Corte di Cassazione, sezione terza penale, Sentenza 27 maggio 2020, n. 15980.
Massima estrapolata:
In tema di misure cautelari personali, le esigenze cautelari relative al pericolo di inquinamento delle prove, di fuga e di reiterazione del reato previste dall’art. 274 cod. proc. pen. non devono necessariamente concorrere, bastando anche l’esistenza di una sola di esse per giustificare o confermare, in sede di riesame, l’adozione del provvedimento. (Nella specie la Corte ha ritenuto immune da censure la decisione del tribunale del riesame che aveva confermato il provvedimento del giudice per le indagini preliminari facendo riferimento solo al pericolo di reiterazione del reato, senza alcun riferimento al pericolo di inquinamento probatorio al quale pure aveva fatto riferimento l’ordinanza impugnata)
Sentenza 27 maggio 2020, n. 15980
Data udienza 16 aprile 2020
Tag – parola chiave: Misure cautelari personali – Arresti domiciliari – Reati fiscali – Evasione Iva – Frode carosello – Società – Associazione a delinquere – Modus operandi – Gravi indizi di colpevolezza – Ruolo svolto – Consapevolezza
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA PENALE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. LAPALORCIA Grazia – Presidente
Dott. DI NICOLA Vito – rel. Consigliere
Dott. RAMACCI Luca – Consigliere
Dott. ROSI Elisabetta – Consigliere
Dott. ACETO Aldo – Consigliere
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
(OMISSIS), nato a (OMISSIS);
avverso l’ordinanza del 29/11/2019 del TRIB. LIBERTA’ di FIRENZE;
udita la relazione svolta dal Consigliere Dott. VITO DI NICOLA;
sentite le conclusioni del PG Dott. ASSUNTA COCOMELLO;
Il Proc. Gen. conclude per il rigetto del ricorso.
udito il difensore.
RITENUTO IN FATTO
1. (OMISSIS) ricorre per cassazione impugnando l’ordinanza del 29 novembre 2019 con la quale il Tribunale di Firenze ha respinto la richiesta di riesame proposta avverso il provvedimento cautelare, emesso in data 6 novembre 2019, del Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Prato, con cui era stata disposta l’applicazione nei suoi confronti (oltre che di altri indagati) della misura cautelare degli arresti domiciliari, in relazione al reato di cui all’articolo 416 c.p., commi 1, 2 e 5 (capo A della rubrica provvisoria, contestatogli per avere partecipato a una associazione per delinquere finalizzata alla commissione di una serie indeterminata di reati fiscali, finalizzati a consentire l’evasione fiscale mediante l’emissione e l’utilizzazione di fatture relative a operazioni soggettivamente od oggettivamente inesistenti e anche a consentire l’omesso versamento dell’imposta sul valore aggiunto).
2. Il ricorrente, per il tramite del difensore di fiducia, affida il ricorso a due motivi.
2.1. Con il primo motivo lamenta l’inosservanza e l’erronea applicazione della legge penale e processuale nonche’ il vizio di motivazione (articolo 606 c.p.p., comma 1, lettera b), c) ed e), in relazione all’articolo 125 c.p.p., comma 3, articoli 192, 272, 273, 292 e 309 c.p.p. nonche’ all’articolo 416 c.p.).
Censura, in particolare, la valutazione degli elementi indiziari a carico, compiuta dal Tribunale riproponendo le medesime considerazioni contenute nella ordinanza applicativa della misura, disgiunte dall’esame di quanto esposto con la richiesta di riesame e di quanto dichiarato dal ricorrente nel corso dell’interrogatorio di garanzia; in tale occasione era, infatti, stata fornita una diversa lettura degli elementi indiziari a carico (costituiti dai rapporti tra la S.r.l. (OMISSIS), amministrata dal ricorrente, e la societa’ slovena (OMISSIS), gestita dal coindagato (OMISSIS); dai timori espressi dal ricorrente nel corso di conversazioni telefoniche intercettate a proposito dei controlli in corso presso la S.r.l. (OMISSIS), dallo stesso gestita; dai passaggi di una spedizione di materie plastiche provenienti dalla Turchia tra la (OMISSIS), la (OMISSIS), la (OMISSIS), la (OMISSIS) e la (OMISSIS); il trasferimento di beni di sua proprieta’ alla S.r.l. (OMISSIS), allo scopo di sottrarli alle eventuali pretese del Fisco), spiegando le ragioni di ciascuno di essi e allegando i documenti giustificativi di tutte le operazioni, tra cui quelli attestanti il pagamento del prezzo della cessione immobiliare a favore della (OMISSIS) e l’esistenza di rapporti di debito e credito tra (OMISSIS)st del ricorrente e la (OMISSIS) di (OMISSIS). Tali rilievi difensivi non erano stati considerati dal Tribunale, con la conseguente carenza della motivazione sul punto, non essendo state illustrate le ragioni per le quali dai suddetti elementi indizianti, aventi carattere neutro e comunque spiegati, era stata desunta la prova della sua partecipazione alla associazione come capo e promotore.
