In tema di disciplina emergenziale per la pandemia da Covid-19

Corte di Cassazione, penale, Sentenza|4 marzo 2021| n. 8885.

In tema di disciplina emergenziale per la pandemia da Covid-19, il magistrato di sorveglianza, nel valutare l’istanza di ammissione alla esecuzione della pena presso il domicilio, ai sensi dell’art. 123, d.l. 17 marzo 2020, n. 18, convertito con modificazioni dalla legge 24 aprile 2020, n. 27, formulata dal detenuto che debba espiare una pena detentiva non superiore a diciotto mesi, può ravvisare un grave motivo ostativo alla concessione del beneficio nel pericolo di reiterazione dei reati, purché ne accerti la sussistenza e ne offra specifica giustificazione.

Sentenza|4 marzo 2021| n. 8885

Data udienza 29 gennaio 2021

Integrale

Tag – parola chiave: Sorveglianza – Esecuzione della pena presso il domicilio – Ammissione ai sensi dell’art. 123 d.l. n. 18/2020 – Sussistenza di un grave motivo ostativo in caso di pericolo di reiterazione di reati – Onere motivazionale del giudice – Censure di merito – Rigetto

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SARACENO Rosa Anna – Presidente

Dott. ROCCHI Giacomo – Consigliere

Dott. BONI Monica – rel. Consigliere

Dott. MAGI Raffaello – Consigliere

Dott. RENOLDI Carlo – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
(OMISSIS), nato a (OMISSIS);
avverso l’ordinanza del 24/06/2020 del TRIB. SORVEGLIANZA di VENEZIA;
udita la relazione svolta dal Consigliere Dr. BONI MONICA;
lette le conclusioni del PG Dr. DALL’OLIO MARCO, che ha chiesto il rigetto del ricorso.

RITENUTO IN FATTO

1.Con ordinanza del 24 giugno 2020 il Tribunale di sorveglianza di Venezia rigettava il reclamo proposto da (OMISSIS) avverso il provvedimento del 12 maggio 2020 del Magistrato di sorveglianza di Verona, che aveva respinto l’istanza di applicazione della misura della esecuzione della pena presso il domicilio, avanzata dallo stesso ai sensi del Decreto Legge 17 marzo 2020, n. 18, articolo 123, in base al giudizio di pericolosita’ sociale del condannato, non contenibile con la sottoposizione a strumenti di controllo a distanza, quali il braccialetto elettronico.
2. Avverso detta ordinanza ricorre per cassazione l’interessato, per mezzo del suo difensore, avv.to (OMISSIS), che ne chiede l’annullamento per:
a) mancanza di motivazione in relazione al contenuto dell’atto di reclamo, col quale si era dedotta la nullita’ del provvedimento del magistrato di sorveglianza perche’ contenente la stessa motivazione di provvedimento precedente di rigetto dell’istanza di ammissione alla detenzione al domicilio ai sensi della L. n. 199 del 2010, articolo 1; le ragioni del rigetto del reclamo sono ingiuste e disancorate dalla ratio legis ed equiparabili ad una motivazione apparente.
b) Vizio di motivazione in relazione alla Decreto Legge n. 18 del 2020, articolo 123. Il legislatore ha indicato tassativamente i motivi che ostacolano l’accesso alla detenzione al domicilio all’articolo 123, lettera da a) a f), escludendo il pericolo di recidivazione, come confermato anche dalla Relazione illustrativa del 17/03/2020.
c)Vizio di motivazione in relazione all’articolo 133 c.p. per insussistenza del rischio di recidivazione, fondato su alcuni dati neppure certi, contraddetti da altri piu’ significativi quali la condotta processuale di ammissione degli addebiti e di risarcimento del danno a favore della persona offesa, elementi non considerati dal Tribunale di sorveglianza, nonche’ dalla partecipazione al trattamento rieducativo, tanto che il ricorrente ha beneficiato della liberazione anticipata. Non ha fondamento ritenere che egli sia inserito in un contesto di criminalita’ organizzata e la sottoposizione a misura di prevenzione non e’ inconciliabile con la detenzione domiciliare ed il relativo giudizio e’ smentito dall’assoluzione disposta dal G.u.p. del Tribunale di Catanzaro con sentenza 8 giugno 2018, la Questura di Catanzaro non ha fornito informazioni negative e la nota della Questura di Paola non offre elementi concreti cui ancorare il giudizio di pericolosita’ sociale perche’ contenente solo ipotesi investigative e congetture, che non costituiscono elementi di fatto valutabili.
3. Il Procuratore Generale presso questa Corte, Dott. Marco Dall’Olio, ha depositato requisitoria scritta, con la quale ha chiesto il rigetto del ricorso.

