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Suprema Corte di Cassazione

sezione IV

sentenza  5 luglio 2013, n. 28809

Presidente dott. Claudio D’Isa

Ritenuto in fatto

1. – Con sentenza resa in data 20.6.2012, il tribunale di Napoli ha integralmente confermato la sentenza in data 20.10.2011 con la quale il giudice di pace di Napoli ha condannato A.G. alla pena di Euro 1.000,00 di multa, oltre al risarcimento dei danni in favore della parte civile costituita, in relazione al reato di lesioni colpose commesso, ai danni del minore B.S. , in (omissis) .
In particolare, all’imputato, nella qualità di dirigente del Servizio Patrimonio e Demanio del Comune di Napoli, era stata contestata l’omissione colposa consistita nella mancata manutenzione e messa in sicurezza dell’immobile sito in (OMISSIS) , lotto 9/b, dal quale, in occasione della vicenda oggetto del processo, si era staccata una grata in ferro coprifinestra da un’altezza di sei metri che, rovinando a terra, aveva colpito il minore B.S. cagionandogli le lesioni personali richiamate nel capo d’imputazione.
Avverso la sentenza d’appello, a mezzo del proprio difensore, ha proposto ricorso per cassazione l’imputato sulla base di tre motivi di impugnazione.
2.1. – Con il primo motivo di ricorso, l’imputato censura la sentenza impugnata per difetto di motivazione e violazione di legge in relazione agli artt. 40, comma 2, e 590 c.p..
In particolare, il ricorrente si duole che il tribunale napoletano abbia ritenuto l’imputato garante degli obblighi di manutenzione e messa in sicurezza dell’immobile oggetto del giudizio, laddove quest’ultimo, in quanto abusivamente occupato da terzi e programmaticamente destinato a centro commerciale, doveva ritenersi riconducibile all’ambito dei beni non produttivi di reddito, come tale sottratto alla competenza amministrativa del Servizio Patrimonio e Demanio del Comune di Napoli (diretto dall’imputato), per rientrare nell’ambito di competenza della Direzione Centrale dei lavori pubblici competente sugli immobili in costruzione come quello oggetto d’esame, non essendo ancora entrato nel patrimonio del Comune di Napoli (e della conseguente competenza del Servizio Patrimonio e Demanio) in attesa del relativo completamento e del conseguente collaudo.
Sotto altro profilo, il ricorrente rileva come l’obbligo di garanzia dell’incolumità del minore dovesse nella specie rinvenirsi, non già in capo all’imputato, bensì a carico degli occupanti abusivi dell’immobile de quo, ovvero dei genitori del minore, per avere, i primi, omesso di sgombrare l’immobile così impedendone la manutenzione, e per avere, i secondi, trascurato di considerare le condizioni di abbandono e di fatiscenza dell’immobile (agli stessi ben note) presso il quale il minore si era imprudentemente avvicinato, finendo col subire la caduta della grata che ebbe a colpirlo.
Da ultimo, il ricorrente si duole che il tribunale di Napoli abbia omesso di considerare come gli obblighi di manutenzione dell’immobile de quo non competessero alla responsabilità dell’imputato, risalendo gli stessi alle attribuzioni della Direzione Centrale Patrimonio e Logistica, competente, in via concorrente per le questioni di natura tecnica, con il Servizio Tecnico e Patrimonio, laddove il Servizio Demanio e Patrimonio (affidato alla responsabilità dell’imputato) rimane competente, anche qui in via concorrente con la direzione centrale, per la sola parte gestionale di natura amministrativa.
Da una diversa prospettiva, il ricorrente censura la sentenza impugnata per aver ascritto alla colpa dell’imputato l’evento lesivo occorso a carico del minore, senza procedere alla concreta verifica dell’esigibilità della condotta alternativa corretta da parte dell’An-nunziata, in tal senso svalutando il profilo squisitamente soggettivo della colpa in assenza di un’adeguata indagine sul nesso psichico tra l’atteggiamento dell’agente e l’evento in concreto verificatosi; indagine dalla quale sarebbe emersa la concreta imprevedibilità dell’evento, da ritenersi nella specie altresì oggettivamente inevitabile, avuto riguardo alla documentata mancata provvista di risorse finanziarie idonee in capo all’imputato per l’esecuzione dei lavori di manutenzione dell’immobile de quo; esecuzione in ogni caso spettante alla competenza del Servizio Tecnico e Patrimonio, residuando, in capo al Servizio Patrimonio e Demanio unicamente lo svolgimento di compiti di monitoraggio d’indole meramente amministrativa.
2.2. – Con il secondo motivo, il ricorrente censura la sentenza d’appello per vizio di motivazione in relazione al tenore delle statuizione civili contenute nel provvedimento impugnato, per avere la corte territoriale omesso di indicare la fonte della titolarità, in capo all’imputato, della posizione di garanzia del bene leso, da rinvenire, viceversa, in capo agli occupanti abusivi dell’immobile de quo ovvero ai genitori del minore danneggiato, e in nessun caso a carico del Servizio Demanio e Patrimonio di cui l’imputato era dirigente.
Sotto altro profilo, il ricorrente si duole della mancata motivazione, da parte del tribunale, in ordine alla doglianza riferita all’entità della condanna risarcitoria subita in favore della parte civile.
2.3. – Con il terzo motivo, il ricorrente censura la sentenza impugnata per violazione di legge in relazione all’art. 133 c.p. nonché per vizio di motivazione in relazione all’entità della pena irrogata, al diniego delle circostanze attenuanti generiche e del beneficio della sospensione condizionale della pena, avendo il tribunale di Napoli omesso di dettare alcuna motivazione in ordine alle corrispondenti invocazioni tempestivamente avanzate dell’imputato.

