Corte di Cassazione, sezione civile, Sentenza, 28 febbraio 2020, n. 5513.
La massima estrapolata:
In tema di mandato con rappresentanza, la “contemplatio domini” – che assolve alla duplice funzione di esteriorizzare il rapporto di gestione rappresentativa esistente tra il rappresentante ed il rappresentato, e di rendere conseguentemente possibile l’imputazione al secondo degli effetti del contratto concluso in suo nome dal primo – deve risultare da una dichiarazione espressa ed univoca, anche se non esige l’impiego di formule solenni o l’osservanza di un preciso rituale, e può essere manifestata attraverso un comportamento del rappresentante che, per univocità e concludenza, sia idoneo a portare a conoscenza dell’altro contraente che egli agisce per un soggetto diverso, nella cui sfera giuridica gli effetti del contratto concluso sono destinati a prodursi direttamente. Pertanto, se il mandatario, nel concludere il contratto per conto del mandante, non dichiara di agire in nome di costui, si esula dalla fattispecie del mandato con rappresentanza, per effetto del quale il mandante è direttamente obbligato nei confronti dell’altro contraente, come se l’affare gestito fosse suo proprio, e nessun rapporto si costituisce tra il mandante ed il terzo, anche se il contratto involga interessi esclusivamente propri del mandante, e l’altro contraente non ignori l’esistenza di quest’ultimo
Sentenza, 28 febbraio 2020, n. 5513
Data udienza 17 settembre 2019
Tag – parola chiave
Professioni – Compensi professionali – Avvocato – Attività giudiziale – Recupero crediti – Premi assicurativi non pagati – Conferimento incarico – Agente generale Compagnia assicurativa – Spendita del nome della compagnia – Riferibilità della procura alla persona giuridica – Mandato con rappresentanza – Non richiede formule sacramentali – Univocità e concludenza del comportamento del rappresentante
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REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SECONDA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. TEDESCO Giuseppe – Presidente
Dott. DE MARZO Giuseppe – Consigliere
Dott. CARBONE Enrico – Consigliere
Dott. BESSO MARCHEIS Chiara – Consigliere
Dott. OLIVA Stefano – rel. Consigliere
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso 26584-2015 proposto da:
(OMISSIS), elettivamente domiciliata in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato (OMISSIS);
– ricorrente –
contro
(OMISSIS) S.P.A., in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato (OMISSIS);
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 1392/2014 della CORTE D’APPELLO di FIRENZE, depositata il 10/09/2014;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 17/09/2019 dal Consigliere Dott. STEFANO OLIVA;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. CAPASSO Lucio, il quale ha concluso per l’accoglimento del primo e secondo motivo del ricorso con assorbimento del terzo;
udito l’avv. (OMISSIS) per parte ricorrente, il quale ha concluso per l’accoglimento del ricorso, e l’avv. (OMISSIS), per parte controricorrente, il quale ha concluso per il rigetto del ricorso.
FATTI DI CAUSA
Con atto di citazione notificato il 21.9.2005 l’avv. (OMISSIS) evocava in giudizio innanzi il Tribunale di Firenze la societa’ (OMISSIS) S.p.a. (oggi divenuta (OMISSIS) S.p.a.), la societa’ (OMISSIS) S.r.l. e (OMISSIS) invocandone la condanna, in solido tra loro, al pagamento della somma di Euro 11.290,60 a titolo di compensi professionali.
L’attrice esponeva di aver svolto, su incarico conferitole dal (OMISSIS) in qualita’ di agente generale di (OMISSIS) S.p.a., attivita’ giudiziale finalizzata al recupero di premi assicurativi non versati dai clienti.
Si costituiva in giudizio il (OMISSIS), il quale confermava il conferimento dell’incarico professionale ma contestava il debito, allegando che in base agli accordi intercorsi con l’attrice nessun compenso sarebbe stato dovuto a quest’ultima in caso di mancato recupero del premio, salvo il solo rimborso delle spese vive anticipate dalla professionista.
