Corte di Cassazione, sezione quinta penale, Sentenza 19 maggio 2020, n. 15395.
Massima estrapolata:
In tema di furto aggravato di cose esposte alla pubblica fede, il requisito della esposizione per necessità richiede che sia puntualmente accertata in concreto la sussistenza di una situazione determinata da impellenti e non differibili esigenze che abbiano impedito alla persona offesa di portare con sé o custodire più adeguatamente la “res” furtiva. (Fattispecie in cui la Corte ha ravvisato la sussistenza dell’aggravante nella sottrazione di merce lasciata in stazionamento su un’area commerciale in attesa delle operazioni di registrazione e di scarico).
Sentenza 19 maggio 2020, n. 15395
Data udienza 28 gennaio 2020
Tag – parola chiave: Furto aggravato – Concorso di persone – Art. 625 n. 7 cp – Cose esposte alla pubblica fede – Merci lasciate in stazionamento su di un’area commerciale – In attesa delle operazioni di scarico – – Esposizione per necessità – Nozione
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE QUINTA PENALE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. MICCOLI Grazia – Presidente
Dott. GUARDIANO Alfredo – Consigliere
Dott. CAPUTO Angelo – Consigliere
Dott. TUDINO A. – rel. Consigliere
Dott. SCORDAMAGLIA Irene – Consigliere
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
(OMISSIS), nato a (OMISSIS);
avverso la sentenza del 08/01/2019 della CORTE APPELLO di MILANO;
visti gi; atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udite la relazione svolta dal Consigliere Dr. ALESSANDRINA TUDINO;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Dr. FIMIANI PASQUALE che ha concluso chiedendo l’inammissibilita’.
RITENUTO IN FATTO
1.Con sentenza dell’8 gennaio 2019, la Corte d’appello di Milano ha confermato la decisione del Tribunale di Como in data 8 febbraio 2017, con la quale e’ stata affermata la responsabilita’ penale di (OMISSIS) per il reato di furto aggravato in concorso.
2. Avverso la sentenza della Corte d’appello di Milano ha proposto ricorso l’imputato, con atto a firma del difensore, Avv. (OMISSIS), affidando le proprie censure ad un unico motivo, con il quale deduce violazione di legge e correlato vizio di motivazione in riferimento alle aggravanti.
Quanto all’aggravante di cui all’articolo 625 c.p., n. 7, deduce il ricorrente come la Corte territoriale ne abbia ricondotto la sussistenza alla necessita’ di stazionamento delle merci, in attesa di essere registrate, profilo da ricondursi, piuttosto, a mere esigenze di comodita’ e trascuratezza nella vigilanza; in riferimento all’ulteriore aggravante, rappresenta come il taglio del telo, resosi necessario per l’apprensione della merce, non fosse funzionale alla protezione della medesima, bensi’ ad evitarne il deterioramento, con conseguente insussistenza di entrambi i profili aggravatori del fatto.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso e’, complessivamente, infondato.
1.Non colgono nel segno le censure rivolte alla sussistenza dell’aggravante di cui all’articolo 625 c.p., n. 7.
1.1. La questione di diritto sottoposta a questa Corte con la prima doglianza investe la ricorrenza dell’aggravante dell’esposizione alla pubblica fede in caso di furto consumato su merci lasciate in stazionamento su di un’area commerciale, in attesa delle operazioni di scarico.
In riferimento all’aggravante in disamina, questa Corte regolatrice ha statuito come, in tema di furto aggravato di cose esposte alla pubblica fede, il requisito della esposizione per “necessita’” richiede che sia puntualmente accertata, in concreto, la sussistenza di una situazione determinata da impellenti e non differibili esigenze, che abbiano impedito alla persona offesa di portare con se’ o custodire piu’ adeguatamente la “res” furtiva (Sez. 5, n. 51255 del 30/10/2019, Liberali, Rv. 277524, n. 33863 del 2018, Rv. 273898; n. 33557 del 2016, Rv. 267504).
Del pari, si e’ affermato come il requisito dell’esposizione per consuetudine – intendendosi per tale una pratica di fatto, generale e costante, rientrante negli usi e nelle abitudini generali di vita associata o di relazione, ancorche’ non imposta da un’esigenza dalla quale non si possa prescindere non sia riconoscibile in relazione alla condotta di chi lasci la cosa incustodita per esigenze personali, quali la comodita’, la dimenticanza o la fretta (Sez. 5, n. 44035 del 01/10/2014, EI Abid e altro, Rv. 262117); lo e’, invece, in relazione al comportamento di chi lasci il portafoglio all’interno di una borsa aperta e poggiata su una poltroncina di una discoteca, in quanto rientra nelle abitudini sociali e nella pratica di fatto lasciare incustodita la propria borsa da parte di chi in discoteca abbandoni temporaneamente il posto per andare a ballare (Sez. 5, n. 11423 del 17/12/2014 – dep. 2015, P.G. in proc. Khaly, Rv. 263063).
