In tema di impugnazioni, il presupposto di insorgenza del versamento, per il ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato

Corte di Cassazione, sezione sesta civile, ordinanza 3 aprile 2018, n. 8170.

In tema di impugnazioni, il presupposto di insorgenza del versamento, per il ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115, articolo 13, comma 1 quater, nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, articolo 1, comma 17, non e’ collegato alla condanna alle spese, ma al fatto oggettivo del rigetto integrale o della definizione in rito, negativa per l’impugnante, del gravame”) – dando il giudice di appello rilievo alla sostanziale integrale soccombenza “nel merito” dell’impugnazione, la’ dove, per l’appunto, avrebbe dovuto attenersi al dato oggettivo del parziale accoglimento dell’impugnazione e non considerare i presupposti per la condanna alle spese della parte soccombente in modo quasi integrale.

Ordinanza 3 aprile 2018, n. 8170
Data udienza 8 febbraio 2018

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 3

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. AMENDOLA Adelaide – Presidente

Dott. SESTINI Danilo – Consigliere

Dott. SCODITTI Enrico – Consigliere

Dott. RUBINO Lina – Consigliere

Dott. VINCENTI Enzo – rel. Consigliere

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA
sul ricorso 5904/2017 proposto da:
(OMISSIS) SRL IN LIQUIDAZIONE, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), rappresentata e difesa dall’avvocato (OMISSIS);
– ricorrente –
contro
(OMISSIS);
– intimato –
avverso la sentenza n. 1538/2016 della CORTE D’APPELLO di NAPOLI, depositata il 11/08/2016;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del 08/02/2018 dal Consigliere Dott. ENZO VINCENTI.
FATTO E DIRITTO
Ritenuto che, con ricorso affidato a quattro motivi, la (OMISSIS) s.r.l. ha impugnato la sentenza della Corte di appello di Napoli, in data 11 agosto 2016, che, nel giudizio in materia locatizia tra detta societa’ conduttrice ed (OMISSIS) locatore, accoglieva, per quanto di ragione, l’appello principale della societa’ e, in parziale riforma della sentenza impugnata, ne rigettava la domanda riconvenzionale proposta in primo grado; accoglieva per quanto di ragione l’appello incidentale del (OMISSIS) e dichiarava risolto il contratto di locazione inter partes, con condanna della societa’ conduttrice al pagamento dei canoni non corrisposti dal 10 agosto 2004; condannava la societa’ appellante al pagamento delle spese del doppio grado di giudizio, attestando altresi’ la ricorrenza delle condizioni per l’assoggettamento della stessa societa’ “alla ulteriore contribuzione come prevista per legge”;
che non ha svolto attivita’ difensiva in questa sede l’intimato (OMISSIS);
che la proposta del relatore, ai sensi dell’articolo 380 bis c.p.c., e’ stata comunicata alle parti costituite, unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza in camera di consiglio;
che il Collegio ha deliberato di adottare una motivazione in forma semplificata.
Considerato che:
a) con il primo mezzo e’ denunciata “violazione di legge con riferimento all’articolo 132 c.p.c., motivazione apparente contraddittorieta’ ed illogicita’ – errores in procedendo articolo 360, n. 4, vizi del procedimento relativi alle prove”, per aver la Corte territoriale: 1) del tutto illogicamente, riformato la sentenza di primo grado con rigetto della domanda riconvenzionale, la’ dove detta sentenza era stata dichiarata nulla e, comunque, non aveva dato ingresso alla domanda riconvenzionale di essa societa’; 2) del tutto illogicamente ritenuto, da un lato, con sentenza non definitiva, che era stata “omessa la valutazione della documentazione probatoria” e, poi, dall’altro lato, con sentenza definitiva, affermato la “mancanza di prova”; 3) omesso di valutare il fatto storico di cui alla scrittura privata in data 13 aprile 2001 (in cui erano elencati i lavori ritenuti necessari ed urgenti sull’immobile locato, autorizzati dal (OMISSIS)); 4) omesso di valutare “l’accordo intervenuto innanzi al Tribunale di Ariano Irpino”, che conteneva l’autorizzazione del (OMISSIS) all’effettuazione dei lavori urgenti sull’immobile; 5) escluso illogicamente la debenza dell’indennita’ di avviamento, essendo, peraltro, i lavori eseguiti mai stati contestati;
