Corte di Cassazione, sezione terza penale, Sentenza 16 giugno 2020, n. 18296.
Massima estrapolata:
In tema di correzione di errori materiali, è affetto da nullità assoluta per difetto di competenza funzionale l’atto adottato dal giudice che ha emesso il provvedimento erroneo, qualora lo stesso sia stato impugnato, in quanto, in tal caso, la competenza spetta al giudice dell’impugnazione, salvo non gli siano ancora pervenuti gli atti e ricorra una situazione di urgenza a provvedere.
Sentenza 16 giugno 2020, n. 18296
Data udienza 4 marzo 2020
Tag – parola chiave: Daspo – Manifestazioni sportive – Provvedimento del Questore – Divieto di accesso – Provvedimento di correzione errore materiale – Condizioni – Violazione art. 130 c.p.p.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA PENALE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. LIBERATI Giovanni – Presidente
Dott. CORBETTA Stefano – Consigliere
Dott. REYNAUD Gianni F. – rel. Consigliere
Dott. MACRI’ Ubalda – Consigliere
Dott. ZUNICA Fabio – Consigliere
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
(OMISSIS), nato a (OMISSIS);
avverso l’ordinanza del 18/09/2019 del Tribunale di Modena;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere Gianni Filippo Reynaud;
lette le richieste del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale Angelillis Ciro, che ha concluso chiedendo dichiararsi l’inammissibilita’ del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
1. Con provvedimento del 18 settembre 2019 il Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Modena ha apportato correzioni alla propria precedente ordinanza del 21 agosto 2019 con cui era stato convalidato l’ordine del Questore di Modena che aveva imposto a (OMISSIS), unitamente al divieto di accesso alle manifestazioni sportive indicate nel provvedimento del questore, l’obbligo di presentarsi per sette anni presso la stazione Carabinieri di Thiene in concomitanza con gli incontri sportivi della squadra di calcio (OMISSIS).
2. Avverso tale provvedimento l’imputato ha proposto ricorso per cassazione, deducendone, con il primo motivo, l’abnormita’ ovvero l’inosservanza dell’articolo 130 c.p.p..
Sotto il primo profilo, si rileva che, essendo stata corretta un’ordinanza che era gia’ stata fatta oggetto d’impugnazione con ricorso per cassazione – con cui ci si era peraltro doluti di una precedente, illegittima, correzione apposta a mano, e senza sottoscrizione del giudice, sul provvedimento gia’ depositato e comunicato, essendo stato corretto il nome della squadra di calcio indicata nell’ordinanza (sostituendosi quello del (OMISSIS) a quello della (OMISSIS)) la successiva correzione effettuata con il provvedimento qui impugnato (con la quale si e’ disposto che, laddove indicato (OMISSIS), doveva invece leggersi (OMISSIS)) era avvenuta in assoluta carenza di potere, come se si volesse sopperire a quanto lamentato dal ricorrente nell’originaria impugnazione.
Sotto il secondo profilo, si lamenta in ogni caso la violazione dell’articolo 130 c.p.p., sia perche’ la correzione non era stata preceduta da udienza in camera di consiglio celebrata a norma dell’articolo 127 c.p.p., sia perche’, essendo gia’ stata proposta impugnazione in data 2 settembre 2019, eventuali correzioni erano di esclusiva competenza del giudice ad quem.
3. Con il secondo motivo si deduce violazione ed errata applicazione della L. n. 401 del 1989, articolo 6, commi 2 e 3, in quanto l’ordinanza di convalida faceva riferimento, per determinare l’obbligo di presentazione, agli incontri di calcio della (OMISSIS), mentre la richiesta di convalida formulata dal” pubblico ministero riguardava gli incontri di calcio della (OMISSIS), con la conseguente nullita’ dell’ordinanza di convalida per violazione del principio della domanda, non essendovi correlazione tra la richiesta del pubblico ministero e l’ordinanza del Giudice per le indagini preliminari.
4. Con il terzo motivo di ricorso si lamenta vizio della motivazione con riferimento alla proporzionalita’ della misura, di cui non era stata giustificata in alcun modo la durata, assai gravosa, essendo stata determinata in sette anni, cioe’ in misura prossima al massimo consentito per i soggetti recidivi, pari ad otto anni secondo la piu’ favorevole disciplina applicabile ratione temporis.
5. Con il quarto motivo di ricorso ci si duole della mancanza e manifesta illogicita’ della motivazione con riferimento al giudizio di pericolosita’ del ricorrente, nonche’ della violazione della L. n. 401 del 1989, articolo 6, comma 5, risalendo al 2000 il precedente provvedimento di DASPO inflittogli, tra l’altro per la durata di 1 anno, con la conseguenza che il giudizio di pericolosita’ formulato sul proprio conto risultava giustificato in modo insufficiente e, con riferimento al richiamo di detto precedente, manifestamente illogico.
