In tema di inserimento nelle GAE

Consiglio di Stato, Sezione sesta, Sentenza 27 gennaio 2020, n. 627

La massima estrapolata:

In tema di inserimento nelle GAE e graduatorie di istituto degli insegnati ITP, la mancata attivazione dei percorsi abilitanti per le suddette categorie di docenti può giustificarne la partecipazione a concorsi pubblici a cattedre che richiedono l’abilitazione per parteciparvi, atteso che comunque in tal caso vi sarebbe una verifica di idoneità all’insegnamento operata attraverso il filtro della procedura concorsuale, ma non può consentire l’iscrizione nella seconda fascia, derivando dalla stessa l’accesso diretto all’insegnamento.

Sentenza 27 gennaio 2020, n. 627

Data udienza 12 dicembre 2019

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale
Sezione Sesta
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 7286 del 2018, proposto da
Ministero dell’istruzione dell’università e della ricerca e Ufficio scolastico regionale per la Campania, in persona dei rispettivi legali rappresentanti pro tempore, rappresentati e difesi dall’Avvocatura Generale dello Stato, domiciliata ex lege in Roma, via (…);
contro
Um. Ig. ed altri, rappresentati e difesi dagli avvocati Fa. Za. e Ma. Ve., con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
Em. Ca., non costituito in giudizio;
per la riforma
della sentenza del Tribunale amministrativo regionale per il Lazio, 3 maggio 2018 n. 4879, redatta in forma semplificata;
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio di Um. Ig. ed altri;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 12 dicembre 2019 il Cons. Diego Sabatino e uditi per le parti l’avvocato Gr. Ma. Ge., in sostituzione dell’avv. Ve., e l’avvocato dello Stato Al. Ja.;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO

Con ricorso iscritto al n. 7286 del 2018, il Ministero dell’istruzione dell’università e della ricerca e l’Ufficio scolastico regionale per la Campania propongono appello avverso la sentenza del Tribunale amministrativo regionale per il Lazio, 3 maggio 2018 n. 4879 con la quale è stato accolto il ricorso proposto da Um. Ig. ed altri per l’annullamento
di atti e provvedimenti adottati dal MIUR, aventi ad oggetto le operazioni di aggiornamento delle GAE 2014/2017 prorogate fino al 2019 e le operazioni di inserimento ed aggiornamento delle graduatorie nella parte in cui non si prevede l’inserimento degli insegnanti tecnico pratici (ITP).
Il giudice di prime cure, stante la natura semplificata della sentenza, ripercorreva il fatto di causa evidenziando “che, per giurisprudenza oramai consolidata di questa Sezione, alla procedura concorsuale per cui è causa non possono non essere ammessi i candidati in possesso di diploma c.d. I.T.P., pur se non abilitati, tutte le volte in cui, per la relativa classe concorsuale, non siano stati predisposti specifici percorsi di abilitazione ordinari (cfr., ex multis, di recente, TAR Lazio, Roma, questa sez. III-bis, sentt. nn. 3315 e 11774 del 2017 e, più diffusamente, sent. n. 10966 del 2017).”
Costituitosi il Ministero dell’istruzione dell’università e della ricerca e l’Ufficio scolastico regionale per la Campania, il ricorso veniva deciso con la sentenza appellata, redatta in forma semplificata. In essa, il T.A.R. riteneva fondate le censure proposte, sottolineando l’illegittimità dell’operato della pubblica amministrazione, in relazione alla sopra indicata ragione di diritto.
Contestando le statuizioni del primo giudice, le parti appellanti evidenziano l’errata ricostruzione in fatto e in diritto operata dal giudice di prime cure, riproponendo come motivi di appello le proprie difese, per i motivi meglio descritti in parte motiva.
Nel giudizio di appello, si sono costituiti gli originari ricorrenti (con l’esclusione di Em. Ca.), chiedendo di dichiarare inammissibile o, in via gradata, rigettare il ricorso.
All’udienza del 18 ottobre 2018, l’istanza cautelare veniva accolta ordinanza 30 ottobre 2018 n. 5274.
Alla pubblica udienza del 12 dicembre 2019, il ricorso è stato discusso e assunto in decisione.