a.1) il motivo e’ in parte manifestamente infondato e in parte inammissibile.
E’ (comunque) manifestamente infondata la censura sub 1), giacche’ – determinandosi la nullita’ della sentenza in forza di contrasto insanabile tra dispositivo e motivazione, allorche’ il provvedimento risulti inidoneo a consentire l’individuazione del concreto comando giudiziale e, conseguentemente, del diritto o bene riconosciuto (tra le tante, Cass. n. 16014/2017) – la sentenza impugnata (di cui la ricorrente da’, peraltro, contezza solo parziale, cosi’ come e’ parziale il richiamo ai contenuti della sentenza non definitiva) ha ritenuto nulli l’accoglimento e la riforma parziale della sentenza di primo grado in relazione alla omessa pronuncia sulla domanda riconvenzionale (per il pagamento dei lavori eseguiti sull’immobile) e poi, correttamente decidendo nel merito della stessa (per non essere la causa da rimettersi al primo giudice ai sensi degli articoli 353 e 354 c.p.c.), l’ha rigettata perche’ infondata, la’ dove il riferimento alla riforma della sentenza di primo grado, sebbene dichiarata nulla, non e’ affatto tale da rendere non comprensibile il comando giudiziale, che la motivazione chiarisce senza equivoci di sorta.
E’ (comunque) manifestamente infondata la censura sub 2), per ragioni in parte analoghe a quelle gia’ sopra esposte, dovendosi ribadire che la sentenza definitiva ha correttamente deciso nel merito la domanda riconvenzionale, ammettendo le prove di cui la stessa societa’ appellante lamentava la pretermissione.
Sono (comunque) manifestamente infondati i motivi sub 3) e 4), non avendo la Corte territoriale omesso l’esame dei fatti storici ivi indicati, la’ dove, peraltro, la censura sub 4) manca di precisare la data dell’accordo transattivo dinanzi al Tribunale di Ariano Irpino, che nella sentenza impugnata si richiama come transazione del “15.7.04” e si ritiene che avesse superato gli accordi del 2001, cosi’ da rendere necessario “un nuovo consenso scritto del locatore onde procedere alla esecuzione di qualsiasi lavoro”.
E’ inammissibile la doglianza sub 5), giacche’ dedotta, nella sostanza, come vizio motivazionale di cui alla formulazione dell’articolo 360 c.p.c., n. 5, non piu’ vigente e inapplicabile ratione temporis alla presente impugnazione.
b) con il secondo mezzo e’ dedotto “errores in procedendo articolo 360, n. 4, vizi del procedimento in materia di giudicato interno”, avendo la Corte territoriale, in violazione del giudicato costituito dalla sentenza non definitiva n. 1791/2014, riformato una sentenza di cui aveva dichiarato la nullita’ e poi condannato essa societa’ appellante anche alle spese del primo grado, sebbene la relativa sentenza era stata, per l’appunto, dichiarata nulla;
c) con il terzo mezzo e’ prospettato “errores in indicando violazione del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1 quater”, per aver la Corte territoriale condannato essa societa’ appellante al pagamento del c.d. “doppio contributo” nonostante l’impugnazione non era stata respinta integralmente, ne’ dichiarata inammissibile o improcedibile;
d) con il quarto mezzo e’ denunciato “errores in procedendo in violazione degli articoli 91 e 92 c.p.c., nonche’ del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002”, per aver la Corte territoriale erroneamente condannato essa societa’ appellante anche al pagamento delle spese di primo grado, la cui sentenza era stata dichiarata nulla, e provveduto ad una liquidazione non rispettosa dei parametri di cui al Decreto Ministeriale n. 55 del 2014;