6. Con il quinto motivo si deduce violazione della L. n. 401 del 1989, articolo 6, comma 2, per la mancata considerazione della attivita’ lavorativa del ricorrente, che svolge l’attivita’ di operaio trasfertista, e del grave pregiudizio per la stessa dell’obbligo di presentazione che gli era stato imposto, dovendo per tale attivita’ allontanarsi frequentemente dal luogo di residenza.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. La doglianza con cui si deduce l’abnormita’ del provvedimento impugnato e’ manifestamente infondata, posto che la categoria dell’abnormita’, non disciplinata dalla legge, e’ stata elaborata dalla giurisprudenza per consentire il ricorso per cassazione avverso provvedimenti non altrimenti impugnabili ed e’ appunto “riferibile alle sole situazioni in cui l’ordinamento non appresti altri rimedi idonei per rimuovere il provvedimento giudiziale, che sia frutto di sviamento di potere e fonte di un pregiudizio altrimenti insanabile per le situazioni soggettive delle parti” (Sez. U, n. 20569 del 18/01/2018, Ksouri). Laddove, come nella specie, il provvedimento sia impugnabile per violazione di legge, e’ improprio – ed inutile – il richiamo all’abnormita’.
2. Il primo motivo di ricorso e’ invece fondato con riguardo alla violazione dell’articolo 130 c.p.p. sotto entrambi i profili dedotti.
2.1. Il comma 1 della citata disposizione, nel prevedere che, laddove ne ricorrano le condizioni, la correzione delle sentenze, delle ordinanze e dei decreti “e’ disposta, anche d’ufficio, dal giudice che ha emesso il provvedimento”, aggiunge che “se questo e’ impugnato, e l’impugnazione non e’ dichiarata inammissibile, la correzione e’ disposta dal giudice competente a conoscere dell’impugnazione”.
Con riguardo a tale previsione, secondo il piu’ recente indirizzo interpretativo di questa Corte, la correzione di errori materiali puo’ essere disposta dal giudice
che ha deliberato il provvedimento, non solo nella pendenza dei termini per l’impugnazione, ma anche fino a quando gli atti non siano ancora materialmente pervenuti nella sfera del giudice ad quem (Sez. 4, n. 29807 del 21/05/2015, Mosconi, Rv. 264111; Sez. 2, n. 19619 del 13/02/2014, Bruno e aa., Rv. 259933). Nella motivazione di quest’ultima sentenza, che sembra aver inaugurato il citato orientamento, seguito senza la spendita di ulteriori argomentazioni dalla successiva pronuncia richiamata, si legge che “la ripartizione della competenza per provvedere alla correzione dell’errore materiale prevista dall’articolo 130 del c.p.p. deve essere interpretata in modo tale da non vanificare la funzione propria dell’istituto allorche’ vi sia – come nel caso di specie – l’urgenza di correggere l’errore materiale”.
La ratio decidendi, dunque, e’ legata alla ricorrenza di una situazione di urgenza ed alla necessita’ che il provvedimento di correzione, se indifferibile, sia assunto dal giudice che ancora disponga degli atti processuali, l’unico che potrebbe tempestivamente, ed utilmente, provvedere. Sembra potersi leggere un richiamo sistematico alla previsione (pur non menzionata) contenuta nell’articolo 91 disp. att. c.p.p. nella parte in cui statuisce che sulle questioni concernenti le misure cautelari, “dopo la pronuncia della sentenza e prima della trasmissione degli atti a norma dell’articolo 590 cit. cod., provvede il giudice che ha emesso la sentenza”. Laddove si volesse’ seguire questo criterio interpretativo, la legittimita’ della correzione apportata dal giudice a quo riposerebbe, pertanto, sull’individuazione di una situazione di urgenza nel provvedere, che dovrebbe peraltro essere esplicitata per giustificare una competenza che la formulazione letterale della disposizione quale sopra riprodotta, altrimenti, non attribuisce. Ed invero, nel conferire il potere di disporre la correzione del provvedimento impugnato al giudice competente a conoscere dell’impugnazione, la norma individua con chiarezza il momento che segna il passaggio della relativa competenza dal giudice a quo al giudice ad quem nell’avvenuta presentazione dell’impugnazione.
Nel caso di specie, trattandosi di correzione disposta il 18 settembre 2019 su provvedimento impugnato con ricorso per cassazione che era stato depositato presso il medesimo ufficio giudiziario il precedente 2 settembre, non solo non e’ stato fatto alcun richiamo all’urgenza di provvedere, ma tale situazione non pare neppure ipotizzabile, se e’ vero – com’e’ vero – che la Corte di cassazione, rigettando l’impugnazione con sent. n. 2015 del 13/12/2019, dep. 2020, non ha avvertito alcuna necessita’ di procedere alla menzionata correzione, considerando, invece, del tutto congrua l’indicazione nel provvedimento della squadra di calcio del (OMISSIS) quale legittimamente operata con il primo provvedimento di correzione, quello emesso lo stesso giorno, a poche ore di distanza dall’adozione dell’ordinanza.