Si costituiva altresi’ (OMISSIS) S.p.a. deducendo di aver conferito alla (OMISSIS) S.a.s. una procura speciale anche per il recupero dei premi assicurativi non pagati dai clienti, ma contestando di aver mai conferito alcun incarico professionale all’avv. (OMISSIS). Allegava inoltre che, per patto espresso contenuto nel contratto di agenzia concluso con la predetta societa’ in accomandita, il pagamento del compenso all’avvocato incaricato del recupero coattivo dei premi sarebbe stato a carico dell’agente.
Con sentenza n. 1870/2008 il Tribunale accoglieva la domanda nei soli confronti del (OMISSIS), che aveva materialmente conferito all’attrice il mandato alla lite, respingendola invece nei confronti della (OMISSIS) S.p.a., ritenuta estranea al rapporto professionale.
Interponeva appello avverso detta decisione la (OMISSIS) allegando che la compagnia assicurativa aveva comunque profittato dell’attivita’ professionale da lei svolta e che in base agli elementi di fatto e diritto acquisiti agli atti del giudizio si sarebbe dovuta configurare quantomeno l’apparenza del conferimento del mandato, da parte del (OMISSIS), non in proprio ma quale agente generale di (OMISSIS) S.p.a., con conseguente diretta riferibilita’ del rapporto professionale a quest’ultima societa’.
Si costituiva in seconde cure la sola (OMISSIS) S.p.a., resistendo all’impugnazione, mentre le altre parti appellate rimanevano contumaci.
Con la sentenza oggi impugnata, n. 1392/2014, la Corte di Appello di Firenze rigettava il gravame. La Corte territoriale riteneva pacifico che il (OMISSIS) avesse conferito alla (OMISSIS) l’incarico professionale, sottoscrivendo il mandato alla lite, nella sua qualita’ di agente generale di (OMISSIS) S.p.a.; rilevava che la deduzione circa il fatto che il (OMISSIS) avesse agito in nome e per conto di (OMISSIS) S.p.a. fosse stata sollevata dall’attrice solo nella comparsa conclusionale in prime cure, e quindi tardivamente; riteneva comunque che la spendita del nome della compagnia non risultasse provata dagli elementi di fatto allegati agli atti del giudizio; affermava che in assenza della prova della contemplatio domini l’attivita’ non potesse essere riferita alla compagnia, neanche per effetto di eventuale ratifica ex post; ed escludeva infine l’apparenza del diritto, sulla base della considerazione che non si potesse configurare un comportamento colposo in capo alla (OMISSIS) S.p.a., posta la notorieta’ del ruolo di agente generale ricoperto dal (OMISSIS) e la capacita’ dell’appellante di apprezzare le implicazioni giuridiche di tale veste.
Ricorre per la cassazione di detta decisione (OMISSIS) affidandosi a tre motivi. Resiste con controricorso (OMISSIS) S.p.a.
Il ricorso, chiamato originariamente all’adunanza camerale del 10.5.2019, e’ stato in quella sede rinviato a nuovo ruolo per la trattazione in pubblica udienza.
In prossimita’ dell’adunanza camerale ambo le parti hanno depositato memoria. La parte controricorrente ha depositato ulteriore memoria in prossimita’ dell’udienza pubblica, alla quale la medesima parte ha altresi’ depositato osservazioni alle conclusioni del P.G. ai sensi dell’articolo 379 c.p.c.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Preliminarmente va dichiarata l’inammissibilita’ delle osservazioni depositate in udienza dalla parte controricorrente, poiche’ l’articolo 379 c.p.c., nella sua attuale formulazione risultante a seguito delle modifiche introdotte dal Decreto Legge 31 agosto 2016, n. 168, articolo 1 bis convertito in L. 25 ottobre 2016, n. 197 applicabile con decorrenza 30.10.2016 a tutti i ricorsi depositati successivamente alla data di entrata in vigore della legge di conversione nonche’ a quelli gia’ depositati alla medesima data, per i quali non fosse stata gia’ fissata udienza o adunanza camerale, non ammette alcuna replica, in conseguenza del fatto che il P.G. – in conseguenza della novella – espone oralmente le sue conclusioni motivate prima dei procuratori delle parti.
