In tema di illeciti disciplinari nel pubblico impiego privatizzato

Corte di Cassazione, civile, Sentenza|6 ottobre 2022| n. 29142.

In tema di illeciti disciplinari nel pubblico impiego privatizzato

In tema di illeciti disciplinari nel pubblico impiego privatizzato, anche dopo le modifiche apportate dal d.lgs. n. 75 del 2017 (cd. legge “Madia”) all’art. 55 bis del d.lgs. n. 165 del 2001, la violazione del termine (ora di dieci giorni) per la trasmissione degli atti dal responsabile del servizio all’ufficio per i procedimenti disciplinari non comporta la decadenza dall’azione disciplinare né l’invalidità degli atti e della sanzione irrogata, a meno che ne risulti irrimediabilmente compromesso il diritto di difesa del dipendente; ne consegue che il richiamo della norma al principio di tempestività va inteso nel senso che anche la rilevanza di eventuali violazioni del termine per la trasmissione degli atti va misurata in ragione della violazione del diritto di difesa, tenendosi conto che il pregiudizio rispetto a quest’ultimo è di regola più probabile quanto più ci si allontani nel tempo dal momento dei fatti.

Sentenza|6 ottobre 2022| n. 29142. In tema di illeciti disciplinari nel pubblico impiego privatizzato

Data udienza 5 luglio 2022

Integrale

Tag/parola chiave: Pubblico impiego – Legge Madia sugli illeciti disciplinari – Dlgs 75/2017 – Violazione del termine per la trasmissione degli atti al responsabile di servizio all’ufficio procedimenti disciplinari – Decadenza della sanzione – Esclusione

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MANNA Antonio – Presidente

Dott. MAROTTA Caterina – Consigliere

Dott. TRICOMI Irene – Consigliere

Dott. BELLE’ Roberto – rel. Consigliere

Dott. DE MARINIS Nicola – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA
sul ricorso iscritto al n. 27899/2020 R.G. proposto da:
COMUNE DI (OMISSIS), rappresentato e difeso dall’Avv. (OMISSIS), presso il cui studio in (OMISSIS) e’ elettivamente domiciliato;
– ricorrente –
contro
(OMISSIS), rappresentato e difeso dall’Avv. (OMISSIS) ed elettivamente domiciliato in (OMISSIS), presso lo studio dell’Avv. (OMISSIS);
– controricorrente –
avverso la sentenza della Corte d’Appello di Palermo n. 544/2020, depositata il 4.9.2020, N. R.G. 125/2020;
Udita la relazione svolta all’udienza pubblica del 5.7.2022 dal Consigliere Dott. ROBERTO BELLE’;
Viste le conclusioni del Sostituto Procuratore Generale Dott. STEFANO VISONA’, con le quali e’ stato chiesto il rigetto del ricorso;
Uditi gli avv.ti (OMISSIS), per l’Avv. (OMISSIS) e l’Avv. (OMISSIS).

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FATTI DI CAUSA

1. Il Comune di (OMISSIS) ha irrogato due consecutivi licenziamenti nei confronti di (OMISSIS).
Il primo licenziamento, con preavviso, aveva riguardato l’addebito di mancato controllo sull’uso di due carte-carburante da parte di addetti all’ufficio cui il (OMISSIS) era preposto ed il secondo, in “tronco”, la responsabilita’ per il crollo di un tetto presso un complesso monumentale, la cui gestione rientrava nella responsabilita’ dell’ufficio del (OMISSIS), nonche’ per comportamenti ostruzionistici nei confronti del Sindaco, manifestatisi sia attraverso esposti alla Procura della Repubblica, sia nel rifiuto di procedere all’affidamento in urgenza di un servizio di raccolta rifiuti, perche’ ritenuto di competenza del Sindaco stesso, nonche’ infine per comportamenti minacciosi ed ingiuriosi nei confronti dei colleghi.
La Corte d’Appello di Palermo, confermando la sentenza di primo grado con la quale entrambi i licenziamenti sono stati annullati, ha ritenuto:
quanto al primo licenziamento, la sua invalidita’ per violazione da parte del responsabile della struttura del termine di 10 giorni per la comunicazione degli atti all’ufficio per i procedimenti disciplinari e comunque per violazione del termine complessivo per la conclusione del procedimento di 120 giorni e, soprattutto, del principio di tempestivita’;
quanto al secondo licenziamento, a parte l’imposssibilita’ di imputare il crollo al (OMISSIS), la sanzione era valutata come non proporzionata, mentre era apprezzato come giustificabile il rifiuto del lavoratore di dare corso all’affidamento urgente del servizio rifiuti, perche’ sorretto da una pronuncia del Tar Sicilia, ritenendosi infine non provati gli addebiti in merito ai comportamenti illeciti verso i colleghi e altri dipendenti.
2. Il Comune ha proposto ricorso per cassazione con otto motivi, cui il (OMISSIS) ha opposto difese sulla base di controricorso.
Entrambe le parti hanno depositato memorie.

