Corte di Cassazione, sezione prima civile, Ordinanza 31 gennaio 2019, n. 3017.

La massima estrapolata:

In tema di finanziamento dei soci, la proposizione normativa adottata dall’art. 2467, comma 2, cod. civ. esprime un’indicazione meramente generica, e dunque propriamente aperta, di finanziamento dei soci a favore della società, dichiarandone la rilevanza “in qualsiasi forma” gli stessi vengano “effettuati”. Come ha rilevato una dottrina – ponendosi peraltro nel contesto di una letteratura che nel suo complesso risulta decisamente orientata nella medesima direzione – nell’ambito della detta frase l’espressione “forma” non va certo intesa nel senso di cui agli artt. 1350 e ss. o 2699 e ss. cod. civ., quanto piuttosto nel senso di titolo o causa, per cui l’aggettivo “qualsiasi” intende ricomprendere nella sfera operativa dell’art. 2467 ogni atto il quale comporti un’attribuzione patrimoniale compatibile con l’obbligo di futuro rimborso della medesima. Ne consegue che per finanziamento deve intendersi non solo la messa a disposizione di una somma di danaro, ma qualunque forma di agevolazione finanziaria, tra le quali figura anche una prestazione che, nel quadro di un rapporto contrattuale costituito “in esclusiva” con la società fiananziata, abbia dato luogo ad una fornitura di prodotti protrattasi per lungo tempo senza pagamento del relativo corrispettivo con conseguente accumulo progressivo e lievitazione dell’esposizione debitoria.

Ordinanza 31 gennaio 2019, n. 3017

Data udienza 27 settembre 2018

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DE CHIARA Carlo – Presidente

Dott. DI MARZIO Mauro – Consigliere

Dott. PAZZI Alberto – Consigliere

Dott. VELLA Paola – Consigliere

Dott. DOLMETTA Aldo Angelo – rel. Consigliere

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA
sul ricorso 20376/2013 proposto da:
(OMISSIS) s.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), che la rappresenta e difende unitamente agli avvocati (OMISSIS), (OMISSIS), giusta procura in calce del ricorso;
– ricorrente –
contro
(OMISSIS) s.p.a., e per essa quale mandataria (OMISSIS) s.p.a. (gia’ denominata (OMISSIS) S.p.a. – (OMISSIS)), in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata, in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato (OMISSIS), giusta procura in calce del controricorso;
– controricorrente –
contro
(OMISSIS), in proprio, elettivamente domiciliato in (OMISSIS), presso lo studio degli avvocati (OMISSIS) e (OMISSIS), rappresentato e difeso da se medesimo;
– controricorrente –
contro
Fallimento (OMISSIS) s.r.l.;
– intimato –
avverso il decreto del TRIBUNALE di TORTONA, depositato il 28/06/2013;
udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del 27/09/2018 dal Cons. Dott. ALDO ANGELO DOLMETTA.

