Corte di Cassazione, sezione sesta penale, Sentenza 9 luglio 2020, n. 20576.
Massima estrapolata:
In tema di misure di prevenzione, l’intervenuta assoluzione da un reato non comporta l’automatica revoca del provvedimento della sorveglianza speciale ai sensi dell’art. 11 del d.lgs. 6 settembre 2011, n. 159, a condizione che la verifica della persistenza della originaria pericolosità sociale venga eseguita in relazione alla specifica categoria di pericolosità soggettiva, tipizzata dalla legge, che era stata contestata al proposto e nel cui ambito lo stesso era stato inquadrato nel provvedimento genetico. (Fattispecie in cui la richiesta di revoca era stata rigettata in considerazione della pericolosità desunta dai plurimi provvedimenti di “daspo” emessi nei confronti del sottoposto, attestanti la propensione di quest’ultimo a commettere reati che mettono in pericolo la sicurezza e tranquillità pubblica).
Sentenza 9 luglio 2020, n. 20576
Data udienza 7 luglio 2020
Tag – parola chiave: SICUREZZA PUBBLICA – MISURE DI PREVENZIONE
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA PENALE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. BRICCHETTI R. G. – Presidente
Dott. COSTANZO Angelo – Consigliere
Dott. RICCIARELLI Massim – Consigliere
Dott. APRILE E – rel. Consigliere
Dott. PATERNO’ RADDUSA B. – Consigliere
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso presentato da:
(OMISSIS), nato a (OMISSIS);
avverso il decreto del 22/01/2020 della Corte di appello di Catania;
visti gli atti, il provvedimento impugnato ed il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere Ercole Aprile;
letta la requisitoria del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale Dott. Giuseppina Casella, che ha concluso chiedendo l’inammissibilita’ del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
1. Con il decreto sopra indicato la Corte di appello di Catania confermava il provvedimento del 24 giugno 2019 con il quale il Tribunale della stessa citta’ aveva rigettato una richiesta di revoca dell’originario decreto del 15 dicembre 2017 con il quale era stata disposta nei riguardi di (OMISSIS) l’applicazione della misura di prevenzione personale della sorveglianza speciale con obbligo di soggiorno nel comune di residenza, ritenuto lo stesso soggetto pericoloso ai sensi del Decreto Legislativo n. 159 del 2011, articolo 1, lettera c), in quanto dedito alla commissione di reati che offendono o mettono in pericolo la sicurezza e la tranquillita’ pubblica.
Rilevava la Corte di appello come non vi fossero le condizioni per ritenere che, in ragione dell’intervenuta assoluzione del proposto dal reato di tentata estorsione aggravata contestatogli in un processo penale in corso all’epoca della applicazione di quella misura di prevenzione, fosse venuta meno l’attualita’ della sua pericolosita’ sociale al momento della decisione dell’applicazione della misura di prevenzione: considerato che lo stesso era stato destinatario di numerosi provvedimenti amministrativi di daspo (divieti di accedere alle manifestazioni sportive) sicche’ poteva ritenersi, all’epoca dell’emissione del decreto applicativo della misura, soggetto pericoloso ai sensi dell’articolo 4, comma 1, lettera i), Decreto Legislativo cit., per avere egli agevolato gruppi o persone che avevano preso parte attiva alle manifestazioni di violenza di cui alla L. n. 401 del 1989, articolo 6, ovvero quale soggetto che doveva considerarsi, anche in base alla reiterata applicazione nei suoi confronti di quei provvedimenti di divieto, dedito alla commissione di reati che mettono in pericolo l’ordine e la sicurezza pubblica, ovvero l’incolumita’ di persone in occasione o a causa dello svolgimento di manifestazioni sportive.
2. Avverso il decreto indicato in epigrafe ha presentato ricorso l’ (OMISSIS), con atto sottoscritto dal suo difensore, il quale ha dedotto la violazione di legge, in relazione all’articolo 1, lettera c), Decreto Legislativo cit., e il vizio di motivazione, anche per apparenza, per avere la Corte territoriale omesso di rilevare che, venuto meno il riferimento al fatto di reato dal quale era stato recentemente mandato assolto, rimanevano solo condanne per reati commessi nel lontano 2001; nonche’ per avere ingiustificatamente valorizzato i provvedimenti amministrativi contenenti divieti c.d. di âEuroËœdaspo’, in seguito adottati nei suoi riguardi, al solo fine di ritenere configurabile – in relazione all’epoca di adozione dell’originario decreto di prevenzione del dicembre del 2017 – una forma di pericolosita’, prevista dall’articolo 4, comma 1, lettera i), Decreto Legislativo cit., diversa da quella che era stata inizialmente contestata e con riferimento alla quale era stato emesso il provvedimento di applicazione della misura di prevenzione.