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MOTIVI DELLA DECISIONE

1. Il licenziamento del luglio 2018 e’ oggetto dei primi quattro motivi del ricorso per cassazione.
Sul punto e’ opportuno iniziare dal secondo e terzo motivo, con i quali si assume la violazione del Decreto Legislativo n. 165 del 2001, articolo 55 bis, e degli articoli 152 e 156 c.p.c., affermandosi la non perentorieta’ del termine di segnalazione all’ufficio per i procedimenti disciplinari dei fatti ritenuti rilevanti (secondo motivo) e sostenendosi che non fosse stata ne’ lamentata, ne’ dimostrata una lesione del diritto di difesa (terzo motivo).
2. In fatto, secondo quanto accertato dalla Corte di merito, il Comune fin dal 4.10.2017 aveva chiesto dati di dettaglio sull’uso delle schede carburante da parte di due dipendenti dell’area tecnica, di cui fino al settembre di quell’anno il (OMISSIS) era stato responsabile, disponendo poi, dal successivo 11.10.2017, il ritiro delle fuel card in uso ad essi.
La Corte territoriale ha ritenuto quindi che fin da quest’ultima data il (nuovo) responsabile di quel servizio avesse elementi sufficienti per segnalare l’illecito anche del precedente responsabile, sotto il profilo dell’omissione di controllo sui propri sottoposti.
La trasmissione degli atti si era invece avuta solo il 1.2.2018, cui e’ seguita in data 2.3.2018 la contestazione dell’addebito e, il successivo 27.4.2018, il licenziamento.
La Corte d’Appello ha quindi ritenuto la violazione del termine di 10 giorni per la comunicazione degli atti all’ufficio per i procedimenti disciplinari e comunque per violazione del termine complessivo per la conclusione del procedimento di 120 giorni e, soprattutto, del principio di tempestivita’.

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2.1 In diritto, il procedimento disciplinare ricade nella disciplina dell’articolo 55 bis, quale modificato dal Decreto Legislativo n. 75 del 2017 (c.d. riforma Madia).
Il Decreto Legislativo n. 75 del 2017, articolo 22, comma 13, prevede infatti che le nuove disposizioni “si applicano agli illeciti disciplinari commessi successivamente alla data di entrata in vigore del presente decreto”.
La sentenza impugnata fa in effetti riferimento all’uso indebito delle schede carburante nell’agosto 2017 e quindi successivamente all’entrata in vigore della nuova legge.
Nel ricorso per cassazione si fa riferimento al fatto che la contestazione avrebbe avuto riguardo anche a comportamenti precedenti.
Il dato non e’ meglio specificato, ma non vi e’ dubbio che l’illecito si sia definito, anche nella sua eventuale complessiva gravita’, non prima della commissione dell’ultimo fatto, collocatosi dopo l’entrata in vigore della nuova legge, la quale pertanto, essendo unico il procedimento disciplinare, e’ destinata comunque a regolare lo stesso.
2.2 Cio’ posto, la nuova norma prevede, al comma 9 ter, che “la violazione dei termini e delle disposizioni sul procedimento disciplinare previste dagli articoli da 55 a 55-quater, fatta salva l’eventuale responsabilita’ del dipendente cui essa sia imputabile, non determina la decadenza dall’azione disciplinare ne’ l’invalidita’ degli atti e della sanzione irrogata, purche’ non risulti irrimediabilmente compromesso il diritto di difesa del dipendente, e le modalita’ di esercizio dell’azione disciplinare, anche in ragione della natura degli accertamenti svolti nel caso concreto, risultino comunque compatibili con il principio di tempestivita’. Fatto salvo quanto previsto dall’articolo 55 quater, commi 3 bis e 3 ter, sono da considerarsi perentori il termine per la contestazione dell’addebito e il termine per la conclusione del procedimento”.