FATTI DI CAUSA

1.- La s.r.l. (OMISSIS) ha presentato domanda di ammissione in chirografo al passivo del Fallimento della s.r.l. (OMISSIS), per credito derivante dallo svolgimento di un rapporto di distribuzione commerciale di propri prodotti, a suo tempo in essere con la societa’ di poi fallita.
Il giudice delegato alla procedura ha ammesso il credito come da richiesta.
2.- La s.p.a. (OMISSIS) (e, per essa, la s.p.a. (OMISSIS)), pure creditore ammesso al chirografo dello stato passivo del Fallimento della s.r.l. (OMISSIS), ha peraltro proposto avanti al Tribunale di Tortona ricorso L. Fall., ex articolo 98, comma 3, nei confronti dell’accoglimento della domanda formulata dalla (OMISSIS).
Ad avviso di (OMISSIS), il giudice delegato aveva errato nell’ammettere la pretesa della (OMISSIS) al chirografo, perche’ questa rappresentava invece un’ipotesi di finanziamento dei soci ai sensi della norma dell’articolo 2467 c.c., con conseguente sua postergazione rispetto al soddisfacimento degli altri creditori.
Nel costituirsi in giudizio (OMISSIS), oltre a chiedere il rigetto dell’impugnazione proposta nei suoi confronti, ha anche formulato impugnazione incidentale nei confronti dell’ammissione del credito di (OMISSIS), rilevando che la relativa pretesa si manifestava in realta’ sfornita di prova adeguata.
Nel procedimento e’ poi intervenuto l’avvocato (OMISSIS), anche egli creditore ammesso al passivo della (OMISSIS), a sostegno dell’iniziativa assunta da (OMISSIS).
Il curatore del Fallimento non si e’ costituito.
3.- Con decreto depositato il 28 giugno 2013, il Tribunale di Tortona ha accolto l’impugnazione principale, stabilendo che “il credito di (OMISSIS) sia postergato rispetto a quello degli altri creditori, trattandosi di finanziamento soci”; ha invece dichiarato “inammissibile l’impugnazione incidentale” formulata da (OMISSIS)”.
3.1.- Sotto il primo profilo, il Tribunale ha in specie rilevato che ” (OMISSIS) e’ socia di (OMISSIS)”; che, “prima della dichiarazione di fallimento, (OMISSIS) era unica fornitrice dei prodotti informatici venduti da (OMISSIS) sul mercato, e cio’ in esclusiva dal 2008”; che “il patrimonio netto di (OMISSIS) era pari a Euro 108.000,00, come da ultimo bilancio approvato”; che il “credito di (OMISSIS) nei confronti di (OMISSIS) si e’ incrementato negli anni fino a Euro 441.038,44 al 31.12.2008, a Euro 707.124,42 al 31.12.2009, a Euro 594.617,38 al 31.12.2010, a Euro 1.308.041,00 al 31.12.2011 e a Euro 1.543.750,17 al 31.12.2012”; che in tale modo (OMISSIS) ha continuato a vedere crescere la misura del proprio credito, “nonostante la sproporzione notevole tra il valore dell’insoluto e il patrimonio netto della societa’” debitrice.
