In tema di misure di prevenzione

Corte di Cassazione, sezione prima penale, Sentenza 8 aprile 2020, n. 11645

Massima estrapolata:

In tema di misure di prevenzione, le prescrizioni di fare rientro nel luogo di residenza e di non ritornare nel Comune oggetto dell’ordine di allontanamento costituiscono condizioni imprescindibili e inscindibili per la legittima emissione del foglio di via obbligatorio; ne consegue che, la mancanza di una delle due prescrizioni (nella specie, quella relativa all’ordine di rientro), determina l’illegittimità del suddetto provvedimento, sindacabile dal giudice penale, e la conseguente insussistenza del reato di cui all’art. 76, comma 3, d.lgs. 6 settembre 2011, n. 159.

Sentenza 8 aprile 2020, n. 11645

Data udienza 10 gennaio 2020

Tag – parola chiave: Misure di prevenzione personali – Violazione degli obblighi inerenti alla sorveglianza speciale – Foglio di via obbligatorio – Rimpatrio dello straniero socialmente pericoloso – Tardività della memoria difensiva per violazione dei termini di cui all’art. 611 c.p.p. – Illegittimità del provvedimento amministrativo emesso dal questore – Inconfigurabilità della lesione del diritto di difesa – Rigetto

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. IASILLO Adriano – Presidente

Dott. CASA Filippo – rel. Consigliere

Dott. BONI Monica – Consigliere

Dott. CENTOFANTI Francesco – Consigliere

Dott. CAIRO Antonio – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
PROCURATORE DELLA REPUBBLICA PRESSO IL TRIBUNALE DI ASTI;
nel procedimento a carico di:
(OMISSIS), nato a (OMISSIS);
avverso la sentenza dei 30/11/2018 del TRIBUNALE di ASTI;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere Dott. FILIPPO CASA;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Dott. PEDICINI ETTORE, che ha concluso chiedendo l’annullamento con rinvio della sentenza impugnata;
udito il difensore.