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Nel caso di specie, e’ pacifico che l’ufficio per i procedimenti disciplinari (di seguito, UPD) abbia rispettato, dal momento della ricezione degli atti, sia il termine per la contestazione, sia quello successivo per l’irrogazione della sanzione, di cui all’ultima parte del comma 9 ter cit. ed ora regolato a decorrere dalla data della contestazione dell’addebito.
Pertanto, non e’ fondato l’assunto della Corte territoriale censurato anch’esso nel corpo del secondo motivo – in ordine alla violazione del termine di 120 giorni per la conclusione del procedimento.
La questione riguarda invece il tempo trascorso tra il momento di percezione dell’illecito, collocato dalla Corte di merito, nel proprio accertamento fattuale, al 11.10.2017 e la data di trasmissione degli atti all’ufficio per i procedimenti disciplinari.
L’articolo 55 bis, comma 4, stabilisce che il responsabile della struttura “segnala immediatamente, e comunque entro dieci giorni, all’ufficio competente per i procedimenti disciplinari i fatti ritenuti di rilevanza disciplinare di cui abbia avuto conoscenza”.
La violazione di tale termine ricade nella regola generale di cui al citato comma 9 ter, secondo cui essa “non determina la decadenza dall’azione disciplinare ne’ l’invalidita’ degli atti e della sanzione irrogata, purche’ non risulti irrimediabilmente compromesso il diritto di difesa del dipendente, e le modalita’ di esercizio dell’azione disciplinare, anche in ragione della natura degli accertamenti svolti nel caso concreto, risultino comunque compatibili con il principio di tempestivita’”.
3. La Corte territoriale ha ritenuto che il lasso di poco meno di quattro mesi intercorso tra l’acquisizione della contezza dei fatti da parte del responsabile del servizio e la trasmissione degli atti all’UPD, oltre a violare il menzionato termine di dieci giorni, si ponesse in contrasto con il principio di tempestivita’, non avendo il Comune indicato con sufficiente specificita’ quale attivita’ ulteriore fosse stata svolta dopo la data del 11.10.2017.
4. La norma regolativa delle conseguenze della violazione di quel termine non fa pero’ riferimento soltanto al principio di tempestivita’, ma anche al fatto che “risulti irrimediabilmente compromesso il diritto di difesa del dipendente”.
Anche, la giurisprudenza di questa S.C., rispetto al testo che ha preceduto la formulazione qui rilevante, ha costantemente ritenuto che il termine per la trasmissione degli atti, allora di cinque giorni, fosse da considerare di portata ordinatoria e non comportasse decadenza, se non nel caso di comprovata violazione del diritto di difesa (Cass. 26 agosto 2015, n. 17153; Cass. 17 maggio 2016, n. 16637 ed altre successive sempre conformi, fino a Cass. 9 marzo 2022, n. 7642).
5. E’ in questo quadro, in cui la norma sopravvenuta si pone chiaramente in continuita’ con quell’indirizzo giurisprudenziale pregresso, che va collocata l’interpretazione del menzionato comma 9 ter, prima parte.
In proposito, si deve ritenere che il principio di tempestivita’, quale criterio di chiusura indicato dalla norma, non possa che essere inteso quale espressione coordinata con il criterio, ivi parimenti enunciato, della “irrimediabile violazione del diritto di difesa”, finendosi altrimenti per far operare la decadenza sul piano soltanto temporale, mentre e’ chiaro come la norma indirizzi verso una valutazione piu’ complessa ed articolata.
Valorizzando l’assenza di giustificazioni del ritardo tout court, senza un coordinamento con il pregiudizio al diritto di difesa, si finirebbe del resto per reintrodurre una sostanziale perentorieta’ di quel termine, salvo prova di ragioni giustificative, con sensibile alterazione dell’assetto normativo quale impostato dal legislatore.
La portata della previsione e’ dunque un’altra e va colta attraverso una lettura congiunta dei due parametri indicati dalla norma, la quale va intesa, con riferimento al termine qui in esame, nel senso che sono certamente rilevanti eventuali violazioni macroscopiche nella trasmissione degli atti, ma che comunque anch’esse vanno misurate in ragione della violazione del diritto di difesa, il cui pregiudizio e’ di regola piu’ probabile quanto piu’ ci si allontani nel tempo dal momento dei fatti e di qui il richiamo al principio di “tempestivita’”
Il ragionamento logico-giuridico rispetto al diritto di difesa non puo’ dunque essere pretermesso, come ha fatto la Corte territoriale, finendosi altrimenti per racchiudere tutto in un’impalpabile valutazione di mera tardivita’, che non trova conforto in una previsione legislativa destinata viceversa ad escludere, se non per il termine di contestazione e quello di conclusione del procedimento, una valutazione di rango soltanto temporale.
6. I motivi di cui sopra vanno dunque accolti e cio’ manda assorbiti il primo ed il quarto motivo, riguardanti sempre il primo licenziamento e le questioni sui tempi del procedimento di irrogazione.