Passando all’esame dei motivi del ricorso, con il primo di essi la ricorrente lamenta la violazione dell’articolo 1903 c.c., in relazione all’articolo 360 c.p.c., n. 3, perche’ la Corte di Appello avrebbe errato nel non far discendere la riferibilita’ del rapporto professionale di cui e’ causa alla (OMISSIS) S.p.a. dalla constatata circostanza che il (OMISSIS) avesse conferito il mandato professionale all’avv. (OMISSIS) nella sua veste di agente generale della compagnia.
La censura e’ fondata.
La Corte di Appello, nella sentenza impugnata, ha ritenuto che il (OMISSIS) avesse conferito il mandato all’avv. (OMISSIS) nella sua qualita’ di agente generale di (OMISSIS) S.p.a., valorizzando a tal fine alcuni elementi di fatto, quali l’utilizzazione di un timbro recante il nome della compagnia e la circostanza che egli avesse firmato – appunto – “quale agente generale della (OMISSIS) S.p.A. tutte le lettere di sollecito per il pagamento delle rate di premio scadute e tutti i mandati alle liti conferiti all’avv. (OMISSIS)” (cfr. pag.9 della decisione). Ha tuttavia concluso, erroneamente, che tale circostanza non implicherebbe alcuna spendita del nome della compagnia.
Va al riguardo precisato che la procura alla lite rappresenta per antonomasia il negozio giuridico mediante il quale la parte conferisce al suo difensore il mandato difensivo e l’incarico di rappresentarla in giudizio. Qualora la parte sia una persona giuridica, la precisazione – nel corpo della procura – della sussistenza di un potere rappresentativo in capo al soggetto che materialmente la sottoscrive costituisce elemento idoneo e sufficiente a fondare la presunzione che l’incarico sia stato conferito nell’interesse della persona giuridica rappresentata.
In tema di rappresentanza, del resto, non occorrono formule sacramentali per la spendita del nome, potendosi – e dovendosi – desumere la stessa dal concreto atteggiarsi della fattispecie. Dal che deriva che, quando la procura afferisce ad un atto processuale, l’agire del rappresentante in nome del rappresentato va desunto dal tenore complessivo dell’atto medesimo (cfr. Cass. Sez. 2, Sentenza n. 16025 del 14/11/2002, Rv.558489). Ad esempio, qualora la procura alla lite conferita all’avvocato dal rappresentante legale di una societa’ sia stata sottoscritta a margine di un atto processuale senza la spendita espressa del nome della societa’ – ipotesi diversa da quella che qui viene in esame – essa deve comunque essere riferita alla persona giuridica, qualora dall’esame dell’atto cui la procura accede emerga che e’ quest’ultima, e non la persona fisica, ad agire in giudizio (Cass. Sez. 2, Sentenza n. 8249 del 29/08/1997, Rv.507344; negli stessi termini, Cass. Sez. 3, Sentenza n. 13978 del 30/06/2005 Rv. 582750 e Cass. Sez. U, Sentenza n. 22234 del 21/10/2009, Rv. 609667).
Piu’ in generale, si e’ ritenuto che “In tema di mandato con rappresentanza, la contemplatio domini – che assolve alla duplice funzione di esteriorizzare il rapporto di gestione rappresentativa esistente tra il rappresentante ed il rappresentato, e di rendere conseguentemente possibile l’imputazione al secondo degli effetti del contratto concluso in suo nome dal primo – deve risultare da una dichiarazione espressa ed univoca, anche se non esige l’impiego di formule solenni o l’osservanza di un preciso rituale, e puo’ essere manifestata attraverso un comportamento del rappresentante che, per univocita’ e concludenza, sia idoneo a portare a conoscenza dell’altro contraente che egli agisce per un soggetto diverso, nella cui sfera giuridica gli effetti del contratto concluso sono destinati a prodursi direttamente. Pertanto, se il mandatario, nel concludere il contratto per conto del mandante, non dichiara di agire in nome di costui, si esula dalla fattispecie del mandato con rappresentanza, per effetto del quale il mandante e’ direttamente obbligato nei confronti dell’altro contraente, come se l’affare gestito fosse suo proprio, e nessun rapporto si costituisce tra il mandante ed il terzo, anche se il contratto involga interessi esclusivamente propri del mandante, e l’altro contraente non ignori l’esistenza di quest’ultimo” (Cass. Sez.3, Sentenza n. 18441 del 17/09/2005, Rv.584473; conf. Cass. Sez. 3, Sentenza n. 22333 del 24/10/2007, Rv. 599938).