3. Con requisitoria scritta il Sostituto Procuratore generale in sede ha chiesto dichiararsi l’inammissibilita’ del ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Ritiene la Corte che il ricorso sia inammissibile, per la manifesta infondatezza di entrambi i motivi dedotti.
2. Costituisce ius receptum nella giurisprudenza di questa Corte il principio secondo il quale, ai fini della revoca della misura di prevenzione della sorveglianza speciale, ai sensi del Decreto Legislativo n. 159 del 2011, articolo 11, il giudice della prevenzione e’ tenuto a compiere una complessiva valutazione della persistente condizione di pericolosita’ sociale del sottoposto, che, senza alcun automatismo valutativo e decisorio, tenga conto degli elementi originariamente acquisiti, correlandoli a quelli relativi all’evoluzione della personalita’ in relazione all’eventuale periodo di detenzione patito ed alle ulteriori emergenze processuali (Sez. 1, n. 19657 del 24/01/2017, Palermo, Rv. 269947).
Tale criterio interpretativo, tuttavia, e’ valido laddove l’interessato abbia rappresentato il venir meno della sua pericolosita’ sociale per ragioni sopravvenute rispetto alla situazione esistente al momento dell’adozione del decreto applicativo della misura di prevenzione, situazione nella quale e’ di tutta evidenza come si discuta della permanenza della pericolosita’ ed e’, dunque corretto tenere conto anche di elementi di fatto sopravvenuti rispetto a quel momento iniziale di esecuzione della misura.
Il discorso si pone in termini differenti laddove – come nella fattispecie e’ accaduto – vi sia stata una scadenza della misura di prevenzione personale applicata e l’interessato abbia chiesto di verificare se, in ragione di una circostanza sopravvenuta, vi siano le condizioni per rivedere il giudizio di pericolosita’ sociale formulato a suo tempo, al momento genetico della misura: revoca che, come noto, in queste ipotesi ha la finalita’ di evitare che possano prodursi ulteriori effetti derivanti dalla applicazione di quella misura, quali la operativita’ di divieti amministrativi correlati di cui all’articolo 67 del Decreto Legislativo cit..
In questa peculiare situazione la valutazione che il giudice e’ chiamato a compiere non riguarda la persistenza dell’attualita’ della pericolosita’, ma se la circostanza evidenziata dal proposto sia tale da consentire di affermare, fermi restando gli altri elementi gia’ oggetto di valutazione, che sia venuta meno la causa che aveva determinato l’iniziale applicazione di quella misura di prevenzione.
A tale regola di diritto la Corte di appello di Catania si e’ attenuta in quanto, pur considerando l’esito favorevole del processo penale per un episodio di tentata estorsione aggravata in cui l’ (OMISSIS) era stato imputato, circostanza che era stata segnalata nell’originario provvedimento applicativo, ha poi valorizzato, ai fini dell’affermazione della non elisa pericolosita’ sociale del proposto al dicembre del 2017, dati informativi concernenti alle condotte illecite tenute dal prevenuto tra il 2002 e il 2015, in occasione di manifestazioni sportive, di cui si era tenuto conto al momento della originaria applicazione di quella misura di prevenzione.
3. Ugualmente privo di pregio e’ il secondo motivo dell’atto di impugnazione.
Se – come si e’ gia’ evidenziato – l’intervenuta assoluzione da un reato non comporta l’automatica revoca del provvedimento della sorveglianza speciale ai sensi del Decreto Legislativo n. 159 del 2011, articolo 11, e’ necessario che la verifica della persistenza della originaria pericolosita’ sociale dell’interessato venga eseguita in relazione alla specifica categoria di pericolosita’ soggettiva tipizzata dalla legge che era stata contestata al proposto e nell’ambito del quale lo stesso era stato inquadrato (in questa stessa ottica, sia pur con riferimento ad una vicenda procedimentale differente, v. Sez. 1, n. 24707 del 01/02/2018, Oliveri, Rv. 273361).
In altri termini, non e’ consentito al giudice chiamato a decidere sulla richiesta della revoca della misura di prevenzione per la mancanza originaria di uno o alcuni dei presupposti che ne avevano giustificato l’applicazione, valorizzare elementi fattuali sopravvenuti e inquadrare l’interessato in una categoria di pericolosita’ del tutto diversa da quella in relazione alla quale la richiesta era stata a suo tempo accolta, in quanto una siffatta soluzione finirebbe per tradursi in una violazione del diritto di difesa.