Sulla base di questi elementi, il Tribunale ha ritenuto che il comportamento di (OMISSIS) abbia “dato luogo a un vero e proprio finanziamento nei confronti di (OMISSIS)” ai sensi della norma dell’articolo 2467 c.c.. Ai fini di questa disposizione – si e’ cosi’ rilevato – per “finanziamento” “deve intendersi non solo la messa a disposizione di una somma di danaro, ma qualunque forma di agevolazione finanziaria”; “tra le condotte agevolatorie” cosi’ prese in considerazione – si e’ poi aggiunto – “rientra anche una fornitura quando, per le condizioni contrattuali in cui versa la societa’ debitrice, e’ probabile il mancato pagamento del corrispettivo, secondo il disposto dell’articolo 2467, comma 2”.
Non vale opporre – si e’ altresi’ proseguito – che la partecipazione di (OMISSIS) al capitale di (OMISSIS) abbia raggiunto soltanto il 4% del capitale sociale: “la ratio della disposizione e’ quella di evitare il concorso tra soci finanziatori e creditori a fonte di una evidente asimmetria informativa” tra gli uni e gli altri; tale ratio – (“per i maggiori diritti informativi facenti capo ai soci” della s.r.l. “a prescindere dall’entita’ della partecipazione societaria)” – “sussiste senza differenziazioni tra soci di maggioranza e soci di minoranza”.
Neppure ha pregio – si e’ ulteriormente precisato – la circostanza che, a un certo punto, sia emersa la volonta’ di (OMISSIS) di “recuperare il proprio credito”: “la valutazione di cui all’articolo 2467 c.c., deve essere svolta sul piano oggettivo (come sproporzione tra l’ammontare del credito del socio e il patrimonio netto della societa’)”. “Questo tipo di valutazione, di natura oggettiva, nulla ha a che vedere con l’analisi del fondamento causale dell’attribuzione o la ricostruzione della volonta’ delle parti”: secondo quanto sottolineato dalla sentenza di Cass., 24 luglio 2007, n. 16393, la norma dell’articolo 2467 c.c., ha un introdotto, “per le imprese che siano entrate o stiano per entrare in una situazione di crisi, un principio di corretto finanziamento”, la cui violazione determina una “riqualificazione imperativa” dell’operazione in termini di “prestito postergato”.
3.2.- Il Tribunale ha motivato la dichiarazione dell’inammissibilita’ dell’impugnazione incidentale svolta da (OMISSIS) nei confronti dell’ammissione del credito di (OMISSIS), rilevando che, nel procedimento di cui alla L. Fall., articoli 98 e saegg., “l’oggetto del contendere e’ definito dal credito in contestazione”.
Percio’, “non e’ consentito (fatta salva la proposizione di tempestivo e separato procedimento) far valere ragioni di fondatezza o di infondatezza di una pretesa creditoria del tutto diversa” da quella in contestazione. Del resto, in tale procedimento resta pure esclusa la possibilita’ di proporre domande riconvenzionali, “incompatibili con le esigenze di celerita’ che ispirano la disciplina dell’accertamento del passivo”.
4.- La s.r.l. (OMISSIS) ha presentato ricorso per cassazione avverso il decreto del Tribunale di Tortona. Il ricorso e’ affidato a due motivi.
Resistono (OMISSIS) (e, per essa, (OMISSIS)) e l’avvocato (OMISSIS), con distinti controricorsi.
Non ha svolto difese il Fallimento della s.r.l. (OMISSIS).
La ricorrente e la controricorrente (OMISSIS) hanno inoltre depositato memorie.

