In tema di licenziamento disciplinare

Corte di Cassazione, sezione lavoro, Sentenza 20 maggio 2019, n. 13533.

La massima estrapolata:

In tema di licenziamento disciplinare, l’accesso alla tutela reale di cui all’art. 18, comma 4, st.lav., come modificato dalla l. n. 92 del 2012, presuppone una valutazione di proporzionalità fra sanzione conservativa e fatto in addebito tipizzata dalla contrattazione collettiva, mentre, laddove il c.c.n.l. rimetta al giudice la valutazione dell’esistenza di un simile rapporto di proporzione in relazione al contesto, al lavoratore spetta la tutela indennitaria di cui all’art. 18, comma 5, st.lav., non ravvisandosi in tale disciplina una disparità di trattamento – connessa alla tipizzazione o meno operata dalle parti collettive delle condotte di rilievo disciplinare – bensì l’espressione di una libera scelta del legislatore, fondata sulla valorizzazione dell’autonomia collettiva in materia.

Sentenza 20 maggio 2019, n. 13533

Data udienza 26 febbraio 2019

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DI CERBO Vincenzo – Presidente

Dott. BLASUTTO Daniela – Consigliere

Dott. PAGETTA Antonella – rel. Consigliere

Dott. CINQUE Guglielmo – Consigliere

Dott. AMENDOLA Fabrizio – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA
sul ricorso 14802/2017 proposto da:
(OMISSIS) S.P.A., in persona del legale rappresentante pro tempore elettivamente domiciliata in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato (OMISSIS);
– ricorrente principale – controricorrente incidentale –
contro
(OMISSIS), domiciliato ope legis presso la Cancelleria della Corte di Cassazione, rappresentato e difeso dall’Avvocato (OMISSIS);
– controricorrente – ricorrente incidentale –
avverso la sentenza n. 226/2017 della CORTE D’APPELLO di BRESCIA, depositata il 28/04/2017 R.G.N. 764/2016;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 26/02/2019 dal Consigliere Dott. ANTONELLA PAGETTA;
udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. CIMMINO Alessandro, che ha concluso per inammissibilita’ in subordine rigetto di entrambi ricorsi;
udito l’Avvocato (OMISSIS);
udito l’Avvocato (OMISSIS).

FATTI DI CAUSA

1. La Corte d’appello di Brescia, in parziale riforma della sentenza di primo grado, ha dichiarato risolto dalla data del licenziamento il rapporto tra (OMISSIS) e (OMISSIS) s.p.a. che e’ stata condannata al pagamento di un’indennita’ risarcitoria omnicomprensiva determinata in venti mensilita’ dell’ultima retribuzione globale di fatto.
1.1. Il giudice di appello, premesso che la condotta addebitata al (OMISSIS) era riferita all’episodio del 24 gennaio 2013 mentre analogo episodio, verificatosi qualche giorno prima (4 gennaio 2013), era stato evocato solo al fine di rimarcare la gravita’ dell’episodio successivo – unico oggetto di contestazione -, ha ritenuto, in concreto, la sanzione inflitta sproporzionata all’entita’ dell’addebito, con applicazione della tutela di cui alla L. 20 maggio 1970, n. 300, articolo 18, comma 5, nel testo novellato dalla L. 28 giugno 2012, n. 92.
2. Per la cassazione della decisione ha proposto ricorso (OMISSIS) s.p.a. sulla base di due motivi; la parte intimata ha resistito con tempestivo controricorso e ricorso incidentale affidato a due motivi; (OMISSIS) s.p.a. ha depositato controricorso avverso ricorso incidentale.

