Corte di Cassazione, sezione prima penale, Sentenza 24 luglio 2020, n. 22313.
Massima estrapolata:
In tema di giudizio abbreviato celebrato dopo le modifiche introdotte all’art. 442, comma 2, cod. proc. pen. dall’art. 1, comma 44, della legge 23 giugno 2017, n. 103, nel caso di omessa riduzione – non dedotta in sede di impugnazione – della metà della pena inflitta con sentenza definitiva di condanna per contravvenzione, non sono esperibili i rimedi né dell’incidente di esecuzione né della correzione di errore materiale, non vertendosi in ipotesi di pena illegale e neppure di errore nel computo aritmetico della pena, bensì di violazione del criterio stabilito dalla legge processuale nella determinazione della riduzione di pena per il rito, come tale denunciabile solo con gli ordinari mezzi di gravame.
Sentenza 24 luglio 2020, n. 22313
Data udienza 8 luglio 2020
Tag – parola chiave: Esecuzione – GIP – Discrasia tra dispositivo e motivazione del provvedimento in punto di individuazione della pena inflitta – Correzione dell’errore materiale – Applicabilità dell’art. 130 c.p.p. – Rigetto
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE PRIMA PENALE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. IASILLO Adriano – Presidente
Dott. BIANCHI Michele – Consigliere
Dott. BONI Monica – rel. Consigliere
Dott. BINENTI Roberto – Consigliere
Dott. TALERICO Palma – Consigliere
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
(OMISSIS), nato a (OMISSIS);
avverso l’ordinanza del 14/10/2019 del GIP TRIBUNALE di PALERMO;
udita la relazione svolta dal Consigliere BONI MONICA;
lette le conclusioni del PG Dott. PERELLI Simone che ha chiesto dichiararsi inammissibile il ricorso.
RITENUTO IN FATTO
1. Con ordinanza in data 14 ottobre 2019 il G.i.p. del Tribunale di Palermo, pronunciando quale giudice dell’esecuzione, dichiarava inammissibile l’istanza, proposta da (OMISSIS), in relazione alla sentenza del Tribunale di Palermo in data 9 marzo 2017, irrevocabile il 18 ottobre 2018, ritenendo che la discrasia tra motivazione e dispositivo non fosse causa di nullita’ del provvedimento, dovendosi risolversi, assegnando prevalenza alla parte decisionale su quella giustificativa e mediante correzione dell’errore materiale, contenuto nella motivazione, rientrante nella competenza del Tribunale quale giudice che aveva emesso il provvedimento in questione.
2. Avverso il provvedimento di correzione ha proposto ricorso il (OMISSIS) a mezzo del difensore, avv.to (OMISSIS), il quale ne ha chiesto l’annullamento per non avere il giudice dell’esecuzione rilevato la diversita’ della pena finale inflitta, indicata nel dispositivo in mesi sei di arresto ed in Euro 800,00 di ammenda in contrasto con quanto riportato in motivazione, il cui procedimento di calcolo conduceva al risultato di mesi quattro di arresto, tenuto conto della diminuente per il rito abbreviato. A nulla rileva che l’errore non sia stato denunciato con le impugnazioni e non sia stato riscontrato in quella sede a causa di una svista del precedente difensore. Inoltre, al momento attuale per le contravvenzioni la riduzione della pena e’ pari a meta’ ai sensi dell’articolo 442 c.p.p., disposizione che, nella sua versione novellata, avendo natura sostanziale, puo’ essere applicata retroattivamente.
Non puo’ aderirsi all’orientamento giurisprudenziale per il quale, in caso di contrasto, si ritiene prevalente il dispositivo sulla motivazione, dal momento che il principio non e’ assoluto, ma soffre delle eccezioni quando e’ la motivazione a spiegare e chiarire il reale contenuto della volonta’ del giudicante, come accaduto nel caso presente, in cui l’operazione matematica di calcolo della pena e’ esplicitata in motivazione.
3. Con requisitoria scritta, il Procuratore Generale presso la Corte di cassazione, Dott. PERELLI Simone, che ha chiesto dichiararsi inammissibile il ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso e’ infondato e non merita dunque accoglimento.
1. Con l’ordinanza indicata in epigrafe il giudice dell’esecuzione ha escluso i presupposti di ammissibilita’ per poter accogliere la richiesta di correzione dell’errore materiale, dedotto dal condannato nella sentenza indicata in epigrafe quanto al contrasto tra dispositivo e motivazione in punto di individuazione della pena inflitta.
Tale statuizione non e’ viziata, ne’ da inosservanza dell’articolo 130 c.p.p., ne’ da illogicita’ manifesta della motivazione.