2.2. Con il secondo motivo denuncia l’inosservanza e l’erronea applicazione della legge penale nonche’ il vizio di motivazione (articolo 606 c.p.p., comma 1, lettera b) ed e), in relazione all’articolo 125 c.p.p., comma 3 e articolo 274 c.p.p., comma 1, lettera a) e c)), con riferimento alla sussistenza delle esigenze cautelari di pericolo di inquinamento probatorio e reiterazione del reato, di cui non era stata illustrata neppure la concretezza e l’attualita’.
Deduce, in particolare, la mancata indicazione delle ragioni per le quali dette esigenze cautelari potrebbero essere ritenute concrete e attuali, tenendo conto dell’attivita’ di indagine frattanto svolta, e anche delle modalita’ di reiterazione delle condotte, tenendo conto del fatto che attraverso la S.r.l. (OMISSIS), di cui il ricorrente era stato considerato gestore di fatto, non sarebbe piu’ stato possibile realizzare condotte illecite, stanti i controlli ai quali era stata sottoposta, e che tutti i familiari del ricorrente (avvalendosi dei quali avrebbe astrattamente potuto rinnovare le condotte illecite) erano stati oggetto di indagini. L’affermazione, infine, della esistenza di un nuovo ambito commerciale (quello della commercializzazione di vini pregiati), nel quale il ricorrente avrebbe avuto modo di reiterare le condotte illecite, risultava del tutto congetturale.
Anche il pericolo di inquinamento probatorio era stato desunto impropriamente da una conversazione con il (OMISSIS) che era stata intercettata, nel corso della quale il ricorrente aveva detto di voler recuperare nottetempo documenti custoditi nella cassaforte della societa’, giacche’ a tale affermazione, generata dallo sconcerto per la verifica fiscale in corso, non aveva fatto seguito alcuna condotta.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso, peraltro riproduttivo, in massima parte, delle doglianze gia’ sollevate con richiesta di riesame e motivatamente disattese, e’ infondato.
2. Con il primo motivo, il ricorrente sostiene che l’ordinanza applicativa aveva posto in luce, a suo carico, sostanzialmente quattro elementi: 1) il fatto che nell’anno 2012 la Societa’ (OMISSIS) avesse, al tempo stesso, acquistato merce per circa 700.000 Euro dalla Societa’ slovena (OMISSIS), gestita da (OMISSIS), e venduto merce per circa 3.000.000 alla medesima (OMISSIS); 2) il fatto che, in occasione di un accesso della Guardia di Finanza effettuato presso la sede operativa della (OMISSIS) s.r.l. – gestita, di fatto, dal (OMISSIS) – costui avesse intrattenuto con la propria coniuge alcune conversazioni telefoniche, debitamente intercettate, nelle quali aveva esternato il timore che gli inquirenti rinvenissero appunti e documenti che egli aveva sulla propria scrivania: circostanza vieppiu’ rafforzata, nella sua valenza indiziante, dal rilievo che un tal genere di sfogo il ricorrente aveva condiviso anche con (OMISSIS), giungendo a dire a costui che avrebbe avuto la necessita’ di provare a “far sparire” tale contabilita’ pericolosa, dal proprio ufficio, nottetempo, di talche’ il (OMISSIS) aveva affermato che avrebbe inviato un “fabbro”; 3) un episodio che sarebbe intervenuto tra il (OMISSIS) – ricostruibile sulla base del traffico telefonico intercettato e dei documenti acquisiti dagli inquirenti – dal quale sarebbe risultato che una spedizione di materia plastica contraddistinta dal codice merceologico G03 effettuata dalla Societa’ fornitrice turca (OMISSIS) alla (OMISSIS) s.r.l. e pervenuta presso il porto di (OMISSIS), sarebbe stata rivenduta dalla (OMISSIS) s.r.l. alla Societa’ slovena (OMISSIS) (riferibile a (OMISSIS)), per poi essere da questa rivenduta alla (OMISSIS) s.r.l. (ancora riferibile al (OMISSIS)), la quale l’ave’va rivenduta alla (OMISSIS) s.r.l. (ancora riferibile al (OMISSIS)), per essere infine ceduta alla Societa’ (OMISSIS) s.r.l. di (OMISSIS), variando il codice merceologico da G03 a 22003 e nella piena consapevolezza della “girandola” di passaggi della merce da parte di tutti coloro che ad essa avevano partecipato; 4) il fatto che nella Societa’ (OMISSIS) s.r.l. – costituita da (OMISSIS), secondo la prospettiva accusatoria, per sottrarre alle eventuali pretese del Fisco o della Autorita’ Giudiziaria i propri beni – fosse confluito anche un immobile che era stato di proprieta’ del ricorrente e cio’ a dimostrazione del fatto che tale Societa’ immobiliare aveva lo scopo di proteggere, oltre che i beni di (OMISSIS), anche quelli dei suoi “sodali”.
Osserva che, sulla base di tali elementi, il tribunale cautelare si era limitato ad affermare come, a carico del ricorrente, sussistessero gravi indizi di colpevolezza in ordine al delitto per il quale era stata applicata la misura cautelare, risultando smentita dalle risultanze investigative la versione dei fatti fornita ex adverso nel corso dell’interrogatorio di garanzia.
Il ricorrente allora obietta come sia palese il vizio motivazionale in cui sarebbe incorso il Tribunale distrettuale, posto che l’indagato aveva reso dinanzi al G.I.P. del Tribunale di Prato un lungo e dettagliato interrogatorio di garanzia, spiegando diffusamente ognuno dei quattro “fatti” indizianti sopra indicati ossia le ragioni degli scambi commerciali intervenuti tra la (OMISSIS) s.r.l. e la (OMISSIS), ben comprensibili alla luce del fatto che si trattava di compravendite aventi ad oggetto diverse tipologie di merce, di talche’ la (OMISSIS) s.r.l. aveva comprato dalla (OMISSIS) una determinata tipologia di merce e ne aveva rivenduta un’altra, con puntuale produzione della documentazione contabile attestante la diversa natura delle merci compravendute; si era diffusamente illustrata la vicenda relativa alla merce che era pervenuta alla (OMISSIS) s.r.l. dalla (OMISSIS) e che era stata rivenduta alla (OMISSIS), con illustrazione delle problematiche relative all’organizzazione degli spostamenti della merce stessa dal porto di (OMISSIS), ove la merce era giunta dalla Turchia, a (OMISSIS), ove la merce doveva far tappa nel suo viaggio verso la Slovenia, non essendovi facilita’ di reperire trasporti diretti a prezzi accettabili dal porto di (OMISSIS) alla Slovenia; si era data compiuta spiegazione delle telefonate “sospette” aventi ad oggetto la documentazione contabile che non si voleva fosse reperita dalla Guardia di Finanza, cosi’ come si era data debita illustrazione della “dinamica” della compravendita immobiliare intervenuta tra la famiglia (OMISSIS) e la (OMISSIS) s.r.l.
3. Sennonche’ il ricorrente – oltre a svolgere censure tipicamente fattuali sulla valutazione degli elementi indiziari a suo carico, di cui propone una generica lettura alternativa sul solo piano del merito – non prende alcuna posizione sugli elementi indizianti valorizzati dai giudici cautelari come fatti specifici, desumibili dal testo del provvedimento impugnato complessivamente riguardato e altamente indicativi della partecipazione del ricorrente all’associazione per delinquere provvisoriamente contestata, fatti che, senza ombra di dubbio, fungono da presupposto logico-giuridico e da “cerniera” dei quattro elementi indizianti che lo stesso ricorrente ha ricordato essere stati posti a suo carico.