RAGIONI DELLA DECISIONE

Sintesi dei motivi di ricorso principale.
1. Con il primo motivo di ricorso la societa’ ricorrente principale, denunziando, ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3, violazione e falsa applicazione degli articoli 2106 e 2119 c.c., L. 15 luglio 1966, n. 604, articoli 1 e 2, nonche’ dei “principi univoci” espressi dalla Suprema Corte, censura la sentenza impugnata per avere escluso che la condotta contestata configurasse giusta causa di licenziamento.
2. Con il secondo motivo, denunziando, ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 5, incongruita’ e contraddittorieta’ di motivazione, censura la sentenza impugnata per avere, in sintesi, da un lato riconosciuto la gravita’ dei fatti addebitati e, dall’altro, cercato di sminuirne la portata, specie sotto il profilo soggettivo, valorizzando a tal fine elementi che asserisce essere incongrui o illogici.
Sintesi dei motivi di ricorso incidentale
3. Con il primo motivo di ricorso incidentale (OMISSIS), denunziando, ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3, violazione dell’articolo 2106 c.c., dell’articolo 44 c.c.n.l. Associazione Bancaria Italiana e falsa applicazione della L. n. 300 del 1970 cit., articolo 18, comma 4, censura la sentenza impugnata per avere escluso la applicabilita’ della tutela reintegratoria. Assume a tal fine non necessario che la condotta oggetto di addebito fosse specificamente e tassativamente sanzionata dal contratto collettivo con una misura conservativa essendo consentito al giudice di valutare la sussumibilita’ della stessa anche in fattispecie genericamente formulate. Secondo il ricorrente, infatti, una diversa opzione interpretativa del disposto della L. n. 300 del 1970 cit., articolo 18, comma 4, nel testo novellato ex lege n. 92 del 2012, comporterebbe la ingiustificata conseguenza di far ricadere sul piano della tutela del lavoratore gli effetti della genericita’ delle previsioni collettive in tema di condotte sanzionabili e di relativa gradazione.
4. Con il secondo motivo deduce, ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 5, omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio oggetto di discussione tra le parti, rappresentato dalla insussistenza del fatto contestato per carenza di danno all’immagine della banca, ai beni aziendali e di pregiudizio all’attivita’ lavorativa e alla serenita’ dei colleghi.
Esame dei motivi di ricorso principale.
5. Il primo motivo di ricorso principale e’ infondato.
5.1. La sentenza muove dall’assunto, conforme alla giurisprudenza di questa Corte (Cass. 26/03/2018 n. 7426; Cass. 13/12/2010 n. 25144), secondo il quale i concetti di giusta causa di licenziamento e di proporzionalita’ della sanzione disciplinare costituiscono clausole generali, vale a dire disposizioni di limitato contenuto che richiedono di essere concretizzate dall’interprete tramite valorizzazione sia di fattori esterni relativi alla coscienza generale, sia di principi tacitamente richiamati dalla norma, quindi mediante specificazioni che hanno natura giuridica e la cui disapplicazione e’ deducibile in sede di legittimita’ come violazione di legge, a condizione pero’ che la contestazione in tale sede contenga una specifica denuncia di incoerenza del giudizio rispetto agli “standards” esistenti nella realta’ sociale e non si traduca in una richiesta di accertamento della concreta ricorrenza degli elementi fattuali che integrano il parametro normativo, accertamento che e’ riservato ai giudici di merito.
5.2. Data questa premessa le argomentazione sviluppate dalla ricorrente principale in relazione a singoli profili, che si andranno ad evidenziare, non ricostruiscono alcuno specifico standard esistente nella realta’ sociale o principi fondamentali del nostro ordinamento rispetto ai quali l’attivita’ di integrazione della clausola generale da parte del giudice di merito si rivela in contrasto. Le pronunzie di legittimita’ evocate dalla parte ricorrente, alle quali e’ sostanzialmente affidata la dimostrazione della esistenza di principi che si asseriscono in contrasto con i parametri ai quali ha fatto riferimento la Corte di merito, non offrono elementi di supporto alle censure sviluppate.
5.3. La sentenza impugnata, infatti, in termini chiari ed inequivoci, ha riconosciuto il disvalore delle condotte ascritte al dipendente in relazione all’episodio contestato, evidenziando come il comportamento del (OMISSIS) fosse stato adottato anche in violazione delle piu’ elementari regole della buona educazione e come lo stesso dovesse considerarsi “grave” stante la manifesta sproporzione delle reazioni avute dal lavoratore nello svolgimento delle mansioni ordinariamente esercitate. Ha ritenuto, tuttavia, che tali episodi di “intemperanza” andavano inquadrati nell’ambito del piu’ ampio contesto della problematicita’ dei rapporti con la datrice di lavoro, della particolare situazione di malessere nella quale versava il lavoratore e, soprattutto, dell’assenza di precedenti disciplinari nell’ambito di un rapporto di lavoro durato circa ventisei anni. Sotto il profilo dell’elemento soggettivo il giudice del merito ha considerato che il comportamento addebitato costituiva manifestazione del carattere del (OMISSIS), incline a somatizzare il disagio e a lasciarsi andare a manifestazioni impulsive e che cio’ escludeva la configurabilita’ della colpa grave. La valutazione complessiva degli elementi richiamati ha indotto il giudice di merito a ricondurre nell’ambito della “eccezionalita’” il comportamento del dipendente, con implicita valutazione di inidoneita’ dello stesso ad autorizzare una prognosi sfavorevole sotto il profilo del vincolo fiduciario.