CONSIDERATO IN DIRITTO

Il ricorso e’ infondato e non merita dunque accoglimento.
1. Il primo motivo di ricorso prospetta la mancanza o la mera apparenza della motivazione in riferimento al motivo di reclamo, asseritamene rimasto privo di risposta, col quale si era dedotta la nullita’ dell’ordinanza emessa dal magistrato di sorveglianza perche’ meramente riproduttiva delle argomentazioni con le quali con precedente provvedimento del 30 aprile 2020 era stata respinta l’istanza di ammissione alla detenzione al domicilio ai sensi della L. n. 199 del 2010.
1.1 Sebbene il Tribunale di sorveglianza non abbia dedicato apposita trattazione alla questione, non si rinviene il vizio denunciato, posto che l’avere il giudice di prima istanza ripreso considerazioni, che danno conto in modo effettivo ed esauriente delle ragioni della decisione, seppur gia’ espresse a supporto di altra decisione, contenuta in diverso provvedimento, non viola nessuna disposizione di legge e non da’ luogo a nullita’, sanzione soggetta al principio di tassativita’ e richiedente la previsione da parte di una disposizione normativa, non ricostruibile in via interpretativa.
1.2 Va aggiunto che l’ordinanza in verifica ha specificato che il collegamento esistente tra le domande proposte da (OMISSIS), riguardanti due forme distinte di detenzione domiciliare, richiedenti entrambe la valutazione, quali presupposti comuni, della sua posizione esecutiva e del suo curriculum criminale, consentiva di prendere in esame risultanze anche dell’altro parallelo procedimento, senza che da cio’ sia derivato un pregiudizio per le possibilita’ di difesa del condannato, ne’ l’elusione dell’obbligo motivazionale.
2. Col secondo motivo si contesta l’erronea considerazione in punto di diritto della domanda. Secondo la difesa le disposizioni introdotte per far fronte all’emergenza pandemica da covid-19 non consentirebbero di valorizzare, quale dato negativo, il pericolo di reiterazione di reati da parte del condannato.
2.1. Va premesso che il referente normativo in base al quale sindacare la fondatezza dell’impugnazione e’ costituito dal Decreto Legge 17 marzo 2020, n. 18, articolo 123, convertito dalla L. 24 aprile 2020, n. 27, che ha disposto al comma 1: “1. In deroga al disposto della L. 26 novembre 2010, n. 199, articolo 1, commi 1, 2 e 4, dalla data di entrata in vigore del presente decreto e fino al 30 giugno 2020, la pena detentiva e’ eseguita, su istanza, presso l’abitazione del condannato o in altro luogo pubblico o privato di cura, assistenza e accoglienza, ove non sia superiore a diciotto mesi, anche se costituente parte residua di maggior pena”, tranne che debba essere espiata dai soggetti che versino nelle situazioni previste alle lettere da a) a f). Il comma 2 ha stabilito “2. Il magistrato di sorveglianza adotta il provvedimento che dispone l’esecuzione della pena presso il domicilio, salvo che ravvisi gravi motivi ostativi alla concessione della misura”.
2.2. Il legislatore, come esposto nella Relazione illustrativa al testo di legge, ha inteso approntare strumenti per alleggerire “l’ampia concentrazione di personale di polizia penitenziaria, di detenuti e di operatori” negli ambienti carcerari, strumenti che ha individuato, tra l’altro, nella detenzione al domicilio secondo il modello sperimentato con la L. 26 novembre 2010, n. 199, rispetto al quale ha previsto la semplificazione e l’accelerazione procedurale mediante esonero dall’acquisizione della relazione della direzione dell’istituto penitenziario sulla condotta tenuta durante la detenzione, la previsione dell’emissione del provvedimento de plano con possibilita’ di contraddittorio tra le parti, differito alla successiva fase di reclamo, l’obbligo di indicazione del luogo esterno ove espiare la pena, verificato nella sua idoneita’, ed il consenso del condannato alla sottoposizione a procedure di controllo a distanza. Gli elementi di valutazione, che devono orientare la decisione del magistrato di sorveglianza, sono costituiti dall’entita’ della pena da espiare, anche quale residuo di quella inflitta col titolo esecutivo, dall’istanza formulata dall’interessato o dal pubblico ministero, dalle verifiche sull’idoneita’ del domicilio, dalla presenza di eventuali condizioni ostative secondo quanto previsto in negativo dall’articolo 123, comma 1.