Infatti, a (OMISSIS) si addebita, per il momento, di aver contribuito agli scopi associativi godendo direttamente dei benefici dell’illecita attivita’ associativa, nella sua qualita’ di gestore di un’azienda “rivenditrice”, ossia per essere uno dei soggetti che materialmente ed effettivamente si occupavano della commercializzazione delle materie plastiche; si occupavano, coadiuvati da fidati e consapevoli collaboratori e ciascuno per quanto di competenza della propria azienda, alla predisposizione e compilazione della documentazione contabile e fiscale, all’effettuazione dei pagamenti, all’aggiustamento delle rispettive contabilita’ attraverso il ricorso a compensazioni tra crediti/debiti e ad altri artifici contabili, interfacciandosi direttamente con (OMISSIS) e gli altri sodali.
In questa prospettiva, il Tribunale cautelare ha ricordato come – dall’attivita’ investigativa svolta dai militari della Guardia di Finanza ed in particolare dagli esiti degli accertamenti fiscali svolti a carico di alcune societa’ coinvolte nel meccanismo fraudolento oggetto del presente procedimento, dai controlli incrociati sulle banche dati, nonche’ dagli esiti delle intercettazioni telefoniche – fossero emersi gravi indizi di colpevolezza in ordine alla sussistenza di un’associazione per delinquere finalizzata alla commissione di una serie indeterminata di delitti di natura fiscale, alcuni dei quali contestati nel presente procedimento, altri in corso di accertamento, connaturati all’evasione fiscale attraverso l’emissione e l’utilizzazione di fatture relative ad operazioni soggettivamente e/o oggettivamente inesistenti e all’omesso versamento dell’IVA, in modo tale da ridurre il valore imponibile della merce e contemporaneamente turbare la leale concorrenza del mercato. Il meccanismo fraudolento, come si evince dal testo del provvedimento impugnato, veniva realizzato attraverso la c.d. “frode carosello”, attuata mediante la sistematica creazione e gestione di aziende, operanti sia in territorio nazionale che all’estero (Slovenia e Repubblica Ceca), le quali fittiziamente si interponevano (c.d. societa’ cartiere alle quali era affidato il compito di “lavaggio” dell’IVA) tra i soggetti reali dell’operazione attraverso l’emissione di fatture per operazioni soggettivamente inesistenti.
Nel pervenire a tale conclusione, prima ancora di scrutinare specificamente la posizione del ricorrente, il Collegio cautelare, nell’esaminare le posizioni di altri coindagati aventi una posizione processuale omologa a quella del (OMISSIS), ha osservato come dall’attivita’ di indagine fosse emerso che le societa’ (OMISSIS) di (OMISSIS), riconducibile all’indagata (OMISSIS), la (OMISSIS) s.r.l. (riconducibile al coindagato (OMISSIS)) e la (OMISSIS) s.r.l. (riconducibile al ricorrente) facessero parte delle societa’ rivenditrici, ossia di quelle societa’, che dopo aver acquistato la merce dal fornitore nazionale, ed aver registrato il relativo credito IVA, provvedevano ad immettere i prodotti sul mercato nazionale, cedendoli alle aziende che si occupano della trasformazione delle materie plastiche. Intrattenendo pero’ preventivi e fittizi rapporti economici con le societa’ cartiere, appositamente costituite per implementare il meccanismo fraudolento, le societa’ cd. rivenditrici beneficiavano ampiamente della frode, in quanto riuscivano a immettere sul mercato beni con prezzi notevolmente piu’ bassi rispetto a quelli praticati dal fornitore comunitario, nonostante vi fossero piu’ passaggi intermedi, causando oltre al danno erariale derivante dalla diffusione del meccanismo fraudolento, un evidente effetto distorsivo del meccanismo della concorrenza.
