In tema di esecuzione in Italia di sentenza straniera

Corte di Cassazione, sezione prima penale, Sentenza 22 luglio 2020, n. 21984.

 

In tema di esecuzione in Italia di sentenza straniera, il beneficio della liberazione anticipata può essere concesso anche con riferimento al periodo di detenzione espiato in uno stato estero aderente alla Convenzione di Strasburgo sul trasferimento delle persone condannate per fatti giudicati in quel Paese, a condizione che vengano acquisiti elementi di giudizio idonei a rappresentare la partecipazione del condannato all’opera di rieducazione, e che venga accertato che durante la detenzione all’estero il condannato non abbia già fruito di una misura con effetto equivalente al beneficio richiesto, ovvero che l’applicazione di una tale misura non sia stata già respinta dalla competente autorità straniera.

Sentenza 22 luglio 2020, n. 21984

Data udienza 17 luglio 20200

Tag – parola chiave: Ordinamento penitenziario – Benefici penitenziari – Liberazione condizionale – Espiazione in Italia di pene inflitte con sentenza pronunciata all’estero ai sensi della Convenzione di Strasburgo del 21 marzo 1983 – Applicabilità – Condizioni

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DI TOMASSI Maria Stefani – Presidente

Dott. BONI Monica – Consigliere

Dott. APRILE Stefano – rel. Consigliere

Dott. DI GIURO Gaetano – Consigliere

Dott. RENOLDI Carlo – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
(OMISSIS), nato il (OMISSIS);
avverso l’ordinanza del 05/07/2019 del TRIBUNALE DI SORVEGLIANZA di ROMA;
udita la relazione svolta dal Consigliere Dr. STEFANO APRILE;
lette le conclusioni del PG Dr. MIGNOLO Olga che ha concluso per l’inammissibilita’ del ricorso.