RITENUTO IN FATTO

1. Il Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Asti ricorre, per difetto assoluto di motivazione e violazione di legge, avverso la sentenza emessa in data 30.11.2018 con la quale il Tribunale di Asti in composizione monocratica ha assolto per non aver commesso il fatto (OMISSIS) dal reato di cui all’articolo 76, comma 3, in relazione al Decreto Legislativo n. 159 del 2011, articolo 2.
Il Tribunale ha assolto l’imputata sul presupposto che il provvedimento del Questore di Asti fosse viziato in quanto ne aveva disposto l’allontanamento “da luogo che non era fuori dal luogo di residenza”.
Detta motivazione, ad avviso del Procuratore ricorrente, doveva considerarsi incomprensibile, non avendo il giudicante rappresentato le ragioni giuridiche per le quali il provvedimento amministrativo avrebbe dovuto disapplicarsi in quanto illegittimo.
Dall’analisi dei documenti prodotti dalla difesa della (OMISSIS) e della coimputata (OMISSIS) si poteva, in effetti, desumere che il Tribunale avesse ritenuto le imputate residenti in Asti alla data di notifica dei fogli di via obbligatori con conseguente illegittimita’ dei provvedimenti del Questore.
Tale ipotesi, tuttavia, non risultava per nulla esplicitata in motivazione e, comunque, poteva valere solo per la (OMISSIS), il che aveva, infatti, indotto la Procura astigiana a non ricorrere avverso la sua assoluzione.
Diversa, invece, era la situazione della (OMISSIS), atteso che dalla documentazione prodotta nel suo interesse non era in alcun modo evincibile una sua stabile dimora in Asti prima della notifica del foglio di via obbligatorio.
2. In data 2.1.2020 e’ pervenuta memoria del difensore della (OMISSIS), con la quale si chiede il rigetto del ricorso, essendo il provvedimento del Questore in data 13.7.2015 privo della contestuale intimazione a rientrare nel luogo di residenza.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso va rigettato, previa correzione della motivazione della sentenza impugnata.
2. Rilevata la tardivita’ della memoria difensiva per violazione dei termini di cui all’articolo 611 c.p.p., occorre premettere che la condotta sanzionata dal Decreto Legislativo 6 settembre 2011, n. 159, articolo 76, comma 3, consiste nella contravvenzione alle disposizioni di cui all’articolo 2 medesimo decreto, a tenore del quale “Qualora le persone indicate nell’articolo 1 siano pericolose per la sicurezza pubblica e si trovino fuori dei luoghi di residenza, il questore puo’ rimandarvele con provvedimento motivato e con foglio di via obbligatorio, inibendo loro di ritornare, senza preventiva autorizzazione ovvero per un periodo non superiore a tre anni, nel comune dal quale sono allontanate”.
La norma individua e descrive il contenuto del provvedimento amministrativo (la cui inosservanza integra il reato e che ne costituisce il necessario antecedente logico-giuridico) e lo configura come una misura di prevenzione di natura promiscua, che assomma effetti coercitivi e inibitori: il rimpatrio, con il foglio di via obbligatorio, e il divieto di ritorno.
Secondo il piu’ recente orientamento espresso da questa Corte sul tema, cui il Collegio intende dare continuita’, le richiamate prescrizioni di fare rientro nel luogo di residenza e di non ritornare nel comune oggetto dell’ordine di allontanamento costituiscono condizioni imprescindibili e inscindibili per la legittima emissione del foglio di via obbligatorio, dal che consegue che la mancanza di una sola delle due determina l’illegittimita’ del suddetto provvedimento, sindacabile dal giudice penale, e la conseguente insussistenza del reato di cui all’articolo 76, comma 3 citato (Sez. 1, n. 40832 del 25/6/2019, Hristea, Rv. 277480 – 01; Sez. 1, n. 36653 del 3/6/2019, P.G. in proc. Patruta, Rv. 276866 – 01; Sez. 1, n. 47636 del 15/5/2019, P.G. in proc. Bisello, Rv. 277482 – 01; Sez. 1, n. 30950 del 16/4/2019, P.G. in proc. Da Corte Davinson, Rv. 276608 – 01; Sez. 1, n. 33108 del 19/3/2019, P.G. in proc. Bordin, Rv. 276410 – 01; Sez. 1, n. 4074 del 9/1/2019, P.G. in proc. Pipis, Rv. 275159 – 01).
2.1. Che questa sia la piu’ corretta lettura della disposizione in commento e’ confermato, in primis, dal suo tenore testuale, che individua con chiarezza due distinti presupposti, costituiti, rispettivamente, dalla pericolosita’ per la sicurezza pubblica e dal trovarsi l’interessato fuori del luogo di residenza, cio’ che, gia’ sotto il profilo logico, presuppone l’esistenza di un luogo di residenza ove costui – come reso evidente dal prefisso iterativo “ri”, utilizzato dal legislatore anche con riferimento alla destinazione del soggetto allontanato, per la quale e’ stato scelto il verbo “rimandare” – abbia fissato il centro dei propri interessi.