Da tanto deriva che nel caso di specie il giudice di merito, avendo espressamente affermato che il (OMISSIS), nel conferire mandato all’avv. (OMISSIS), aveva agito in veste di agente generale, e quindi di rappresentante, di (OMISSIS) S.p.a., non poteva non ravvisare anche la spendita del nome della compagnia, in funzione della presunzione di coincidenza tra il titolare del potere rappresentativo che materialmente sottoscrive la procura allegata ad un atto processuale e la persona giuridica rappresentata nel cui interesse l’incarico stesso risulta conferito. Presunzione che, nel caso specifico, non risulta vinta da alcun elemento contrario emergente dalla motivazione della decisione impugnata.
In definitiva, e’ incongrua la conclusione del ragionamento argomentativo del giudice di merito, secondo la quale, nonostante l’accertata sottoscrizione della procura in nome di (OMISSIS) S.p.A., non vi sarebbe stata spendita del nome della compagnia e quindi mancherebbe la contemplatio domini. La Corte di Appello di Firenze avrebbe piuttosto dovuto, in continuita’ con l’orientamento giurisprudenziale sopra richiamato, ravvisare nel caso di specie l’avvenuta spendita del nome della (OMISSIS) S.p.a., avendo verificato, all’esito dell’accertamento di fatto a lei demandato, che il (OMISSIS) aveva firmato “quale agente generale della (OMISSIS) S.p.A. tutte le lettere di sollecito per il pagamento delle rate di premio scadute e tutti i mandati alle liti conferiti all’avv. (OMISSIS)” (cfr. ancora pag.9 della decisione qui impugnata).
Va ulteriormente precisato che e’ ben possibile che, in concreto, la procura venga conferita da un soggetto diverso da quello che poi rimane obbligato a retribuire il difensore, ma tale fattispecie – che costituisce un’eccezione rispetto alla regola generale di coincidenza soggettiva tra il conferente la procura e l’obbligato nel rapporto professionale – deve emergere in modo puntuale dagli elementi acquisiti agli atti del giudizio e non puo’ essere inferita dal giudice di merito in assenza di elementi idonei a superare la presunzione di coincidenza di cui anzidetto. Essendo infatti la procura alle liti idonea a conferire al difensore, uno actu, tanto l’incarico professionale che il mandato ad agire o resistere in giudizio, si deve presumere -appunto- la coincidenza tra il soggetto che materialmente la sottoscrive e colui che e’ parte del rapporto professionale e, come tale, e’ obbligato ad assicurare il pagamento del compenso dovuto al difensore.
Da quanto precede deriva l’accoglimento del primo motivo, che a sua volta conduce all’assorbimento delle altre censure. La sentenza impugnata va di conseguenza cassata, in relazione alla censura accolta, e la causa va rinviata alla Corte di Appello di Firenze, in diversa composizione, la quale dovra’ procedere al riesame della fattispecie tenendo conto che l’accertato conferimento all’avv. (OMISSIS) delle procure alla lite, da parte del (OMISSIS), a nome di (OMISSIS) S.p.A. nella qualita’ di agente generale della predetta compagnia costituisce elemento idoneo a dimostrare, in astratto e sino a prova contraria, l’intervenuta spendita del nome di (OMISSIS) S.p.a. e dunque la sussistenza della contemplatio domini e la riferibilita’ del rapporto professionale alla predetta compagnia assicurativa.
Il giudice del rinvio provvedera’ anche sulle spese del presente giudizio di legittimita’.
P.Q.M.
La Corte accoglie il primo motivo di ricorso e dichiara assorbiti gli altri. Cassa la decisione impugnata in relazione alla censura accolta e rinvia la causa, anche per le spese del presente giudizio di legittimita’, alla Corte di Appello di Firenze, in diversa composizione
In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.
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