Sul punto il legislatore ha modificato le previsioni limitative di cui alla della L. n. 199 del 2010, articolo 1, comma 2, stabilendo l’esclusione dal beneficio dei:
a) soggetti condannati per taluno dei delitti indicati dalla L. 26 luglio 1975, n. 354, articolo 4-bis, e successive modificazioni e dagli articoli 572 e 612-bis c.p.;
b) delinquenti abituali, professionali o per tendenza, ai sensi degli articoli 102, 105 e 108 c.p.;
c) detenuti che sono sottoposti al regime di sorveglianza particolare, ai sensi della L. 26 luglio 1975, n. 354, articolo 14-bis, salvo che sia stato accolto il reclamo previsto dall’articolo 14-ter della medesima legge;
d) detenuti che nell’ultimo anno siano stati sanzionati per le infrazioni disciplinari di cui al Decreto del Presidente della Repubblica 30 giugno 2000, n. 230, articolo 77, comma 1, nn. 18, 19, 20 e 21;
e) detenuti nei cui confronti sia redatto rapporto disciplinare ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica 30 giugno 2000, n. 230, articolo 81, comma 1, in quanto coinvolti nei disordini e nelle sommosse a far data dal (OMISSIS);
f) detenuti privi di un domicilio effettivo e idoneo anche in funzione delle esigenze di tutela delle persone offese dal reato.
2.3. Lo snellimento della procedura, previsto anche in riferimento all’istruttoria ed alle ridotte fonti informative, oltre che alla diminuzione delle condizioni preclusive dell’accesso all’istituto rispetto alla disciplina della L. n. 199 del 2010, non autorizza a ritenere che l’ammissione costituisca esito automatico ed obbligato del procedimento sul solo presupposto della sussistenza delle condizioni di fatto quanto all’entita’ della pena da espiare, rientrante nel limite di legge, ed al domicilio idoneo e dell’assenza delle cause ostative elencate al comma 1. Sebbene la locuzione presente nell’articolo 123, comma 2. “2. Il magistrato di sorveglianza adotta il provvedimento che dispone l’esecuzione della pena presso il domicilio”, sembri alludere alla obbligata adozione della decisione favorevole al detenuto che debba espiare pena detentiva breve, in realta’ la previsione e’ completata dalla possibilita’ di ravvisare “gravi motivi ostativi alla concessione della misura”. La formulazione della norma implica dunque l’esercizio dei consueti poteri discrezionali di apprezzamento della fattispecie concreta, che competono alla giurisdizione di sorveglianza in materia di espiazione della sanzione detentiva in contesto non carcerario; inoltre, la rinuncia del legislatore a tipizzare e rendere tassativi le situazioni ostative e il criterio per l’apprezzamento del grado della loro gravita’ convince che anche nei confronti dei detenuti, che non versino nelle condizioni speciali individuate dall’articolo 123, comma 1, lettera a)-f), e’ sempre possibile negare la detenzione al domicilio se siano individuati gravi motivi che ne sconsiglino l’applicazione. A tale fine, come rilevato dai primi commentatori, potranno essere valorizzati elementi negativi, di immediata constatazione perche’ emergenti dagli atti disponibili, emersi nel corso del percorso carcerario, oppure desunti dai reati commessi, dalle pendenze di ulteriori processi, dalle condotte tenute durante la fruizione di permessi o altre misure alternative, di documentati collegamenti con la criminalita’ organizzata.
