In tema di misure cautelari

Corte di Cassazione, sezione seconda penale, Sentenza 17 maggio 2019, n. 21716.

La massima estrapolata:

In tema di misure cautelari, qualora la Corte di cassazione abbia annullato con rinvio un’ordinanza che aveva disposto o confermato la misura coercitiva ex art. 309, comma 9, cod. proc. pen., il termine di “dieci giorni dalla ricezione degli atti” entro il quale – ai norma dell’art. 311, comma 5-bis, cod. proc. pen. – il giudice del rinvio è tenuto a decidere decorre, non dalla mera ricezione della sentenza rescindente con il relativo fascicolo, ma dalla completa ricezione di tutti gli atti presentati ai sensi dell’art. 291, comma 1, cod. proc. pen. e degli elementi eventualmente sopravvenuti in favore della persona sottoposta alle indagini.

Sentenza 17 maggio 2019, n. 21716

Data udienza 8 marzo 2019

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. GALLO Domenico – Presidente

Dott. DI PAOLA Sergio – rel. Consigliere

Dott. DE SANTIS Anna Maria – Consigliere

Dott. PERROTTI Massimo – Consigliere

Dott. MONACO Marco Maria – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
(OMISSIS), nato a (OMISSIS);
avverso l’ordinanza del 13/11/2018 del Tribunale di Catanzaro;
sentita la relazione svolta dal Consigliere Dr. Sergio Di Paola;
sentite le conclusioni del Sostituto Procuratore generale Dr. Viola Alfredo Pompeo, che ha chiesto annullarsi senza rinvio l’ordinanza.