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7. Venendo ora al secondo licenziamento, cui sono destinati i motivi dal quinto al settimo, si rileva che il Comune afferma la violazione del Decreto Legislativo n. 165 del 2001, articolo 55 quater, nonche’ degli articoli 2104, 2105, 2106 e 2119 c.c., oltre a carenza e contraddittorieta’ della motivazione ed omesso esame di un fatto decisivo, sostenendo (quinto motivo) che sarebbe stata mai valutata l’asserita assenza di responsabilita’ del lavoratore rispetto al crollo del complesso monumentale (OMISSIS) e che illegittimo sarebbe da ritenere il fatto che la sentenza impugnata non avesse valutato quell’illecito nel contesto anche degli altri fatti oggetto della unitaria contestazione ed affermando altresi’, sotto una identica rubricazione, che era mancata (sesto motivo) una presa di posizione sui numerosi esposti ai Carabinieri inviati dal (OMISSIS), anche con espressioni calunniose e diffamatorie, nei riguardi dell’amministrazione comunale e che non era stato considerato (settimo motivo) come il rifiuto di procedere all’affidamento d’urgenza del servizio di smaltimento rifiuti fosse infondato e fosse stato formulato con modalita’ tali da manifestare l’intento di indurre in errore il Sindaco.
8. I predetti motivi, stante la loro connessione logica, possono essere esaminati congiuntamente.
8.1 Per quanto riguarda gli esposti nei confronti dell’amministrazione comunale, di cui al sesto motivo, di cui si lamenta l’omessa valorizzazione a fini disciplinari, il loro contenuto e’ riepilogato nel ricorso per cassazione in modo del tutto generico. L’unico passaggio di alcuni di essi esplicitamente riportato e’ quello in cui si sarebbe parlato da parte del (OMISSIS) di un “sistema politico-mafioso”.
Esso, tuttavia, essendo rimasto privo di una migliore contestualizzazione, non consente di apprezzare tale aspetto, nella sua necessaria decisivita’ al fine di realmente sovvertire, se valutato, il giudizio di carenza di proporzionalita’ della sanzione che sorregge il pronunciato annullamento.
8.2 Vi e’ poi la questione sul rifiuto del (OMISSIS) di aderire alle disposizioni di servizio con cui il Sindaco aveva richiesto al medesimo di disporre la proroga – “se sussistano le condizioni”, si legge nel ricorso per cassazione – dell’affidamento del servizio di raccolta rifiuti alla ditta che gia’ lo gestiva e nelle more della definizione della relativa gara.
La Corte d’Appello, sul punto, ha ritenuto che il rifiuto frapposto dal (OMISSIS) potesse dirsi giustificato, essendosi fondato sull’avallo giudiziario di una pronuncia del Tar Sicilia, secondo cui, in un caso analogo, per i provvedimenti urgenti era stata ritenuta la competenza del Sindaco.
Il motivo di ricorso ribadisce la portata ostruzionistica del comportamento tenuto, ma sostanzialmente non replica neppure sul perche’ quanto addotto giuridicamente dal funzionario e valorizzato dalla Corte territoriale sarebbe stato infondato, ne’ si precisa se alla risposta in diritto si fosse replicato da parte dell’ente datore di lavoro con spiegazioni sullo stesso piano.
Oltre a cio’, il motivo adduce un tentativo doloso di far cadere in errore il Sindaco, che neppure e’ chiaro nei suoi esatti connotati, facendosi riferimento nelle difese alla mancata citazione da parte del (OMISSIS) delle modifiche alla normativa apportate in esito ad una sentenza della Corte Costituzionale, nonostante esse fossero citate nel medesimo manuale da cui si assumono tratte le spiegazioni del diniego, e che non si vede – e soprattutto non e’ chiaramente spiegato – quale portata decisiva avessero nell’individuare un comportamento doloso nel rifiuto di compiere certi atti, propri appunto di una situazione di urgenza, in quanto ritenuti di competenza del Sindaco. Si tratta palesemente della deduzione di profili di merito, di cui e’ insondabile la decisivita’ e che neppure si precisa se, come e quando, nella loro specificita’, vi fosse stata trattazione nelle precedenti fasi del giudizio.
8.3 Tutto cio’ esclude che la Corte territoriale, apprezzando la proporzionalita’ solo con riferimento alla vicenda del crollo presso il complesso monumentale, abbia trascurato di inserire la stessa nel contesto degli altri fatti addebitati, in quanto non vi sono elementi per affermare che effettivamente vi fossero altri fondati addebiti idonei a rendere piu’ grave l’accaduto.