1.2. Alla stregua di siffatte indicazioni direttive, la statuizione resa al riguardo dalla Corte territoriale s’appalesa incensurabile, in presenza di un ordito motivazionale che ha reso ragione della necessita’ dello stazionamento delle merci in attesa delle operazioni di registrazione e di scarico; necessita’ indifferibile e non altrimenti ovviabile, in considerazione delle circostanze del caso concreto, puntualmente evidenziate nell’avversata sentenza, che non involgono alcuna opzione ispirata da ragioni di mera comodita’ e convenienza soggettiva, bensi’ da obiettive esigenze di attesa rispetto ai protocolli di accettazione delle merci.
Deve essere, pertanto, ribadito come, in tema di furto aggravato di cose esposte alla pubblica fede, il requisito della esposizione per “necessita’” che richiede che sia puntualmente accertata in concreto la sussistenza di una situazione determinata da impellenti e non differibili esigenze che abbiano impedito alla persona offesa di portare con se’ o custodire piu’ adeguatamente la “res” furtiva – sussiste in presenza di circostanze obiettive, che rendano necessario uno stazionamento delle merci in attesa delle operazioni di registrazione e di scarico, e delle quali l’agente abbia profittato per commettere il reato.
2. E’, invece, manifestamente inconducente la censura rivolta alla residua aggravante.
2.1. Nel contestare che il telo – lacerato per l’apprensione delle merci fosse posto a protezione delle stesse, il ricorrente incorre in una asserzione apodittica, nella misura in cui non contesta che la copertura fosse funzionale alla tutela dei beni dalle intemperie, in tal guisa rinunciando, sostanzialmente, a contrastare quel particolare profilo aggravatore del fatto, riassunto nella previsione di cui all’articolo 625 c.p., n. 2.
Invero, l’aggravante della violenza sulle cose sussiste ogniqualvolta il soggetto, per commettere il reato, faccia uso di energia fisica diretta a vincere, anche solo immutandone la destinazione, la resistenza che la natura o la mano dell’uomo hanno posto a riparo o difesa della cosa altrui (Sez. 5, n. 53984 del 26/10/2017, Amoroso, Rv. 271889, N. 8487 del 1977 Rv. 136330, N. 2230 del 1985 Rv. 168164, N. 31331 del 2004 Rv. 228840, N. 41952 del 2006 Rv. 235541, N. 641 del 2014 Rv. 257949, N. 5266 del 2014 Rv. 258725), purche’ sia stata prodotta una qualche conseguenze su di essa, provocando la rottura, il guasto, il danneggiamento, la trasformazione della cosa altrui o determinandone il mutamento di destinazione (Sez. 5, n. 20476 del 17/01/2018, Sforzato, Rv. 272705).
Donde l’effrazione di un presidio posto a tutela della res, che non ne implichi la mera manipolazione (Sez. 4, n. 57710 del 13/11/2018, Vales, Rv. 274771), integra senz’altro la predetta aggravante, risolvendosi nella violenza rimozione di un presidio frapposto dal proprietario a salvaguardia dell’integrita’ del bene, giustificando il maggior disvalore conferito alla condotta apprensiva, quale che sia l’esigenza posta a fondamento dell’apposizione di strumenti di protezione.
2.2. Del resto, e’ proprio nella componente intenzionale che risiede la distinzione tra la aggravante in disamina ed il reato di cui all’articolo 635 c.p. in quanto, ai fini della qualificazione del reato come furto aggravato dalla violenza sulle cose o come danneggiamento, poiche’ i due reati si distinguono non per la materialita’ del fatto, che puo’ essere identica, ma per la finalita’ della condotta, occorre valutare le modalita’ dell’azione, i mezzi impiegati per realizzarla, nonche’ le caratteristiche strutturali della cosa mobile, per stabilire se l’intenzione dell’agente fosse diretta all’impossessamento della cosa mobile o, invece, al mero deterioramento della stessa (Sez. 5, n. 7559 del 13/12/2018 – dep. 2019, La Marca, Rv. 275491), assumendo autonoma rilevanza solo l’effrazione non finalizzata all’impossessamento.
Anche al riguardo, la motivazione resa dalla Corte territoriale non s’appalesa censurabile, essendosi rimarcata la materialita’ dell’effrazione e la funzione di salvaguardia comunque assolta dalla copertura posta a protezione delle merci.
Il ricorso e’, pertanto, infondato.
3. Al rigetto del ricorso consegue la condanna dell’imputato, ex articolo 616 c.p.p., al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.
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