RITENUTO IN FATTO

1. Il Tribunale del riesame di Catanzaro, con ordinanza in data 13/11/2018, rigettava l’appello proposto nell’interesse di (OMISSIS), con cui la difesa aveva richiesto la declaratoria di inefficacia della misura cautelare applicata, per violazione del disposto dell’articolo 311 c.p.p., comma 5 bis.
2. Nei confronti dell’odierno ricorrente era stata emessa ordinanza di applicazione della misura cautelare della custodia in carcere, da parte del G.i.p. del Tribunale di Catanzaro, in data 28 dicembre 2017; proposta istanza di riesame, il Tribunale di Catanzaro aveva confermato il provvedimento genetico con ordinanza, successivamente annullata dalla Corte di Cassazione con rinvio e con trasmissione degli atti per il nuovo giudizio.
Il Tribunale del riesame decideva con provvedimento emesso in data 17 agosto 2018 riformando parzialmente l’ordinanza del G.i.p..
3. La difesa del ricorrente aveva richiesto al G.i.p. di dichiarare l’inefficacia della misura poiche’ alla ricezione degli atti dalla Corte di Cassazione (in data 2 agosto 2018) non era seguita, nel termine di dieci giorni indicato dall’articolo 311 c.p.p., la pronuncia del Tribunale del riesame; il G.i.p. aveva rigettato l’istanza, rilevando il difetto di interesse del ricorrente; proposto appello, il Tribunale del riesame – pur non condividendo il motivo che aveva indotto il G.i.p. a dichiarare inammissibile la richiesta – rilevava che il computo dei dieci giorni indicati dalla norma ricordata doveva essere operato a partire dal momento in cui il Tribunale aveva ricevuto gli atti dall’autorita’ procedente (7 agosto 2018), dopo la restituzione da parte della Corte di cassazione, e non anche dalla data di materiale ricezione degli atti tramessi dalla Suprema Corte (2 agosto 2018).
4. Propone ricorso per cassazione la difesa dell’indagato deducendo, con unico motivo di ricorso, violazione di legge, in relazione all’articolo 311 c.p.p., comma 5 bis; il Tribunale aveva erroneamente interpretato la norma, in quanto il tenore testuale e la considerazione logica attinente alla disponibilita’ di tutti gli atti da parte del Tribunale del riesame, ancor prima della restituzione degli atti da parte della Corte di Cassazione, rendeva superflua la “nuova richiesta” degli atti all’autorita’ procedente e, quindi, il decorso del termine perentorio da tale data successiva.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1.1. Il ricorso e’ infondato.
Le argomentazioni del ricorrente, che si ispirano in piu’ punti quasi testualmente al contenuto di una recente decisione della Corte di cassazione (Sez. 1, n. 23707 del 29/01/2018, Battaglia, Rv. 273114), non sono condivise dal Collegio e dalla giurisprudenza espressa in piu’ occasioni, anche da questa Sezione (a partire da Sez. 2, n. 15695 del 08/01/2016, Lombardo, Rv. 266729, seguita da Sez. 6, n. 27093 del 01/03/2017, Speranza, Rv. 270410, nonche’ da Sez. 5, n. 21710 del 28/02/2018, Marciano, Rv. 273026, in motivazione), secondo la quale il computo del termine dei dieci giorni entro i quali deve intervenire la decisione, a pena di inefficacia della misura, da parte del giudice del rinvio nell’ipotesi di annullamento “con rinvio, su ricorso dell’imputato, (di) un’ordinanza che ha disposto o confermato la misura coercitiva ai sensi dell’articolo 309, comma 9”, deve esser operato considerando il momento in cui il Tribunale del riesame ha a disposizione tutti gli atti che, al momento della ricezione della pronuncia rescindente della Corte di cassazione, possono essere diversi da quelli su cui lo stesso Tribunale ha emesso l’ordinanza poi annullata.
In particolare, va osservato che, in ragione della funzione propria del giudice del riesame, chiamato ad intervenire solo su impulso delle parti che intendano sottoporre a controllo il contenuto dei provvedimenti cautelari adottati nel corso del procedimento, il Tribunale non e’ l’organo che ha costantemente la materiale disponibilita’ degli atti su cui e’ chiamato a pronunciarsi, tanto da dover formulare nella fase delle indagini, cosi’ come nelle fasi del giudizio, la richiesta all’autorita’ che procede affinche’ siano trasmessi gli atti su cui si fonda il provvedimento cautelare oggetto di impugnazione (atti che, una volta esaurita la fase incidentale con la pronuncia ed il deposito dell’ordinanza del Tribunale del riesame, devono essere restituiti all’autorita’ che li ha trasmessi).
Per altro verso, gli atti che la Corte di cassazione invia al Tribunale del riesame, unitamente alla sentenza rescindente, non sono tuti gli atti che il Tribunale del riesame aveva a disposizione al momento dell’emissione del provvedimento, oggetto di annullamento; infatti, alla stregua del disposto dell’articolo 100 disp. att. c.p.p., oggetto della trasmissione alla Corte di Cassazione, nell’ipotesi di ricorso della difesa dell’indagato, non sono tutti gli atti gia’ in possesso del Tribunale del riesame, ma soltanto “gli atti necessari per decidere sull’impugnazione”. Da cio’ discende che, per effetto della pronuncia di annullamento e della restituzione degli atti da parte del giudice di legittimita’, lo stesso Tribunale non avra’ immediatamente a disposizione tutti gli atti trasmessi nel momento in cui era stata presentata l’istanza di riesame o l’appello cautelare; mentre, per argomento logico direttamente correlato alla natura del giudizio di rinvio (che impone la necessita’, per il giudice del merito, di riesaminare l’intero fascicolo processuale gia’ formato in sede di procedura di riesame, o di appello cautelare), il Tribunale dovra’ richiede all’autorita’ che procede la trasmissione degli atti, indispensabili per assumere la decisione nel giudizio di rinvio.
Inoltre, tenendo conto del necessario lasso di tempo che intercorre tra l’originaria decisione del Tribunale, la proposizione del ricorso davanti alla Corte di Cassazione, la pronuncia del giudice di legittimita’ e la restituzione degli atti, non puo’ escludersi che nel corso delle ulteriori indagini siano stati acquisiti nuovi elementi che, ai sensi dell’articolo 291 c.p.p. e del principio di completezza dell’esame delle acquisizioni delle indagini (specie se a favore dell’indagato), devono essere portati a conoscenza del Tribunale del riesame prima che adotti la pronuncia in sede di giudizio di rinvio (Sez. 2, n. 32084 del 15/6/2017, Arena, non massimata).
Alla luce delle considerazioni svolte va, dunque, ribadito il principio di diritto, correttamente seguito dal Tribunale catanzarese, secondo il quale “In tema di impugnazioni avverso provvedimenti applicativi di misure cautelari personali, ai fini della decorrenza del termine di “dieci giorni dalla ricezione degli atti” entro il quale, ai sensi dell’articolo 311 c.p.p., comma 5 bis, il giudice del rinvio e’ tenuto a decidere, nel caso sia stata annullata con rinvio, su ricorso dell’imputato, un’ordinanza che ha disposto o confermato la misura coercitiva ai sensi dell’articolo 309 c.p.p., comma 9, non e’ sufficiente la mera ricezione della sentenza rescindente, ma occorre anche la ricezione degli atti presentati a norma dell’articolo 291 c.p.p., comma 1, nonche’ di tutti gli elementi eventualmente sopravvenuti in favore della persona sottoposta alle indagini” (Sez. 6, n. 27093 del 01/03/2017, Speranza, cit.).
I dati temporali, attinenti alla ricezione degli atti e alla pronuncia mediante deposito del dispositivo del provvedimento emesso in sede di giudizio di rinvio, non sono contestati dal ricorrente e dimostrano il rispetto del termine indica dall’articolo 311 c.p.p..
Al rigetto del ricorso consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle pese processuali.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese
processuali.

Per aprire la pagina facebook @avvrenatodisa
Cliccare qui

Leave a Reply

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *