In tema di estradizione per l’estero

Corte di Cassazione, penale, Sentenza|22 aprile 2021| n. 15297.

In tema di estradizione per l’estero, ai fini dell’accertamento della condizione ostativa prevista dall’art. 698, comma primo, cod. proc. pen., è onere dell’estradando allegare elementi e circostanze che la Corte di appello deve valutare, anche attraverso la richiesta di informazioni complementari, al fine di accertare se, nel caso concreto, l’interessato sarà alla consegna sottoposto, o meno, ad un trattamento inumano o degradante. Inoltre con riferimento alla parallela disciplina del mandato di arresto europeo, per accertare l’effettiva sussistenza di un trattamento inumano e degradante ostativo alla consegna del detenuto è necessaria l’acquisizione da parte dell’autorità giudiziaria remittente di informazioni individualizzate sul regime di detenzione.

Sentenza|22 aprile 2021| n. 15297

Data udienza 20 aprile 2021

Integrale
Tag – parola chiave: MAE – Corte d’appello – Non può negare la consegna per possibili violazioni dei diritti umani – Informazioni tratte da internet – Esclusione

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BRICCHETTI Renato G. – Presidente

Dott. APRILE Ercole – rel. Consigliere

Dott. GIORGI Maria Silvia – Consigliere

Dott. VIGNA Maria Sabina – Consigliere

Dott. RICCIO Stefania – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
Procuratore generale della Repubblica presso la Corte di appello di Trieste;
nel procedimento a carico di:
(OMISSIS), nato a (OMISSIS);
avverso la sentenza del 01/10/2020 della Corte di appello di Trieste;
visti gli atti, il provvedimento impugnato ed il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere Dr. Ercole Aprile;
letta la requisitoria del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale Dr. Lori Perla, che ha concluso chiedendo che sia dichiarata la sussistenza delle condizioni per l’accoglimento della richiesta di estradizione.