DIRITTO

1. – In via preliminare, la Sezione ritiene evidenziare l’infondatezza delle censure sulla instaurazione del corretto rapporto processuali, sollevate dalle parti appellate in relazione a tre diversi profili.
In primo luogo, sotto l’aspetto dell’inammissibilità dell’appello, stante l’impossibile identificazione della sentenza gravata, va osservato, al contrario di quanto argomentato dalle parti appellate, come l’evidente refuso contenuto nella parte finale dell’appello (dove viene indicata come appellata la diversa decisione 10420/2017), non è in grado di incidere sulla corretta individuazione, con riferimento alla sentenza pronunciata e alle parti appellate, contenuta nell’incipit dell’atto di appello stesso.
La presenza di una corretta individuazione delle parti e del provvedimento nella parte introduttivo e non in quella delle conclusioni, da attribuirsi a errore materiale, non incide sui termini, sui contenuti e sulla comprensione del contenzioso e consente di respingere l’eccezione proposta (Cons. Stato, III, 15 giugno 2015, n. 2941).
In secondo luogo, è del pari infondata la doglianza sulla genericità dell’appello, atteso che, stante anche la formulazione della sentenza, i motivi proposti sono del tutto conferenti con le possibili letture della decisione e idonei a sostenere una diversa tesi ricostruttiva, scrutinabile in secondo grado.
In terzo luogo, è infine infondata in fatto la doglianza sul mancato deposito delle relate di notifica, atteso che queste sono state esattamente depositate e firmate digitalmente; mentre in merito alla mancanza di una valida procura, basterà ricordare che gli avvocati dello Stato, per compiere gli atti del loro ministero, non hanno bisogno di una procura dell’amministrazione che essi rappresentano, essendo sufficiente che consti della loro qualità, in quanto il mandato che è loro conferito dalla legge è sufficiente ad attribuire il potere di costituirsi in giudizio per le amministrazioni pubbliche.
2. – Ancora in via preliminare, occorre evidenziare che l’attuale thema decidendum è quello della spettanza o meno del bene della vita richiesto nel processo dalle originarie parti ricorrenti, ossia l’annullamento di atti e provvedimenti adottati dal MIUR, aventi ad oggetto le operazioni di aggiornamento delle graduatorie ad esaurimento (GAE) 2014/2017 prorogate fino al 2019 e le operazioni di inserimento ed aggiornamento delle graduatorie nella parte in cui non si prevede l’inserimento degli insegnanti tecnico pratici (ITP).
Si tratta di una questione su cui si ora consolidato un orientamento, sia in relazione alla possibilità degli insegnanti tecnico pratici di accedere all’insegnamento (da ultimo, ex multis, Cons. Stato, VI, 27 novembre 2019, n. 8085; id., 2 dicembre 2019, n. 8212; id., VI, 27 novembre 2019, n. 8084), sia in relazione al possibile ulteriore accesso alle graduatorie ad esaurimento (dopo il doppio intervento dell’adunanza plenaria di questo Consiglio di Stato, dato con le sentenze 20 dicembre 2017 n. 11 e 27 febbraio 2019 n. 4). Tale assetto, oramai acquisito, permette alla Sezione di affrontare direttamente il tema della spettanza del bene della vita, oggetto del secondo motivo di diritto, tralasciando sia la censura processuale proposta nel primo motivo che quella della possibile ulteriore interpretazione della sentenza gravata, proposta nel terzo motivo (che appare inconciliabile con la domanda in primo grado, parimenti ripresentata in appello).
3. – Venendo al merito del ricorso, l’appello va accolto per i motivi di seguito precisati.
4. – Va osservato che gli appellati sono tutti insegnanti tecnico pratici, figura professionale creata dal decreto legislativo 7 maggio 1948, n. 1277 (Revisione dello stato giuridico ed economico del personale tecnico degli istituti e delle scuole di istruzione tecnica), la quale richiede per l’accesso all’attività di insegnamento il semplice diploma di scuola secondaria superiore, in materia attinente, con la precisazione che negli istituti tecnici e professionali si occupa in prevalenza delle attività didattiche che vengono svolte nei laboratori.
In primo grado, gli attuali appellati hanno richiesto, tramite l’annullamento della clausola escludente la loro posizione, di potere accedere alle di inserimento nelle GAE o in subordine nella II fascia di circolo e d’istituto per le proprie classi di concorso e per la provincia di Napoli e Caserta, chiedendo l’annullamento in parte qua degli atti gravati.