b.1 – d.1) il secondo e il quarto motivo – da scrutinarsi congiuntamente – sono in parte manifestamente infondati e in parte inammissibili.
Sono manifestamente infondati la’ dove censurano la disposta condanna dell’appellante principale alle spese per il giudizio di primo, atteso che la sentenza impugnata ha fatto corretta applicazione del principio, consolidato, per cui il giudice di appello, allorche’ riformi in tutto o in parte la sentenza impugnata, deve procedere d’ufficio, quale conseguenza della pronuncia di merito adottata, ad un nuovo regolamento delle spese processuali, il cui onere va attribuito e ripartito tenendo presente l’esito complessivo della lite poiche’ la valutazione della soccombenza opera, ai fini della liquidazione delle spese, in base ad un criterio unitario e globale (tra le altre, Cass. n. 6259/2014, Cass. n. 1775/2017); e in forza di tale principio, la stessa Corte territoriale ha individuato, in base a convincimento non arbitrario (ne’, del resto, fatto oggetto di specifiche e pertinente doglianze), come soccombente “totale, o assolutamente prevalente”, proprio la societa’ appellante.
E’ poi inammissibile la censura di erronea applicazione dei parametri di cui al d.m. n. 55/2014, in quanto prospettata in modo apodittico, senza investire la statuizione impugnata di alcuna congruente critica.
c.1) quanto al terzo motivo, il Collegio osserva che il rilievo sulla debenza del c.d. “doppio contributo” sorge ipso iure e “non puo’ quindi costituire un capo del provvedimento di definizione dell’impugnazione dotato di contenuto condannatorio, ne’ di contenuto declaratorio: a tanto ostando anzitutto la mancanza di un rapporto processuale con il soggetto titolare del relativo potere impositivo tributario, che non e’ neppure parte in causa, e quindi irrimediabilmente la carenza di domanda di chicchessia o di controversia sul punto e comunque discendendo il rilevamento da un obbligo imposto dalla legge al giudice che definisce il giudizio” (Cass. n. 5955/2014, in motivazione).
Pertanto, l’errore della Corte territoriale nell’applicazione del principio enunciato dal precedente richiamato in motivazione (Cass. n. 10306/2014: “In tema di impugnazioni, il presupposto di insorgenza
del versamento, per il ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115, articolo 13, comma 1 quater, nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, articolo 1, comma 17, non e’ collegato alla condanna alle pese, ma al fatto oggettivo del rigetto integrale o della definizione in rito, negativa per l’impugnante, del gravame”) – dando il giudice di appello rilievo alla sostanziale integrale soccombenza “nel merito” dell’impugnazione, la’ dove, per l’appunto, avrebbe dovuto attenersi al dato oggettivo del parziale accoglimento dell’impugnazione e non considerare i presupposti per la condanna alle spese della parte soccombente in modo quasi integrale -, non puo’ condurre alla cassazione della sentenza impugnata, potendo soltanto consentire una attestazione, ex lege, che non e’ dovuto dalla (OMISSIS) s.r.l. in grado di appello il contributo ulteriore di cui al Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1 quater, come introdotto dalla L. n. 228 del 2012, articolo 1, comma 17;
che, dunque, il ricorso va rigettato, non occorrendo provvedere alla regolamentazione delle spese del giudizio di legittimita’ nei confronti della parte intimata che non ha svolto attivita’ difensiva in questa sede;
che il rigetto del ricorso comporta il pagamento del contributo ulteriore di cui al Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1 quater, come introdotto dalla L. n. 228 del 2012, articolo 1, comma 17.
P.Q.M.
rigetta il ricorso.
Ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1 quater, da’ atto della non sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della (OMISSIS) s.r.l. in grado di appello, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del citato articolo 13, comma 1 bis.

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