1.1 Quanto al primo profilo, il giudice di merito, affermata la propria competenza quale giudice dell’esecuzione, senza negare l’effettiva sussistenza del contrasto dedotto nell’istanza dell’interessato, ha richiamato un principio di diritto che in realta’ e’ inconferente, perche’ riguardante la nullita’ assoluta da cui sarebbe affetta l’ordinanza, adottata in fase esecutiva, di correzione di un errore materiale, presente in provvedimento che sia stato impugnato. L’articolo 130 c.p.p., prescrive testualmente al comma 1 che l’eliminazione di errori ed omissioni presenti in sentenze, ordinanze e decreti e’ “disposta, anche d’ufficio, dal giudice che ha emesso il provvedimento. Se questo e’ impugnato, e l’impugnazione non e’ dichiarata inammissibile, la correzione e’ disposta dal giudice competente a conoscere dell’impugnazione”.
1.2 Il caso presente differisce pero’ da quello affrontato da Cass., sez. 1, n. 47149 del 27/11/2009, rv. 245725, perche’, per effetto dell’esaurimento delle impugnazioni e del passaggio in giudicato della sentenza di condanna, non era riscontrabile la possibilita’ legale e pratica di un intervento correttivo della Corte di appello, spogliatasi del procedimento per avere gia’ esaurito la propria funzione di cognizione del thema decidendum nel secondo grado di merito con la pronuncia della sentenza di conferma di quella di primo grado da emendare; pertanto, la mancata pendenza del procedimento in quel grado esclude il criterio di collegamento per configurarne la competenza a decidere anche la rettificazione della sentenza emessa dal Tribunale.
Per nulla decisivo e’ poi il rilievo sulla mancata rilevazione nei giudizi di impugnazione del contrasto dedotto, quasi a voler significare una sorta di preclusione ad operare il chiesto intervento correttivo nella fase successiva alla formazione del giudicato, che sotto il profilo considerato non sussiste.
1.2 Nonostante i superiori rilievi critici, la soluzione adottata merita conferma, poiche’ non ha fondamento giuridico la pretesa dell’istante di adeguamento tra la pena riportata nel dispositivo della sentenza e quella risultante dal corpo motivo della medesima sentenza di condanna. Premesso che sussiste effettivamente la discrasia lamentata dal (OMISSIS), e’ giuridicamente corretto il diniego di correzione del dispositivo per uniformarlo alla motivazione della sentenza indicata dal ricorrente, poiche’, secondo consolidato principio di diritto, in caso di contrasto tra dispositivo e motivazione della sentenza, non sussiste alcuna causa di nullita’ della sentenza stessa e l’inconveniente deve essere risolto mediante esperimento della procedura di correzione degli errori materiali (ex multis: sez. 6, n. 19851 del 13/04/2016, P.G. in proc. Mucci, rv. 267177; sez. 6, n. 7980 del 01/02/2017, Esposito, rv. 269375) Si e’ affermato al riguardo in modo del tutto condiviso da questo Collegio che nella sentenza emessa a conclusione del dibattimento il dispositivo, attraverso la lettura in pubblica udienza, esteriorizza ed esprime la volonta’ decisoria rispetto al caso concreto e, poiche’ formato e pubblicato in un momento anticipato rispetto alla motivazione, che verra’ successivamente redatta, acquista rilevanza e conoscibilita’ indipendentemente da essa, sicche’ non puo’ essere da questa modificato e, in caso di divergenza, in quanto manifestazione della volonta’ decisoria dell’autorita’ giurisdizionale prevale sulla sua giustificazione. Quando la difformita’ riguardi soltanto l’atto depositato perche’, come nel caso presente, quest’ultimo presenti un’incompleta trascrizione del dispositivo, frutto di una mera svista, ma non si ripercuota sull’originale inserito a verbale e pubblicato in udienza, tale discrasia e’ emendabile con la procedura dettata dall’articolo 130 c.p.p.; in questi casi la giurisprudenza di questa Corte ha escluso l’invalidita’ della sentenza, riconoscendone la possibilita’ di modifica ed integrazione, persino a fronte di una discrasia piu’ radicale perche’ in calce alla motivazione, non era stata solo omessa una statuizione pur presente nel dispositivo letto in udienza, ma non era stato nemmeno trascritto il dispositivo stesso (sez. 6, n. 12308 del 3/3/2008, Bolognini ed altro, rv. 239329; sez. 3, n. 125 del 19/11/2008, Bassirou, rv. 242258; sez. 5, ord. n. 17696 del 18/02/2009, Martucci, rv. 243615; sez. 5, n. 13094 del 09/03/2011, P.G. in proc. Colonna, rv. 249849; sez. 5, n. 22996 del 07/03/2017, Cappelli, rv. 270203).
1.3 Non giova alla difesa richiamare l’ulteriore principio che ammette il ricorso alla motivazione per individuare al suo interno elementi certi e logici, che consentano di ricostruire la volonta’ decisoria, di riconoscere nel caso specifico come erroneo il dispositivo e d eliminarne gli effetti (sez. 6, n. 24157 del 01/03/2018, Cipriano e altri, rv. 273269; sez. 3, n. 3969 del 25/09/2018, dep. 2019, B, rv. 275690; sez. 2, n. 23343 del 01/03/2016, Ariano e altri, rv. 267082).