5.4. Tanto premesso, ribadito che la sentenza impugnata non mette in alcun modo in discussione, sul piano oggettivo, il disvalore della condotta ascritta, la valutazione di non proporzionalita’ della sanzione espulsiva e’ frutto di accertamento – che il giudice di merito e’ tenuto ad effettuare con riferimento alle circostanze del caso concreto (Cass. 18/09/2012 n. 15654; Cass. 23/02/2012 n. 2720; Cass. 01/03/2011 n. 5019; Cass. 20/08/2003 n. 12273) onde accertare la reale gravita’ dell’addebito, sotto il profilo oggettivo e soggettivo, accertamento sindacabile in sede di legittimita’ solo per vizio motivazionale (v. tra le altre, Cass. 25/05/2012, n. 8293; Cass. 19/10/2007, n. 21965), non validamente dedotto dall’odierna ricorrente principale.
6. Invero il secondo motivo di ricorso, che denunzia ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 5, incongruita’ e contraddittorieta’ della motivazione, non e’ articolato in conformita’ del mezzo di cui all’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 5, nel testo attualmente vigente, applicabile ratione temporis, richiedendosi a tal fine la denunzia di omesso esame di un fatto decisivo, oggetto di discussione tra le parti, fatto neppure formalmente individuato nel rispetto delle indicazioni di cui all’articolo 366 c.p.c., comma 1, n. 6, come prescritto (Cass. Sez. Un. 7/4/2014 n. 8053).
Esame dei motivi di ricorso incidentale.
7. Il primo motivo di ricorso incidentale e’ infondato.
7.1. La statuizione del giudice del reclamo che riconosce la sola tutela cd. indennitaria in presenza di licenziamento ritenuto illegittimo per difetto di proporzionalita’ della sanzione espulsiva e’ conforme alla giurisprudenza di questa Corte la quale ha chiarito che in tema di licenziamento disciplinare, qualora vi sia sproporzione tra sanzione e infrazione, spetta la sola tutela risarcitoria ove la condotta in addebito non coincida con alcuna delle fattispecie per le quali i contratti collettivi ovvero i codici disciplinari applicabili prevedono una sanzione conservativa; in tal caso il difetto di proporzionalita’ ricade, difatti, tra le “altre ipotesi” di cui al novellato comma 5 della L. n. 300 del 1970, articolo 18, come modificato dalla cit. L. n. 92 del 2012, articolo 1, comma 42, in cui non ricorrono gli estremi del giustificato motivo soggettivo o della giusta causa di licenziamento ed e’ accordata la tutela indennitaria cd. forte (Cass. 12/10/2018 n. 25534; 17/10/2018 n. 26013; Cass. 16/7/2018 n. 18823; Cass. 25/5/2017 n. 13178; Cass. 6/11/2014 n. 23669).
7.2. A tale indirizzo si ritiene di dare continuita’ dovendo rimarcarsi, in contrasto con gli assunti difensivi dell’odierno ricorrente, che la prospettazione di una disparita’ di trattamento in tema di tutela applicabile, connessa alla tipizzazione o meno operata dalle parti collettive delle condotte di rilievo disciplinare, costituisce, come sottolineato da alcune voci di dottrina, espressione di una libera scelta del legislatore, fondata sulla valorizzazione e il rispetto dell’autonomia collettiva in materia.
8. Il secondo motivo di ricorso e’ inammissibile. Premesso che alla fattispecie in esame, secondo quanto gia’ chiarito sub paragrafo 6, trova applicazione l’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 5, nel testo attualmente vigente, si rileva che la deduzione di “omesso esame” e’ affidata alla deduzione di circostanze le quali, in disparte ogni valutazione attinente alla decisivita’ delle stesse, sono evocate senza il rispetto delle prescrizioni di cui all’articolo 366 c.p.c., comma 1, n. 6 e tanto e’ sufficiente a determinare il mancato accoglimento della censura.
9. Al rigetto del ricorso principale e del ricorso incidentale segue la compensazione delle spese del giudizio.
10. Sussistono i presupposti per l’applicabilita’ nei confronti di entrambe le parti ricorrenti del Decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115, articolo 13, comma 1 quater, nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, articolo 1, comma 17.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso principale e il ricorso incidentale. Compensa le spese di lite.
Ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1 quater, da’ atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte della ricorrente principale e del ricorrente incidentale dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale e per il ricorso incidentale a norma dello stesso articolo 13, comma 1 bis.

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