Dal testo del provvedimento impugnato emerge – sulla base dell’analisi delle conversazioni telefoniche intercettate, molte delle quali sono state sinteticamente riportate nel testo dell’ordinanza impugnata, sebbene non tutte riguardino conversazioni cui abbia preso parte direttamente il ricorrente – che i soggetti, i quali operavano nelle societa’ rivenditrici, si interfacciassero costantemente con (OMISSIS), promotore e capo dell’associazione, mostrando di essere a conoscenza del complesso sistema di societa’ che partecipavano, traendone illecito profitto, al meccanismo dei “giri” cartolari di fatturazioni anche attraverso la collaborazione con il capo del sodalizio nella predisposizione della documentazione necessaria al buon funzionamento del collaudato meccanismo fraudolento.
Da cio’ il tribunale cautelare ha tratto il logico convincimento che gli indagati, tra cui il ricorrente, quali amministratori di fatto o di diritto delle societa’ cd. rivenditrici, non agivano al solo scopo di usufruire di un sistema fraudolento ideato da altri, ma piuttosto fornivano un contributo consapevole alla realizzazione degli scopi dell’associazione in qualita’ di partecipi della stessa, avendo precisa consapevolezza del complessivo funzionamento del sistema fraudolento, delle plurime e fittizie realta’ aziendali sulle quali esso era articolato, al fine di realizzare un generico e duraturo programma di delinquenza, e dunque con la volonta’ di partecipare al sodalizio stesso, perseguendo interessi propri e cosi’ beneficiando dei profitti che il meccanismo fraudolento, a diversi livelli, produceva.
In questo quadro, dunque, il tribunale cautelare ha valorizzato i quattro elementi (v. sub § 2 del considerato in diritto) che il ricorrente impropriamente ritiene privi di valenza indiziante, avendo completamente omesso di valutare che essi necessitassero di essere “letti” alla luce del testo del provvedimento impugnato riguardato nella sua interezza.
A conferma di cio’, e’ sufficiente ricordare come, in data 19 giugno 2018, fossero intercorse tra il (OMISSIS) e il (OMISSIS) una serie di telefonate, indicate nel testo dell’ordinanza impugnata, dalle quali, secondo i Giudici cautelari, emergeva con chiarezza il meccanismo fraudolento, essendo risultato, alla luce delle riportate conversazioni, un quadro indiziario di spiccata gravita’ a carico del ricorrente in ordine alla sua materiale partecipazione al sodalizio criminoso, di cui conosceva perfettamente lo scopo (essendone peraltro uno degli storici partecipanti), le dinamiche di realizzazione ed il ruolo che le varie aziende rivestivano nei sistema, contribuendo percio’ consapevolmente all’attuazione del programma di delinquenza mediante la predisposizione, concordata con il (OMISSIS), dei “giri cartolari” della merce tra le varie societa’ coinvolte.
Nella parte del provvedimento impugnato relativa allo scrutinio delle esigenze cautelari, il tribunale del riesame ha poi ulteriormente posto in evidenza, a conforto di quanto gia’ ampiamente espresso per dimostrare l’esistenza del sodalizio criminale, come l’attivita’ di indagine svolta dalla Guardia di Finanza avesse consentito di individuare il periodo di nascita del sistema fraudolento, nella sua forma embrionale gia’ nell’anno 2012, nell’ambiente imprenditoriale di (OMISSIS) ove operavano sia (OMISSIS), sia gli amministratori di diritto e di fatto delle imprese che facevano parte del nucleo originario del sodalizio, ovvero (OMISSIS) e (OMISSIS) per la societa’ “cartiera” e la famiglia (OMISSIS) per le societa’ “rivenditrici”, sottolineandosi come in tale anno si fossero verificati i primi rapporti tra la societa’ di diritto sloveno (OMISSIS) d.o.o., in veste di “conduit company”, la societa’ pratese (OMISSIS) s.r.l., in qualita’ di azienda cartiera, e le societa’ pratesi (OMISSIS) s.r.l. e (OMISSIS) s.r.l., in qualita’ di aziende rivenditrici registrandosi i primi ingenti importi di fatturato e assistendosi, dall’esercizio successivo, a una moltiplicazione delle societa’, sempre create su iniziativa di (OMISSIS), a cui era stata attribuita la funzione di “filtro” o “cartiera”, e le societa’ rivenditrici che si servivano stabilmente del meccanismo creato dal (OMISSIS), e di conseguenza anche dei soggetti impiegati nella frode come prestanomi.