Tuttavia, la possibilità che i detti aspiranti possano accedere alle dette graduatorie e, conseguentemente, all’insegnamento è stata già scrutinata in senso negativo da questo Consiglio, con argomentazioni che qui possono essere sinteticamente riprese. Va considerato, infatti, che:
– l’abilitazione all’insegnamento, come titolo distinto ed ulteriore per accedervi, ovvero per intraprendere la professione di insegnante iscrivendosi al relativo concorso, è stata introdotta dall’art. 4 comma 2 della legge 19 novembre 1990 n. 341;
– tale disposizione, per l’abilitazione all’insegnamento nelle scuole secondarie superiori, prevedeva un diploma post universitario, che si conseguiva con la frequenza ad una scuola di specializzazione biennale, denominata appunto Scuola di specializzazione per l’insegnamento secondario (SSIS), e con il superamento del relativo esame finale;
– la citata legge n. 341 del 1990 ha dunque introdotto, per implicito ma inequivocabilmente, un’innovazione ulteriore nel sistema: nel prevedere che per ottenere l’abilitazione fosse necessario un corso post-laurea, ha infatti escluso che gli insegnanti ITP, i quali per definizione della laurea sono privi, potessero conseguire l’abilitazione stessa e quindi accedere al concorso;
– il principio per cui il semplice diploma di scuola secondaria superiore non consente l’accesso diretto all’insegnamento è stato poi confermato anche dal recente d.lgs. 13 aprile 2017, n. 59, in base al quale, secondo l’art. 5, per accedere al concorso per ITP è comunque necessaria la c.d. laurea breve;
– tale esito ermeneutico appare coerente con il quadro ordinamentale; infatti, in primo luogo, l’art. 51 Cost. non attribuisce un diritto indiscriminato ad accedere ai pubblici impieghi, e non è nemmeno decisivo il rilievo per cui i percorsi abilitanti previsti dalla l. 341/1990 e dalle norme successive non sarebbero stati in concreto attivati (quest’ultimo aspetto, oltretutto, attiene ad una circostanza di fatto insuscettibile di inficiare la norma primaria come innanzi interpretata); inoltre, appare dirimente la constatazione che la mancanza dell’abilitazione (ovvero del titolo attestante il conseguimento di quel complesso di qualità e abilità che rende un diplomato o un laureato un vero e proprio docente) preclude in ogni caso l’iscrizione nella seconda fascia, che consente direttamente l’insegnamento nei termini innanzi spiegati, potendosi invece prospettare l’eventuale partecipazione degli ITP a concorsi pubblici a cattedre, in quanto in questo caso la verifica dell’idoneità all’insegnamento stesso passa attraverso il filtro della procedura concorsuale (cfr. Consiglio di Stato n. 6762 del 2019);
– non si giunge a conclusioni diverse nemmeno tenendo presente la mancata attivazione dei percorsi abilitanti per le suddette categorie di docenti. Infatti, tale circostanza può giustificare la partecipazione degli ITP a concorsi pubblici a cattedre che richiedono l’abilitazione per parteciparvi, atteso che comunque in tal caso vi sarebbe una verifica di idoneità all’insegnamento operata attraverso il filtro della procedura concorsuale, ma non può consentire l’iscrizione nella seconda fascia, derivando dalla stessa l’accesso diretto all’insegnamento.
Conclusivamente, il motivo di doglianza deve essere condiviso.
5. – L’appello va quindi accolto. Tutti gli argomenti di doglianza non espressamente esaminati sono stati dal Collegio ritenuti non rilevanti ai fini della decisione e comunque inidonei a supportare una conclusione di tipo diverso. Sussistono peraltro motivi per compensare integralmente tra le parti le spese processuali, determinati dalle oscillazioni giurisprudenziali sulla questione decisa e dalla sussistenza di una pregressa giurisprudenza difforme (così da ultimo, Cass. civ., sez. un., 30 luglio 2008 n. 20598).

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale
Sezione Sesta, definitivamente pronunziando in merito al ricorso in epigrafe, così provvede:
1. Accoglie l’appello n. 7286 del 2018 e, per l’effetto, in riforma della sentenza del Tribunale amministrativo regionale per il Lazio, 3 maggio 2018 n. 4879, respinge il ricorso di primo grado;
2. Compensa integralmente tra le parti le spese del doppio grado di giudizio.
Ordina che la presente decisione sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 12 dicembre 2019 con l’intervento dei magistrati:
Sergio Santoro – Presidente
Diego Sabatino – Consigliere, Estensore
Silvestro Maria Russo – Consigliere
Paolo Carpentieri – Consigliere
Giordano Lamberti – Consigliere

 

 

In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.

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