Risponde al vero quanto dedotto in ricorso, ossia l’avvenuta eliminazione dal novero delle condizioni che impediscono l’applicazione della misura del pericolo di fuga e delle “specifiche e motivate ragioni per ritenere che il condannato possa commettere altri delitti”, evenienze previste testualmente quali profili da escludere per la concessione della detenzione al domicilio ai sensi della L. n. 199 del 2010.
Tuttavia, tale eliminazione, funzionale a consentire un piu’ ampio ricorso all’istituto ed a snellire le procedure di accertamento, va raccordata con l’introduzione di una norma generale di chiusura, che demanda al giudice di merito l’individuazione dei gravi motivi ostativi. Essa impone all’interprete di assegnarvi un significato effettivo ed autonomo rispetto alle altre previsioni e di ritenere che tali situazioni contrarie all’ammissione alla detenzione al domicilio non si identifichino in quelle gia’ elencate al comma 1, pena l’assoluta superfluita’ dell’inciso, ma possano ravvisarsi anche nel giudizio di pericolosita’ sociale del detenuto, desunto dall’andamento della vicenda espiativa, oppure da altri elementi di sicura acquisizione e congruamente evidenziati ed illustrati nella motivazione del provvedimento reiettivo.
Ne’ puo’ ritenersi che l’applicazione obbligatoria, in caso di ammissione, di strumenti di controllo di tipo elettronico o di altra natura tecnica, quali, ad esempio, l’apposizione del braccialetto elettronico, risolva ed assorba, eliminandolo, ogni profilo di pericolosita’ del detenuto domiciliare in modo tale da esentare il giudice che debba assumere la relativa decisione dal verificare tale profilo personologico. E’ sufficiente considerare che, per espressa previsione dell’articolo 123, commi 3 e 4, ne sono esentati i soggetti minori di eta’ al momento dell’esecuzione e coloro che debbano espiare pena inferiore a sei mesi di reclusione e che, per le modalita’ operative di funzionamento, tali presidi non presentano idoneita’ assoluta ad impedire la reiterazione di reati, potendo soltanto segnalare l’allontanamento dal luogo di detenzione.
Deve dunque formularsi il seguente principio di diritto: “il magistrato di sorveglianza, nel valutare la possibilita’ di ammettere alla detenzione al domicilio ai sensi del Decreto Legge 17 marzo 2020, n. 18, articolo 123, convertito con modificazioni dalla L. 24 aprile 2020, n. 27, il detenuto che debba espiare pena detentiva non superiore a diciotto mesi, puo’ ravvisare un grave motivo ostativo al beneficio nel pericolo di reiterazione di reati, purche’ ne accerti la sussistenza e ne offra specifica giustificazione”.
3. Ebbene nel caso specifico, la conforme decisione dei giudici di sorveglianza nei due gradi in cui si e’ articolato il procedimento e’ supportata da congrua motivazione, che espone i dati informativi rilevanti e giustifica in termini logici, coerenti e privi di vizi giuridici il giudizio prognostico negativo espresso a carico del ricorrente.
3.1. Il provvedimento impugnato ha respinto il reclamo proposto dal ricorrente sulla scorta di una congrua analisi della sua posizione esecutiva e di altrettanto corretta interpretazione delle norme giuridiche di riferimento. Ha rilevato, infatti, la attuale pericolosita’ sociale del richiedente, intesa quale valutazione prognostica circa l’elevata probabilita’ di ricaduta nel crimine, desunta dal contesto ambientale e familiare di maturazione delle condotte criminose, dalla natura e dalla pluralita’ dei delitti commessi -partecipazione ad associazione finalizzata al traffico di stupefacenti, rapina in concorso, detenzione illegale di armi-e dalla gravita’ di quelli ulteriori di concorso in tentato omicidio e violazione della disciplina sulle armi, commessi il (OMISSIS), per i quali sta espiando pena detentiva. Ha riscontrato l’avvenuta commissione il (OMISSIS) del delitto di evasione dagli arresti domiciliari, causa del successivo aggravamento della misura cautelare applicatagli, cui e’ seguito il proscioglimento in sede giudiziale per speciale tenuita’ del fatto ex articolo 131-bis c.p..