E’ stato anche evidenziato come il sodalizio criminoso fosse stato in grado, nel tempo, di sopravvivere agli interventi degli organi accertatori, mediante la costituzione di nuove societa’ destinate a sostituire quelle sottoposte a verifica, circostanza confermata, come pure si evince dal testo del provvedimento impugnato, dallo stesso (OMISSIS), il quale, nel corso del suo interrogatorio, ha chiarito come fosse stata “messa in conto” la possibilita’ per i prestanomi collocati nel ruolo di amministratori delle societa’ cartiere, di essere sottoposti a procedimento penale per omesso versamento dell’IVA, rischio che veniva adeguatamente remunerato dal (OMISSIS).
Inoltre, e’ emerso come gli associati, prevedendo eventuali pretese patrimoniali da parte dello Stato, avessero adottato anche cautele volte alla dismissione dei patrimoni immobiliari da ciascuno detenuti.
4. Inammissibilmente, allora, il ricorrente lamenta il vizio di motivazione dato che, alla luce del quadro indiziario desumibile dal testo del provvedimento impugnato riguardato nel suo complesso (in particolare da pag. 6 a pag. 36) e non nella sola parte dedicata alla posizione del ricorrente (ossia da pag. 22 a pag. 27), correttamente il tribunale cautelare ha ritenuto di superare gli argomenti dedotti con l’interrogatorio di garanzia, sul fondamentale rilievo che le discolpe fossero ampiamente smentite dalle risultanze processuali, rispetto alle quali il ricorrente, per altro, non ha, con il ricorso, preso specifica posizione, parcellizzando, da un lato, i complessivi elementi a carico e, dall’altro, ignorandoli del tutto.
A tal proposito, e’ il caso di chiarire, richiamando principi espressi in passato dalla giurisprudenza di legittimita’ ma tuttora validi, che il vizio di mancanza di motivazione e’ riscontrabile soltanto quando dal provvedimento impugnato, considerato nella sua interezza, non risultino le ragioni del convincimento del giudice su punti rilevanti per il giudizio, cosicche’ il vizio non ricorre quando i motivi della soluzione relativa ad una determinata questione siano contenuti, per implicito necessario, nelle considerazioni e nelle ragioni esposte per dar conto della soluzione adottata rispetto ad altra questione, soprattutto se analoga, e neanche quando il provvedimento, indicando gli elementi che il giudice ha ritenuto decisivi per l’accertamento della situazione di fatto, abbia omesso di confutare espressamente le deduzioni difensive, dirette ad avvalorare una diversa ipotesi, atteso che la reiezione delle tesi contrastanti puo’ desumersi per implicito alla luce dell’accertamento globale del fatto ricavabile dal testo del provvedimento impugnato (v. Sez. 1, n. 9561 del 27/05/1975, Cristello, Rv. 131663 – 01; Sez. 4, n. 810 del 15/03/1971, Biadene, Rv. 118827 – 01).
Peraltro, le argomentazioni sviluppate dal ricorrente con il motivo di gravame si risolvono, nella sostanza, in censure meramente fattuali, dirette a prospettare, pur in presenza di una congrua motivazione priva di vizi di manifesta illogicita’ (v. sub § 3 del considerato in diritto), spiegazioni alternative attraverso le quali il ricorrente propone una “rilettura” di alcuni elementi di fatto posti a fondamento della decisione, opzione che non rientra nel perimetro assegnato al sindacato di legittimita’, in quanto, allorche’ si deduce la mancanza e la manifesta illogicita’ della motivazione, occorre dimostrare che il testo del provvedimento sia manifestamente carente di motivazione e/o di logica, conclusione da scartare quando il ricorrente oppone, alla logica valutazione degli atti effettuata dal giudice di merito, una diversa ricostruzione, magari altrettanto logica (v. Sez. U, n. 16 del 19/06/1996, Di Francesco, Rv. 205621 – 01).
Neppure sono riscontrabili vizi di violazione di legge, in presenza di un motivo di ricorso aspecifico, che non ha preso alcuna posizione su decisivi temi cautelari enunciati nel provvedimento impugnato e ampiamente dimostrativi dell’esistenza di un sodalizio criminoso e della partecipazione organica ad esso del ricorrente.
