Corte di Cassazione, penale, Sentenza|21 gennaio 2021| n. 2509.
In tema di intermediazione finanziaria, sussiste la violazione del principio di correlazione tra accusa e sentenza nell’ipotesi di riqualificazione della originaria imputazione di esercizio abusivo di attività finanziaria, di cui agli artt. 155, commi 1 e 5, 106 e 132 d.lgs. 1 settembre 1993, n. 385 (T.U.B.), in esercizio di attività non comunicata agli organi di vigilanza di cui all’art. 131-ter del medesimo decreto, trattandosi di fattispecie ontologicamente diverse, in quanto la prima si realizza con lo svolgimento di servizi di pagamento in assenza di autorizzazione mentre la seconda mediante l’omissione dell’adempimento informativo dell’esercizio in Italia di un’attività (nella specie, di “money transfer”) previamente autorizzata in ambito comunitario.
Sentenza|21 gennaio 2021| n. 2509
Data udienza 19 novembre 2020
Integrale
Tag – parola chiave: Money Transfer – Mancate comunicazioni alle autorità indicate dal Tub – Rilevanza penale – Esercizio di attività di intermediazione finanziaria non comunicata agli organi di vigilanza
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE QUINTA PENALE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. VESSICHELLI Maria – Presidente
Dott. ZAZA Carlo – Consigliere
Dott. GUARDIANO Alfredo – Consigliere
Dott. DE MARZO Giuseppe – Consigliere
Dott. TUDINO A. – rel. Consigliere
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
(OMISSIS), (C.U.I. (OMISSIS)) nato il (OMISSIS);
avverso la sentenza del 19/03/2019 della CORTE APPELLO di ROMA;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere ALESSANDRINA TUDINO;
il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore MARIA FRANCESCA LOY ha concluso chiedendo il rigetto del ricorso.
udito il difensore.
RITENUTO IN FATTO
1.Con la sentenza impugnata del 19 marzo 2019, la Corte d’appello di Roma ha confermato la decisione del Tribunale in sede del 15 maggio 2017, con la quale e’ stata affermata la responsabilita’ penale di (OMISSIS) in ordine al reato di esercizio di attivita’ di intermediazione finanziaria non comunicata agli organi di vigilanza ai sensi dell’articolo 131-ter TUB, cosi’ qualificata l’originaria imputazione Testo Unico n. 385 del 1993, ex articolo 155, commi 1 e 5, articoli 106 e 132.
1.1. Secondo i termini dell’originaria contestazione, l’imputato aveva movimentato, mediante plurime operazioni, la somma di Euro 484.000,00 attraverso il trasferimento all’estero di importi, complessivamente superiori ad Euro 1000, su disposizione di soggetti non identificati, svolgendo la predetta attivita’ clandestinamente ed in assenza delle prescritte autorizzazioni di legge, nonche’ in violazione della normativa di settore. In particolare, all’imputato veniva contestata l’attivita’ di agente per la prestazione di servizi di pagamento in Italia dell’istituto di pagamento anglosassone (OMISSIS) Ldt., in assenza di iscrizione nell’apposito albo previsto dal TUB per gli agenti ed intermediari finanziari.
1.2. Nel procedimento di primo grado, l’imputato aveva documentato la titolarita’ di apposita licenza per il trasferimento all’estero di rimesse finanziarie, rilasciatagli dall’istituto di pagamento anglosassone (OMISSIS) Ldt., mentre la natura abusiva dell’attivita’ svolta e’ stata comunque ritenuta sussistente, in assenza della comunicazione della predetta licenza agli organismi di vigilanza nazionali, ex articolo 131-ter TUB.
2. Avverso la sentenza ha proposto ricorso l’imputato, con atto a firma del difensore, Avv. (OMISSIS), affidando le proprie censure a tre motivi.
2.1. Con il primo motivo, deduce nullita’ della sentenza per violazione del principio di correlazione di cui agli articoli 521 e 522 c.p.p. per essere stato l’imputato condannato per un fatto diverso da quello originariamente contestatogli, in assenza di iniziative correttiva dell’incolpazione.