Considerato in diritto

3.1. – Osserva preliminarmente la Corte come il reato per il quale l’imputato è stato tratto a giudizio è prescritto, trattandosi di fatto commesso alla data del 3.5.2005.
Al riguardo, rilevato che il ricorso proposto non appare manifestamente infondato, né risulta affetto da profili d’inammissibilità di altra natura, occorre sottolineare, in conformità all’insegnamento ripetutamente impartito da questa Corte, come, in presenza di una causa estintiva del reato, l’obbligo del giudice di pronunciare l’assoluzione dell’imputato per motivi attinenti al merito si riscontri nel solo caso in cui gli elementi rilevatori dell’insussistenza del fatto, ovvero della sua non attribuibilità penale all’imputato, emergano in modo incontrovertibile, tanto che la relativa valutazione, da parte del giudice, sia assimilabile più al compimento di una “constatazione”, che a un atto di “apprezzamento” e sia quindi incompatibile con qualsiasi necessità di accertamento o di approfondimento (v. Cass., n. 3549O/2OO9, Rv. 244274).
E invero il concetto di “evidenza”, richiesto dal secondo comma dell’art. 129 c.p.p., presuppone la manifestazione di una verità processuale così chiara e obiettiva, da rendere superflua ogni dimostrazione, concretizzandosi così in qualcosa di più di quanto la legge richiede per l’assoluzione ampia, oltre la correlazione a un accertamento immediato (cfr. Cass., n. 31463/2004, Rv. 229275).
Da ciò discende che, una volta sopraggiunta la prescrizione del reato, al fine di pervenire al proscioglimento nel merito dell’imputato occorre applicare il principio di diritto secondo cui “positivamente” deve emergere dagli atti processuali, senza necessità di ulteriore accertamento, l’estraneità dell’imputato a quanto allo stesso contestato, e ciò nel senso che si evidenzi l’assoluta assenza della prova di colpevolezza di quello, ovvero la prova positiva della sua innocenza, non rilevando l’eventuale mera contraddittorietà o insufficienza della prova che richiede il compimento di un apprezzamento ponderato tra opposte risultanze (v. Cass., n. 26008/2007, Rv. 237263).
Tanto deve ritenersi non riscontrabile nel caso di specie, in cui questa Corte – anche tenendo conto degli elementi evidenziati nelle motivazioni delle sentenze di merito e degli argomentazioni che saranno di seguito esposte – non ravvisa alcuna delle ipotesi sussumibili nel quadro delle previsioni di cui all’art. 129 c.p.p..
Ne discende che, ai sensi del richiamato art. 129 c.p.p., la sentenza impugnata va annullata senza rinvio limitatamente agli effetti penali, per essere il reato contestato all’imputato estinto per prescrizione, salva la necessità di procedere alla decisione del ricorso ai soli effetti delle disposizioni e dei capi della sentenza che concernono gli interessi civili, ai sensi dell’art. 578 c.p.p..
3.2. – Ciò premesso, ritiene questa corte come il ricorso proposto dall’A. sia infondato.
Il ricorrente contesta il riconoscimento della posizione di garanzia allo stesso ascritta dai giudici del merito muovendo, da un lato, dalla qualificazione della natura del bene immobile dannoso (nel senso della relativa riconducibilità alla competenza amministrativa della direzione centrale per i lavori pubblici in ragione della relativa caratteristica di bene in corso di costruzione) e, dall’altro, dall’asserita ripartizione delle competenze tra il Servizio Patrimonio e Demanio e il servizio Tecnico e Patrimonio, dal quale residuerebbe una mera competenza contabile – amministrativa (e non già tecnico-operativa) del primo servizio diretto dall’imputato.
Entrambe le argomentazioni così illustrate dal ricorrente devono ritenersi del tutto prive di pregio, atteso che, nel primo caso, il ricorrente fa riferimento a circostanze di mero fatto (con particolare riguardo alla condizione materiale dell’immobile oggetto del giudizio) che non risultano comprovate, mentre, nel secondo caso, viceversa, l’odierno ricorrente trascura di considerare e valutare criticamente la decisione sul punto assunta da entrambi i giudici del merito che, nel richiamare la disposizione attuativa del Direttore generale n. 87 del 24.6.2003, ha espressamente sottolineato la specifica competenza del Servizio Patrimonio e Demanio (diretta dall’imputato) con riguardo al “monitoraggio degli interventi di gestione e manutenzione del patrimonio immobiliare pubblico” del Comune di Napoli; disposizione attuativa del tutto assorbente rispetto all’alternativa interpretativa prospettata dal ricorrente, di per sé inidonea ad attestare, in termini di certezza e incontrovertibilità, l’eventuale asserita diversa competenza, interna alla medesima Direzione generale, del Servizio Tecnico e Patrimonio.
Sotto altro profilo, devono ritenersi prive di alcun fondamento le doglianze dell’imputato riferite al valore asseritamente assorbente delle posizioni di garanzia astrattamente riconducibili alla responsabilità degli occupanti abusivi dell’immobile dannoso o dei genitori del minore danneggiato, trattandosi, a tutto voler concedere, di profili di responsabilità colposa eventualmente concorrenti, di per sé inidonee a elidere, sul piano causale, il contributo fornito dall’odierno imputato, nella relativa qualità, alla produzione del fatto dannoso.
Del tutto aspecifica, inoltre, deve ritenersi la censura relativa alla pretesa trascurata considerazione, da parte del giudice d’appello, dei profili soggettivi della colpa contestata all’imputato, avendo quest’ultimo omesso di individuare le circostanze concrete idonee a prospettare in termini di effettiva criticità il tema dell’esigibilità del comportamento alternativo corretto da parte dell’imputato. Al riguardo, del tutto inconferente appare la circostanza (peraltro, inammissibilmente argomentata in fatto) relativa alla mancanza di risorse finanziarie destinabili all’assolvimento degli oneri per la manutenzione dell’immobile in esame, avendo l’A. propriamente omesso di fornire la prova di aver esperito ogni tentativo per il reperimento di dette risorse, in ipotesi mancate per fatto non riconducibi-le alla propria responsabilità.
Le argomentazioni che precedono valgono a ritenere del tutto destituite di fondamento anche le censure riferite al preteso carattere immotivato delle statuizione civili adottate in sede di merito, ivi compreso il tema dell’entità dell’importo risarcitorio che i giudici del merito hanno espressamente rimesso alle determinazioni del giudice civile, salvo l’importo indicato nella condanna al pagamento della provvisionale riconosciuta in favore delle parti civili, la cui minima entità appare tale da costituire un’implicita e intuitiva parziale copertura del maggior danno con certezza subito dal minore.
3.3. – Sulla base delle argomentazioni che precedono dev’essere disposto – accanto all’annullamento senza rinvio della sentenza impugnata limitatamente agli effetti penali, siccome estinto il reato per intervenuta prescrizione – il rigetto del ricorso proposto dall’imputato con riguardo gli interessi civili, con la conferma delle statuizione civili contenute nella sentenza impugnata.

P.Q.M.

la Corte Suprema di Cassazione, annulla l’impugnata sentenza senza rinvio per essere il reato estinto per prescrizione. Conferma le statuizioni civili.

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