Proprio in riferimento a difformita’ tra motivazione e dispositivo attinenti alla determinazione della pena si e’ precisato che se la divergenza dipenda da un errore materiale, presente nel dispositivo e palesemente rilevabile dall’esame della motivazione in cui si ricostruisce chiaramente ed inequivocabilmente il procedimento seguito dal giudice per determinare la pena, la motivazione prevale sul dispositivo, giustificandosi l’annullamento senza rinvio della sentenza, limitatamente al trattamento sanzionatorio, che puo’ anche essere rideterminato da questa Corte di cassazione in base al disposto dell’articolo 619 c.p.p., comma 2, (sez. 6, n. 37392 dell’1/10/2003, P, rv 226915; sez. 3, n. 38269 del 25/9/2007, Tafuro, rv. 237828; sez. 6, n. 8916 dell’8/02/2011, Gulli’, rv. 249654).
Il Collegio non intende disconoscere la correttezza teorica di tale posizione, ma rileva che non e’ possibile farne applicazione per la soluzione del caso presente, dal momento che nulla indica espresso nella motivazione il reale intento del decidente di determinare in quattro mesi di arresto la pena inflitta in luogo di quella di mesi sei di arresto riportata nel dispositivo letto in udienza alle parti. Ed il ricorso sul punto si limita a richiamare precedente decisione di legittimita’ senza illustrare le ragioni per le quali l’errore pur riconoscibile si annidi nel dispositivo e non piuttosto nella motivazione della sentenza, mentre la corretta e conforme determinazione della pena pecuniaria non apporta elementi di conoscenza per rintracciare l’errore di computo commesso all’atto della decisione sulla pena detentiva.
2. Anche la seconda tematica introdotta con l’incidente di esecuzione non puo’ trovare accoglimento, seppur basata su appropriati riferimenti normativi.
2.1 La pena inflitta al (OMISSIS) con la sentenza suindicata e’ stata irrogata, all’esito di giudizio abbreviato, dopo l’entrata in vigore della L. n. 103 del 2017 per la contravvenzione di cui alla L. n. 110 del 1975, articolo 4, per la quale e’ stata applicata la riduzione per il rito alternativo in misura pari ad un terzo. Tuttavia, la L. n. 103 del 2017, all’articolo 1, comma 44, dal 3 agosto 2017 ha modificato l’articolo 442, comma 2, nel senso che la diminuzione di pena per il rito abbreviato, quando la condanna abbia ad oggetto reati contravvenzionali, e’ della meta’. Sin dai primi interventi esegetici questa Corte ha formulato il principio, secondo cui la disposizione novellata dell’articolo 442 c.p.p., comma 2, si applica anche alle fattispecie anteriori, salvo che sia stata pronunciata sentenza irrevocabile, ai sensi dell’articolo 2 c.p., comma 4, in quanto la norma -pur essendo di carattere processuale -ha sicuri effetti sostanziali, comportando un trattamento sanzionatorio piu’ favorevole, anche se collegato alla scelta del rito (sez. 1, n. 39087 del 24/05/2019, Mersini, rv. 276869; sez. 4, n. 5034 del 15/01/2019, Lazzara, rv. 275218; sez. 4, n. 832 del 15/12/2017, dep. 2018, Del Prete, rv. 271752; sez. 1, n. 6300 del 21/12/2018, dep. 2019, Farina, n. m.; sez. 1, n. 50435 del 25/09/2018, Giorgio, n. m.).
2.2 Nel caso in esame, i fatti sono stati commessi in data (OMISSIS), ma la questione avrebbe potuto e dovuto essere sollevata nel giudizio di cognizione e, quanto meno, davanti alla Corte di appello, investita dell’impugnazione proposta avverso la sentenza di condanna emessa in primo grado ed intervenuta con la decisione nella pacifica vigenza della nuova formulazione dell’articolo 442, comma 2. Non e’, invece, consentito proporla mediante incidente di esecuzione o attivando il procedimento di correzione degli errori materiali previsto dall’articolo 130 c.p.p., poiche’ nel caso specifico non si verte in ipotesi di pena illegale, non prevista dalla legge per specie o quantita’, ne’ ricorre l’errore nel computo aritmetico, quanto la determinazione operata in violazione del criterio di riduzione, stabilito dalla legge processuale. In altri termini la pena illegittima non e’ emendabile mediante lo strumento attivato dal condannato, che avrebbe dovuto chiederne la corretta commisurazione con gli ordinari mezzi d’impugnazione (sez. 1, n. 28252 del 11/06/2014, Imparolato, rv. 261091).
Per le considerazioni svolte il ricorso, infondato in tutte le sue deduzioni, va respinto con la conseguente condanna del proponente al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle speseprocessuali.
In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.
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