Tenendo anche conto del fatto che l’impugnazione atteneva pure alla legittimita’ di tale correzione – sulla quale ha successivamente inciso il provvedimento qui impugnato – non v’e’ alcuna ragione di derogare al chiaro principio affermato nell’articolo 130 c.p.p., comma 1, nella parte in cui sottrae al giudice che ha emesso il provvedimento impugnato la competenza ad apportarvi correzioni. A ritenere diversamente, si rischierebbe, in casi come quello di specie, di modificare, senza effettiva indifferibile necessita’, il contenuto del provvedimento impugnato sul quale il diritto d’impugnazione gia’ e’ stato esercitato, con conseguente possibile alterazione delle dinamiche impugnatorie, cio’ che la citata disposizione mira proprio ad evitare, tanto che la giurisprudenza di questa Corte ha condivisibilmente afffermato che la correzione di errori materiali incidenti su capi e punti della decisione divenuti irrevocabili e’ riservata, anche nel caso di impugnazione proposta in relazione ad altri capi e punti, alla competenza funzionale del giudice che ha emesso il provvedimento (Sez. 1, n. 57818 del 04/10/2017, Morrei e aa., Rv. 271915; Sez. 4, n. 32956 del 24/06/2009, Leone, Rv. 244683).
Con tale ultima precisazione, vale a dire sempreche’ la correzione non riguardi capi o punti del provvedimento che non hanno formato oggetto d’impugnazione, va, pertanto, certamente seguito e riaffermato, nel caso di specie, il piu’ risalente orientamento secondo cui e’ affetto da nullita’ assoluta, per difetto di competenza funzionale, l’atto di correzione di errori materiali adottato dal giudice che ha emesso il provvedimento erroneo che sia stato impugnato, spettando in tal caso la competenza a provvedere al giudice dell’impugnazione (Sez. 2, n. 3282 del 12/12/2013, dep. 2014, Meucci, Rv. 259898; Sez. 5, n. 288 del 30/11/2010, dep. 2011, Sorriso e a., Rv. 249504; Sez. 2, n. 24551 del 29/05/2009, Dubois e aa, Rv. 244245; Sez. 6, n. 47456 del 15/11/2004, Bouabid, Rv. 230759), potendosi derogare a tale principio nei termini affermati dalla piu’ recente giurisprudenza sopra citata, in forza dell’interpretazione sistematica ricavabile dall’articolo 91 disp. att. c.p.p., nel solo caso di urgenza di provvedere alla correzione dell’errore materiale.
2.2. Proprio al fine di interloquire sulla questione giuridica appena esaminata, poi, il ricorrente avrebbe senz’altro avuto interesse a partecipare alla camera di consiglio prevista dall’articolo 130 c.p.p., comma 2, con il richiamo alle forme di cui al precedente articolo 127. Non puo’ quindi negarsi l’ammissibilita’ del presente ricorso anche in relazione alla violazione del diritto al contraddittorio (cfr. Sez. 4, n. 39523 del 15/06/2016, Passaquindici, Rv. 268338; Sez. 6, n. 42622 del 18/09/2015, Rinaldi, Rv. 264946; Sez. 2, n. 4257 del 10/01/2015, Cocco e a., Rv. 262370) ed il provvedimento impugnato e’ dunque certamente illegittimo anche sotto questo profilo.
2.3. Il provvedimento di correzione disposto in data 18 settembre 2019 con riguardo alla precedente ordinanza del 21 agosto 2019 va pertanto annullato senza rinvio.
3. Gli ulteriori motivi di ricorso sono all’evidenza inammissibili, essendo riferiti all’originaria ordinanza di convalida del provvedimento questorile adottata il 21 agosto 2019 ed essendo, infatti, meramente ripetitivi delle doglianze proposte con l’impugnazione di quel provvedimento, tutte disattese dalla citata pronuncia n. 2015/2020 con cui questa Corte aveva rigettato quel ricorso. Tali motivi non hanno alcuna correlazione con il provvedimento di correzione qui impugnato, che, essendo stato annullato, assorbe peraltro qualsiasi altra questione eventualmente connessa.
P.Q.M.
Annulla senza rinvio l’ordinanza impugnata limitatamente alla disposta correzione.
Dichiara inammissibile nel resto il ricorso.
Si da’ atto che il presente provvedimento e’ sottoscritto dal solo presidente del collegio per impedimento dell’estensore, ai sensi del D.P.C.M. 8 marzo 2020, articolo 1, comma 1, lettera a).
In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.
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