Rileva, sul punto, un insanabile profilo di alterita’ tra l’originaria rubrica – avente ad oggetto la contestazione dell’esercizio di attivita’ finanziaria svolta in assenza delle prescritte autorizzazioni di legge ed in violazione dei divieti imposti dalla normativa di settore – ed il reato ritenuto in primo grado – che punisce, invece, chiunque presta servizi di pagamento in violazione della riserva prevista dall’articolo 114-sexies TUB, in assenza dell’autorizzazione di cui all’articolo 114-novies dello stesso Testo Unico – stante l’ontologica diversita’ tra le diverse condotte, con conseguente violazione del diritto di difesa.
A fronte dell’iniziale contestazione, la difesa aveva, difatti, documentato l’esistenza di un contratto di agenzia tra l’istituto di pagamento estero e l’imputato, iscritto sin dal 16 agosto 2012 nel registro degli agenti di pagamento tenuto dalla inglese (OMISSIS), mentre l’affermazione di responsabilita’ e’ stata pronunciata per la diversa condotta di omessa comunicazione all’Organismo degli agenti e dei mediatori finanziari dell’avvio dell’operativita’ sul territorio italiano ai sensi dell’articolo 128 TUB; condotta omissiva rispetto alla quale l’imputato non era stato posto in grado di articolare prova a discarico, con conseguente violazione delle prerogative defensionali, mentre la Corte d’appello ha respinto la censura, puntualmente proposta con il gravame, in violazione della giurisprudenza di legittimita’, pur a fronte di una sostanziale trasformazione dell’addebito, richiamando del tutto impropriamente l’ampiezza della formulazione del capo d’accusa.
2.2. Con il secondo motivo, deduce violazione di legge e correlato vizio della motivazione in riferimento all’elemento oggettivo del reato di cui all’articolo 131-ter TUB per avere la Corte territoriale erroneamente posto a carico del ricorrente – iscritto nel Financial Services Authority Register e regolarmente abilitato in virtu’ del contratto di agenzia con (OMISSIS) Ltd, a sua volta iscritta nell’albo degli istituti di pagamento esteri tenuto dall’Ufficio Italiano Cambi – l’obbligo di comunicazione all’Organismo degli agenti e dei mediatori dell’avvio dell’operativita’ sul territorio italiano; obbligo, invece, che non si applica, ai sensi dell’articolo 114-decies e articolo 128-quater, comma 7, TUB, agli agenti che prestano servizi di pagamento per conto di istituti comunitari, con conseguente irrilevanza penale della condotta, sanzionata con i provvedimenti, di natura amministrativa, di cui all’articolo 128-duodecies TUB.
Rileva, in ogni caso, come al predetto obbligo dovesse ottemperare l’autorita’ dello Stato di appartenenza, e non gia’ l’imputato, non configurandosi, pertanto, la ritenuta violazione dell’articolo 131-ter, ne’ dell’articolo 132 del medesimo Testo Unico.
2.3. Con il terzo motivo, censura il diniego delle attenuanti generiche.
3. Con requisitoria scritta Decreto Legge 28 ottobre 2020, n. 37, ex articolo 23 il Procuratore generale ha concluso per il rigetto del ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il primo motivo di ricorso e’ fondato, con conseguente rilievo della prescrizione del reato.
1. Sussiste la causa di nullita’ denunciata con la prima censura.
1.1. In tema di violazione del principio di correlazione, questa Corte ha affermato, con orientamento consolidato, come l’osservanza del diritto al contraddittorio in ordine alla natura e alla qualificazione giuridica dei fatti di cui l’imputato e’ chiamato a rispondere, sancito dall’articolo 111 Cost., comma 3, e dall’articolo 6 CEDU, comma 1 e comma 3, lettera a) e b), cosi’ come interpretato nella sentenza della Corte EDU nel proc. Drassich c. Italia, e’ assicurata anche quando il giudice di primo grado provveda alla riqualificazione dei fatti direttamente in sentenza, senza preventiva interlocuzione sul punto, in quanto l’imputato puo’ comunque pienamente esercitare il diritto di difesa proponendo impugnazione (Sez. 4, n. 49175 del 13/11/2019, D., Rv. 277948, N. 46786 del 2014 Rv. 261052, N. 10093 del 2012 Rv. 251961, N. 2341 del 2013 Rv. 254135, N. 7984 del 2013 Rv. 254649).
Nei predetti termini, il diritto di difesa viene a trovare esplicazione nel successivo grado del merito, mediante devoluzione al giudice dei termini della qualificazione operata in primo grado e dei rapporti tra originaria contestazione e reato ritenuto rispetto alle iniziative delle parti.