RITENUTO IN FATTO

1. Con il provvedimento impugnato, il Tribunale di sorveglianza di Roma ha rigettato le istanze avanzate dell’interesse di (OMISSIS) volte ad ottenere la detenzione domiciliare e la liberazione condizionale in relazione alla condanna all’ergastolo inflitta dalla Corte d’appello dell’Ontario, irrevocabile in data 12 giugno 2012, riconosciuta nell’ordinamento italiano con sentenza della Corte d’appello di Roma del 15 marzo 2018 anche ai fini dell’esecuzione della pena nel territorio dello Stato in forza della convenzione di Strasburgo del 21 marzo 1983.
2. Ricorre (OMISSIS), a mezzo del difensore avv. (OMISSIS), che chiede l’annullamento del provvedimento impugnato, denunciando la violazione di legge e il vizio della motivazione riguardo alla mancata applicazione, secondo un’interpretazione ampia dei principi contenuti nella convenzione di Strasburgo del 21 marzo 1983 (Sez. U, n. 36527 del 10/07/2008, Napoletano, Rv. 240399), dei benefici penitenziari applicabili nell’ordinamento italiano alla luce del periodo di detenzione gia’ subito in Canada in relazione al quale il condannato aveva maturato il diritto al “day parole”, anche sotto il profilo che una diversa interpretazione sarebbe contraria ai principi di cui agli articoli 2, 3, 10 e 27 Cost., in quanto risulterebbero inapplicabili gli istituti clemenziali e i benefici previsti dalle rispettive legislazioni nei confronti del cittadino straniero e di quello italiano.
2.1. In data 30/6/2020 il difensore ha depositato motivi nuovi presso il Tribunale di Napoli; essi sono giunti a questa Corte il 9/7/2020.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso e’ fondato per le ragioni che saranno esposte.
1.1. I motivi nuovi non vengono esaminati perche’ depositati tardivamente.
Si e’, infatti, affermato che “in tema di impugnazioni, sono inammissibili, ex articolo 591 c.p.p., comma 1, lettera c), i motivi aggiunti al ricorso per cassazione depositati presso la cancelleria del giudice a quo anziche’ in quella della Suprema Corte, come richiesto dal combinato disposto dell’articolo 611 e articolo 585, comma 4” (Sez. 6, n. 20514 del 14/04/2016, Iaria, Rv. 267178).
Nel caso di specie, i motivi nuovi sono stati depositati in data 30/6/2020 al Tribunale di Napoli, peraltro ufficio diverso dal giudice a quo, e sono giunti soltanto in data 9/7/2020 a questa Corte, in violazione del termine di 15 giorni previsto dall’articolo 611 c.p.p., comma 2.
2. E’ opportuno premettere che (OMISSIS), dopo avere chiesto e ottenuto, in forza della sentenza della Corte d’appello di Roma del 15 marzo 2018, il riconoscimento della sentenza di condanna all’ergastolo pronunciata nei suoi confronti dall’autorita’ giudiziaria del Canada – anche al fine di eseguire la pena in Italia secondo la previsione della Convenzione di Strasburgo del 21 marzo 1983 -, ha avanzato in data 7/3/2019 la richiesta di incidente di esecuzione alla Corte d’appello di Roma per ottenere l’applicazione in Italia dell’istituto del “day parole”, qualificandolo quale “liberazione anticipata” della quale potrebbe godere, secondo l’ordinamento giuridico canadese, il condannato previa valutazione della durata della pena gia’ trascorsa e del comportamento assunto durante l’esecuzione, ritenendo di avere maturato tale diritto, sicche’ vi doveva essere datata esecuzione in Italia a norma dell’articolo 12 della citata Convenzione.
2.1. Il presidente della Quarta Sezione penale della Corte d’appello di Roma – giudice dell’esecuzione -, con proprio decreto in data 15 marzo 2019, disponeva la trasmissione dell’istanza al Tribunale di sorveglianza di Roma, rilevando che si tratta “di istanza comunque intesa all’ottenimento di beneficio penitenziario alla luce di eventuale riconoscimento di omologo beneficio previsto nell’ordinamento di provenienza”.
2.2. Il Tribunale di sorveglianza di Roma, ricevuti gli atti e fissata l’udienza camerale del 5/7/2019, rigettava le istanze rivolte a ottenere la detenzione domiciliare o la liberazione condizionale, cosi’ qualificata l’istanza volta ad ottenere l’applicazione dello specifico istituto del “day parole” previsto dallo stato emittente. In particolare, il Tribunale di sorveglianza osservava che, a norma dell’articolo 9 della Convenzione di Strasburgo, l’esecuzione della condanna e’ regolata dalla legge dello Stato di esecuzione il quale e’ l’unico competente a prendere ogni decisione al riguardo, evidenziando che (OMISSIS) aveva prestato il proprio consenso ad accettare le conseguenze giuridiche del trasferimento dell’esecuzione della sentenza straniera in Italia.
Rilevava conclusivamente che le stanze risultavano inammissibili poiche’ quella relativa alla detenzione domiciliare rientrava nel catalogo ostativo di cui alla L. n. 354 del 1975, articolo 4-bis, mentre quella relativa alla liberazione condizionale richiedeva l’espiazione di almeno 26 anni a norma dell’articolo 176 c.p., comma 3, e che non risultavano essere stati concessi dallo stato di condanna benefici in relazione ai quali potesse essere ritenuta espiata, in tale entita’, parte della pena.
3. Tenuto presente che sia la richiesta di incidente di esecuzione che il successivo ricorso per cassazione e la stessa ordinanza del Tribunale di sorveglianza di Roma sono confusi per quello che riguarda il presupposto e l’oggetto della domanda nonche’ in ordine agli istituti dalla stessa evocati, appare necessario sviluppare alcune premesse di ordine generale.
3.1. Secondo il costante orientamento della giurisprudenza di legittimita’ “l’adattamento della pena inflitta con la sentenza straniera, ai fini della sua esecuzione nello Stato a norma della Convenzione di Strasburgo sul trasferimento delle persone condannate, adottata a Strasburgo il 21 marzo 1983, deve essere eseguito tenendo conto dei benefici gia’ acquisiti dal condannato durante l’esecuzione all’estero. A tal fine, deve essere accertato, anche mediante idonea documentazione da richiedersi all’autorita’ straniera, se al momento del trasferimento in Italia il condannato abbia gia’ maturato, secondo l’ordinamento dello Stato di condanna, il diritto ai suddetti benefici” (Sez. 1, n. 21358 del 21/04/2017, Terrasi, Rv. 270584).
Alla luce di tale principio, quando il condannato si duole della inesatta determinazione della pena nell’ordinamento italiano per mancato riconoscimento dei benefici gia’ acquisiti all’estero, spetta al giudice dell’esecuzione, sulla base dell’istruttoria svolta d’ufficio a norma dell’articolo 666 c.p.p., comma 5, compiere i necessari accertamenti e rideterminare la pena da espiare in Italia.
D’altra parte, tali principi sono stati da tempo sviluppati valorizzando la previsione dell’articolo 738 c.p.p. che impedisce un trattamento deteriore, essendosi affermato che “l’adattamento della pena inflitta con la sentenza straniera riconosciuta in Italia deve essere eseguito rispettando la decisione straniera con riferimento al complessivo trattamento che, in virtu’ di tale titolo e nell’ambito della relativa disciplina, e’ comminato al soggetto: di modo che tale trattamento non puo’ essere piu’ grave di quello che sarebbe di spettanza sulla base della normativa straniera. Tale principio trova applicazione anche nella fase di esecuzione come si ricava dall’articolo 738 c.p.p.;
pertanto deve detrarsi dalla pena il periodo relativo al beneficio della liberazione anticipata che sia stato concesso dall’autorita’ giudiziaria straniera” (Sez. 6, n. 3950 del 03/11/1995 dep. 1996, De Curtis, Rv. 203861).
Si e’, del resto, chiarito che “Per il giudice italiano e’ atto dovuto la sostituzione della liberazione condizionale accordata al condannato all’estero con la misura prevista dall’articolo 176 c.p., in quanto l’articolo 735 c.p.p., comma 4, seconda parte, nel prevedere tale sostituzione, non pone come condizione ne’ che il beneficio applicato all’estero sia stato concesso da un’autorita’ giurisdizionale, ne’ la piena equivalenza o assimilabilita’ dell’istituto straniero a quello nazionale, sottraendo, cosi’, al giudice nazionale ogni potere di apprezzamento discrezionale” (Sez. 1, n. 3876 del 03/06/1996, Rotterdam, Rv. 205344).
In generale, la giurisprudenza di legittimita’ ha chiarito che “in tema di esecuzione in Italia di sentenza straniera, il principio stabilito dall’articolo 738 c.p.p., per cui l’esecuzione della pena e’ soggetta alla legge italiana, trova un limite nel divieto di aggravamento della pena inflitta nell’ordinamento straniero, prescritto dall’articolo 735 c.p.p., comma 3 e dall’articolo 10 della Convenzione di Strasburgo sul trasferimento delle persone condannate del 21 marzo 1983, ratificata con L. 27 luglio 1988, n. 334, di guisa che, al fine di stabilire l’esatta posizione giuridica esecutiva del condannato e i benefici gia’ maturati secondo l’ordinamento straniero, occorre far riferimento al momento del trasferimento in Italia per l’espiazione della pena” (Sez. 1, n. 11425 del 11/02/2004, Sciabica, Rv. 227821, ha annullato con rinvio la decisione con la quale la Corte di appello aveva respinto in virtu’ dell’articolo 738 c.p.p. l’istanza del condannato trasferito in Italia per l’espiazione della pena in applicazione della Convenzione di Strasburgo, con la quale intendeva far dichiarare il beneficio della riduzione della pena acquisito durante l’esecuzione all’estero; nello stesso senso Sez. 6, n. 42996 del 07/10/2003, Mazzucchetti, Rv. 228190).