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8.4 Quanto poi al crollo in se’ considerato, la Corte d’Appello non ha escluso una responsabilita’ omissiva del (OMISSIS), ma ha sottolineato come, prima dell’evento, la situazione fosse stata gia’ da diversi mesi segnalata anche al funzionario succeduto nella responsabilita’ per l’area tecnica, fondando su cio’ il giudizio di sproporzione rispetto al licenziamento senza preavviso irrogato.
Il quinto motivo, rispetto a tale crollo, contiene infine la reiterazione di difese di merito, inappropriate, sotto il profilo impugnatorio ad individuare un vizio di legittimita’ della motivazione addotta dalla Corte territoriale.
9. Del tutto inammissibile e’ poi l’ottavo motivo, in quanto con esso si assume che l’accoglimento del ricorso per cassazione comporta la riforma del capo sulle spese di giudizio, il che e’ vero, ma cio’ quale effetto previsto dall’articolo 336 c.p.c., e non perche’ la sentenza impugnata contenga, sotto questo profilo, un vizio di legittimita’ strettamente inteso.
10. In definitiva, l’annullamento del secondo licenziamento e’ definitivo, stante il rigetto del ricorso per cassazione sul punto, mentre restano da esaminare, in sede di rinvio, in ragione della cassazione qui disposta e di quanto eventualmente consequenziale, le questioni riguardanti il primo licenziamento, sulla base dei principi sopra esplicitati e che cosi’ si enunciano in via di sintesi:
“in tema di sanzioni disciplinari nel pubblico impiego, ai sensi del Decreto Legislativo n. 75 del 2017, articolo 22, comma 13, secondo cui le disposizioni di nuova introduzione si applicano agli illeciti commessi successivamente alla data di entrata in vigore del d. lgs. 75/2017 (c.d. Legge Madia), nel caso in cui l’addebito riguardi comportamenti tenuti in parte prima e in parte dopo quella data deve farsi riferimento, qualora essi siano perseguiti in un unico procedimento sanzionatorio, alla disciplina della legge sopravvenuta”;
– “anche dopo le modifiche apportate dal Decreto Legislativo n. 75 del 2017 (c.d. Legge Madia) al Decreto Legislativo n. 75 del 2017, articolo 55 bis, la violazione del termine (ora di dieci giorni) per la trasmissione degli atti dal responsabile del servizio all’ufficio per i procedimenti disciplinari non comporta la decadenza dall’azione disciplinare ne’ l’invalidita’ degli atti e della sanzione irrogata, a meno che ne risulti irrimediabilmente compromesso il diritto di difesa del dipendente ed il richiamo della norma al principio di tempestivita’ va inteso nel senso che sono certamente rilevanti eventuali violazioni del termine per la trasmissione degli atti, le quali vanno tuttavia anch’esse misurate in ragione della violazione del diritto di difesa, tenendosi conto che il pregiudizio rispetto a quest’ultimo e’ di regola piu’ probabile quanto piu’ ci si allontani nel tempo dal momento dei fatti”.

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P.Q.M.

La Corte accoglie il secondo ed il terzo motivo di ricorso, assorbito il primo ed il quarto e rigettati i restanti motivi. Cassa la sentenza impugnata in relazione ai motivi accolti e rinvia alla Corte d’Appello di Palermo, in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimita’.

 

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