RAGIONI DELLA DECISIONE

5.1.- Il primo motivo di ricorso denunzia violazione della norma dell’articolo 2467 c.c., comma 2, con riferimento alla definizione del perimento oggettivo delle fattispecie che vi vengono a ricadere.
Secondo l’avviso della ricorrente, la nozione rilevante di “finanziamento” riguarda propriamente le ipotesi di “mutuo, anticipazione e apertura di credito”. In tale nozione, tuttavia, potrebbero essere fatte rientrare anche delle ipotesi ulteriori, a condizione che rappresentino delle “forme indirette di finanziamento dissimulate da altri rapporti obbligatori, ad esempio contratti commerciali di fornitura, di appalto e simili”.
In relazione a questa seconda tipologia di ipotesi, rileva la ricorrente che occorre comunque verificare, rispetto alle fattispecie concrete prese di volta in volta in esame, la sussistenza o meno di “circostanze indicative di un eventuale… finanziamento”. E aggiunge che, a tale fine, deve in ogni caso emergere “l’esistenza di una comune volonta’ delle parti di dare luogo a un “finanziamento” mediante riqualificazione di un preesistente credito acceso per un diverso titolo”. Che’, altrimenti, l’applicazione dell’articolo 2467 c.c., “non appare giustificata”: “non essendo imposto al creditore alcun obbligo di sollecitare l’adempimento del debitore”, non puo’ pensarsi di sanzionare il caso della “mera condotta passiva del socio di fronte a un proprio credito”.
5.2.- Nello svolgimento si questa verifica si annida – prosegue il motivo – l’errore di base in cui e’ caduto il decreto piemontese. Questo ha ravvisato la sussistenza di un finanziamento indiretto “esclusivamente sulla scorta della sproporzione tra il credito commerciale maturato dalla concedente (OMISSIS) e il patrimonio netto della concessionaria (OMISSIS)”. Negata “ogni rilevanza” all'”elemento causale” del rapporto intercorso tra le parti, il Tribunale ha in pari tempo trascurato di accertare la “volonta’ negoziale sottesa al rapporto creditorio”, anche omettendo di tenere conto di “circostanze assai pregnanti” in proposito.
Tra queste si debbono tenere in speciale considerazione – sottolinea il motivo – la “longevita’ del rapporto di concessione sussistente tra le parti in causa”, corrente (dapprima, con il dante causa di (OMISSIS)) fin dal 98; la misura della partecipazione detenuta da (OMISSIS) in (OMISSIS), montate solo al 4% del capitale; l’appostazione del rapporto nelle scritture contabili come credito commerciale e non come finanziamento; l’intendimento e la “comune volonta’” delle parti; l’avere la concedente (OMISSIS) tentato “con ogni mezzo il recupero stragiudiziale del credito, azionando solo in extremis, con lettera del 23 febbraio 2012 la clausola risolutiva espressa contenuta nei contratti di distribuzione”.
6.- Il motivo non puo’ essere accolto.
In proposito va rilevato, prima di tutto, come non risulti condivisibile l’impostazione fatta propria dalla ricorrente, come intesa a limitare l’applicazione della regola di postergazione di cui all’articolo 2467 c.c., alla categoria dei contratti di credito (tali appunto essendo le figure di mutuo, apertura di credito e anticipazione bancaria, a cui il ricorrente fa esplicito richiamo), con il conseguente esaurimento delle ipotesi rilevanti di c.d. finanziamento indiretto a casi di dissimulazione – ovvero occultamento – di simili figure.
Nei fatti, la ricorrente non propone alcuna ragione a sostegno dell’affermata identificazione del “finanziamento”, a cui fa espresso riferimento la norma dell’articolo 2467 c.c., nel novero delle operazioni di credito. Una simile identificazione, pero’, non potrebbe certo essere ritenuta automatica, ne’ comunque scontata.
In realta’, nel contesto del diritto vigente il termine “finanziamento” non assume un significato univoco e costante; soprattutto, non viene a ridursi senz’altro a formula equivalente di quella di “contratti di credito”.