1.2. Nella delineata prospettiva, si pone il tema dei rapporti tra l’originaria contestazione, elevata a carico del ricorrente ai sensi del Testo Unico n. 385 del 1993, articolo 155, commi 1 e 5, articoli 106 e 132 ed il reato di cui all’articolo 131-ter TUB, ritenuto dal giudice di primo grado e rispetto al quale la Corte territoriale ha reputato essere stato osservato il principio di correlazione.
Va, al riguardo, premesso come i termini dell’imputazione contestata al ricorrente con il decreto che dispone il giudizio riguardassero l’esercizio di attivita’ finanziaria di money transfer in assenza delle necessarie autorizzazioni.
Il Decreto Legislativo n. 385 del 1993, articolo 114-sexies (c.d. TUB), introdotto dal Decreto Legislativo n. 11 del 2010, articolo 35 riserva la prestazione di servizi di pagamento alle banche, agli istituti di moneta elettronica e agli “istituti di pagamento” (imprese, diverse dalle banche e dagli istituti di moneta elettronica, autorizzati alla prestazione dei servizi di cui alla lettera F) n. 4)). L’articolo 114-nonies del TUB stabilisce che la Banca d’Italia autorizza gli istituti di pagamento, a condizione che risultino rispettati i requisiti previsti dalla stessa norma (se le imprese siano costituite in forma di societa’ per azioni, in accomandita per azioni o a responsabilita’ limitata).
Secondo l’articolo 1. lettera H) del TUB, sono “istituti di pagamento comunitari” quelli aventi sede legale o amministrazione centrale in uno stato comunitario diverso dall’Italia.
La nozione di “istituto di pagamento”, operatore finanziario deputato a svolgere l’attivita’ di servizi di pagamento, e’ stata introdotta nell’ordinamento dal Decreto Legislativo n. 10 del 2010, con il quale e’ stata recepita la direttiva Europea sui servizi di pagamento 2007/64/CE; in particolare, al fine di armonizzare la disciplina dell’Unione, il predetto decreto ha stabilito le condizioni perche’ gli istituti di pagamento che abbiano ottenuto l’autorizzazione di uno Stato membro possano prestare servizi di pagamento nel territorio dell’Unione, in regime di libera prestazione di servizi o di liberta’ di stabilimento.
L’articolo 114-decies, comma 2, del TUB prevede, in dettaglio, che gli istituti di pagamento comunitari possano stabilire dipendenze nel territorio della Repubblica e che il primo insediamento debba essere preceduto da una comunicazione alla Banca d’Italia da parte dell’autorita’ competente dello Stato di appartenenza; gli stessi istituti possono, invece, operare direttamente nello Stato italiano, previa comunicazione alla Banca d’Italia (articolo 114-decies, comma 4), o attraverso agenti (articolo 128-quater, comma 7).
Per gli agenti comunitari che svolgono esclusivamente servizi di pagamento, e’ necessaria esclusivamente l’iscrizione nel registro del Paese all’interno del quale l’istituto di pagamento di riferimento ha ottenuto l’autorizzazione, e non e’, invece, prescritta l’iscrizione in apposita sezione dell’elenco tenuto dall’organismo degli agenti e dei mediatori, previsto dall’articolo 128-undecies TUB.
L’articolo 128-quater, comma 7 bis TUB prevede, infine, che “per le finalita’ di cui al comma 7, i prestatori di servizi di pagamento e gli istituti di moneta elettronica, aventi sede legale e amministrazione centrale in altro Stato comunitario, comunicano tempestivamente all’Organismo previsto dall’articolo 128-undecies, per l’iscrizione in apposita sezione del registro di cui al Decreto Legislativo 21 novembre 2007, n. 231, articolo 45 gli estremi identificativi del punto di contatto di cui al Decreto Legislativo 21 novembre 2007, n. 231, e successive modificazioni, articolo 1, comma 2, lettera ii), per il tramite del quale operano sul territorio nazionale. Il punto di contatto e’ tenuto a comunicare all’Organismo l’avvio della propria operativita’ e ogni variazione ad essa attinente. L’Organismo stabilisce la periodicita’ e le modalita’ di invio della comunicazione. L’omessa comunicazione e’ sanzionata ai sensi del Decreto Legislativo 21 novembre 2007, n. 231, e successive modificazioni, articolo 61, comma 2”.
1.3. Nel quadro cosi’ delineato, emerge, all’evidenza, l’ontologica diversita’ tra la condotta contestata – esercizio abusivo di attivita’ finanziaria in assenza delle prescritte autorizzazioni – rispetto a quella ritenuta in sentenza – esercizio di attivita’ finanziaria autorizzata all’estero ma non comunicata – realizzandosi, la prima, attraverso l’esercizio non previamente autorizzato dei servizi di pagamento ed invece, la seconda, mediante l’omissione di un adempimento informativo di esercizio in Italia di un’attivita’ gia’ previamente autorizzata in altro Paese dell’Unione; adempimento, peraltro, di cui e’ necessario accertare la titolarita’ ai sensi dell’articolo 128-quater, comma 7 bis TUB, ai fini dell’applicazione dell’articolo 131-ter TUB, secondo cui “Chiunque presta servizi di pagamento in violazione della riserva prevista dall’articolo 114-sexies senza essere autorizzato ai sensi dell’articolo 114-novies e’ punito con la reclusione da sei mesi a quattro anni e con la multa da 2.066 Euro a 10.329 Euro”.
Colgono, pertanto, nel segno le censure svolte dal ricorrente in riferimento alla violazione dell’articolo 521 c.p.p., risultando, in concreto, leso il diritto di difesa, quantomeno sotto il profilo dell’identificazione del soggetto tenuto all’informativa: l’imputato aveva, invero, documentato di svolgere attivita’ di agente della societa’ britannica (OMISSIS) Ltd., regolarmente autorizzata in quel Paese, ma non aveva potuto argomentare riguardo l’omissione dell’informativa di avvio della propria attivita’ in Italia, risolvendosi, pertanto, la qualificazione giuridica intervenuta con la sentenza di primo grado nella violazione del contraddittorio, non emendata in appello.
Nel ritenere, invece, che l’ampia latitudine della originaria contestazione rendesse prevedibile l’attribuzione al fatto del diverso nomen iuris, la Corte territoriale e’, dunque, incorsa nella violazione denunciata, in presenza di condanna per fatto storico diverso da quello contestato.
2. Il rilievo della nullita’ di cui all’articolo 522 c.p.p. e’, tuttavia, recessivo rispetto all’obbligo di immediata declaratoria di estinzione del reato per prescrizione.
2.1. Con orientamento autorevolmente sostenuto (Sez. U, n. 17179 del 27/02/2002, Conti, Rv. 221403) ed unanimemente seguito (Sez. 2, n. 6338 del 18/12/2014 – dep. 2015, Argentieri, Rv. 262761, N. 17179 del 2002 Rv. 221403, N. 21459 del 2008 Rv. 240066, N. 1550 del 2011 Rv. 249428, N. 36896 del 2014 Rv. 260299), questa Corte ha affermato come il principio di immediata declaratoria di determinate cause di non punibilita’, sancito dall’articolo 129 c.p.p., impone che nel giudizio di cassazione, qualora ricorrano contestualmente una causa estintiva del reato e una nullita’ processuale assoluta e insanabile, sia data prevalenza alla prima, salvo che l’operativita’ della causa estintiva non presupponga specifici accertamenti e valutazioni riservati al giudice di merito, nel qual caso assume rilievo pregiudiziale la nullita’, in quanto funzionale alla necessaria rinnovazione del relativo giudizio.
2.2. Nel caso in esame, alla declaratoria di estinzione del reato per prescrizione non ostano accertamenti di merito, con conseguente prevalenza della causa predetta.
Il reato e’, invero, prescritto alla data odierna, nonostante una sospensione pari a giorni trentadue per rinvio ad istanza di parte (dal 13 aprile al 15 maggio 2017) e tenuto conto dell’ulteriore sospensione di cui al Decreto Legge 17 marzo 2020, n. 18, articolo 83 comma 4, conv. in L. n. 27 del 2020, da commisurarsi in giorni 36.
Sotto l’ultimo profilo evocato, le Sezioni unite di questa Corte, all’udienza del 26 novembre 2020, hanno affermato – come reso noto attraverso l’informazione provvisoria – i seguenti principi di diritto:
“La sospensione della prescrizione di cui al Decreto Legge n. 18 del 2020, articolo 83, comma 3-bis, conv. in L. n. 27 del 2020 opera esclusivamente con riferimento ai procedimenti pendenti dinanzi alla Corte di cassazione che siano pervenuti alla cancelleria stessa nel periodo dal 9 marzo al 30 giugno 2020.
Analogamente, ai sensi dello stesso articolo 83, successivo comma 9 la prescrizione e’ rimasta sospesa dal 12 maggio al 30 giugno 2020 nei procedimenti in cui in tale periodo era stata fissata udienza e ne e’ stato disposto il rinvio a data successiva al termine del medesimo in esecuzione del provvedimento emesso dal capo dell’ufficio giudiziario ai sensi dell’articolo 83, comma 7, lettera g).
Nel caso in cui il provvedimento ex articolo 83, comma 7, lettera g) del citato decreto legge sia stato adottato successivamente al 12 maggio 2020, la sospensione decorre dalla data della sua adozione”.
Il presente procedimento, pervenuto in epoca antecedente al 9 marzo 2020 e fissato all’udienza del 25 maggio 2020, e’ stato differito d’ufficio all’odierna udienza in virtu’ del provvedimento organizzativo del Primo Presidente di questa Corte n. 47 del 31 marzo 2020, con conseguente computo di giorni 36 di sospensione.
Ne discende che il reato si e’ prescritto il 29 settembre 2020.
3. Non sussistono, invece, i presupposti per il proscioglimento nel merito.
3.1. Questa Sezione ha affermato come, nel giudizio di cassazione, qualora ricorrano contestualmente una causa estintiva del reato e una nullita’ processuale assoluta e insanabile, quest’ultima deve essere rilevata con conseguente annullamento della sentenza impugnata e, nella preclusione del rinvio al giudice di appello dovuta alla sussistenza della causa estintiva che richiede la immediata rilevazione ai sensi dell’articolo 129 c.p.p., comma 2, deve procedersi alla verifica della eventuale ricorrenza delle condizioni per un proscioglimento nel merito, alla luce degli accertamenti in fatto accreditati dal primo giudice (Sez. 5, n. 11946 del 08/02/2005, Radosavljevic, Rv. 231709).
3.2. Siffatto principio deve, nondimeno, coniugarsi allo standard del rilievo della causa estintiva, come autorevolmente declinato da questa Corte (Sez. U, n. 35490 del 28/05/2009, Tettamanti, Rv. 244274) e recentemente ribadito (Sez. U, n. 13539 del 30/01/2020, Perroni, Rv. 278870, amplius in motivazione), quanto alla funzione dell’articolo 129 c.p.p..
Nella sentenza da ultimo evocata, le Sezioni unite hanno riaffermato la valenza, rispondente a principi di ordine costituzionale, dell’obbligo di immediata declaratoria della causa di estinzione del reato posto dall’articolo 129 c.p.p., comma 1, unicamente derogabile, in melius, dal comma 2 della stessa norma, laddove gia’ risulti con evidenza la sussistenza di una causa di proscioglimento nel merito e, in peius, nel senso, cioe’, di consentire ugualmente la prosecuzione del processo ai fini dell’adozione di provvedimenti lato sensu sanzionatori, solo in presenza di norme che espressamente statuiscano in tal senso.
Sul punto, si e’ (ri)affermato come l’articolo 129 c.p.p., comma 1, specificamente dedicato proprio al tempo e al quomodo della declaratoria di determinate cause di non punibilita’ (in esse rientrando anche la estinzione del reato), sia da sempre stato interpretato da questa Corte come espressivo di un obbligo per il giudice di pronunciare con immediatezza, nel momento di sua formazione ed indipendentemente da quello che sia “lo stato e il grado del processo” (clausola, questa, significativamente menzionata dalla norma), sentenza di proscioglimento (in tal senso, Sez. 1, n. 33129 del 06/07/2004, Confl. comp. in proc. Bevilacqua, Rv. 229387; Sez. 5, n. 12174 del 18/02/2002, Vitale, Rv. 221392; implicitamente, Sez. 6, n. 783 del 26/02/1999, Tota, Rv. 214141), richiamando il rilievo, di ordine anche costituzionale, che l’articolo 129 c.p.p. riveste (Sez. U, n. 17179 del 27/02/2002, Conti, Rv. 221403, cit.) nella sua duplice funzione di favorire l’imputato innocente (o comunque da prosciogliere o assolvere), prevedendo l’obbligo dell’immediata declaratoria di cause di non punibilita’ “in ogni stato e grado del processo”, e di agevolarne in ogni caso l’exitus, ove non appaia concretamente realizzabile la pretesa punitiva dello Stato; implicita in tali funzioni ve ne sarebbe poi una terza, consistente nel fatto che l’articolo 129 cit. rappresenta, sul piano processuale, la proiezione del principio di legalita’ stabilito sul piano del diritto sostanziale dall’articolo 1 c.p..
Sicche’, secondo tale opzione ermeneutica, pienamente condivisibile, “l’articolo 129 si muove nella prospettiva di troncare, allorche’ emerga una causa di non punibilita’, qualsiasi ulteriore attivita’ processuale e di addivenire immediatamente al giudizio, anche se fondato su elementi incompleti ai fini di un compiuto accertamento della verita’ da un punto di vista storico”.
Ne’ va dimenticato l’ulteriore fine, perseguito dalla norma, di contemperamento dell’interesse dell’imputato ad una piu’ ampia possibilita’ di vedere proseguire l’attivita’ processuale in vista di un auspicato proscioglimento con formula liberatoria di merito, “con l’aspetto, non meno rilevante, dell’exitus del processo quale obiettivo da perseguire, la cui importanza non puo’ certamente sottovalutarsi, posto che la disciplina d’impulso alla sollecita definizione del processo tutela un fondamentale interesse di carattere costituzionale (articolo 111 Cost., comma 2: ragionevole durata del processo) che non puo’ essere considerato aprioristicamente di rango inferiore ad altri interessi pur apprezzabili e, in ogni caso, sempre tutelabili”.
In definitiva, dunque, il principio dell’immediata operativita’ della causa estintiva, fatto salvo il limite dell’evidente innocenza dell’imputato, e’ il frutto di una scelta legislativa che trova la sua ratio nell’intento di evitare la prosecuzione infruttuosa di un giudizio e nella finalita’ di assicurare la pronta definizione dello stesso, evitando cosi’ esasperati, dispendiosi ed inutili formalismi.
3.3.Nel caso in esame, alla stregua degli accertamenti in fatto ricostruibili nelle conformi sentenze di merito, non si profilano elementi deponenti per il proscioglimento liberatorio dell’imputato, non risultando dedotto che il medesimo abbia ottemperato all’obbligo di comunicazione di avvio dell’attivita’ finanziaria, autorizzata all’estero, in Italia.
Come gia’ rilevato (§ 1.2.), l’articolo 128-quater, comma 7 bis TUB prevede, invero, da un lato, la tempestiva comunicazione all’Organismo previsto dall’articolo 128-undecies, a carico dei prestatori di servizi di pagamento e degli istituti di moneta elettronica, aventi sede legale e amministrazione centrale in altro Stato comunitario, al fine dell’iscrizione in apposita sezione del registro di cui al Decreto Legislativo 21 novembre 2007, n. 231, articolo 45 gli estremi identificativi del punto di contatto di cui al Decreto Legislativo 21 novembre 2007, n. 231, e successive modificazioni, articolo 1, comma 2, lettera ii), per il tramite del quale operano sul territorio nazionale; dall’altro, delinea, nondimeno, un onere proprio del punto di contatto, che e’ tenuto a comunicare al medesimo Organismo l’avvio della propria operativita’ e ogni variazione ad essa attinente.
Ne’ il fatto s’appalesa – come prospettato dal ricorrente – privo di rilievo penale.
Se e’ vero che l’omessa comunicazione e’ sanzionata ai sensi del Decreto Legislativo 21 novembre 2007, n. 231, e successive modificazioni, articolo 61, comma 2, nondimeno il rinvio operato dall’articolo 131-ter TUB alla violazione della riserva prevista dall’articolo 114-sexies non esclude, ma anzi conferma, la rilevanza penale di condotte omissive di specifici obblighi informativi, finalizzati al controllo e monitoraggio dell’esercizio di attivita’ finanziaria riservata.
Non sussistono, pertanto, le condizioni per la declaratoria di assoluzione.
4. La sentenza impugnata deve essere annullata senza rinvio per essere il reato estinto per prescrizione.
P.Q.M.
annulla senza rinvio la sentenza impugnata perche’ il reato e’ estinto per prescrizione.
In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.
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