Cio’ influisce sul contenuto minimo ed imprescindibile del provvedimento, che ricollega l’allontanamento dal comune in. cui si e’ manifestata la pericolosita’ sociale al rimpatrio in quello di residenza, con conseguente divieto di ritorno nel comune dal quale il destinatario del foglio di via e’ stato allontanato.
Nella stessa direzione milita il precetto penale della cui trasgressione si discute, nella parte in cui dispone che “Nella sentenza di condanna viene disposto che, scontata la pena, il contravventore sia tradotto al luogo del rimpatrio”, in tal modo dando per scontata e presupposta l’esistenza e la pregressa indicazione, all’atto dell’adozione del foglio di via obbligatorio le cui prescrizioni sono state disattese, di un luogo di residenza verso il quale e’ stato ordinato il ritorno.
2.1.1. In chiave teleologica, poi, deve segnalarsi il saldo ancoraggio delle disposizioni in esame alla necessita’ di prevenire le manifestazioni della pericolosita’ sociale – recte: per la sicurezza pubblica – della quale il destinatario del foglio di via ha dimostrato di essere portatore, ovvero alla finalita’ di controllo che orienta l’intero settore delle misure di prevenzione personale.
A quest’ultimo proposito, soccorre la recente pronunzia della Corte costituzionale n. 24 del 2019, che, nell’escludere che le misure di prevenzione personale abbiano nella sostanza carattere sanzionatorio-punitivo, ha ribadito che esse, imperniate come sono su un giudizio di persistente pericolosita’ del soggetto, hanno una chiara finalita’ preventiva, mirando a limitare la liberta’ di movimento del loro destinatario per impedirgli di commettere ulteriori reati, o quanto meno per rendergli piu’ difficoltosa la loro realizzazione, consentendo al tempo stesso all’autorita’ di pubblica sicurezza di esercitare un piu’ efficace controllo sulle possibili iniziative criminose del soggetto.
Il giudice delle leggi ha tratto argomento dalla precedente considerazione per notare come l’indubbia dimensione afflittiva delle misure di prevenzione personale non sia, in quest’ottica, “che una conseguenza collaterale di misure il cui scopo essenziale e’ il controllo, per il futuro, della pericolosita’ sociale del soggetto interessato: non gia’ la punizione per cio’ che questi ha compiuto nel passato”.
2.1.2. Acclarato, allora, che scopo del foglio di via obbligatorio, cosi’ come di ogni altra misura di prevenzione personale, e’ quello di arginare il pericolo di commissione di future condotte illecite, appare evidente che la fruttuosita’ del provvedimento e’ legata, quantomeno in via concorrente, all’invio del soggetto presso il luogo ove, avendo egli fissato la propria residenza, sono minori le difficolta’ per le istituzioni preposte di esercitare la vigilanza e porre in essere le ulteriori iniziative intese a prevenire eventuali iniziative criminose, mentre, per converso ed in parallelo, piu’ consistenti sono le occasioni che il destinatario del foglio di via si astenga, in un ambiente in cui egli e’ meglio inserito, da comportamenti devianti.
L’obiettivo della norma risulterebbe, invece, sostanzialmente frustrato, almeno sotto l’angolo prospettico considerato, qualora si ammettesse la legittimita’ di un provvedimento dal contenuto circoscritto all’allontanamento dal luogo di manifestazione della pericolosita’ sociale ed al divieto di reingresso, in quanto tale non funzionale alle immanenti e preminenti esigenze di controllo.
Tanto autorizza ad affermare che il foglio di via obbligatorio privo dell’ordine di rimpatrio verso il luogo di residenza per non avere il destinatario una residenza, ovvero un luogo in cui egli ha fissato, in modo piu’ o meno stabile, il centro dei propri interessi, sarebbe inidoneo a soddisfare le finalita’ preventive sottese alla norma in esame.
2.1.3. Sono queste, del resto, le indicazioni che la stessa Corte costituzionale forni’, gia’ nel 1964, con la sentenza n. 68, con la quale confermo’ la compatibilita’ dell’istituto con i precetti della Carta fondamentale, e segnatamente con gli articoli 3, 16, articolo 25, comma 3, e articolo 102, comma 1, sulla scorta, tra l’altro, di argomentazioni che appaiono perfettamente coerenti con la soluzione qui adottata in ordine alla ineludibile necessita’ che il foglio di via obbligatorio contenga tanto l’ordine di rimpatrio verso un luogo determinato quanto il divieto, entro una data cornice temporale, di ritorno in quello dal quale il destinatario e’ stato allontanato.