RITENUTO IN FATTO

Con la sentenza sopra indicata la Corte di appello di Trieste dichiarava non sussistenti le condizioni per l’accoglimento della domanda di estradizione presentata dalla Federazione della Bosnia Erzegovina nei confronti del cittadino bosniaco (OMISSIS) in relazione al mandato di arresto estradizionale emesso il 24 settembre 2018 dall’autorita’ giudiziaria di quello Stato straniero per dare esecuzione alla sentenza definitiva dell’8 aprile 2016 con la quale il Tribunale di Tuzla aveva condannato il prevenuto in relazione ai reati di associazione per delinquere e di abuso di ufficio.
Rilevava la Corte di appello come non sussistessero tutte le condizioni previste dalla disciplina codicistica per accogliere quella richiesta di estradizione passiva, avendo l’autorita’ richiedente fornito informazioni non rassicuranti in ordine al rischio che il (OMISSIS) possa essere sottoposti in un carcere bosniaco a trattamenti disumani o degradanti.
2. Avverso tale sentenza ha presentato ricorso il Procuratore generale della Repubblica presso quella Corte di appello, il quale ha dedotto la violazione di legge, per avere la predetta Corte territoriale omesso di considerare i rassicuranti dati informativi trasmessi dall’autorita’ governativa bosniaca in ordine al trattamento carcerario al quale sara’ sottoposto il (OMISSIS) e per avere, invece, valorizzato non meglio precisa ti elementi conosciti desunti da siti web circa la problematicita’ dello stato dei detenuti nelle carceri dello Stato richiedente l’estradizione.
3. Il procedimento e’ stato trattato nell’odierna udienza in camera di consiglio con le forme e con le modalita’ di cui al Decreto Legge 28 ottobre 2020, n. 137, articolo 23, commi 8 e 9, convertito dalla L. 18 dicembre 2020, n. 176.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Ritiene la Corte che il ricorso vada accolto.
2. E’ espressione di un pacifico orientamento esegetico il principio secondo il quale, in tema di estradizione per l’estero, ai fini dell’accertamento della condizione ostativa prevista dall’articolo 698 c.p.p., comma 1, e’ onere dell’estradando allegare elementi e circostanze che la Corte di appello deve valutare, anche attraverso la richiesta di informazioni complementari, al fine di accertare se, nel caso concreto, l’interessato sara’ alla consegna sottoposto, o meno, ad un trattamento inumano o degradante (Sez. 6, Sentenza n. 8529 del 13/01/2017, Fodorean, Rv. 269201). Inoltre, con riferimento alla “parallela” disciplina del mandato di arresto Europeo, si e’ sostenuto che per accertare l’effettiva sussistenza di un pericolo di trattamento inumano e degradante, ostativo alla consegna del detenuto all’autorita’ dello Stato richiedente occorre l’acquisizione, da parte dell’autorita’ giudiziaria remittente, di informazioni “individualizzate” sul regime di detenzione (Sez. 6, n. 26383 del 05/06/2018, P.G. in proc. Chira, Rv. 273803: e cio’ perche’, si e’ chiarito, l’accertamento di un rischio concreto di trattamento inumano o degradante del regime carcerario riservato alla persona richiesta in consegna, da svolgere, secondo quanto chiarito dalla Corte di giustizia de la Unione Europea (sent. del 05/04/2016, C-404/15, Aaranyosi e C-659/15, Caldararu), attraverso la richiesta allo Stato emittente di tutte le informazioni relative a le specifiche condizioni di detenzione previste per l’interessato (Sez. 6, n. 47891 del 11/10/2017, Enache, Rv. 271513; conf. Sez. 6, n. 23277 del 01/06/2016, Earbui Rv. 267296; e, nella quale si e’ specificato chiarito come debba “ritenersi integrare una situazione di grave ed intollerabile sovraffollamento, suscettibile di integrare i presupposti dell’articolo 3 CEDU, la detenzione della persona in uno spazio inferiore a tre metri quadrati in regime chiuso; mentre come tale “forte presunzione” di disumanita’ della restrizione in caso di superficie inferiore a detta soglia possa nondimeno essere superata in presenza di circostanze che consentano al detenuto di beneficiare di maggiore liberta’ di movimento durante il giorno, rendendogli possibile il libero accesso alla luce naturale ed all’aria, si’ da compensare l’insufficiente assegnazione di spazio).
Di tali regulae iuris la Cote di appello di Trieste non ha fatto corretta applicazione nel caso di specie, in quanto ha valorizzato non meglio precisati dati informativi desunti da siti internet ed ha qualificato come generiche ed evasive le risposte fornite dall’autorita’ governativa bosniaca, che, invece, appaiono sufficientemente definite in ordine all’istituto e alle caratteristiche del regime detentivo al quale sara’ sottoposto il prevenuto, ai verosimili sviluppi dell’esecuzione della pena che lo riguardera’ e alla situazione carceraria che gli sara’ riservata nell’istituto di (OMISSIS) al quale sara’ destinato. In particolare, quella autorita’ aveva puntualizzato che la superficie della cella alla quale verra’ assegnato il prevenuto sara’, non inferiore a quattro metri quadrati, al netto dello spazio occupato dalle attrezzature e dai servizi; e che i detenuti beneficeranno di una assistenza sanitaria, eventualmente integrata anche da strutture ospedaliere esterne: descrizione nelle quali non pare ravvisabile quella violazione dell’articolo 3 CEDU che, secondo quanto specificato dalla Corte di Strasburgo, impone allo Stato l’obbligo positivo di assicurarsi che tutte le persone ristrette siano detenute in condizioni compatibili con il rispetto della dignita’ umana, che le modalita’ di esecuzione della misura non sottopongano l’interessato a uno stress o a una prova la cui intensita’ superi il livello inevitabile di sofferenza inerente alla detenzione e che, considerate e esigenze pratiche della carcerazione, la salute e il benessere del detenuto siano assicurati in maniera adeguata (cosi’, da ultimo nella sentenza del 09/07/2013, Ciobanu c. Romania e Italia, n. 4509/08).
Peraltro, laddove i giudici di merito avessero ritenuto necessario acquisire ulteriori e piu’ specifiche informazioni, anche in relazione alle particolari condizioni di salute dell’estradando e alle cure di cui lo stesso abbisogna, ben avrebbero potuto formulare all’autorita’ governativa straniera una richiesta integrativa di notizie.
3. La sentenza impugnata va, dunque, annullata con rinvio alla Corte di appello di Trieste che nel nuovo giudizio si uniformera’ agli indicati principi di diritto.
Alla cancelleria vanno demandati gli adempimenti comunicativi di cui all’articolo 203 disp. att. c.p.p..

P.Q.M.

Annulla la sentenza impugnata e rinvia per nuovo giudizio ad altra sezione della Corte di appello di Trieste.
Manda alla cancelleria per gli adempimenti di cui all’articolo 203 disp. att. c.p.p..

 

In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.

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