizioni di cui al comma 2 nei confronti della persona gia’ destinataria del divieto di accesso ai luoghi nei quali si svolgono le manifestazioni sportive, non essendo necessaria una rinnovata valutazione di pericolosita’ del prevenuto (come infondatamente sostenuto dal ricorrente che si avvale di pronunce precedenti alla modifica del 2014).
5.3.La Corte ha gia’, piu’ volte, affermato, al riguardo, la manifesta infondatezza della questione di legittimita’ costituzionale della L. 13 dicembre 1989, n. 401, articolo 6, comma 5, (come modificato dal Decreto Legge 22 agosto 2014, n. 119, articolo 2, comma 1, lettera b) convertito con modifiche in L. 17 ottobre 2014, n. 146), nella parte in cui ha reso obbligatoria l’adozione della prescrizione dell’obbligo di presentazione ad un comando di polizia per la durata minima di cinque anni nei confronti di chi sia stato destinatario in passato di precedente DASPO, non potendo ritenersi irragionevole la previsione di una necessaria applicazione dell’obbligo di presentazione in occasione del nuovo divieto, qualora quest’ultimo consegua ad ulteriori fatti commessi in un arco temporale relativamente breve, quale il triennio successivo alla cessazione del precedente DASPO (Sez. 3, n. 5621 del 08/07/2016, dep. 2017, Rv. 269305 01; nello stesso senso, Sez. 3, n. 44621 del 08/07/2016, Rv. 269203 – 01; sulla obbligatorieta’ della prescrizione, cfr., altresi’, Sez. 3, n. 33539 del 14/07/2016, Rv. 267720 – 01).
5.4. Le deduzioni sulla necessita’ della “doppia presentazione” in caso di partite da disputare nella regione (OMISSIS) sono assolutamente generiche a fronte di un obbligo ragionevole e giustificato dalla particolare pericolosita’ del prevenuto mostrata dalla sua attitudine a compiere atti violenti anche non contestuali allo svolgersi di manifestazioni sportive.
6.Alla declaratoria di inammissibilita’ del ricorso consegue, ex articolo 616 c.p.p., non potendosi escludere che essa sia ascrivibile a colpa del ricorrente (C. Cost. sent. 7-13 giugno 2000, n. 186), l’onere delle spese del procedimento nonche’ del versamento di una somma in favore della Cassa delle ammende, che si fissa equitativamente, in ragione dei motivi dedotti, nella misura di Euro 2.000,00.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 2.000,00 in favore della Cassa delle Ammende.

 

In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.

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