Scrisse, in proposito, il giudice delle leggi: “L’obbligo di portarsi, almeno inizialmente, nel Comune di residenza risponde ad una esigenza logica, fondata sulla realta’: senza la indicazione di una destinazione il foglio di via avrebbe l’aspetto di un bando, non di un ordine di trasferimento da un Comune ad un altro. D’altra parte, poiche’ tra Comuni e Comuni della Repubblica italiana non ci sono barriere, non sarebbe materialmente possibile ne’ per l’autorita’ di pubblica sicurezza ne’ per la, stessa persona munita di foglio di via obbligatorio accertare e fare accertare se tale persona si sia effettivamente allontanata dal territorio di un Comune.
Ora, siffatto accertamento non e’ soltanto richiesto da esigenze di buon funzionamento degli uffici di polizia ai fini di un efficace controllo, che puo’ essere unicamente effettuato presso gli uffici esistenti in un determinato Comune; ma l’ordine di raggiungere il Comune di residenza offre anche una garanzia per la stessa persona munita del foglio di via, al cui interesse giova che la destinazione sia fissata dalla legge. Difatti, piu’ gravi limitazioni della liberta’ di soggiorno e di circolazione e maggiori disagi si sarebbero avuti se la scelta fosse stata devoluta all’autorita’ di pubblica sicurezza. Ne’ la scelta poteva essere lasciata allo stesso interessato, dovendosi ragionevolmente presumere che egli nel luogo della sua dimora abituale abbia le maggiori possibilita’ di reinserirsi in un ambiente piu’ confacente ad un sistema di vita meno esposto ai pericoli ed ai turbamenti del luogo di non abituale dimora”.
2.1.4. D’altro canto, non pare assumere significativa rilevanza, in direzione contraria a quella sin qui indicata, la previsione, contenuta nell’ambito della normativa in materia di anagrafe (cfr., in specie, la L. 24 dicembre 1954, n. 1228, articolo 2, recante “Ordinamento delle anagrafi della popolazione residente”, e l’articolo 7 del “Regolamento anagrafico della popolazione residente”, approvato con Decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 1989, n. 223, e modificato dal Decreto del Presidente della Repubblica n. 17 luglio 2015, n. 126), relativa all’iscrizione d’ufficio delle persone senza fissa dimora ne’ domicilio nei registri anagrafici del comune di nascita, disposizione che, ispirata da tangibili ragioni burocratiche e statistiche, non risponde alle finalita’ di controllo che si e’ detto essere sottese alla normativa sul foglio di via obbligatorio, ne’ garantisce la fruizione di quei presidi che rendono meno probabile la commissione di ulteriori reati.
2.2. Ravvisata, dunque, l’illegittimita’ del provvedimento amministrativo che, nell’imporre l’allontanamento del soggetto socialmente pericoloso da un dato luogo ed il divieto di farvi ritorno per un certo torno di tempo, non gli prescriva di portarsi nel luogo di residenza” va positivamente risolta la questione sulla sindacabilita’ dell’atto in sede penale, in bonam partem ed in vista della disapplicazione del provvedimento illegittimo alle cui disposizioni imperative l’imputato non abbia ottemperato.
2.2.1. La puntualizzazione si rende necessaria, in quanto il Procuratore ricorrente, nel condividere, seppure incidentalmente, l’opposto, meno recente, orientamento giurisprudenziale, ha fatto richiamo alla sentenza Sez. 1, n. 22687 del 26/03/2013, P.G. in proc. Varga, Rv. 256482 (unitamente alla precedente Sez. 1, n. 46257 dell’8/11/2012, P.G. in proc. Rapisarda, Rv. 253966 01), in cui si e’ affermato che l’illegittimita’ dell’atto non sarebbe, comunque, rilevabile dal giudice ordinario ai fini della sua disapplicazione, trattandosi di sindacato di legittimita’ riservato alla giurisdizione amministrativa in relazione a provvedimento che, anche qualora ritenuto illegittimo, non potrebbe comportare una lesione dei diritti soggettivi in capo al suo destinatario, secondo quanto statuito da Sez. U, n. 3 del 31/1/1987, Giordano, Rv. 176304.
L’impossibilita’ giuridica di sindacare e disapplicare il provvedimento amministrativo in sede penale renderebbe, pertanto, irrilevante il profilo di illegittimita’ dell’atto amministrativo e non pregiudicherebbe la configurabilita’ del reato nell’ipotesi in cui il soggetto attivo contravvenga all’unico divieto imposto.