5. Il secondo motivo, relativo alle esigenze cautelari, e’ invece infondato.
Vero e’ che l’ordinanza del Gip aveva individuato le esigenze cautelari tanto nel pericolo di inquinamento della prova quanto nel pericolo di reiterazione criminosa specifica.
Effettivamente, poi, il tribunale del riesame non ha speso alcuna specifica motivazione quanto al profilo cautelare relativo al pericolo di inquinamento probatorio.
Nondimeno e’ il caso di precisare che, in tema di misure cautelari personali, il pericolo di inquinamento delle prove, il pericolo di fuga e quello di reiterazione del reato costituiscono requisiti che, ai sensi dell’articolo 274 c.p.p., condizionano il potere di disporre la misura cautelare, ma essi non devono “concorrere insieme” per legittimare il provvedimento restrittivo, con la conseguenza che, qualora il tribunale del riesame abbia, come nella specie, proceduto alla positiva verifica della sussistenza del pericolo concreto e attuale di reiteratio criminis, detta verifica e’ da sola sufficiente per la conferma dell’ordinanza cautelare impugnata, bastando anche l’esistenza di una sola delle esigenze cautelari per fondare l’applicazione di una misura limitativa della liberta’ personale (Sez. 3, n. 35973 del 03/03/2015, Quinag, Rv. 264811 – 01).
Ne consegue che le doglianze formulate dal ricorrente quanto all’insussistenza dell’esigenza cautelare di cui all’articolo 274 c.p.p., comma 1, lettera a), in presenza di una corretta valutazione da parte del tribunale del riesame in ordine alla sussistenza dell’esigenza di cui all’articolo 274, comma 1, lettera c) cit. codice, non possono determinare l’annullamento del provvedimento impugnato per vizio di motivazione, essendo la cautela sorretta, oltre che dai gravi indizi di colpevolezza, anche da un’esigenza di per se’ autosufficiente, quanto al profilo dei pericula libertatis, per giustificare la restrizione della liberta’ personale.
Infatti, il tribunale cautelare ha osservato come l’associazione per delinquere avesse generato enormi profitti illeciti, emettendo dal 2013 oltre 100 milioni di Euro di fatture per operazioni inesistenti e consentendo alle varie imprese di omettere il versamento dell’Iva per oltre 20,5 milioni di Euro, cifra suscettibile di aumento non essendo stata ancora calcolata l’annualita’ 2018.
Inoltre, l’accordo criminoso doveva ritenersi, all’atto dell’adozione delle misure cautelari, in pieno svolgimento, alla luce del tenore delle ultime conversazioni captate nel corso dell’attivita’ di intercettazione, risalenti al luglio 2019, da cui emergeva la nascita di un nuovo filone imprenditoriale, concernente la commercializzazione di vini pregiati, denotando cio’ la capacita’ dell’associazione di rigenerarsi cogliendo nuove opportunita’ provenienti dal mercato nelle quali inserire il meccanismo fraudolento ormai rodato negli anni di attivita’ illecita.
Il Collegio cautelare ha percio’ condiviso le conclusioni cui era pervenuto il primo giudice secondo cui il livello di insidiosita’ e pervicacia della condotta di mistificazione, consistita nella redazione di falsa documentazione contabile, di alterazione della merce sottoposta a sequestro, di costanti tentativi di elusione e resistenza alle verifiche dei militari della finanza, evidenziasse un’elevata capacita’ a delinquere, tale da indurre a ritenere che, ove non cautelati, gli indagati, tra cui il ricorrente, avrebbero certamente reiterato delitti della stessa specie di quelli per i quali si procede.
In particolare, un elevato grado di pericolosita’ sociale e’ stato configurato anche nei confronti dei soggetti che, di fatto o di diritto, avevano ricoperto la carica di amministratori delle societa’ rivenditrici, tra cui (OMISSIS) per la societa’ (OMISSIS) s.r.l.
Secondo i giudici cautelari, il ricorrente aveva, sulla base del formulato giudizio di gravita’ indiziaria, partecipato pienamente non soltanto alle singole frodi fiscali, ma alla complessiva attivita’ associativa, risultando a conoscenza del ruolo rivestito dalle altre societa’ interposte nelle transazioni, anche collaborando a predisporre la documentazione necessaria per giustificare le fittizie fatturazioni.