Ha quindi valorizzato anche le emergenze della relazione di sintesi redatta dal personale della casa circondariale di Cosenza prima del suo trasferimento in altro istituto, stimate indicative: della allarmante carriera delinquenziale intrapresa sin dalla piu’ giovane eta’ di appena diciottenne e di non comune capacita’ criminale per avere commesso gravi reati anche con l’uso della violenza e delle armi; del mancato chiarimento delle motivazioni sottostanti il tentativo di omicidio, attuato quale spedizione punitiva in danno della vittima; dell’atteggiamento di negazione, assunto verso le esperienze devianti ed il coinvolgimento nel narcotraffico, attribuiti quest’ultimo alla sola condotta di trasmissione all’esterno degli ordini impartiti durante i colloqui in carcere dal padre detenuto, esponente di rilievo del clan âEuroËœndranghetista (OMISSIS), e la commissione degli altri reati alla condanna riportata nonostante l’estraneita’ a tali fatti, che aveva alterato la sua condotta e le sue frequentazioni nel periodo successivo.
3.2. La conclusione raggiunta circa l’assenza di revisione critica e di allontanamento da logiche criminali, il mancato chiarimento del contesto di maturazione del tentato omicidio ed i vincoli familiari con affiliati alla criminalita’ organizzata, cui e’ accertato appartenere anche il fratello, detenuto e sottoposto come il padre al regime detentivo ex articolo 41-bis ord. pen., da’ conto dei ravvisati gravi motivi ostativi all’ammissione alla detenzione al domicilio e dell’insufficienza ed inidoneita’ a contenere l’elevata pericolosita’ del detenuto anche della sottoposizione a braccialetto elettronico, poiche’ la natura dei reati commessi e le limitate prescrizioni imposte non in grado di evitare comunicazioni e contatti con l’esterno, ne consente la reiterazione dal domicilio, anche in concorso con altri, tanto piu’ per la sua collocazione a Cetraro, luogo di perpetrazione degli illeciti.
3.3. Per contrastare il giudizio cosi’ espresso la difesa si duole della mancata considerazione dell’estraneita’ al contesto mafioso e di altri elementi positivi, pur emersi nel corso del trattamento penitenziario, ed in particolare della condotta di ammissione degli addebiti e di risarcimento del danno a favore della persona offesa e della partecipazione al trattamento rieducativo, tanto che il ricorrente ha beneficiato della liberazione anticipata. Si tratta di argomenti che si giustappongono alle considerazioni espresse nell’ordinanza impugnata in termini non consentiti nel giudizio di legittimita’.
A fronte di una motivazione ampia e dettagliata circa le ragioni del diniego del beneficio richiesto, espresso dal Tribunale di sorveglianza, il ricorrente ripropone questioni inerenti la valutazione del materiale probatorio raccolto, sollecitando di fatto un nuovo esame del merito, che assegni rilievo decisivo a dati che, al contrario, con motivazione su aspetti fattuali non irrazionale, ne’ estranea ai temi sollevati, sono stati ritenuti minusvalenti nell’ambito della valutazione discrezionale del giudice di merito, puntualmente giustificata.
Per le considerazioni svolte il ricorso va respinto con a conseguente condanna del proponente al pagamento delle spese processuali.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

 

In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.

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