Siffatto ragionamento sotteso al rilievo del ricorrente non convince in quanto trascura che come gia’ chiarito dalle Sezioni Unite nella pronunzia sopra indicata – il potere di sindacato e di disapplicazione da parte del giudice penale dell’atto amministrativo, anche nel caso in cui esso non comporti una lesione di diritti soggettivi, puo’ trovare fondamento e giustificazione in una esplicita previsione legislativa (come ad esempio avviene con il disposto dell’articolo 650 c.p.) ovvero nell’ambito di interpretazione della norma penale, qualora la legittimita’ dell’atto amministrativo si presenti essa stessa come elemento essenziale della fattispecie criminosa.
Nel caso in esame, l’accertamento della rispondenza della misura di prevenzione disciplinata dal Decreto Legislativo 6 settembre 2011, n. 159, articolo 2 al modello tipico previsto dalla legge costituisce adempimento doveroso, avente ad oggetto proprio la validita’ dell’atto integrante il presupposto del reato, e tanto piu’ ineludibile allorche’ l’invalidita’ discenda dal difetto di uno degli elementi essenziali del provvedimento, integrante la forma piu’ grave di patologia, rappresentata dalla nullita’ e non dall’annullabilita’.
Questa Corte, invero, ha avuto modo di affermare che la conformita’ a legge del provvedimento di rimpatrio con foglio di via obbligatorio deve essere accertata dal giudice penale alla luce dei parametri – indicati nella L. n. 241 del 1990, articolo 21-octies – dell’incompetenza, della violazione di legge e dell’eccesso di potere, con la precisazione, per quanto riguarda quest’ultimo, che esso e’ suscettibile di cognizione da parte del giudice ordinario non solo nella classica configurazione dello sviamento di potere, ma anche nelle varie figure sintomatiche elaborate dalla giurisprudenza amministrativa (Sez. 1 n. 28549 del 18/6/2008, Rv. 241084).
Non vi e’ ragione, dunque, di limitare o circoscrivere l’ambito e la portata del sindacato di legittimita’ del giudice penale, quando esso investa addirittura l’accertamento della presenza degli elementi essenziali del provvedimento amministrativo, la cui mancanza sia idonea a comportare la piu’ grave sanzione della nullita’ (in conformita’, del resto, all’indirizzo risalente a Sez. 3 n. 6537 del 30/3/1992, Rv. 190458), avuto ulteriormente riguardo al rango della situazione giuridica soggettiva lesa per effetto della imposizione, al di fuori delle condizioni previste dalla legge, dei limiti alla liberta’ di circolazione connessi alla emissione di foglio di via obbligatorio.
3. Acclarato da un canto, sul piano oggettivo, che la fattispecie legale tipica del foglio di via obbligatorio prevede la necessaria compresenza di entrambe le intimazioni, quella di fare rientro nel comune di residenza e quella di non fare ritorno nel comune oggetto dell’ordine di allontanamento, la prima delle quali costituisce condizione e antecedente logico della seconda, e, dall’altro, che la corretta formazione dell’atto costituisce il presupposto del reato, integrato dall’inosservanza anche di una sola delle sue prescrizioni, deve giocoforza concludersi che la mancanza dell’una o dell’altra prescrizione, determinando la carenza di un elemento essenziale, come tale incidente sulla validita’ e legittimita’ del provvedimento, comporta il venir meno dello stesso presupposto giuridico della condotta incriminata, costituita dalla violazione della disposizione di un provvedimento validamente e legittimamente formato.
In linea di continuita’ con quanto stabilito dalle sopra richiamate pronunce, deve, quindi, essere ribadito il superamento dell’orientamento espresso al riguardo in passato dalla giurisprudenza di legittimita’.
4. Nel caso di specie e’ pacifico che il provvedimento del questore che ha ordinato l’allontanamento della (OMISSIS) dal territorio del Comune di Asti per la durata di tre anni non e’ stato accompagnato da contestuale intimazione di fare rientro nel luogo di residenza e percio’ e’ da ritenersi nullo in quanto privo di uno dei suoi elementi essenziali.
E’ sulla base di tale ragione giuridica, pertanto, che la decisione assolutoria qui impugnata avrebbe dovuto essere fondata e non perche’ il provvedimento del questore avesse disposto l’allontanamento dell’imputata da un luogo che “non era fuori dal luogo di residenza”. Corretta la motivazione ai sensi dell’articolo 619 c.p.p. secondo le considerazioni esposte, il ricorso del Procuratore della Repubblica di Asti va rigettato, in quanto infondato.
Nulla per le spese, attesa la natura di parte pubblica del ricorrente.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso.

 

In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.

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