Basta pensare, a titolo di esempio, alla norma dell’articolo 47, comma 1 del testo unico bancario che alla formula “finanziamento e servizi” assegna portata indicativa di tutte le “attivita’ che le banche possono svolgere in via ordinaria” (tra cui, appunto, quelle di “rilascio di garanzie”, di “credito commerciale incluso il “forfaiting””, di “cessioni di credito pro soluto e pro solvendo”, di cui all’articolo 1, comma 2, lettera f. TUB; sul punto v. Cass., 15 maggio 2018, n. 11878). Oppure al “finanziamento destinato a uno specifico affare” di cui alla norma dell’articolo 2447 decies c.c., nel cui alveo la dottrina pacificamente ricomprende, oltre ai contratti di credito, le strutture negoziali di stampo partecipativo (dal c.d. mutuo parziario all’associazione in partecipazione, alla cointeressenza) e pure le operazioni di finanza strutturata (quali quelle di cartolarizzazione e quelle di leveraged). O ancora alla norma dell’articolo 106, comma 1, del testo unico bancario: nel lungo elenco di operazioni, con cui la normativa secondaria da’ corpo alla formula “finanziamento sotto qualsiasi forma” di cui alla legge, tra le altre compaiono infatti le operazioni di “rilascio di garanzie”, di “acquisto di crediti a titolo oneroso”, di “apertura di credito documentaria”, di “avallo” e “girata” (cfr. Decreto Ministeriale Economia e finanze 2 aprile 2015, n. 53, articolo 2).
Non si vedono, d’altra parte, ragioni per assegnare – con riguardo alla materia qui specificamente in esame – un significato ristretto al lemma “finanziamento”. Tanto piu’ che anche la proposizione normativa, che e’ adottata dalla norma dell’articolo 2467, comma 2, esprime un’indicazione meramente generica, e dunque propriamente aperta, di “finanziamento dei soci a favore della societa’”, dichiarandone la rilevanza “in qualsiasi forma” gli stessi vengano “effettuati”.
Come ha rilevato una dottrina – ponendosi peraltro nel contesto di una letteratura che nel suo complesso risulta decisamente orientata nella medesima direzione -, nell’ambito della detta frase “l’espressione “forma” non va certo intesa nel senso di cui agli articoli 1350 c.c. e segg….. o articoli 2699 c.c. e segg.”, quanto “piuttosto nel senso di titolo o causa, per cui l’aggettivo “qualsiasi” intende ricomprendere nella sfera operativa dell’articolo 2467, ogni atto… il quale comporti un’attribuzione patrimoniale compatibile con l’obbligo di futuro rimborso della medesima”.
7.- Neppure puo’ essere seguita l’altra affermazione portante della tesi della ricorrente, per cui – in punto di riconduzione della fattispecie concreta alla figura di finanziamento postergato ex articolo 2467 c.c. – il Tribunale di Tortona si sarebbe comunque basato solamente sulla sproporzione corrente tra la misura del credito della (OMISSIS) e quella del patrimonio della societa’ di poi fallita.
Al riguardo, appare opportuno osservare in via preliminare che la censura, cosi’ proposta dal ricorrente, non integra gli estremi del c.d. vizio di sussunzione, come tale riconducibile alla violazione di legge di cui al n. 3 dell’articolo 360 c.p.c. (cfr., da ultimo, Cass., 31 maggio 2018, n. 13747), posto che la conformazione di tale vizio suppone che l'”accertamento in fatto operato dal giudice di merito sia considerato fermo e indiscusso” (Cass., 13 marzo 2018, n. 6035). Nella specie, ricorrente tende piuttosto a rimettere in discussione la ricostruzione del fatto materiale che e’ stata effettuata dal giudice: che e’ attivita’ riservata esclusivamente al potere del giudice di merito ed e’ percio’ sindacabile unicamente sotto il profilo del vizio di cui dell’articolo 360 c.p.c., n. 5 (nelle specie non dedotto).
Ora, la motivazione in concreto sviluppata dal Tribunale non risulta in qualche modo affetta da mancanze o difetti del genere (cfr. sopra, n. 3.1., spec. primo capoverso). Nel rilevare la sproporzione tra montante del debito e patrimonio del debitore, il Tribunale ha anche sottolineato, e in modo particolare, la sussistenza di un rapporto contrattuale “in esclusiva”, che per concorde volonta’ delle parti e’ proseguito per anni e anni; e che e’ stato caratterizzato, inoltre, dalla circostanza che alla fornitura dei prodotti non faceva riscontro il pagamento del relativo corrispettivo, con conseguente accumulo progressivo e lievitazione del debito: neppure fatto oggetto, peraltro, di atti di rigore da parte del creditore.
In buona sostanza, dunque, l’agevolazione finanziaria e’ consistita, nella specie, in un servizio di fornitura in esclusiva effettuato da un socio a favore della societa’ e significativamente protrattosi nel tempo, senza che a fronte della sua continuativa esecuzione abbia fatto riscontro una qualche attivita’ di pagamento da parte del soggetto societario che dei beni, via via cosi’ forniti, si e’ avvantaggiato. Rispetto a questo tipo di situazione si nota, in dottrina, come si debba “rimproverare al socio di non aver immediatamente percepito la somma dovutagli, per metterla eventualmente a disposizione della societa’ come conferimento, e aver preferito invece, nonostante la situazione di crisi, lasciarla a disposizione della societa’ come finanziamento”: secondo la valutazione compiuta dal Tribunale, questa situazione si e’ nella specie reiterata per anni.