Il Collegio cautelare ha altresi’ osservato come nei riguardi di tutti i ricorrenti, ad eccezione di (OMISSIS) e (OMISSIS), le individuate esigenze cautelari – per la gravita’ dei fatti in contestazione, tenuto conto della durata nel tempo delle condotte criminose, degli importi di imposta evasa e del numero di persone fisiche e giuridiche coinvolte, nonche’ della peculiarita’ dei reati posti in essere nell’esercizio di attivita’ imprenditoriale – non fossero salvaguardabili con misure cautelari non custodiali, sia per l’ampia liberta’ di movimento ad esse connessa, sia perche’ rimesse alla completa autodeterminazione dei prevenuti su cui non poteva farsi serio affidamento per la pervicacia dimostrata nel reiterare la lucrosa attivita’ criminosa e nell’escogitare sempre nuovi stratagemmi per evitare di incorrere nelle sanzioni amministrative e penali, ivi comprese quelle di ablazione patrimoniale. In altri termini, l’adozione di misure cautelari non custodiali non avrebbe impedito agli indagati, tra cui il ricorrente, di proseguire l’attivita’ imprenditoriale che aveva fatto da sfondo alle reiterate condotte illecite e che, nel corso degli anni, aveva procurato un ingente danno erariale, assumendo il crisma di vero e proprio sistema ordinario di svolgimento di attivita’ economica, con evidenti effetti distorsivi della liberta’ del mercato in ragione dei bassi prezzi che le societa’ rivenditrici erano in grado di praticare esclusivamente come effetto della frode.
Neppure le esigenze cautelari potevano essere fronteggiate, nel caso di specie, con l’applicazione di misure interdittive, tenuto conto che il ricorrente aveva amministrato di fatto aziende coinvolte nel traffico illecito.
Pertanto, nei confronti del ricorrente, la misura adeguata a salvaguardare le esigenze cautelari e’ stata ritenuta quella degli arresti domiciliari, essendo stato escluso che, per gli elevati limiti edittali previsti per il delitto associativo e per la gravita’ dei fatti in contestazione, il ricorrente potesse usufruire del beneficio della sospensione condizionale della pena.
Nel pervenire a tali conclusioni, il tribunale cautelare ha rispettato i criteri fissati dalla disposizione codicistica di riferimento (articolo 274 c.p.p., comma 1, lettera c)), ancorando il pericolo di reiterazione criminosa specifica agli attributi della concretezza (avuto riguardo alle modalita’, ripetitivita’ e gravita’ delle condotte delittuose) e dell’attualita’ (in considerazione sia del fatto che analoghe attivita’ delittuose erano in corso di svolgimento al momento dell’adozione dello strumento cautelare e sia del fatto della costituzione di nuove societa’ destinate a sostituire quelle sottoposte a verifica).
In tal modo, i Giudici cautelari hanno fatto leva su elementi specifici tratti dalle evidenze processuali disponibili, ritenendo rilevante, a tale proposito, l’esistenza di un collaudato meccanismo operativo, cosicche’ e’ stato ritenuto, con logica e adeguata motivazione, che cio’ comportasse una prognosi concreta e attuale di recidiva.
Al cospetto di cio’, le doglianze mosse dal ricorrente – ad eccezione di quella sul pericolo di inquinamento della prova, idonea a rendere non inammissibile il motivo di ricorso ma inidonea, per le ragioni gia’ espresse, a produrre l’annullamento della decisione – fanno leva su principi di diritto, nel caso di specie, inconferenti e, quanto alla valutazione degli elementi dai quali e’ stata tratta la prova della ravvisata esigenza cautelare di cui all’articolo 274 c.p.p., comma 1, lettera c), si fondano su circostanze che il Collegio cautelare ha superato con congrue e logiche argomentazioni, che il ricorrente solo apoditticamente ritiene non condivisibili o congetturali.
6. Sulla base delle considerazioni che precedono, la Corte ritiene pertanto che il ricorso debba essere rigettato con conseguente onere per il ricorrente, ai sensi dell’articolo 616 c.p.p., di sostenere le spese del procedimento.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.
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