A tale conclusione deve pervenirsi non in applicazione del principio di correlazione tra contestazione e decisione, che attiene al procedimento nel quale il giudice sia chiamato a decidere per la prima volta sulla richiesta di applicazione di una misura cautelare, poiche’ e’ pacifico come sia possibile ritenere sussistente una categoria di pericolosita’ sociale diversa da quella indicata nella proposta a condizione che la nuova definizione giuridica sia fondata sui medesimi elementi di fatto posti a fondamento della proposta, si’ da garantire alla difesa un effettivo contraddittorio (cosi’, tra le tante, Sez. 1, n. 8038 del 05/02/2019, Manauro, Rv. 274915); quanto perche’ la decisione sulla richiesta di revoca ex tunc del provvedimento di applicazione attiene ad una decisione che ha acquisito un carattere di tendenziale stabilita’ e non e’ possibile che a colui che, a mente dell’articolo 11, comma 2, Decreto Legislativo cit., abbia domandato la revoca di quel provvedimento “quando sia cessata o mutata la causa che lo (aveva) determinato”, si risponda confermando – ora per allora – la efficacia di quel provvedimento sulla base di elementi fattuali che non erano stati valutati nell’originario procedimento ovvero inquadrando l’istante in una categoria di pericolosita’ del tutto diversa da quella in relazione alla quale quella decisione applicativa era stata giustificata.
In applicazione di tale criterio interpretativo, il provvedimento impugnato deve ritenersi adottato nel rispetto della indicata disposizione di legge, in quanto nel caso di specie i giudici di merito, chiamati a valutare se, in considerazione dell’intervenuta assoluzione in sede penale da un reato del quale era stato imputato, potesse essere ribadita, in relazione al momento genetico del dicembre del 2017, la pericolosita’ dell’ (OMISSIS) ai sensi dell’articolo 1, lettera c), Decreto Legislativo cit. per essere egli “dedito alla commissione di reati che offendono o mettono in pericolo la sicurezza e la tranquillita’ pubblica”, hanno rigettato quella istanza inquadrando il richiedente nella categoria dei soggetti pericolosi di cui all’articolo 4, comma 1, lettera i), Decreto Legislativo cit. (per avere agevolato gruppi o persone che avevano preso parte attiva alle manifestazioni di violenza di cui alla L. n. 404 del 1989, articolo 6, ovvero quale soggetto che doveva ritenersi, anche in sulla base della reiterata applicazione nei suoi confronti del divieto previsto da tale articolo, dedito alla commissione di reati che mettono in pericolo l’ordine e la sicurezza pubblica, ovvero l’incolumita’ di persone in occasione o a causa dello svolgimento di manifestazioni sportive): categoria, questa, gia’ esistente al momento della adozione dell’originario provvedimento di applicazione della misura di prevenzione, che costituisce all’evidenza una species rispetto a quella piu’ generale descritta dal citato articolo 1, lettera c), oggetto di contestazione.
Ne’ elementi valutativi di segno contrario sono riconoscibili nel motivo del ricorso oggi in esame, nel quale l’interessato solo formalmente ha fatto rifermento ad una violazione di legge, in realta’ finendo per censurare – come pure indicato nella intestazione del motivo come articolato – l’apparato motivazionale del provvedimento gravato, deducendo vizi di contraddittorieta’ e illogicita’ della motivazione inammissibili nella presente materia, nella quale, come noto, il ricorso per cassazione e’ proponibile solo per violazioni di legge.
La soluzione privilegiata in questa sede appare coerente ai canoni fissati in materia dalla Carta costituzionale, avendo la Consulta recentemente chiarito come, per garantire il requisito convenzionale di precisione che ciascuna fattispecie di pericolosita’ deve possedere (C. eur. dir. uomo, 23 febbraio 2017, De Tommaso c. Italia), la materia delle misure di prevenzione debba avere un carattere “tassativizzante” nella descrizione di ciascuna categoria dei soggetti pericolosi: in maniera tale che “la fase prognostica relativa alla probabilita’ che il soggetto delinqua in futuro e’ necessariamente preceduta da una fase diagnostico-constatativa, nella quale vengono accertati (con giudizio retrospettivo) gli elementi costitutivi delle cosiddette “fattispecie di pericolosita’ generica”, attraverso un apprezzamento di “fatti”, costituenti a loro volta “indicatori” della possibilita’ di iscrivere il soggetto proposto in una delle categorie criminologiche previste dalla legge” (C. Cost., n. 24 del 2019).
4. Segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento ed a quella di una somma in favore della Cassa delle Ammende, che si stima equo fissare nella misura indicata in dispositivo.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro tremila in favore della Cassa delle Ammende.
In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.
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