8.- Cio’ posto, rimane ancora da rilevare come non vengano a incrinare la correttezza della soluzione adottata dal Tribunale di Tortona le circostanze indicate dal ricorrente (e sintetizzate nel precedente n. 5) come fattori ostativi dell’applicazione della regola di postergazione stabilita dalla norma dell’articolo 2467 c.c..
Non vale a escludere l’applicazione di questa disposizione, in particolare, la modestia della misura della partecipazione sociale di (OMISSIS) nella s.r.l. (OMISSIS).
La norma, infatti, non distingue tra soci e soci; in coerenza con cio’, la ratio della previsione non si lega – ha rilevato la giurisprudenza di questa Corte – al peso delle quote possedute dal socio, quanto piuttosto al potere di informarsi degli “affari sociali” di cui istituzionalmente dispone, ex articolo 2476 c.c., il socio delle s.r.l. (Cass., 20 giugno 2018, n. 16291) e che di regola non ha, invece, il comune creditore (fuor dalla ravvisata presenza di patti e situazioni particolari). A ben vedere, del resto, la previsione dell’articolo 2467, ha come suo termine di riferimento ultimo il divieto fissato dalla norma della L. Fall., articolo 218, tendendo per l’appunto a impedire, come si e’ rilevato in dottrina, che la societa’ “prosegua la sua attivita’ quando ormai”, posta l’entita’ della crisi che l’attraversa, “il relativo rischio verrebbe trasferito a carico dei creditori”.
Nemmeno puo’ essere ritenuto fattore di esonero dall’applicazione della regola di postergazione la circostanza che il creditore abbia, a un certo punto, deciso di interrompere il rapporto di fornitura e anche promosso azioni recuperatorie. L’azione postuma non leva, evidentemente, il rilievo quantitativo e qualitativo del pregresso. Come si e’ visto (nel precedente n. 7), d’altra parte, la “longevita’” del rapporto di fornitura – lungi dall’ergersi a scriminante dell’applicazione della regola di postergazione, secondo quanto afferma il ricorrente – si pone invece come fattore di reiterazione e incremento del meccanismo di agevolazione che la norma dell’articolo 2467, intende propriamente colpire.
9.- Il secondo motivo riprende il tema dell’impugnazione incidentale presentata, in sede di costituzione nel giudizio L. Fall., ex articolo 98, comma 1, da (OMISSIS) nei confronti di (OMISSIS), creditore a sua volta impugnante in via principale.
Afferma in proposito la ricorrente che ha errato il Tribunale a dichiarare inammissibile questa impugnazione, perche’ “questa costituiva impugnativa incidentale tardiva ai sensi dell’articolo 334 c.p.c.”, che e’ diposizione da “ritenersi di portata generale e percio’ applicabile anche al giudizio di impugnazione L. Fall., ex articolo 98”.
10.- Il motivo non puo’ essere accolto.
Secondo il consolidato orientamento della giurisprudenza di questa Corte, nel giudizio di opposizione il curatore fallimentare, pur potendo formulare anche nuove eccezioni, non puo’ proporre domande riconvenzionali, ostandovi sia le esigenze di celerita’ che ispirano la disciplina di accertamento del passivo fallimentare, sia il disposto della L. Fall., articolo 99, comma 7 (cfr. Cass., 22 marzo 2010, n. 6900; Cass., 4 luglio 2012, n. 11146; Cass., 31 luglio 2017, n. 19003). E tali ragioni non possono non valere, evidentemente, anche per il creditore resistente all’impugnazione promossa nei suoi confronti da altro creditore.
Non appare centrato, d’altra parte, il richiamo portato dalla ricorrente alla norma dell’articolo 334 c.p.c.. Va considerato che, secondo la consolidata giurisprudenza di questa Corte, il giudizio di opposizione di cui alla L. Fall., articolo 98, ha si’ natura impugnatoria, ma struttura propria e molto diversa dallo schema propriamente proposto dall’appello (cfr., per tutte, Cass., 12 agosto 2016, n. 17086).
10.- In conclusione, il ricorso dev’essere respinto.
Le spese seguono la regola della soccombenza e sono liquidate in dispositivo.

P.Q.M.

La Corte respinge il ricorso. Condanna ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimita’, che liquida nella somma di Euro 10.200,00 (di cui Euro 200,00 per esborsi) a favore della s.p.a. (OMISSIS) e nella somma di Euro 10.200,00 (di cui Euro 200,00 sempre per esborsi) a favore di (OMISSIS).
Da’ atto, ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1 quater, della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a mente dell’articolo 13, comma 1 bis.

Avv. Renato D’Isa

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