3.2. Tali principi, costantemente affermati con riguardo alla Convenzione di Strasburgo del 1983 nell’ambito del procedimento di riconoscimento della sentenza straniera e in quello di esecuzione della relativa sentenza, trovano applicazione anche nel procedimento di sorveglianza volto all’applicazione dei benefici previsti dalla L. n. 354 del 1975.
La giurisprudenza di legittimita’, abbandonato il contrario indirizzo (Sez. 1, n. 33520 del 07/07/2010, Aita, Rv. 248125: “in tema di esecuzione in Italia di sentenza straniera, la liberazione anticipata puo’ trovare applicazione solo con riferimento al periodo di esecuzione della pena in Italia e non con riguardo al periodo di esecuzione sofferto nello Stato di condanna”), si e’ stabilmente orientata ad affermare che “in tema di esecuzione in Italia di sentenze straniere, la liberazione anticipata puo’ trovare applicazione anche con riferimento al periodo di detenzione espiato in uno stato estero della comunita’ Europea per fatti giudicati in quel Paese, quando l’espiazione venga poi completata nello Stato italiano” (Sez. 1, n. 31012 del 06/06/2012, Paci, Rv. 253292; nello stesso senso: Sez. 1, n. 10724 del 08/11/2012 dep. 2013, Gisana, Rv. 255432; Sez. 1, n. 14357 del 13/02/2013, Fragala’, Rv. 255342; Sez. 1, n. 21373 del 19/04/2013, Porcacchia, Rv. 256084), fermo restando che spetta alla magistratura di sorveglianza, ricorrendo ai mezzi che presiedono all’assistenza e alla cooperazione giudiziaria e richiedendo la collaborazione dei competenti organi sociali e amministrativi, di acquisire gli elementi di giudizio che, pur in mancanza di sottoposizione del condannato ad attivita’ trattamentali, siano idonei a rappresentare la partecipazione all’opera di rieducazione, la revisione critica della propria condotta e la volonta’ di abbandonare gli schemi di vita devianti, valutando il comportamento in istituto, l’osservanza delle prescrizioni e degli obblighi impostigli, l’eventuale attivita’ lavorativa svolta, l’atteggiamento manifestato nei confronti degli operatori penitenziari e la qualita’ dei rapporti intrattenuti con i compagni di detenzione e con i familiari, e accertando, nello stesso tempo, che durante la detenzione all’estero il condannato non abbia gia’ fruito di misura alternativa con effetto equivalente a quello che consegue, nell’ordinamento italiano, alla liberazione anticipata, e che la richiesta di applicazione di una tale misura non sia stata gia’ respinta dalla competente autorita’ straniera.
Si noti, del resto, che il richiamato principio e’ stato recentemente esteso dalla giurisprudenza di legittimita’ ai Paesi che non aderiscono alla Convenzione di Strasburgo, alla quale invece aderisce il Canada dal 1 settembre 1985 (strumento di adesione in data 21 marzo 1983 e successiva ratificata in data 13 maggio 1985), in quanto si e’ chiarito che “in tema di esecuzione in Italia di sentenza straniera, il beneficio della liberazione anticipata puo’ essere concesso anche con riferimento al periodo di detenzione espiato in uno Stato estero non rientrante nell’Unione Europea a condizione che cio’ sia previsto dalle disposizioni contenute in trattati bilaterali, o facenti parte del diritto internazionale generale, e che sussistano tutte le altre condizioni previste dall’articolo 54, ord. pen. ” (Sez. 1, n. 12706 del 05/02/2020, Poggiagliolmi, Rv. 278704).
Si tratta, in effetti, di un principio del tutto conforme ai precetti costituzionali evocati dal ricorrente.
4. Cio’ premesso, tenuto conto che l’originaria istanza non deduceva l’avvenuto ottenimento nell’ordinamento canadese di alcun beneficio penitenziario, ma unicamente il decorso del termine, in detto paese previsto, per la riduzione della pena da espiare in ragione della positiva condotta intrattenuta durante il periodo di carcerazione, sicche’ non si pone la questione dell’adattamento della pena di cui si e’ detto al par. 3.1., ma unicamente della possibilita’ di valutare il ridetto periodo, compiuti i necessari accertamenti, al fine di ottenere, secondo l’ordinamento italiano, i benefici previsti dalla L. n. 354 del 1975, risulta fondato il motivo di ricorso che denuncia la violazione di legge perche’, con riguardo alla liberazione anticipata, il Tribunale di sorveglianza ha omesso di esaminare la domanda del condannato alla stregua dei principi indicati al par. 3.2.
4.1. L’ordinanza impugnata va pertanto annullata con rinvio al Tribunale di sorveglianza di Roma perche’, attenendosi ai sopra richiamati principi di diritto e compiuto ogni necessario accertamento, proceda a nuovo giudizio esaminando nel merito la domanda del detenuto.

P.Q.M.

Annulla l’ordinanza impugnata e rinvia per nuovo giudizio al Tribunale di sorveglianza di Roma.

 

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